In questi lunghi anni di regresso economico
accompagnato da una crescente attenzione
alla questione ambientale è stato frequente
il richiamo alla possibilità/necessità di
combinare le ragioni della tutela ambientale
con quelle dello sviluppo. Qualcuno ha
addirittura parlato di ecologia come
business.
Sul fronte della pianificazione, d’altro
canto, il rinnovamento della legislazione
regionale e l’impulso dato ai piani
territoriali regionali e provinciali si sono
rivelati solo parzialmente efficaci, visto
il gran numero di piani cui si è messo mano
e il trascurabile numero di quelli approvati
e vigenti. La pianificazione generale di
area vasta continua a rappresentare troppo
spesso un terreno per agoni ideologici e
accademici cui non segue una produzione di
strumenti realmente in grado di guidare la
pianificazione comunale.
In un paese come il nostro, che non ha
l’ampiezza di sguardo e la lungimiranza
necessarie per riconoscere nella ricerca
scientifica il viatico per la crescita
economica e civile, lo sviluppo delle
scienze del territorio è doppiamente
frustrato: i finanziamenti privati sono
pressoché inesistenti; quelli pubblici sono
trascurabili in un trascurabile bilancio.
Ciò ha, naturalmente, una spiegazione, che
appare in tutta la sua evidenza solo che si
osservi la distribuzione dei contributi
ministeriali (Prin) e regionali:
tralasciando la ricerca nelle scienze umane,
per le quali la valutazione del rapporto
costi/benefici richiede tutt’altri
parametri, vengono privilegiati i campi
scientifici nei quali si producono risultati
concreti e misurabili. Ma la concretezza e
la misurabilità non risiedono, oseremmo
dire, nella necessità sociale dei risultati,
bensì nella loro trasferibilità. Quando è
l’industria a utilizzare gli esiti della
ricerca, come avviene per le scienze dure
applicate, per la medicina o per la
farmacologia, l’impegno nella ricerca trova
impulso perché spinto da bisogni comunemente
e fortemente sentiti anche se eterogenei,
come la salute e il profitto. In quei campi
scientifici, allora, viene data importanza
non solo all’allargamento delle conoscenze,
ma anche alla loro applicabilità:
all’acquisizione della conoscenza devono
seguire tempi brevi per la sua
sperimentazione, perché la conoscenza può
rimanere fine a se stessa, mentre la sua
applicazione produce benessere e/o profitto.
La qualità dell’ambiente e del territorio
non è ancora percepita come qualità della
vita e questa non è ancora sentita come
bisogno al punto da generare una domanda di
ricerca scientifica che esiga il
trasferimento e, quindi, ragionevoli tempi
di sperimentazione.
È pur vero che i nostri campi d’indagine non
producono conoscenze sperimentabili in
laboratorio, con apparecchiature e provette.
È anche vero che il laboratorio della
pianificazione è il territorio, nel quale
tutto avviene senza la possibilità di
isolare fenomeni nel tempo e nello spazio
per guidarli e controllarli. Ed è ancor più
vero che un piano, se arriva
all’approvazione, ci arriva dopo tempi
lunghi e che ancor più lunghi sono i tempi
per la verifica dei suoi risultati. Ma
l’anello debole della catena
conoscenza-applicazione- verifica è quello
del collegamento tra il mondo della ricerca
(per lo più universitario) e quello delle
istituzioni (gli enti territoriali): il
primo viziato dal frequente solipsismo e i
secondi dai veti incrociati e dall’endemica
tendenza alla dilazione come tecnica di
sopravvivenza politica per evitare il
dissenso o, peggio, lo scontro.
Questo insoddisfacente stato di cose ha
prodotto molteplici reazioni. Negli anni ’80
si vide nel progetto urbano il modo per
scongiurare le lungaggini burocratiche dei
piani e per dare una risposta limitata ma
efficace alla domanda di rinnovamento urbano
sostenuta dalla spinta al riuso delle aree
dismesse. Dagli anni ’90 è spesso prevalso
l’approccio settoriale su quello generalista,
anche in virtù degli orientamenti europei,
che hanno dato impulso agli strumenti
cofinanziati e partecipati su specifici
obiettivi tendenti a connettere sviluppo
economico e riqualificazione territoriale e
urbana.
Il superamento delle teorie dello sviluppo
sostenuto dall’intervento straordinario
centralistico mediante l’alternativa dello
sviluppo endogeno presuppone la
valorizzazione delle risorse umane e
ambientali come patrimonio tipico, come
materie prime da utilizzare riconoscendo
nelle differenze la ricchezza del localismo.
Nell’approccio settoriale legato al turismo,
ad esempio, i valori ambientali, naturali e
culturali sono stati visti come perni per
uno sviluppo economico eco-compatibile. Si è
finalmente capita tutta la miopia del rapace
sfruttamento perpetrato, per dirne una,
attraverso la cementificazione di coste
celebri, che porta all’irreversibile consumo
di quella materia prima irriproducibile che
consiste proprio nel paesaggio e nei beni
culturali.
Ospitalità diffusa è lo slogan che molte
regioni hanno utilizzato per implementare
programmi settoriali di sviluppo, anche
attraverso i progetti integrati
territoriali, finalizzati alla distribuzione
della ricettività su vasti territori che
possono contare nel contempo su paesaggi
attraenti e su risorse antropiche
storicizzate. I paesi albergo e le antiche
masserie rappresentano un’alternativa valida
alla concentrazione dell’ospitalità nei
grandi complessi alberghieri: per il
contatto con la natura e la storia, per i
costi spesso più contenuti, per la
conoscenza di aree spesso marginali o
emarginate dalla logica della concentrazione
e dell’accentramento.
La tesi di seguito sintetizzata, elaborata
con passione da Cristoforo Pacella, ricuce,
con un filo di speranza, come fonte di
ottimistiche prospettive, eterogenee
conoscenze sulle aree interne della terra di
Basilicata. Terra che ha vissuto l’epoca
celebre del meridionalismo dal dopoguerra
agli anni ’70, e non solo come area di
studio intenso, ma come patria di illustri
suoi esponenti.
L’Alta Val d’Agri viene studiata in modo
multidisciplinare e i suoi valori proposti
come risorse da valorizzare con coraggio e
capacità imprenditoriali tradizionalmente
scarse per il diffuso allontanamento
dall’esercizio della responsabilità dovuto
all’assistenzialismo.
Lo studio percorre tutta la distanza che
separa le analisi conoscitive dalla proposta
e dalla fattibilità. Occorrerebbe, come
dicevamo, sperimentare. E qui tutti
dovrebbero fare la loro parte: gli enti
pubblici dettando le regole; i privati con
la fiducia e la voglia di crescere.
Loreto Colombo
Figura 1 - Perimetrazione del bacino
idrografico del fiume Agri |
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L’approccio seguito per la redazione del
progetto di sviluppo turistico del
territorio della Comunità montana Alto Agri
è il piano d’area, che è stato inteso come
piano di natura strutturale e di livello
intercomunale, capace di individuare le
invarianti territoriali di natura strategica
in un’ottica di sostenibilità e di
sussidiarietà. È stato inteso come uno
strumento in grado di fornire precise
indicazioni rispetto alla scelta degli
interventi operativi alla scala dello stesso
piano o alle scale maggiormente dettagliate
ed è stato articolato in due sezioni: la
prima, di analisi, tesa alla descrizione e
interpretazione delle risorse da
salvaguardare, da promuovere e da mettere in
connessione attraverso azioni e interventi
mirati; la seconda, progettuale, finalizzata
a definire i possibili ambiti territoriali
di intervento, gli interventi stessi nonché
le linee guida e gli istituti
pubblico-privato per la costruzione di
accordi e di intese per la loro promozione e
attuazione. Alla struttura di piano è
seguita la sezione riguardante il
progetto-tipo che è stato inteso, in accordo
con la recente letteratura, come schema di
definizione della struttura e dei contenuti
degli interventi nel contesto del piano,
conformandoli a modelli ripetibili. Si è
ritenuto indispensabile procedere dapprima
all’evidenziazione delle principali
connessioni infrastrutturali e ambientali
per poi affrontare la parte
tecnico-funzionale, volta all’individuazione
dei risvolti architettonico-edilizi e
tecnologici della proposta, indicando i
contenuti di innovatività. È stato infine
affrontato il tema della fattibilità, con la
definizione del quadro e delle tecniche
finanziarie possibili, indicando le modalità
del loro impiego. Il lavoro nasce anche e
soprattutto dallo studio di altre esperienze
fatte sulla tematica, quali il programma
Ospitalità da Favola nell’area del
Cilento e altri progetti-pilota italiani.
La conoscenza
Lo stato della pianificazione di area vasta
della Provincia di Potenza e dell’Alta Val
d’Agri
Indispensabile, per comprendere al meglio
gli indirizzi di sviluppo e di tutela, è
stata la ricostruzione dei piani
interessanti l’area in esame; a tal
proposito sono stati analizzati il documento
preliminare del piano strutturale
provinciale di Potenza, il piano di sviluppo
socio-economico della Comunità montana
Alto-Agri, il piano di bacino interregionale
della Basilicata, il piano di parco
nazionale Val d’Agri-Lagonegrese1,
il piano territoriale paesistico
Sellata-Volturino, considerando anche i
siti della rete Natura 20002.
Figura 2 - Perimetrazione del piano
paesistico Sellata-Volturino e del
parco nazionale Val d'Agri –
Lagonegrese |
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L’analisi del territorio
Il territorio della Comunità montana Alto
Agri3 si sviluppa lungo la linea
di displuvio del bacino idrografico del
fiume Agri4 e occupa la parte
centrale dell’Appennino Lucano su di una
superficie di 72.333 ha. Il 16% del
territorio in esame è rappresentato da aree
pianeggianti, il 37% da superfici
pedemontane e il 47% da rilievi tipicamente
montani.
Il contesto agricolo dell’Alta Val d’Agri
rivela una struttura produttiva stabile che
si esprime attraverso le numerose aziende di
modeste dimensioni e il diffuso fenomeno
della dispersione fondiaria. Le condizioni
climatiche, caratterizzate da temperature
medie estive inferiori alle zone
circostanti, consentono a molte colture
orticole e frutticole di entrare sul mercato
a prezzi molto vantaggiosi poiché pronte per
il mercato quando le produzioni delle zone
del metapontino sono già esaurite. La
coltura maggiormente rappresentata è il
fagiolo (Bove et al., 1993) e il valore
della produzione sfiora ormai i cinque
milioni di euro.
Il sistema forestale è particolarmente
interessante sia sotto l’aspetto ambientale
sia per la produzione di materiale legnoso.
Negli anni ’60 è stata realizzata la Ss 598
che ha inciso sostanzialmente sull’assetto
territoriale della valle mettendo in
comunicazione il Metapontino con il Vallo di
Diano. I centri urbani localizzati lungo il
fondovalle hanno usufruito in primis dei
vantaggi di questo sviluppo, incrementando
le attività e gli investimenti che sono
stati convogliati nelle aree poste nelle
immediate vicinanze. Dall’indagine
conoscitiva svolta è emerso che la dotazione
media dei servizi indispensabili, anche se
sufficiente alle esigenze delle popolazioni
residenti, risulta molto carente rispetto ad
altri sistemi urbani.
I centri sono quasi tutti di impianto
medioevale e ubicati sulle alture, fatti
salvi quelli più recenti siti in prossimità
dell’asta del fiume Agri lungo la Ss 598,
privi di riconoscibili caratteri
urbanistici. Risulta evidente che l’armatura
urbana montana sta diventando sempre più
periferica rispetto ai nuovi
agglomerati, meglio serviti dalle
infrastrutture e dai servizi.
Figura 3 - Perimetrazione delle aree
Sic e Zps nel territorio della
Comunità montana Alto Agri |
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L’analisi della dinamica demografica
Nella Comunità montana Alto Agri, alla fine
del 2001, risiedono 33.678 abitanti, con una
densità di circa 56 abitanti per km2,
valore equivalente circa a quello regionale
che è di circa 60 ab/km2. Il
decennio 1991-2000 conferma il tendente calo
demografico, registrando l’unico aumento del
2,6% per il Comune di Marsicovetere, dovuto
alla presenza della frazione di Villa d’Agri
che, per via della sua posizione geografica,
tende a raggruppare buona parte delle
attività commerciali e dei servizi presenti
sul territorio della comunità montana. La
struttura della popolazione è
contraddistinta da un indice di vecchiaia
molto elevato. Ciò è dovuto soprattutto alla
diminuzione delle nascite, al miglioramento
della qualità della vita e alle massicce
migrazioni verificatesi in passato.
L’analisi delle risorse dell’ambiente fisico
e culturale
Fase fondamentale della sezione conoscitiva
è stata l’analisi approfondita delle risorse
quali i centri storici; le masserie, per lo
più in stato di abbandono, testimonianza
della civiltà contadina lucana; le aree
archeologiche che testimoniano la presenza
nella valle di fiorenti civiltà susseguitesi
nelle diverse epoche storiche, puntando
l’attenzione soprattutto sulla colonia
romana di Grumentum; i complessi religiosi
isolati; la cultura popolare e in particolar
modo le manifestazioni religiose che hanno
rilevanza regionale e accolgono migliaia di
fedeli mettendo in luce la forte devozione
delle genti lucane, frutto anche questo di
una lunga e radicata tradizione contadina;
l’enogastronomia, settore più
rappresentativo tra le risorse culturali
dell’Alta Valle dell’Agri che partono da
livelli di qualità molto alti e sono legati
esclusivamente alle produzioni agricole
locali; infine l’artigianato tradizionale
locale, nato come supporto alle attività
agricola e pastorale, ben identificabile
nelle espressioni, ma nonostante ciò
piuttosto generico per dare forza e identità
a tali specifici prodotti.
Figura 4 - Sistema agricolo del
territorio della Comunità montana
Alto Agri |
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Fonte - Di.T.E.C. |
Il progetto
La struttura del piano
Il problema della struttura dei piani
d’area, tesi allo sviluppo turistico delle
aree depresse, è stato affrontato, in tutti
i casi studiati, seguendo una linea comune
che può essere sintetizzata come segue:
- obiettivo generale: lo sviluppo
turistico;
- obiettivi specifici: il
miglioramento delle connessioni dell’area
interessata, l’incremento dell’offerta
turistica e il potenziamento del marketing
turistico;
- linee d’azione: connessioni delle
aree interessate, la realizzazione e la
riqualificazione degli assi di penetrazione
e il potenziamento dei servizi in rete; la
riqualificazione e il potenziamento della
capacità ricettiva e lo sviluppo dei servizi
turistici; la pianificazione strategica
dell’azione di marketing e lo sviluppo del
sistema di partnership;
- interventi: collegamenti tra le
aree in esame, la progettazione e la
realizzazione di portali turistici delle
aree interne e di strutture ricettive; la
formazione imprenditoriale e del personale
addetto; l’attivazione di iniziative
culturali e fieristiche, l’attivazione di
collaborazioni con operatori del turismo.
Da questo schema è nata l’idea del modello
di piano d’area per il territorio della
Comunità montana Alto Agri, strutturato come
segue:
- obiettivo generale: l’incremento
della capacità attrattiva dell’area;
- obiettivi specifici: la
valorizzazione delle risorse
storico-culturali, la valorizzazione del
sistema produttivo e delle risorse
ambientali e naturalistiche;
- linee d’azione: lo sviluppo di
itinerari tematici, di forme di
associazionismo e di politiche di marchio;
la tutela del patrimonio ambientale e la
gestione di servizi innovativi per
l’ambiente;
- interventi: l’organizzazione di
circuiti dei centri storici, dei castelli,
archeologici e della civiltà contadina; la
riscoperta, delle strade del vino,
dell’olio, del formaggio, dell’artigianato
locale e lo sviluppo di azioni di sostegno
delle politiche di marchio e
dell’associazionismo imprenditoriale; il
rafforzamento delle azioni di salvaguardia,
di monitoraggio del patrimonio ambientale e
il coinvolgimento di operatori privati nella
gestione e nel sostegno allo sviluppo di
servizi innovativi.
La struttura del piano è stata affiancata,
come detto, da strumenti di fattibilità
economica quali la finanza di progetto e il
marketing turistico-territoriale prendendo
in considerazione i principi generali che li
caratterizzano particolareggiandone, in fase
di proposta progettuale, le linee guida.
L’integrazione delle risorse e
l’individuazione degli itinerari tematici
La fase progettuale è stata strutturata in
due sezioni: la prima ha riguardato la
costruzione della rete turistica all’interno
della Comunità montana; la seconda ha
riguardato la proposta di inserimento nei
centri storici di maggior pregio di una
tipologia particolare di struttura
ricettiva: l’albergo diffuso. A titolo
esemplificativo si è studiato il borgo di
Viggiano. Punto di partenza è stato la
considerazione del sistema Val d’Agri non
come circuito chiuso, ma come circuito
aperto in grado di dialogare con gli altri
sistemi turistici regionali, proposti dalla
Regione Basilicata, che ne ha individuati
cinque: Potenza e il Vulture-Melfese,
parchi e aree protette, Maratea e
i monti del Sirino, Matera e la
collina materana e infine Metapontum
e la costa ionica, a loro volta divisi
in sottosistemi individuati in base a
caratteristiche di fondo.
Il secondo passo è stato quello di integrare
tutte le risorse analizzate, in maniera
distinta nella fase di analisi, procedendo
all’individuazione di quattro aree omogenee,
denominate area della storia, area
del gusto, area naturalistica e
area delle tradizioni, che hanno
fatto constatare come la ricchezza delle
risorse lasci pochissimi spazi liberi e
non utilizzabili. Una volta tracciata
l’intera mappa del sistema, sottolineandone
le molteplici peculiarità, sono stati
ipotizzati alcuni itinerari diversi tra loro
sia per grado di difficoltà che per
caratteristiche tematiche. Uno di questi è
stato denominato storia e natura;
interessa l’area settentrionale della Val
d’Agri e ha come punto di partenza il borgo
di Marsiconuovo e come punto di arrivo
quello di Marsicovetere. Le caratteristiche
distintive sono la storia,
rappresentata dalle testimonianze
architettoniche dei due borghi medioevali e
dal complesso religioso isolato della
Madonna del Saraceno, e la natura,
quasi del tutto incontaminata, delle pendici
del monte Volturino.
Il piano si completa con l’analisi del
sistema ricettivo presente e propone la sua
integrazione con la tipologia dell’albergo
diffuso che, secondo le stime, dovrà
incrementare l’offerta e dovrà arricchirla,
poiché saranno riutilizzate le masserie
storiche (e non) e alcuni ambiti dei centri
storici ormai quasi del tutto disabitati,
soprattutto dal sisma del 1980.
Il progetto di piano attribuisce alle
masserie la funzione principale di luoghi di
sosta lungo i percorsi; esse non sono
necessariamente dotate di posti letto; i
rioni dei borghi, invece, diventano
strutture ricettive complete per il
pernottamento dei turisti al termine
dell’esplorazione dell’itinerario, con la
dotazione di servizi per l’intrattenimento,
di laboratori di artigianato, di cucina,
ecc.
Figura 5 - Sistema boschivo del
territorio della Comunità montana
Alto Agri |
|
Fonte - Di.T.E.C. |
Il sistema informativo territoriale Alto
Agri
Il limite principale che i vari sistemi
turistici lucani hanno evidenziato fino ad
ora è quello dell’assenza di organizzazione,
che ha contribuito a impedire lo sviluppo
economico e sociale dell’entroterra. Si
tratta della carenza che il progetto di
piano cerca di colmare con uno strumento di
alto valore strategico: il sistema
informativo territoriale Alto Agri (Sitaa),
con sede fisica nel centro di Villa d’Agri,
facilmente raggiungibile da tutti i comuni
del comprensorio.
Il Sitaa è stato concepito come:
- strumento di individuazione e
archiviazione del patrimonio architettonico,
archeologico e naturalistico del territorio;
- data-base per la definizione delle
soluzioni programmatico-progettuali;
- centro di orientamento e formazione per
gli addetti al settore turistico;
- centro di informazione sul sistema
ricettivo.
I comuni del comprensorio dovranno diventare
delle stazioni remote di ricevimento dati
consultabili da tutti gli interessati, che
potranno arricchire i data-base con loro
proposte o informazioni. Gli attori
coinvolti in questo progetto possono essere:
la Regione Basilicata e la Provincia di
Potenza, l’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente (Arpab), l’Agenzia
per la promozione turistica (Apt) di
Potenza, Sviluppo Italia Basilicata per il
finanziamento dei progetti ipotizzati; la
Comunità montana in qualità di gestore
dell’intero progetto.
Figura 6 - Centro storico del Comune
di Viaggiano |
|
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Il progetto-tipo: l’albergo diffuso nel
borgo di Viggiano
L’ipotesi progettuale della localizzazione
di unità ricettive nel borgo di Viggiano è
stata preceduta da un’indagine sulla
capacità ricettiva distribuita sul
territorio della Comunità montana Alto Agri.
Su una superficie di 7.000 ha, con una
popolazione di circa 31.000 abitanti sono
presenti 23 esercizi, per un ammontare di
976 posti letto, distribuiti in pochi punti
e indirizzati quasi esclusivamente
all’accoglienza del personale dirigente del
Centro Oli di Viggiano. Si è ritenuto che il
piano di sviluppo turistico dovesse essere
supportato da un’armatura ricettiva che
andasse a integrare quella esistente e che
nello stesso tempo la arricchisse, passando
da una ricettività passiva limitata
al solo pernottamento, ad una che renda il
turista parte attiva.
L’idea-forza è la conformazione di un
eco-villaggio che offra, oltre ai
tradizionali servizi delle strutture
ricettive, laboratori per le produzioni
culturali e artistiche, spazi per conferenze
e per sperimentazioni in materia ambientale
a disposizione di centri di ricerca e
dell’università. Il recupero delle
abitazioni rientra nello spirito
dell’albergo diffuso, che può essere
definito come un albergo orizzontale
composto da un nucleo centrale di
riferimento e da camere e servizi dislocati
in edifici diversi, seppure vicini tra di
loro. Edifici che conservano tracce del
passato integrandosi con l’ambiente
costruito e naturale.
La proposta è coerente con le istanze di
recupero del patrimonio artistico e
culturale dei centri minori che puntano
all’incremento del reddito e
dell’occupazione nel rispetto della cultura,
dell’ambiente e dell’identità dei luoghi.
La maggiore difficoltà nell’applicazione
della tecnica per il finanziamento di
investimenti consiste nel definire la
struttura contrattuale in grado di
garantire, durante tutto l’arco di
operatività del progetto, il quadro dei
valori dei costi, dei ricavi e dei flussi di
cassa predefiniti. Si è ritenuto, per questo
motivo, di seguire le procedure applicate in
casi analoghi. Pertanto, sono stati previsti
tre tipi di contratto:
- un contratto di costruzione;
- un contratto di gestione;
- dei contratti di assicurazione.
Per poter verificare l’applicabilità dello
schema del project fìnancing è
necessario definire con precisione gli
investimenti da realizzare, le attività che
ne derivano, i costi e i ricavi connessi, i
soggetti coinvolti nell’iniziativa
attribuendo alla società di progetto un
ambito di operatività ben delimitato.
Importante in questa tipologia di progetti è
la definizione dello strumento giuridico,
delle modalità di attuazione dei diritti e
degli obblighi delle parti, nel caso
specifico del comune e del possibile
attuatore del progetto. Trattandosi di
progetti complessi e che richiedono
un’attenta analisi dei rischi, il contratto
tra le parti deve essere definito molto
attentamente realizzando un corretto
bilanciamento degli interessi in gioco.
La modalità attuativa scelta per realizzare
l’idea progetto proposta è la costituzione
di una società di trasformazione urbana
(Stu), delegandole la definizione dei
parametri urbanistici relativi all’utilizzo
del territorio e la predisposizione della
progettazione urbanistica esecutiva,
necessaria per dare attuazione alle
previsioni del piano regolatore generale. La
Stu deve provvedere alla preventiva, quanto
fondamentale, acquisizione delle aree
interessate all’intervento consensualmente o
tramite ricorso a procedure espropriative/perequative.
Nel caso dell’acquisizione consensuale, la
società contratta con i proprietari delle
aree l’acquisizione delle stesse,
provvedendo a determinarne condizioni e
modalità. L’altra strada per l’acquisizione
delle aree è il procedimento di esproprio
effettuato dal comune per conto della Stu,
su cui grava il pagamento della indennità.
Aspetto importante è quello della
convenzione che deve disciplinare i rapporti
tra il comune e la società; deve altresì
indicare, a pena di nullità, gli obblighi e
i diritti delle parti e la specificazione
dell’oggetto, nel nostro caso la
riqualificazione di una parte del centro
storico di Viggiano, con l’introduzione del
sistema di ricettività orizzontale.
L’intervento della Stu ha la finalità di
trasformare il borgo in un paese-albergo
mediante il recupero degli immobili
temporaneamente non utilizzabili e quelli
utilizzabili ma non occupati. Si tende, in
questo modo, a introdurre servizi e
attrezzature collettive tali da implementare
un modello ecologico-ambientale per vacanze
e formazione nella Val d’Agri.
L’adozione della categoria di eco-villaggio
implica che il messaggio della comunicazione
non sarà incentrato solo sulle
caratteristiche oggettive dell’area, in
quanto ciò non rappresenterebbe un fattore
unico rispetto alla concorrenza da offrire
un reale vantaggio competitivo.
Figura 7 - Mappa dei siti
archeologici in Alta Val d'Agri |
|
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I risultati attesi
I risultati attesi sono:
- l’incremento del reddito generato dal
sistema economico dell’area;
- la nascita e il rafforzamento delle
imprese locali;
- l’incremento della domanda di prodotti
provenienti dalle aziende locali;
- l’impiego delle risorse umane presenti
nell’area;
- il mantenimento del grado di sostenibilità
ambientale dei processi economici dell’area;
- la conservazione e la rivalutazione del
patrimonio urbanistico e l’utilizzo del
capitale edilizio esistente.
Figura 8 - Obiettivi del piano |
|
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Note
1
Il Consiglio dei ministri in data 30.3.1998,
con l’approvazione della legge 426/1998 dal
titolo “Nuovi interventi in campo
ambientale”, all’art. 2, comma 3, sancisce
l’istituzione del Parco nazionale della Val
d’Agri. Questo parco è il secondo sul
territorio lucano, dopo il Pollino. Si
inserisce in un sistema di aree protette
regionali e nazionali dando continuità alle
aree individuate come siti di importanza
comunitaria e zone di protezione speciale
della Provincia di Potenza definendo la rete
ecologica regionale ed un sistema ambientale
tra i più interessanti e importanti per lo
sviluppo del sud Italia in continuità
geografica tra il parco del Pollino e quello
del Cilento.
2
In Basilicata sono stati individuati 48 siti
per la rete Natura 2000, per una superficie
complessiva di 53.573 ha, pari a circa il
5,32% del territorio regionale. Tra questi,
i 17 siti di particolare importanza
ornitologica sono stati già designati con
decreto dal Ministro all’ambiente anche come
zone di protezione speciale (Zps)
dell’avifauna. Tali siti risultano pertanto
già definitivamente inseriti nella rete
Natura 2000. I siti proposti comprendono
territori dei parchi nazionali e regionali,
delle riserve statali e regionali, delle
aree del demanio pubblico e di altre aree
lucane di interesse naturalistico. Sono
riportati in modo particolare i profili
delle aree Sic e Zps presenti nel territorio
della Comunità montana Alto Agri. Sono in
totale 11 sulle 48 presenti su tutto il
territorio della Lucania, il che deve far
riflettere sulle elevate qualità floristiche
e anche faunistiche dell’area.
3
I comuni facenti parte della Comunità
montana Alto Agri sono: Grumento Nova,
Marsiconuovo, Marsicovetere, Moliterno,
Montemurro, Paterno, San Martino d’Agri, San
Chirico Raparo, Sarconi, Spinoso, Tramutola,
Viggiano.
4
Il fiume Agri ha origine dal Monte Lama e ha
una portata modesta ma condizionata da una
vasta rete di affluenti che si sviluppano
soprattutto alla destra dell’asta
principale. Il corso del fiume è interrotto
vicino alla sorgente da una piccola diga e
più a valle dallo sbarramento del Pertusillo.
I monti della zona occidentale sono composti
da roccia di natura calcarea. All’interno
esistono grotte, caverne e spaccature di
varie dimensioni, nelle quali trovano posto
le acque. Agiscono come un’immensa spugna;
trattengono le abbondanti precipitazioni
atmosferiche, pioggia e neve, per cederle
lentamente con regime quasi regolare.
Vengono così alimentate numerosissime
sorgenti di ottima qualità.
Un ringraziamento particolare va al Prof.
Ettore Bove, ordinario di Economia presso la
Facoltà di Agraria dell’Università di
Basilicata, per il supporto costante dato ai
fini della valutazione economica del piano.
Un saluto speciale è rivolto al Prof. Emilio
Lomanto che come nessun altro ha saputo
trasmettere l’amore per la propria terra.
Si ringrazia il Dipartimento
tecnico-economico per la gestione del
territorio agricolo-forestale della Facoltà
di Agraria dell’Università di Basilicata per
la documentazione fornita.
Bibliografia
APT (2004), Basilicata. Atlante turistico
delle aree prodotto – Sistemi turistici
locali, Istituto Geografico De Agostini,
Novara.
APT (2005), Basilicata. Annuario delle
informazioni turistiche 2005, Regione
Basilicata, Potenza.
Autorità Ambientale della Basilicata (a cura
di) (2003), Natura 2000 in Basilicata,
Stes, Potenza.
Autorità di Bacino Interregionale della
Basilicata (2003), Norme di Attuazione
del Piano di Bacino, Potenza.
Bavusi A. (2003), Val d’Agri-Lagonegrese,
l’intesa per il parco, Basilicata
Regione Notizie n. 105, Potenza.
Bove E. (1999), Non solo petrolio, in
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