Numero 12/13 - 2006

 

Tesi di laurea  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'uso delle risorse nelle aree depresse. Lo sviluppo turistico dell'Alta Val d'Agri


Cristoforo Pacella


 

Dalla parte debole del territorio meridionale, una proposta di fuoriuscita da una condizione di marginalità economica e sociale, basata sulla valorizzazione delle risorse turistiche di un'area fra le più ricche di beni paesistici e ambientali del paese. Cristoforo Pacella presenta i contenuti della tesi di laurea discussa presso la Facoltà di Ingegneria di Napoli, introdotti da una disanima di alcune questioni fondanti a firma del relatore Loreto Colombo

 

 

In questi lunghi anni di regresso economico accompagnato da una crescente attenzione alla questione ambientale è stato frequente il richiamo alla possibilità/necessità di combinare le ragioni della tutela ambientale con quelle dello sviluppo. Qualcuno ha addirittura parlato di ecologia come business.

Sul fronte della pianificazione, d’altro canto, il rinnovamento della legislazione regionale e l’impulso dato ai piani territoriali regionali e provinciali si sono rivelati solo parzialmente efficaci, visto il gran numero di piani cui si è messo mano e il trascurabile numero di quelli approvati e vigenti. La pianificazione generale di area vasta continua a rappresentare troppo spesso un terreno per agoni ideologici e accademici cui non segue una produzione di strumenti realmente in grado di guidare la pianificazione comunale.

In un paese come il nostro, che non ha l’ampiezza di sguardo e la lungimiranza necessarie per riconoscere nella ricerca scientifica il viatico per la crescita economica e civile, lo sviluppo delle scienze del territorio è doppiamente frustrato: i finanziamenti privati sono pressoché inesistenti; quelli pubblici sono trascurabili in un trascurabile bilancio. Ciò ha, naturalmente, una spiegazione, che appare in tutta la sua evidenza solo che si osservi la distribuzione dei contributi ministeriali (Prin) e regionali: tralasciando la ricerca nelle scienze umane, per le quali la valutazione del rapporto costi/benefici richiede tutt’altri parametri, vengono privilegiati i campi scientifici nei quali si producono risultati concreti e misurabili. Ma la concretezza e la misurabilità non risiedono, oseremmo dire, nella necessità sociale dei risultati, bensì nella loro trasferibilità. Quando è l’industria a utilizzare gli esiti della ricerca, come avviene per le scienze dure applicate, per la medicina o per la farmacologia, l’impegno nella ricerca trova impulso perché spinto da bisogni comunemente e fortemente sentiti anche se eterogenei, come la salute e il profitto. In quei campi scientifici, allora, viene data importanza non solo all’allargamento delle conoscenze, ma anche alla loro applicabilità: all’acquisizione della conoscenza devono seguire tempi brevi per la sua sperimentazione, perché la conoscenza può rimanere fine a se stessa, mentre la sua applicazione produce benessere e/o profitto.

La qualità dell’ambiente e del territorio non è ancora percepita come qualità della vita e questa non è ancora sentita come bisogno al punto da generare una domanda di ricerca scientifica che esiga il trasferimento e, quindi, ragionevoli tempi di sperimentazione.

È pur vero che i nostri campi d’indagine non producono conoscenze sperimentabili in laboratorio, con apparecchiature e provette. È anche vero che il laboratorio della pianificazione è il territorio, nel quale tutto avviene senza la possibilità di isolare fenomeni nel tempo e nello spazio per guidarli e controllarli. Ed è ancor più vero che un piano, se arriva all’approvazione, ci arriva dopo tempi lunghi e che ancor più lunghi sono i tempi per la verifica dei suoi risultati. Ma l’anello debole della catena conoscenza-applicazione- verifica è quello del collegamento tra il mondo della ricerca (per lo più universitario) e quello delle istituzioni (gli enti territoriali): il primo viziato dal frequente solipsismo e i secondi dai veti incrociati e dall’endemica tendenza alla dilazione come tecnica di sopravvivenza politica per evitare il dissenso o, peggio, lo scontro.

Questo insoddisfacente stato di cose ha prodotto molteplici reazioni. Negli anni ’80 si vide nel progetto urbano il modo per scongiurare le lungaggini burocratiche dei piani e per dare una risposta limitata ma efficace alla domanda di rinnovamento urbano sostenuta dalla spinta al riuso delle aree dismesse. Dagli anni ’90 è spesso prevalso l’approccio settoriale su quello generalista, anche in virtù degli orientamenti europei, che hanno dato impulso agli strumenti cofinanziati e partecipati su specifici obiettivi tendenti a connettere sviluppo economico e riqualificazione territoriale e urbana.

Il superamento delle teorie dello sviluppo sostenuto dall’intervento straordinario centralistico mediante l’alternativa dello sviluppo endogeno presuppone la valorizzazione delle risorse umane e ambientali come patrimonio tipico, come materie prime da utilizzare riconoscendo nelle differenze la ricchezza del localismo. Nell’approccio settoriale legato al turismo, ad esempio, i valori ambientali, naturali e culturali sono stati visti come perni per uno sviluppo economico eco-compatibile. Si è finalmente capita tutta la miopia del rapace sfruttamento perpetrato, per dirne una, attraverso la cementificazione di coste celebri, che porta all’irreversibile consumo di quella materia prima irriproducibile che consiste proprio nel paesaggio e nei beni culturali.

Ospitalità diffusa è lo slogan che molte regioni hanno utilizzato per implementare programmi settoriali di sviluppo, anche attraverso i progetti integrati territoriali, finalizzati alla distribuzione della ricettività su vasti territori che possono contare nel contempo su paesaggi attraenti e su risorse antropiche storicizzate. I paesi albergo e le antiche masserie rappresentano un’alternativa valida alla concentrazione dell’ospitalità nei grandi complessi alberghieri: per il contatto con la natura e la storia, per i costi spesso più contenuti, per la conoscenza di aree spesso marginali o emarginate dalla logica della concentrazione e dell’accentramento.

La tesi di seguito sintetizzata, elaborata con passione da Cristoforo Pacella, ricuce, con un filo di speranza, come fonte di ottimistiche prospettive, eterogenee conoscenze sulle aree interne della terra di Basilicata. Terra che ha vissuto l’epoca celebre del meridionalismo dal dopoguerra agli anni ’70, e non solo come area di studio intenso, ma come patria di illustri suoi esponenti.

L’Alta Val d’Agri viene studiata in modo multidisciplinare e i suoi valori proposti come risorse da valorizzare con coraggio e capacità imprenditoriali tradizionalmente scarse per il diffuso allontanamento dall’esercizio della responsabilità dovuto all’assistenzialismo.

Lo studio percorre tutta la distanza che separa le analisi conoscitive dalla proposta e dalla fattibilità. Occorrerebbe, come dicevamo, sperimentare. E qui tutti dovrebbero fare la loro parte: gli enti pubblici dettando le regole; i privati con la fiducia e la voglia di crescere.

Loreto Colombo

 

Figura 1 - Perimetrazione del bacino idrografico del fiume Agri

 

 

 

L’approccio seguito per la redazione del progetto di sviluppo turistico del territorio della Comunità montana Alto Agri è il piano d’area, che è stato inteso come piano di natura strutturale e di livello intercomunale, capace di individuare le invarianti territoriali di natura strategica in un’ottica di sostenibilità e di sussidiarietà. È stato inteso come uno strumento in grado di fornire precise indicazioni rispetto alla scelta degli interventi operativi alla scala dello stesso piano o alle scale maggiormente dettagliate ed è stato articolato in due sezioni: la prima, di analisi, tesa alla descrizione e interpretazione delle risorse da salvaguardare, da promuovere e da mettere in connessione attraverso azioni e interventi mirati; la seconda, progettuale, finalizzata a definire i possibili ambiti territoriali di intervento, gli interventi stessi nonché le linee guida e gli istituti pubblico-privato per la costruzione di accordi e di intese per la loro promozione e attuazione. Alla struttura di piano è seguita la sezione riguardante il progetto-tipo che è stato inteso, in accordo con la recente letteratura, come schema di definizione della struttura e dei contenuti degli interventi nel contesto del piano, conformandoli a modelli ripetibili. Si è ritenuto indispensabile procedere dapprima all’evidenziazione delle principali connessioni infrastrutturali e ambientali per poi affrontare la parte tecnico-funzionale, volta all’individuazione dei risvolti architettonico-edilizi e tecnologici della proposta, indicando i contenuti di innovatività. È stato infine affrontato il tema della fattibilità, con la definizione del quadro e delle tecniche finanziarie possibili, indicando le modalità del loro impiego. Il lavoro nasce anche e soprattutto dallo studio di altre esperienze fatte sulla tematica, quali il programma Ospitalità da Favola nell’area del Cilento e altri progetti-pilota italiani.

 

 

La conoscenza

 

Lo stato della pianificazione di area vasta della Provincia di Potenza e dell’Alta Val d’Agri

 

Indispensabile, per comprendere al meglio gli indirizzi di sviluppo e di tutela, è stata la ricostruzione dei piani interessanti l’area in esame; a tal proposito sono stati analizzati il documento preliminare del piano strutturale provinciale di Potenza, il piano di sviluppo socio-economico della Comunità montana Alto-Agri, il piano di bacino interregionale della Basilicata, il piano di parco nazionale Val d’Agri-Lagonegrese1, il piano territoriale paesistico Sellata-Volturino, considerando anche i siti della rete Natura 20002.

 

Figura 2 - Perimetrazione del piano paesistico Sellata-Volturino e del parco nazionale Val d'Agri – Lagonegrese

 

 

L’analisi del territorio

 

Il territorio della Comunità montana Alto Agri3 si sviluppa lungo la linea di displuvio del bacino idrografico del fiume Agri4 e occupa la parte centrale dell’Appennino Lucano su di una superficie di 72.333 ha. Il 16% del territorio in esame è rappresentato da aree pianeggianti, il 37% da superfici pedemontane e il 47% da rilievi tipicamente montani.

Il contesto agricolo dell’Alta Val d’Agri rivela una struttura produttiva stabile che si esprime attraverso le numerose aziende di modeste dimensioni e il diffuso fenomeno della dispersione fondiaria. Le condizioni climatiche, caratterizzate da temperature medie estive inferiori alle zone circostanti, consentono a molte colture orticole e frutticole di entrare sul mercato a prezzi molto vantaggiosi poiché pronte per il mercato quando le produzioni delle zone del metapontino sono già esaurite. La coltura maggiormente rappresentata è il fagiolo (Bove et al., 1993) e il valore della produzione sfiora ormai i cinque milioni di euro.

Il sistema forestale è particolarmente interessante sia sotto l’aspetto ambientale sia per la produzione di materiale legnoso.

Negli anni ’60 è stata realizzata la Ss 598 che ha inciso sostanzialmente sull’assetto territoriale della valle mettendo in comunicazione il Metapontino con il Vallo di Diano. I centri urbani localizzati lungo il fondovalle hanno usufruito in primis dei vantaggi di questo sviluppo, incrementando le attività e gli investimenti che sono stati convogliati nelle aree poste nelle immediate vicinanze. Dall’indagine conoscitiva svolta è emerso che la dotazione media dei servizi indispensabili, anche se sufficiente alle esigenze delle popolazioni residenti, risulta molto carente rispetto ad altri sistemi urbani.

I centri sono quasi tutti di impianto medioevale e ubicati sulle alture, fatti salvi quelli più recenti siti in prossimità dell’asta del fiume Agri lungo la Ss 598, privi di riconoscibili caratteri urbanistici. Risulta evidente che l’armatura urbana montana sta diventando sempre più periferica rispetto ai nuovi agglomerati, meglio serviti dalle infrastrutture e dai servizi.

Figura 3 - Perimetrazione delle aree Sic e Zps nel territorio della Comunità montana Alto Agri

 

 

 

L’analisi della dinamica demografica

 

Nella Comunità montana Alto Agri, alla fine del 2001, risiedono 33.678 abitanti, con una densità di circa 56 abitanti per km2, valore equivalente circa a quello regionale che è di circa 60 ab/km2. Il decennio 1991-2000 conferma il tendente calo demografico, registrando l’unico aumento del 2,6% per il Comune di Marsicovetere, dovuto alla presenza della frazione di Villa d’Agri che, per via della sua posizione geografica, tende a raggruppare buona parte delle attività commerciali e dei servizi presenti sul territorio della comunità montana. La struttura della popolazione è contraddistinta da un indice di vecchiaia molto elevato. Ciò è dovuto soprattutto alla diminuzione delle nascite, al miglioramento della qualità della vita e alle massicce migrazioni verificatesi in passato.

 

L’analisi delle risorse dell’ambiente fisico e culturale

 

Fase fondamentale della sezione conoscitiva è stata l’analisi approfondita delle risorse quali i centri storici; le masserie, per lo più in stato di abbandono, testimonianza della civiltà contadina lucana; le aree archeologiche che testimoniano la presenza nella valle di fiorenti civiltà susseguitesi nelle diverse epoche storiche, puntando l’attenzione soprattutto sulla colonia romana di Grumentum; i complessi religiosi isolati; la cultura popolare e in particolar modo le manifestazioni religiose che hanno rilevanza regionale e accolgono migliaia di fedeli mettendo in luce la forte devozione delle genti lucane, frutto anche questo di una lunga e radicata tradizione contadina; l’enogastronomia, settore più rappresentativo tra le risorse culturali dell’Alta Valle dell’Agri che partono da livelli di qualità molto alti e sono legati esclusivamente alle produzioni agricole locali; infine l’artigianato tradizionale locale, nato come supporto alle attività agricola e pastorale, ben identificabile nelle espressioni, ma nonostante ciò piuttosto generico per dare forza e identità a tali specifici prodotti.

 

Figura 4 - Sistema agricolo del territorio della Comunità montana Alto Agri

Fonte - Di.T.E.C.

 

Il progetto

 

La struttura del piano

 

Il problema della struttura dei piani d’area, tesi allo sviluppo turistico delle aree depresse, è stato affrontato, in tutti i casi studiati, seguendo una linea comune che può essere sintetizzata come segue:

- obiettivo generale: lo sviluppo turistico;

- obiettivi specifici: il miglioramento delle connessioni dell’area interessata, l’incremento dell’offerta turistica e il potenziamento del marketing turistico;

- linee d’azione: connessioni delle aree interessate, la realizzazione e la riqualificazione degli assi di penetrazione e il potenziamento dei servizi in rete; la riqualificazione e il potenziamento della capacità ricettiva e lo sviluppo dei servizi turistici; la pianificazione strategica dell’azione di marketing e lo sviluppo del sistema di partnership;

- interventi: collegamenti tra le aree in esame, la progettazione e la realizzazione di portali turistici delle aree interne e di strutture ricettive; la formazione imprenditoriale e del personale addetto; l’attivazione di iniziative culturali e fieristiche, l’attivazione di collaborazioni con operatori del turismo.

Da questo schema è nata l’idea del modello di piano d’area per il territorio della Comunità montana Alto Agri, strutturato come segue:

- obiettivo generale: l’incremento della capacità attrattiva dell’area;

- obiettivi specifici: la valorizzazione delle risorse storico-culturali, la valorizzazione del sistema produttivo e delle risorse ambientali e naturalistiche;

- linee d’azione: lo sviluppo di itinerari tematici, di forme di associazionismo e di politiche di marchio; la tutela del patrimonio ambientale e la gestione di servizi innovativi per l’ambiente;

- interventi: l’organizzazione di circuiti dei centri storici, dei castelli, archeologici e della civiltà contadina; la riscoperta, delle strade del vino, dell’olio, del formaggio, dell’artigianato locale e lo sviluppo di azioni di sostegno delle politiche di marchio e dell’associazionismo imprenditoriale; il rafforzamento delle azioni di salvaguardia, di monitoraggio del patrimonio ambientale e il coinvolgimento di operatori privati nella gestione e nel sostegno allo sviluppo di servizi innovativi.

La struttura del piano è stata affiancata, come detto, da strumenti di fattibilità economica quali la finanza di progetto e il marketing turistico-territoriale prendendo in considerazione i principi generali che li caratterizzano particolareggiandone, in fase di proposta progettuale, le linee guida.

 

L’integrazione delle risorse e l’individuazione degli itinerari tematici

 

La fase progettuale è stata strutturata in due sezioni: la prima ha riguardato la costruzione della rete turistica all’interno della Comunità montana; la seconda ha riguardato la proposta di inserimento nei centri storici di maggior pregio di una tipologia particolare di struttura ricettiva: l’albergo diffuso. A titolo esemplificativo si è studiato il borgo di Viggiano. Punto di partenza è stato la considerazione del sistema Val d’Agri non come circuito chiuso, ma come circuito aperto in grado di dialogare con gli altri sistemi turistici regionali, proposti dalla Regione Basilicata, che ne ha individuati cinque: Potenza e il Vulture-Melfese, parchi e aree protette, Maratea e i monti del Sirino, Matera e la collina materana e infine Metapontum e la costa ionica, a loro volta divisi in sottosistemi individuati in base a caratteristiche di fondo.

Il secondo passo è stato quello di integrare tutte le risorse analizzate, in maniera distinta nella fase di analisi, procedendo all’individuazione di quattro aree omogenee, denominate area della storia, area del gusto, area naturalistica e area delle tradizioni, che hanno fatto constatare come la ricchezza delle risorse lasci pochissimi spazi liberi e non utilizzabili. Una volta tracciata l’intera mappa del sistema, sottolineandone le molteplici peculiarità, sono stati ipotizzati alcuni itinerari diversi tra loro sia per grado di difficoltà che per caratteristiche tematiche. Uno di questi è stato denominato storia e natura; interessa l’area settentrionale della Val d’Agri e ha come punto di partenza il borgo di Marsiconuovo e come punto di arrivo quello di Marsicovetere. Le caratteristiche distintive sono la storia, rappresentata dalle testimonianze architettoniche dei due borghi medioevali e dal complesso religioso isolato della Madonna del Saraceno, e la natura, quasi del tutto incontaminata, delle pendici del monte Volturino.

Il piano si completa con l’analisi del sistema ricettivo presente e propone la sua integrazione con la tipologia dell’albergo diffuso che, secondo le stime, dovrà incrementare l’offerta e dovrà arricchirla, poiché saranno riutilizzate le masserie storiche (e non) e alcuni ambiti dei centri storici ormai quasi del tutto disabitati, soprattutto dal sisma del 1980.

Il progetto di piano attribuisce alle masserie la funzione principale di luoghi di sosta lungo i percorsi; esse non sono necessariamente dotate di posti letto; i rioni dei borghi, invece, diventano strutture ricettive complete per il pernottamento dei turisti al termine dell’esplorazione dell’itinerario, con la dotazione di servizi per l’intrattenimento, di laboratori di artigianato, di cucina, ecc.

 

Figura 5 - Sistema boschivo del territorio della Comunità montana Alto Agri

Fonte - Di.T.E.C.

 

Il sistema informativo territoriale Alto Agri

 

Il limite principale che i vari sistemi turistici lucani hanno evidenziato fino ad ora è quello dell’assenza di organizzazione, che ha contribuito a impedire lo sviluppo economico e sociale dell’entroterra. Si tratta della carenza che il progetto di piano cerca di colmare con uno strumento di alto valore strategico: il sistema informativo territoriale Alto Agri (Sitaa), con sede fisica nel centro di Villa d’Agri, facilmente raggiungibile da tutti i comuni del comprensorio.

Il Sitaa è stato concepito come:

- strumento di individuazione e archiviazione del patrimonio architettonico, archeologico e naturalistico del territorio;

- data-base per la definizione delle soluzioni programmatico-progettuali;

- centro di orientamento e formazione per gli addetti al settore turistico;

- centro di informazione sul sistema ricettivo.

I comuni del comprensorio dovranno diventare delle stazioni remote di ricevimento dati consultabili da tutti gli interessati, che potranno arricchire i data-base con loro proposte o informazioni. Gli attori coinvolti in questo progetto possono essere: la Regione Basilicata e la Provincia di Potenza, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpab), l’Agenzia per la promozione turistica (Apt) di Potenza, Sviluppo Italia Basilicata per il finanziamento dei progetti ipotizzati; la Comunità montana in qualità di gestore dell’intero progetto.

 

Figura 6 - Centro storico del Comune di Viaggiano

 

 

Il progetto-tipo: l’albergo diffuso nel borgo di Viggiano

 

L’ipotesi progettuale della localizzazione di unità ricettive nel borgo di Viggiano è stata preceduta da un’indagine sulla capacità ricettiva distribuita sul territorio della Comunità montana Alto Agri. Su una superficie di 7.000 ha, con una popolazione di circa 31.000 abitanti sono presenti 23 esercizi, per un ammontare di 976 posti letto, distribuiti in pochi punti e indirizzati quasi esclusivamente all’accoglienza del personale dirigente del Centro Oli di Viggiano. Si è ritenuto che il piano di sviluppo turistico dovesse essere supportato da un’armatura ricettiva che andasse a integrare quella esistente e che nello stesso tempo la arricchisse, passando da una ricettività passiva limitata al solo pernottamento, ad una che renda il turista parte attiva.

L’idea-forza è la conformazione di un eco-villaggio che offra, oltre ai tradizionali servizi delle strutture ricettive, laboratori per le produzioni culturali e artistiche, spazi per conferenze e per sperimentazioni in materia ambientale a disposizione di centri di ricerca e dell’università. Il recupero delle abitazioni rientra nello spirito dell’albergo diffuso, che può essere definito come un albergo orizzontale composto da un nucleo centrale di riferimento e da camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. Edifici che conservano tracce del passato integrandosi con l’ambiente costruito e naturale.

La proposta è coerente con le istanze di recupero del patrimonio artistico e culturale dei centri minori che puntano all’incremento del reddito e dell’occupazione nel rispetto della cultura, dell’ambiente e dell’identità dei luoghi.

La maggiore difficoltà nell’applicazione della tecnica per il finanziamento di investimenti consiste nel definire la struttura contrattuale in grado di garantire, durante tutto l’arco di operatività del progetto, il quadro dei valori dei costi, dei ricavi e dei flussi di cassa predefiniti. Si è ritenuto, per questo motivo, di seguire le procedure applicate in casi analoghi. Pertanto, sono stati previsti tre tipi di contratto:

- un contratto di costruzione;

- un contratto di gestione;

- dei contratti di assicurazione.

Per poter verificare l’applicabilità dello schema del project fìnancing è necessario definire con precisione gli investimenti da realizzare, le attività che ne derivano, i costi e i ricavi connessi, i soggetti coinvolti nell’iniziativa attribuendo alla società di progetto un ambito di operatività ben delimitato.

Importante in questa tipologia di progetti è la definizione dello strumento giuridico, delle modalità di attuazione dei diritti e degli obblighi delle parti, nel caso specifico del comune e del possibile attuatore del progetto. Trattandosi di progetti complessi e che richiedono un’attenta analisi dei rischi, il contratto tra le parti deve essere definito molto attentamente realizzando un corretto bilanciamento degli interessi in gioco.

La modalità attuativa scelta per realizzare l’idea progetto proposta è la costituzione di una società di trasformazione urbana (Stu), delegandole la definizione dei parametri urbanistici relativi all’utilizzo del territorio e la predisposizione della progettazione urbanistica esecutiva, necessaria per dare attuazione alle previsioni del piano regolatore generale. La Stu deve provvedere alla preventiva, quanto fondamentale, acquisizione delle aree interessate all’intervento consensualmente o tramite ricorso a procedure espropriative/perequative. Nel caso dell’acquisizione consensuale, la società contratta con i proprietari delle aree l’acquisizione delle stesse, provvedendo a determinarne condizioni e modalità. L’altra strada per l’acquisizione delle aree è il procedimento di esproprio effettuato dal comune per conto della Stu, su cui grava il pagamento della indennità.

Aspetto importante è quello della convenzione che deve disciplinare i rapporti tra il comune e la società; deve altresì indicare, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti e la specificazione dell’oggetto, nel nostro caso la riqualificazione di una parte del centro storico di Viggiano, con l’introduzione del sistema di ricettività orizzontale. L’intervento della Stu ha la finalità di trasformare il borgo in un paese-albergo mediante il recupero degli immobili temporaneamente non utilizzabili e quelli utilizzabili ma non occupati. Si tende, in questo modo, a introdurre servizi e attrezzature collettive tali da implementare un modello ecologico-ambientale per vacanze e formazione nella Val d’Agri.

L’adozione della categoria di eco-villaggio implica che il messaggio della comunicazione non sarà incentrato solo sulle caratteristiche oggettive dell’area, in quanto ciò non rappresenterebbe un fattore unico rispetto alla concorrenza da offrire un reale vantaggio competitivo.

 

Figura 7 - Mappa dei siti archeologici in Alta Val d'Agri

 

 

I risultati attesi

 

I risultati attesi sono:

- l’incremento del reddito generato dal sistema economico dell’area;

- la nascita e il rafforzamento delle imprese locali;

- l’incremento della domanda di prodotti provenienti dalle aziende locali;

- l’impiego delle risorse umane presenti nell’area;

- il mantenimento del grado di sostenibilità ambientale dei processi economici dell’area;

- la conservazione e la rivalutazione del patrimonio urbanistico e l’utilizzo del capitale edilizio esistente.

 

Figura 8 - Obiettivi del piano

 

 

 

Note

 

1 Il Consiglio dei ministri in data 30.3.1998, con l’approvazione della legge 426/1998 dal titolo “Nuovi interventi in campo ambientale”, all’art. 2, comma 3, sancisce l’istituzione del Parco nazionale della Val d’Agri. Questo parco è il secondo sul territorio lucano, dopo il Pollino. Si inserisce in un sistema di aree protette regionali e nazionali dando continuità alle aree individuate come siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale della Provincia di Potenza definendo la rete ecologica regionale ed un sistema ambientale tra i più interessanti e importanti per lo sviluppo del sud Italia in continuità geografica tra il parco del Pollino e quello del Cilento.

2 In Basilicata sono stati individuati 48 siti per la rete Natura 2000, per una superficie complessiva di 53.573 ha, pari a circa il 5,32% del territorio regionale. Tra questi, i 17 siti di particolare importanza ornitologica sono stati già designati con decreto dal Ministro all’ambiente anche come zone di protezione speciale (Zps) dell’avifauna. Tali siti risultano pertanto già definitivamente inseriti nella rete Natura 2000. I siti proposti comprendono territori dei parchi nazionali e regionali, delle riserve statali e regionali, delle aree del demanio pubblico e di altre aree lucane di interesse naturalistico. Sono riportati in modo particolare i profili delle aree Sic e Zps presenti nel territorio della Comunità montana Alto Agri. Sono in totale 11 sulle 48 presenti su tutto il territorio della Lucania, il che deve far riflettere sulle elevate qualità floristiche e anche faunistiche dell’area.

3 I comuni facenti parte della Comunità montana Alto Agri sono: Grumento Nova, Marsiconuovo, Marsicovetere, Moliterno, Montemurro, Paterno, San Martino d’Agri, San Chirico Raparo, Sarconi, Spinoso, Tramutola, Viggiano.

4 Il fiume Agri ha origine dal Monte Lama e ha una portata modesta ma condizionata da una vasta rete di affluenti che si sviluppano soprattutto alla destra dell’asta principale. Il corso del fiume è interrotto vicino alla sorgente da una piccola diga e più a valle dallo sbarramento del Pertusillo. I monti della zona occidentale sono composti da roccia di natura calcarea. All’interno esistono grotte, caverne e spaccature di varie dimensioni, nelle quali trovano posto le acque. Agiscono come un’immensa spugna; trattengono le abbondanti precipitazioni atmosferiche, pioggia e neve, per cederle lentamente con regime quasi regolare. Vengono così alimentate numerosissime sorgenti di ottima qualità.

 

 

Un ringraziamento particolare va al Prof. Ettore Bove, ordinario di Economia presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Basilicata, per il supporto costante dato ai fini della valutazione economica del piano.

Un saluto speciale è rivolto al Prof. Emilio Lomanto che come nessun altro ha saputo trasmettere l’amore per la propria terra.

Si ringrazia il Dipartimento tecnico-economico per la gestione del territorio agricolo-forestale della Facoltà di Agraria dell’Università di Basilicata per la documentazione fornita.

 

 

Bibliografia

 

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