Numero 12/13 - 2006

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il progetto della Città universitaria di Recife, 1949-1955


Gemma Belli


 

Mario Russo, architetto napoletano, ha percorso intensamente il cuore del '900, impegnato in Italia e all'estero nell'affermazione della nuova cultura urbanistica di matrice anglosassone e nella pratica di un'architettura integrale, sintesi di cognizioni di natura tecnica e umanistica. Gemma Belli ripercorre le tappe salienti di una vicenda personale e professionale intensa e suggestiva, approfondendo l'esperienza di maggior prestigio, riguardante la progettazione della sede universitaria brasiliana

 

 

L'articolo è in gran parte risultato della traduzione del lavoro di Renata Campello Cabral, Mario Russo, um arquiteto racionalista italiano em Recife, Editora da Universidade Federal de Pernambuco, Recife 2006. Alla studiosa brasiliana vanno dunque attribuite le idee ivi espresse.

Città lagunare sorta durante la prima metà del 1500 all’incrocio dei fiumi Capiberibe e Beriberibe, tra il 1930 e il 1940 Recife diventa il più importante centro culturale del Brasile settentrionale1. Con un carattere più europeo che americano, la città cerca di proporsi come ponte culturale tra la consolidata tradizione europea e la giovane esperienza americana. È forse per questo che, quando Joaquim de Amazonas, rettore dell’Università, promuove la realizzazione di un campus per riunire in un unico organico complesso le singole facoltà, sino ad allora ospitate in vecchie strutture dell’antico nucleo urbano, decide di affidarne l’incarico ad un architetto italiano. Vincendo le ostilità dell’ambiente cittadino, assegna il progetto della Città universitaria al napoletano Mario Russo, cui aveva già attribuito poco tempo prima un contratto per l’insegnamento delle materie compositive presso la scuola di architettura2.

Quasi sconosciuto in patria, Russo è invece celebrato nello stato del Pernambuco come pioniere dell’architettura moderna. La sua attività progettuale, infatti, esporta a Recife l’esperienza dell’architettura razionalista italiana e, seguendo il contributo di noti architetti italiani operanti in Brasile, come Lina Bo Bardi, Daniele Calabi o Giancarlo Palanti, rende vivo un vero e proprio movimento nel campo dell’architettura moderna3.

Principale merito riconosciutogli è l’aver diffuso “con il suo pensiero e la sua opera una visione integrale riguardo la pratica del progetto, ribadendo la necessaria unione tra arte e tecnica in architettura”4. Laureato nel 1942, Russo subisce, infatti, fortemente l’influenza dell’ambiente culturale in cui si forma, soprattutto del concetto giovannoniano di architetto integrale, per cui solo possedendo contemporaneamente approfondite conoscenze umanistiche e tecniche, ovvero attraverso la sintesi di una formazione, prima divisa tra Belle Arti e Politecnici, il professionista è in grado di affrontare anche i problemi urbanistici.

Caratterizzata da notevole coerenza, l’opera di Russo mutua anche altri temi che connotano il dibattito italiano di quei decenni. In particolar modo l’architetto apprezza la concezione spaziale dell’architettura di cui si fa portatore Bruno Zevi.

In campo urbanistico, attraverso la lezione delle Förstäder di Stoccolma5, Russo subisce invece il fascino della teoria delle città-satelliti, che permea l’intero programma della sua città universitaria. La decentralizzazione come modello per controllare e indirizzare lo sviluppo urbano, risposta ai problemi di congestione e ai costi della stessa crescita, è d’altronde propagandata da Metron e Urbanistica, che documentano e commentano di frequente idee della cultura urbanistica anglosassone. Nozioni che trovano eco anche nella posizione di Luigi Piccinato, di cui Russo è allievo6, assertore di una città moderna come esito della composizione di un sistema di nuclei urbani a “carattere residenziale, distanziati tra di loro da zone libere e disposte in modo da potersi servire dei vari centri di produzione: il centro dei negozi; il centro industriale; il centro portuale e commerciale; il centro degli studi, ecc.”7.

Saperi urbanistici di provenienza inglese che, miscelati con nozioni veicolate dai Ciam e insegnamenti del movimento Economia e Umanesimo, trovano feconda diffusione anche in Brasile, soprattutto presso la Scuola di Ingegneria di São Carlos dell’Università di São Paulo, e a Recife grazie all’opera di Antônio Bezerra Baltar.

Figura 1 - Immagini delle maquettes della Città universitaria

 

 

Dopo che nel 1946 il Governo Federale di Rio de Janeiro riconosce la creazione dell’Università di Recife, il primo passo per l’attivazione del programma è l’approvazione della legge statale 12 dicembre 1947, n. 42, che istituisce un’addizionale sulle imposte per la realizzazione dell’Università, per un ammontare di 10 milioni di cruzeiros annui. Essa stabilisce, inoltre, la nomina entro 30 giorni di una commissione di esperti per il Progetto e lo studio della Città universitaria di Recife.

Questa, formata nel gennaio 1948, e composta anche da esponenti del mondo politico e rappresentanti del corpo studentesco, necessita di dodici riunioni per definire l’ubicazione della città universitaria, finalmente approvata a ottobre. Si accende, infatti, un’aspra polemica circa la possibilità di localizzarla adiacente al nucleo primitivo, in prossimità dei quartieri Antônio e São José, o di collocarla nei suburbi nelle vicinanze della zona rurale, utilizzando i terreni di Engenho do Meio. In prima istanza, tuttavia, la discussione non coinvolge specifici saperi urbanistici, inerenti i problemi della decentralizzazione urbana, della città regione, delle unità di vicinato, ma investe solamente questioni di tipo tecnico, come la dimensione del campus, la salubrità dei luoghi, le caratteristiche del sottosuolo e la fertilità dei terreni per la piantumazione, la facilità o la difficoltà di approvvigionamento e smaltimento delle acque, la possibilità di praticare sport acquatici, oltre a parametri economici, relativi ai costi di acquisto.

La scelta ricade sui lotti prima destinati alla realizzazione del Parque Residencial do Engenho do Meio da Várzea, coerentemente con le linee del piano urbanistico, la cui caratteristica è quella di tracciare uno sviluppo a entità satelliti a bassa densità, di tipo estensivo, eccezion fatta per l’area destinata al centro commerciale.

La localizzazione incontra la resistenza dell’opinione pubblica, ma è immediatamente sostenuta dall’architetto napoletano, pur estraneo alla scelta. Russo, infatti, considera ottimale l’ubicazione in relazione al più ampio problema dell’ampliamento urbano. Situare la Città universitaria in un’area periferica serve, a suo avviso, a stimolare e guidare in maniera quasi naturale la crescita della città in una direzione predefinita, oltre i suoi limiti urbani.

Con un’estensione pari a 156 ettari, il campus per 10.000 studenti viene allora concepito come un’entità satellite, vera e propria città moderna estesa al di sopra di un suolo verde, perfettamente organizzata e autonoma. La nozione di autonomia perseguita è comune ai progetti di altre città universitarie progettate in quegli anni in America del Sud, come Rio de Janeiro, San Paolo, Tucuman, Caracas, Città del Messico. Non un complesso parassitario, dunque, dipendente per la sua esistenza dai già gravati e appesantiti organismi amministrativi dell’antico nucleo, bensì di innegabile utilità per quest’ultimo, le cui funzioni vengono così ad essere alleggerite. Permane, però, tra le due entità un fortissimo e indispensabile legame, fatto di rapporti reciproci, sia per quanto la città deve offrire per consentire le attività di un centro di cultura e sia per quanto il nuovo polo deve restituire sotto forma di incremento intellettuale.

Una delle priorità del progetto è quindi il collegamento con il cuore di Recife e con gli altri centri satelliti. Osservando il flusso della Avenida Caxangá che, attraverso numerosi sobborghi, si congiunge al sistema delle strade di penetrazione verso i comuni di nordest dello Stato del Pernambuco, Russo progetta una nuova arteria per connettere direttamente la Città universitaria ai quartieri centrali: la Quarta perimetrale, tracciato rettilineo lungo tre chilometri che, articolandosi ai settori già esistenti, raggiunge il quartiere del Prado, evitando così il congestionamento del traffico lungo Av. Caxangá.

Affinché l’accesso al campus funzioni, Russo propone poi un sistema a quadrifoglio (che però non sarà costruito), in corrispondenza dell’ingresso sul lato est dell’area, al fine di evitare l’intersezione tra i flussi.

La circolazione interna alla Città viene, invece, fondata su quattro vie perimetrali e altrettante di penetrazione, con attenzione ai differenti livelli di traffico. Negli schizzi dell’architetto, relativi ai principali punti di accesso, vengono indicate piste a scorrimento veloce, una per eventuali parate ed un’altra per la circolazione delle biciclette.

L’asse principale della viabilità, cui segue la disposizione di tutti gli edifici, viene tracciato in direzione est-ovest. Infatti, oltre all’accessibilità e alla circolazione, l’altro aspetto che condiziona Russo nel suo progetto concerne i fattori climatici. Nel contesto geografico di Recife – 8° di latitudine dall’equatore – è fondamentale infatti la protezione dal sole e lo studio dei venti favorevoli per approfittare della ventilazione naturale, agente prezioso per la correzione degli eccessi di temperatura e per il raggiungimento di condizioni di comfort. Gli edifici vanno perciò collocati in maniera tale da ricevere il vento sudest da gennaio a ottobre – coprendo il periodo più caldo dell’anno – e il vento nordest nei mesi di novembre e dicembre. Questo posizionamento crea inoltre una frontalità per la Av. Perimetral.

Il carattere estensivo, l’abbondanza di verde e di porticati di collegamento tra i vari edifici intendono poi rispecchiare la natura equatoriale del clima di Recife.

Un primo dimensionamento e raggruppamento delle facoltà, istituti e scuole in settori funzionali, consente all’architetto, sin dal 1949, di dividere il campus in poli, ognuno dei quali con una precisa fisionomia: medico, sportivo, tecnologico e umanistico, i quali permangono ancora oggi con la forma originaria. Senza caratteristiche così accentuate, viene altresì prevista una zona residenziale per il corpo docente e per gli studenti. Non poche perplessità suscita, però, tale dispersione degli edifici nel campus, poiché accrescendo le distanze pedonali, è giudicata in contrasto con la necessità di riunire tutte le facoltà in un unico luogo8.

L’articolazione dei settori e il disegno delle arterie di comunicazione interna genera poi il vero e proprio cuore pulsante del complesso, principale elemento strutturante dello spazio: una sorta di ampia piazza, situata all’incrocio del grande asse con le arterie diagonali, centro civico e rappresentativo, ospitante l’amministrazione, il rettorato, la biblioteca centrale, il museo e il teatro. Altro elemento che conferisce unità, soprattutto simbolica, all’insieme è la grande casa dell’antico Engenho do Meio che, conservata intatta durante i secoli, viene destinata a residenza del rettore.

Lo spostamento del centro civico e rappresentativo dal cuore geometrico della composizione rende manifesta l’avversione per una concezione monumentale dell’intero organismo. Esso è infatti marginale rispetto alla grande arteria stradale principale ed è collocato in maniera tale che tutti quelli che entrano nella città universitaria sono costretti obbligatoriamente ad attraversarla, garantendone la dinamica quotidiana. L’obiettivo di Russo, d’altro canto, è quello di creare un centro attivo funzionante con finalità pratiche e non una città monumentale, cosicché la distribuzione degli edifici per settori funzionali distanziati dalle vie di traffico, intende negare ogni idea di strada tradizionale.

Figura 2 - Viste assonometriche e prospettiche con il dimensionamento e il raggruppamento degli edifici in settori funzionali

 

 

In questa disposizione il piano di Recife assomiglia a quello di Rio. E si differenzia, proprio per questo, dalle soluzioni adottate qualche tempo prima in Italia, come quella proposta da Piacentini a Roma, che nasce con l’intento di comporre gli edifici attorno ad una piazza architettonicamente e volumetricamente definita. Tra l’altro il progetto di Russo è molto distante dal progetto piacentianiano per l’assenza di simmetria, oltre che per l’estraneità ad ogni suggestione di grandi prospettive.

Limitandosi alla strada che connette la Città universitaria con il centro urbano, lieve somiglianza può magari essere rintracciata con un altro progetto piacentiniano (in collaborazione con Morpurgo)9, anche se quando Russo pensa ad un’arteria in grado di alleggerire il transito lungo Av. Caxangá la concepisce con finalità essenzialmente pratiche e non, come detto, in termini di monumentalità.

Riferimento pertinente, sembra invece essere il progetto del Centro civico di Alfonso Eduardo Reidy del 1948 per un’area dell’antico borgo di Santo Antonio a Rio de Janeiro. In entrambi si ha, infatti, la stessa disposizione tangente la strada principale, una analoga conformazione di patio rettangolare a partire dalla articolazione degli edifici, una uguale verticalizzazione degli edifici dell’amministrazione in Russo e della Prefettura in Reidy ed una volumetria simile per il Rettorato a Recife e la Camera a Rio10.

Ma sicuramente il progetto di Reidy non è l’unico riferimento della Città universitaria di Russo, deciso a realizzare non solo una moderna città universitaria, ma una città universitaria brasiliana. Lo conferma la riproposizione di elementi come i passaggi coperti già sperimentati da Niemeyer e visibili nelle proposte formulate negli anni Trenta da Le Corbusier e Lucio Costa. Questi sono ampiamente utilizzati da Russo in tutto il centro universitario, al fine di interrompere la vastità dello spazio e configurare luoghi maggiormente circoscritti. Oltre ad essere un modo per rapportarsi alle architetture della tradizione, come la domus pompeiana, in cui la continuità atmosferica proporzionata dai patii lega tra di loro gli spazi della casa, o la casa giapponese, per l’interazione tra spazi interni ed esterni.

Al piano del 1949 ne seguono altri due che, nelle pubblicazioni dell’Università Federale del Pernambuco, sono datati 1951 e 195511.

Figura 3 - Il piano del 1951 nella pubblicazione dell'Università Federale del Pernambuco

 

 

Nel piano del 1951, compare per la prima volta il letto di un piccolo fiume sfruttato come risorsa paesaggistica, elemento che nei disegni anteriori veniva, invece, destinato a trasformarsi in canale sotterraneo. Esso attraversa sinuosamente la Città universitaria in tutta la sua estensione e si allarga a generare un lago in vicinanza della Casa Grande. Accompagnando il disegno del fiume, i percorsi per i pedoni (disegnati minuziosamente), nell’approssimarsi all’antica Casa Grande, si diramano in nuove stradine, suggerendo la possibilità di passeggiate che si insinuano nel bosco.

Il piano presentato nel 1955 riflette attentamente il progetto della Città universitaria del Brasile, elaborato in quegli anni da Jorge Machado Moreira, architetto capo dell’Ufficio tecnico12. Nel piano recifense si incorpora infatti la tipologia del Museo a crescita illimitata sperimentata a Rio, e già utilizzata da Le Corbusier nel piano dell’Università del 1936. Oltre a questo particolare, il settore residenziale dell’Università di Recife, prima composto di case basse, viene ad essere occupato da edifici ad appartamenti.

Nel piano del 1955 compare inoltre il nuovo progetto della Scuola di Ingegneria, non eseguito, l’Istituto di Antibiotici adiacente la Scuola di Chimica (successivamente costruita lontana dall’Istituto, secondo il progetto di Antônio Pedro Didier), gli edifici per appartamenti, non realizzati, e la Scuola di filosofia, poi elaborata da Filippo Mellia (architetto amico di Russo).

I lavori per la realizzazione della Città universitaria iniziano nel 1949 e nel 1956 entrano in funzione le prime due unità. Le costruzioni inizialmente realizzate sono la Facoltà di Medicina, l’Ospedale di Clinica e l’Istituto di Antibiotici. Successivamente la Scuola di Ingegneria, quella di Filosofia, il Centro sportivo e alcune unità della zona residenziale.

Ben risolto nelle sue componenti funzionali e tecniche, efficace tentativo di far dialogare l’architettura razionalista con la produzione nazionale, il piano è stato in seguito notevolmente modificato, cosicché oggi risulta difficile leggerne le intenzioni originarie e i progetti di Russo restano le sole testimonianze di quel che sarebbe stata “una moderna città estesa sotto il sole e al di sopra di un suolo verde”.

E anche la crescita per entità satelliti autosufficienti rimarrà un disegno dell’architetto. Le aree suburbane contigue al tessuto urbano, a edificazione rarefatta, che avrebbero dovuto configurarsi come entità-satelliti, non riusciranno mai a raggiungere una effettiva autonomia e qualità urbana. L’espansione del centro non sarà contenuta e l’impossibilità di conseguire localmente un’apprezzabile immagine urbana, negherà un miglioramento dell’immagine metropolitana nel suo complesso.

 

Figura 4 - La biblioteca della Città universitaria di Recife, in uno schizzo dell'architetto Mario Russo

 

 

Nota Biografica

 

 

Note

 

1 Recife conosce contemporaneamente una crescita fisica e demografica sorprendente: dai 238.000 abitanti del 1920, raggiunge i 340.000 nel 1930, supera i 400.000 due anni dopo, arrivando a contare al principio degli anni ’50 più di 600.000 abitanti.

2 È molto probabile che i primi contatti di Mario Russo con il Brasile siano nati grazie ad una segnalazione del fratello Corrado, pittore di una certa fama.

3 Com’è noto il ruolo di questi personaggi nel panorama architettonico brasiliano risulta essenziale, soprattutto perché promotori di un’azione volta a incentivare una cultura brasiliana autentica, in cui siano fortemente valorizzate le radici del luogo.

4 Campello Cabral R. (2001), Mario Russo. Por uma visão integral da arquitetura, in “AU”, n. 96, giugno-luglio, p. 94.

5 Come testimoniano gli appunti rinvenuti nell’archivio Russo, oltre alla ricostruzione di alcune letture praticate dall’architetto.

6 Ottenuta la libera docenza nel 1930, Luigi Piccinato viene infatti chiamato da Calza Bini come docente incaricato presso la Facoltà di Architettura di Napoli. Vi insegnerà sino al 1932 Edilizia cittadina e poi sino al 1950 Urbanistica. Oltre a prevedere una parte di storia dell’urbanistica, il suo corso si articola in uno studio sulla città moderna con riferimento al tema del lotto e dell’isolato, in una sezione dedicata all’arte dei giardini e un’altra incentrata sui piani regionali.

7 Cfr. la voce Urbanistica che Piccinato scrive per l’Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti nel 1937.

8 Cfr. ad esempio l’articolo sulle città universitarie pubblicato da Manuel Tainha nel 1956 sulle pagine della rivista portoghese “Arquitetura”.

9 Si tratta del progetto per l’Universitade Commercial Conde Francisco Matarazzo a San Paolo del 1948.

10 Cfr. Campello Cabral R. (2003), Mario Russo. Um arquiteto razionalista italiano em Recife, Dissertação apresentada ã Escola de Engenharia de São Carlos da Universidade de São Paulo, São Carlos.

11 Le piante datate, rinvenute nell’archivio Mario Russo, corrispondenti a questi due progetti recano, tuttavia, la scritta “novembre 1952” (schema delle strade e delle piazze) e “1949-1956”. È possibile, forse, che nel 1951 e 1955 i rispettivi piani, di fatto, già fossero pronti, ma non esistono certezze in proposito.

12 In un articolo scritto nel 1953, una tirocinante dell’Ufficio tecnico di Recife riferisce, tra l’altro di uno stretto legame con l’Ufficio tecnico dell’Università del Brasile (Etub) e il suo direttore Horta Barbosa, il quale dopo la sua visita a Recife nel 1953 scriverà un articolo sulla Città universitaria di Russo, pubblicato sulle pagine di “Arquitetura e Engenharia”.

 

 

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