Numero 3 - 2001

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I piani territoriali di coordinamento provinciali: modalità di approvazione e prospettive legislative 


a cura di:

Enrico Soprano

Alessandro De Angelis


In Campania e nella Provincia di Salerno, in particolare, comincia a porsi sempre più stringentemente il problema dell’approvazione dei piani territoriali di coordinamento, ormai redatti e passati allo stesso vaglio delle assemblee elettive. Enrico Soprano e Alessandro De Angelis propongono, oltre alla consueta rassegna giurisprudenziale con riferimento alle problematiche di area vasta, una riflessione sulle modalità di definizione della vigenza dei suddetti strumenti di pianificazione in assenza di normativa regionale, concludendo sulla fattibilità formale di tale percorso

 

 

 

 

 

Consiglio di Stato, sentenza n. 3034 del 6/06/2001 

 

 

 

 

 

 

 

Il dibattito sulla pianificazione d’area vasta e sulle sue varie articolazioni si è snodato, in maniera impetuosa quanto inefficace, tra gli anni sessanta ed ottanta, accentuandosi in particolar modo con l’istituzione delle regioni, destinatarie della delega in materia urbanistica sancita dall’art. 117 della Costituzione.

Tuttavia solo con la legge 142/1990 il legislatore, nell’individuare i tre livelli di pianificazione (regionale, provinciale e comunale), ha attribuito alle province il ruolo di armonizzare tra loro, in coerenza con le linee generali della pianificazione di livello regionale, gli strumenti urbanistici - generali o di settore - di più comuni ricompresi nella medesima area, con specifico riferimento, tra l’altro, all’individuazione delle vie di comunicazione di livello sovracomunale, alla tutela delle zone di particolare interesse (ad esempio ambientale) ed alla localizzazione dei nuovi insediamenti.

Per far fronte a tali pressanti esigenze, quindi, alla provincia è stato demandato il compito di predisporre ed adottare il piano territoriale di coordinamento (Ptc) - già previsto dagli artt. 5 e 6 della legge 1150/1942 - che, ai sensi dell’art. 15 della legge 142/1990, come recepito dall’art. 20 del DLgs 267/2000 “determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica:

a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;

c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque.

Si tratta, chiaramente, di una definizione contenutistica molto ridotta. Né d’altra parte avrebbe potuto essere diversamente, per effetto della richiamata delega di cui all’art. 117 della Costituzione: alle regioni, infatti, è attribuito, ai sensi dell’art. 20 del Tu sull’ordinamento degli enti locali, il potere di dettare gli indirizzi della programmazione socio-economica e territoriale, ed è proprio a tali indirizzi che il Ptc va anzitutto uniformato, in ossequio alla distribuzione concentrica delle varie competenze in materia di pianificazione territoriale prevista dal legislatore.

Lo stesso Tu del 2000, peraltro, affida proprio alle regioni il compito di stabilire “le procedure di approvazione” dei Ptc, la cui predisposizione ed adozione, come sopra rilevato, compete già alle province; ed è noto come la gran parte delle regioni italiane abbiano già legiferato in materia.

La Regione Campania, dal canto suo, sta per colmare tale lacuna dotandosi di una legge in materia urbanistica - già approvata dalla giunta regionale lo scorso 5 giugno - che finalmente supplirà all’imbarazzante silenzio normativo serbato finora e che definirà, tra l’altro, sia i contenuti dei vari strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, sia le procedure della loro formazione.

Per quanto attiene specificamente alla pianificazione territoriale provinciale, il disegno di legge in itinere prevede uno strumento di carattere generale (Ptc) e piani settoriali disciplinanti specifici interessi ed attività coinvolgenti l’uso del territorio; il Ptc, in particolare, potrà assumere valore e portata di piano territoriale paesistico - teso a garantire la protezione della natura, dell’ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali - oltre che di piano territoriale dei parchi, di cui alla legge 394/1991 ed alla Lr 33/1993, e di piano di bacino, di cui alla legge 183/1989 ed alla Lr 8/1994.

In tali ipotesi, ed in ogni caso in cui se ne ravvisi la necessità, l’adozione del Ptc sarà preceduta da una conferenza preliminare alla quale saranno invitate le amministrazioni statali interessate, la regione e tutti gli altri enti pubblici competenti, al fine di definire le opportune intese; in ogni caso, nel procedimento di formazione del Ptc si inseriranno ulteriori fasi procedimentali, tra cui:

a) l’eventuale indizione di una conferenza, alla quale saranno chiamati a partecipare gli enti locali e le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste e sindacali di livello provinciale;

b) la verifica di compatibilità del piano con il piano territoriale regionale (Ptr) - ovvero con le linee guida della programmazione territoriale regionale, e con i piani settoriali regionali - che sostituirà l’attuale controllo di conformità;

c) la possibilità per la provincia di proporre modifiche allo stesso Ptr o alle linee guida della programmazione territoriale regionale;

d) l’approvazione del Ptc con delibera di giunta regionale.

Come evidenziato, dunque, la nuova legge urbanistica regionale recherà, quanto prima, una dettagliata disciplina che scioglierà annose questioni attinenti al ruolo ed agli strumenti della pianificazione provinciale.

Fino all’entrata in vigore della nuova normativa, tuttavia, è innegabile che il procedimento di formazione dei Ptc dovrà seguire le (poche) disposizioni attualmente vigenti in materia; ed in proposito non appare improponibile una soluzione che veda demandata all’amministrazione regionale, pur in assenza di un’espressa previsione legislativa, la competenza relativa all’approvazione dei Ptc stessi.

Si è già detto infatti della netta verticalizzazione delle funzioni pianificatorie che permea l’attuale contesto normativo; tale specifica impostazione gerarchica, dettata in primis dalla legge 1150/1942 (e nella Regione Campania dalla Lr 14/1982), si traduce nell’attribuzione all’ente pubblico territoriale sovraordinato sia delle funzioni di controllo dei piani adottati dall’ente sottordinato, sia del potere di approvazione di detti piani.

 

  Twin Towers (1989) - Foto di Roberto Buonanno 

 

Nel caso in esame lo stesso DLgs 267/2000, uniformandosi ai criteri stabiliti dalla legge 1150/1942, e ricalcando pedissequamente il disposto dell’art. 15 della legge 142/1990, prevede al terzo comma dell’art. 20 che i programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale, lasciando così intendere che a tale fase di verifica ben potrebbe far seguito, in considerazione della specifica natura dei compiti attribuiti alla regione, e soprattutto in mancanza di una normativa regionale di segno opposto, l’approvazione dei Ptc.

D’altra parte tale dato trova espressa conferma nel disposto dell’art. 1 del Dpr 8/1972, con cui alle regioni sono state trasferite, tra le altre, le funzioni amministrative concernenti proprio l’approvazione dei piani territoriali di coordinamento previsti dall’art. 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni

Ed a conferma di quanto finora esposto preme rilevare anche che, se l’approvazione dei piani regolatori generali (Prg) dei comuni capoluogo di provincia della Regione Campania è rimessa - ex art. 4 bis della Lr 14/1982, come modificata dalla Lr 24/1989 - all’amministrazione regionale, e se i Ptc costituiscono, per propria natura, strumenti di pianificazione gerarchicamente sovraordinati agli stessi Prg, a maggior ragione l’approvazione dei Ptc può seguire lo stesso modulo procedimentale dettato per l’approvazione degli strumenti urbanistici comunali sopra individuati.

In conclusione, appare possibile ritenere che la regione - destinataria di una funzione di controllo, inteso in senso lato, degli atti di pianificazione del territorio di propria competenza - costituisca senz’altro l’ente titolato, nella temporanea assenza di una specifica disciplina di settore, a provvedere all’approvazione dei Ptc.

 

 

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