Numero 12/13 - 2006

 

La pianificazione regionale  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un programma per la valorizzazione sostenibile delle risorse culturali e paesaggistiche


Alessio D'Auria


 

Il capitale territoriale della regione, in grado di attivare costantemente un imponente turismo culturale, rappresentano un patrimonio di eccezionale valore, attualmente poco e male utilizzato. Alessio D’Auria, nel sottolineare il ruolo delle risorse culturali e paesaggistiche nella programmazione regionale, prospetta percorsi di governo del territorio e dell'economia in grado di convertire virtuosamente la qualità estetica in sviluppo locale, senza ridurne l'alto valore e la sua fruibilità

 

 

Il capitale territoriale della Campania

 

Guardando il Mezzogiorno d’Italia e la Campania in particolare, attraverso la lente del capitale territoriale, ovvero quel sistema di risorse locali che rappresentano una vera e propria dotazione genetica e patrimoniale dei luoghi, il sistema dei beni culturali e paesaggistici rappresenta senz’altro una presenza fondamentale, per la sua intrinseca capacità di produrre economia, influenzando direttamente prezzi, rendite e livelli di redditività degli investimenti.

L’affermazione dell’importanza di politiche di conservazione integrata e di valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche della nostra regione, è ormai un principio acquisito e ampiamente condiviso, come affermata è l’opinione secondo la quale per la Campania, così come per tutto il Mezzogiorno, modelli di sviluppo resource-based, basati sulla capacità attrattiva delle risorse culturali e paesaggistiche, non solo siano potenzialmente vincenti sul mercato globale, ma risultino anche decisamente coerenti con le vocazioni territoriali locali (Pollice, 2002).

D’altra parte, il cosiddetto turismo culturale in Campania è esistito sin da quando la regione, e la città di Napoli in particolare, divenne meta estrema meridionale del circuito del Grand Tour, viaggio di formazione estetica dei giovani nord-europei.

La densità e la straordinaria varietà di risorse culturali e paesaggistiche su cui si fonda la fortuna turistica e la capacità di attrazione della Campania, sono avvalorate dai numeri. Infatti, nella particolare classifica stilata periodicamente dal Ministero dei beni e attività culturali, dei 20 monumenti più visitati del 2004, ben cinque sono in Campania (Scavi di Pompei, Reggia di Caserta e Complesso Vanvitelliano, Museo Archeologico Nazionale, Grotta Azzurra ad Anacapri e Scavi di Ercolano) che, con una quota del 20% circa sul totale dei visitatori nazionali, si pone in una posizione di preminenza, registrando un milione di visitatori in più della Toscana ed un incremento di oltre il 5% rispetto al 2003 (Regione Campania, 2005). Secondo i dati elaborati dal Touring Club Italiano (Tci), sui primi trenta musei e siti più visitati nel 2005, sei si trovano in Campania (annoverando, fra l’altro, Città della Scienza e l’area archeologica di Capaccio-Paestum).

Inoltre, in Campania sono presenti 5 siti iscritti dall’Unesco nella World Heritage List su 40 siti italiani1, pari al 12,5% e a poco più dello 0,5% sul totale mondiale; solo la Toscana può vantare più siti iscritti nella lista (6), sebbene con una minore varietà ed estensione territoriale. Se concentriamo lo sguardo sui paesaggi culturali, per i quali l’Unesco ha elaborato una lista specifica, estrapolandola dalla precedente, la Campania presenta un primato non solo a livello nazionale, ma addirittura a livello mondiale. In Campania, infatti sono stati riconosciuti ben due paesaggi culturali (la Costiera amalfitana e il Parco del Cilento2) sui 5 italiani e sui 50 complessivi nel mondo: questo vuol dire che in Italia è concentrato il 10% dei paesaggi culturali del mondo: di questo il 40% (ossia il 4% sul totale mondiale) si trova in Campania. Nessuna altra regione al mondo può vantare questo primato, ancor più particolare se si pensa che i siti campani riconosciuti quali paesaggi culturali si trovano ambedue in Provincia di Salerno.

La particolarissima condizione della Regione Campania, sullo sfondo di sistemi locali percorsi da profondi processi di cambiamento nei valori, impone compiti e responsabilità che non si potranno evitare, e di cui accettare la complessità. L’obiettivo fondamentale deve essere quello di stabilire un modello di organizzazione delle risorse territoriali intese in senso integrato, in grado cioè di generare un processo realmente autosostenibile che si appoggi sulla strutturazione di un’offerta che attragga flussi turistici esterni, per creare una vera e propria rete paesaggistico-culturale, sottolineando l’inscindibile binomio fra beni culturali e paesaggio, nella loro organica reciprocità.

 

 

Le risorse culturali e paesaggistiche nella programmazione regionale

 

Il sistema di risorse territoriali campano è un sistema culturale complesso, che vede la simultanea presenza di patrimonio architettonico monumentale e non monumentale, patrimonio ambientale e naturalistico, siti storici, centri urbani e paesaggi culturali. Nel nuovo scenario competitivo globalizzato, questo sistema culturale complesso può essere il detonatore di processi di innovazione e di riqualificazione territoriale in grado di integrare e far interagire componenti naturali, culturali e sociali.

In base al principio dei vantaggi comparati, un processo di specializzazione territoriale e di valorizzazione economica dei beni culturali e paesaggistici, appare dunque per la Campania una strategia che renderebbe effettivo un vantaggio competitivo potenziale, garantito dalla qualità e quantità del capitale culturale e paesaggistico.

Un’analisi delle relazioni sistemiche che legano questo sistema di risorse al contesto turistico, mette in evidenza la necessità di attuare una pianificazione delle politiche turistiche della Campania mirata ad articolare l’offerta turistica secondo un più diversificato sistema di valori.

Difatti, tale modello di sviluppo deve oggi confrontarsi con una serie di sollecitazioni sul lato dell’offerta (quali la maturità delle destinazioni classiche del Golfo di Napoli e la relativa necessità di rilancio, la riscoperta di Napoli e il conseguente ridisegno della geografia turistica costiera, la progressiva crescita del turismo rurale nei borghi appenninici) e su quello della domanda (l’esplosione del turismo culturale, lo sviluppo delle motivazioni eno-gastronomiche, la pressione costante e continua crescita del turismo religioso, tra gli altri) e non può basarsi su rendite posizionali (Regione Campania, 2003).

Questa consapevolezza traspare chiaramente dai principali orientamenti strategici della Regione Campania che sono esplicitamente rivolti all’elaborazione di modelli di sviluppo locale fondati sulla valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico.

I progetti integrati (Pi), ad esempio, introdotti nell’ambito della programmazione dei Fondi strutturali comunitari per il sessennio 2000-2006, sono concentrati sul tema dello sviluppo territoriale incentrato sull’apprezzamento dei beni culturali e paesaggistici e delle risorse turistiche ad essi collegati. Ben quattro dei sei ambiti tematici identificati dall’amministrazione regionale (città capoluogo, grandi attrattori culturali, itinerari culturali regionali, parchi naturali, sistemi locali a vocazione turistica) e 39 dei 51 Pi complessivi, mirano, direttamente o indirettamente, ad accrescere l’attrattività del territorio regionale e a rafforzarne la competitività a livello internazionale mediante la diversificazione dell’offerta turistica, il potenziamento della capacità ricettiva, il miglioramento della qualità del contesto ambientale, urbano e paesaggistico, oltre che dei prodotti e dei servizi proposti.

L’aggiornamento del Rapporto di valutazione intermedia effettuato a ottobre 2005 dal nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (Nvvip), riconosce che le strategie regionali nel settore dei beni culturali sono strettamente interconnesse con quelle del turismo, della rete ecologica e dello sviluppo sostenibile delle aree urbane, pur essendo in parte riconducibili a capitoli di spesa e ad assi diversi del programma operativo regionale. Il Rapporto ricostruisce la strategia regionale nel settore Beni culturali attraverso l’identificazione di due macro-obiettivi di livello strutturale: obiettivo di conservazione e riqualificazione e obiettivo di promozione e valorizzazione; a questi obiettivi generali si connettono tre obiettivi di carattere operativo, che si rifanno alle misure specifiche del Por: conservazione e valorizzazione integrata dei beni culturali, sviluppo della microfiliera imprenditoriale e sviluppo di competenze del capitale umano.

Il Documento strategico Mezzogiorno, elaborato nell’ambito del quadro strategico nazionale 2007-2013 dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e reso pubblico a dicembre 2005, ha sottolineato che alcuni fattori critici, quali l’inquinamento costiero, la distruzione del paesaggio e l’abusivismo edilizio, riducono sensibilmente il potenziale di attratività turistica delle regioni meridionali e che pertanto è estremamente riduttivo proporre strategie di sviluppo turistico il cui unico obiettivo sia l’incremento dell’offerta e, quindi, delle presenze, prescindendo da strategie di conservazione degli asset ambientali, culturali e paesaggistici.

Anche la recente proposta di piano territoriale regionale (Ptr), adottata dalla Giunta regionale e attualmente in fase di ridefinizione dopo le osservazioni e proposte di modifica, assume come proprio epicentro strategico la valorizzazione delle risorse territoriali. Il Ptr promuove il rafforzamento di una Campania plurale, attraverso la ricerca di un più organico investimento nelle esperienze di programmazione, in corso e future, e il consolidarsi di reti di connessione di un sistema policentrico, basate su di un efficiente sistema della mobilità, delle continuità ecologiche, della valorizzazione paesaggistica e della gestione efficace del grado di rischio ambientale del territorio.

Il Ptr definisce quali ambiti territoriali di base per la nuova programmazione i sistemi territoriali di sviluppo (Sts), individuati in funzione dell’assetto geografico-ambientale del territorio, delle alleanze condotte tra i vari attori e delle linee strategiche conseguenti, secondo una dominante di sviluppo riconosciuta per ciascun Sts. Vengono individuati almeno tre categorie di Sts che assumono in maniera più o meno esplicita come stella polare lo sviluppo locale basato sulla valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche: i sistemi a dominante rurale-culturale, i sistemi a dominante naturalistica e i sistemi costieri a dominante paesisitico-ambientale-culturale, (oltre naturalmente ai sistemi urbani), che complessivamente riguardano oltre i 3/4 del territorio e della popolazione regionale.

 

 

Il bello attorno al bello: dalla qualità estetica lo sviluppo locale

 

Il Rapporto preparatorio per l’elaborazione del documento strategico regionale preliminare per la politica di coesione 2007-2013, pubblicato sul Burc del 27 dicembre 2005, n. 68 bis, configura una strategia plurale di sviluppo regionale che non ingessi le identità dei territori appiattendole su traiettorie di sviluppo desunte dalla sola proiezione delle vocazioni localistiche, ma che invece adotti una visione aperta e dinamica, tenendo distinte, insomma, le vocazioni del territorio dalle visioni di futuro (D’Auria e Ruocco, 2006).

Il Rapporto riconosce che il territorio è la principale risorsa per lo sviluppo della regione e che pertanto le strategie indicate nel Ptr vanno poste in reciprocità con i contenuti del prossimo programma operativo 2007/2013. All’interno del Rapporto si sottolinea che lo sviluppo delle attività turistiche non ha prodotto effetti strutturali per la mancanza di intersettorialità tra ambiente, beni culturali, trasporti e attività produttive. In tal senso appare coerente la scelta di individuare un set di scelte strategiche incentrate sulla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, con particolare attenzione al riequilibrio territoriale fra aree urbane e paesaggio rurale.

Si prefigura, dunque, la necessità di attivare un processo di sviluppo locale che assuma come epicentro il sistema delle risorse culturali e paesaggistiche, sia come marcatori di identità locale, vera e propria risorsa della comunità in grado di generare e ri-generare capitale sociale e relazionale, sia come detonatori di economie collegate a risorse presenti o potenziali.

In particolare, la regione si propone di avviare un programma denominato il bello attorno al bello, volto a combattere il degrado attorno ai siti turistici più visitati, mediante l’estensione del Progetto Sirena3 e l’introduzione di meccanismi di fiscalità di vantaggio per il recupero urbano e per il riordino del territorio rurale.

Questo programma possiede, dunque, una valenza strategica e innovatrice particolarmente rivolta al perseguimento degli obiettivi di qualità paesaggistica, che sono alla base della convenzione europea del paesaggio (Cep), stipulata a Firenze dal 2000 – e cui recentemente il Parlamento italiano ha dato ratifica ed esecuzione con la legge 14/2006 – e declinati anche dal Codice Urbani4.

Il Rapporto non individua, com’è ovvio, le modalità di applicazione del programma il bello attorno al bello, e pertanto è possibile avanzare specifiche ipotesi operative, definendo innanzitutto gli ambiti territoriali di applicazione.

Dal momento che vi è una pressoché totale coincidenza fra i siti campani più ambiti dai turisti e le eccellenze territoriali riconosciute dall’Unesco (con l’ovvia eccezione di quei territori – il Cilento, la Costiera amalfitana, il patrimonio culturale non-monumentale del centro storico di Napoli – per i quali non è previsto un biglietto d’ingresso), per l’articolazione del programma di incentivi appare dunque plausibile limitare il campo d’azione ai casi di particolare eccellenza estetica (Gabrielli, 2004), prendendo in considerazione un’opzione che riguardi i siti Unesco della regione, estendendo, cioè, i principi che sono alla base del Progetto Sirena per il centro storico di Napoli anche agli altri siti.

In merito ai beni puntuali, come possono essere considerati gli scavi archeologici di Pompei, Oplonti ed Ercolano o la Reggia di Caserta col Parco, l’Acquedotto e il Complesso di San Leucio, si ritiene necessaria la preventiva delimitazione di specifici settori di salvaguardia, ossia aree (urbane e perturbane) nell’intorno di detti siti, al cui interno modulare un sistema di incentivi finanziari.

Di particolare interesse risulta la possibile articolazione del programma nei siti riconosciuti quali paesaggi culturali, sia per la loro estensione e intrinseca complessità territoriale sia, soprattutto, per la crescente domanda di paesaggio (Gambino, 2003) derivante dalla ricerca di identità legata alle dinamiche dei processi di globalizzazione e ai loro contradditori effetti di omologazione e deterritorializzazione.

Le preferenze dei consumatori e dei turisti in particolare si stanno da tempo orientando verso prodotti con un ruolo preminente delle caratteristiche morfologiche, ovvero estetico-percettive. Inoltre, a livello sociale si assiste all’esplosione della cultura del loisir (Morin, 1974) con l’aumento esponenziale della ricerca di spettacolarizzazione dell’esperienza turistica in quanto esperienza totale e multisensoriale che non si limiti a intrattenere, ma che sia anche in grado di “educare, coinvolgere ed estasiare il consumatore” (Pine e Gilmore, 2000)5.

Nell’era dell’eterno presente dell’economia dell’accesso, la semplice produzione di beni e servizi non è più sufficiente e sono invece le esperienze e le emozioni offerte al consumatore a costituire il fondamento della creazione di valore (Schmitt, 1999): dal continuo processo di accumulazione e consumo di quello che Bourdieau definiva “capitale simbolico” (1983), consegue un apprezzamento mercantile del valore differenziale della bellezza e della qualità estetica.

Il concetto stesso di paesaggio culturale, così com’è concepito dall’Unesco6, contiene intrinsecamente una dimensione di tipo antropologico, in quanto experience provider, ovvero non è solo un concetto di tipo oggettivo, misurabile attraverso parametri e indicatori, ma ha a che fare anche con la rappresentazione che del territorio danno coloro che lo vivono, con il tipo di immaginario e di aspettative che questo suscita, con le complesse dinamiche di identità e di appartenenza.

In questo senso i paesaggi culturali campani sono, per quantità e qualità, intimamente connessi con la fruizione turistica, configurandosi come “scena spettacolare del turismo e dell’economia globale” (Lanzani, 2004). La stessa conservazione/progettazione del paesaggio, in quanto creazione di valori d’uso e di scambio a partire da valori intrinseci/simbolici/culturali, diventa ragione di sviluppo economico (Fusco Girard e Nijkamp, 2005).

I paesaggi campani si trovano ad essere in competizione con altri paesaggi nell’attrarre flussi turistici, ma anche le scelte localizzative di imprese e attività produttive e pertanto possono effettivamente rappresentare – lo si vuole ribadire – il vantaggio competitivo più rilevante nella crescente competizione globale, per uno sviluppo di qualità che non deve temere la delocalizzazione delle imprese o la contraffazione dei marchi (Clementi, 2005).

Queste considerazioni rinviano inequivocabilmente al significato progettuale che la Cep attribuisce al paesaggio e alla sua funzione come risorsa strategica per incentivare le economie locali, in quanto capace di legare la coscienza storica e le memorie collettive alle attese e ai progetti di cambiamento dello spazio sociale.

Si propone di attribuire al programma il bello attorno al bello la forma di un vero e proprio progetto di paesaggio, inteso non come prefigurazione di opere fisiche e funzionali, ma come un processo strutturato di perenne manutenzione dell’immagine paesaggistica, costituito da molteplici azioni e differenti attori, orientato ad una visione di futuro e articolato secondo modalità di sostegno finanziario a geometria variabile.

In termini economici questa progettualità significa conservazione del paesaggio attraverso la formazione di paesaggio, nel senso che possiamo conservare un paesaggio solo se lo produciamo attraverso il processo economico, nella consapevolezza che proprio la fruizione turistica – più di altre – è legata al contesto paesaggistico e culturale in cui si pone, e anzi i fruitori percepiscono in maniera rilevante gli esiti morfologici del processo di produzione del paesaggio (di cui gli stessi turisti sono parte integrante), nella misura in cui tali esiti rappresentano dei valori estetici che influenzano la disponibilità a pagare.

Agire sul paesaggio vuol dire intervenire all’interno dei molteplici processi di progettazione del territorio che coinvolgono una grande quantità di soggetti, competenze ed esperienze, tutte altrettanto legittimate e abilitate a modificare gli spazi esistenti (Urbani, 2002).

Va sottolineato, intanto, che per prime le attività connesse alla filiera agricola risultano fondamentali nella prospettiva di uno sviluppo equilibrato del contesto dei paesaggi campani e di una corretta conservazione dei caratteri identitari. Con particolare riferimento al Cilento, gli studi effettuati sulle dinamiche di trasformazione del territorio rurale in Campania (Di Gennaro e Innamorato, 2005) hanno messo in evidenza che negli ultimi quaranta anni si è verificato un progressivo ma inesorabile processo di riforestazione spontanea a seguito dell’abbandono colturale: in questo senso, il programma dovrà analizzare necessariamente il trade-off tra il valore estetico del paesaggio e il reddito di coloro i quali contribuiscono alla produzione di quel paesaggio7, riconoscendo che lo spazio rurale, in quanto componente strutturale paesaggistica, rappresenta nel suo complesso un bene comune al di là degli assetti proprietari e delle forme di conduzione. Pertanto, le politiche e le strategie di valorizzazione sostenibile andranno indirizzate a sostenere economicamente lo sviluppo di quelle attività di produzione agricola che risultino più compatibili con le esigenze di conservazione del paesaggio.

Il progetto di paesaggio sarà dunque finalizzato a guadagnare tanto la collettività locale tanto i singoli privati alla conservazione del paesaggio, cui demandare deliberatamente il compito di promuovere insieme sviluppo e identità: solo in questo modo la tutela dei valori paesaggistici potrà effettivamente essere considerata compito comune delle collettività insediate in quei territori.

Il Codice Urbani, confermando la distinzione tra beni culturali e beni paesaggistici, sembra trascurare il fondamentale ruolo delle relazioni tra i singoli beni. Questo programma può superare questa aporia, mediante la sperimentazione di modalità di controllo e di indirizzo delle dinamiche territoriali entro i confini dei paesaggi eccezionali, sviluppando cioè un sistema di relazioni possibili tra questi e il contesto ed evidenziando la sistematica incidenza delle dinamiche socio-economiche del territorio sui caratteri dei paesaggi, e dunque, sulle identità delle comunità territoriali insediate.

 

 

Note

 

1 In ordine di iscrizione: il Centro Storico di Napoli (1995); la Reggia di Caserta, col Parco, l’Acquedotto Vanvitelliano e il complesso di San Leucio (1997); le aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Oplonti (1997); la Costiera amalfitana (1997); il Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula (1998).

2 La Costiera amalfitana è stata iscritta con le seguenti motivazioni: “Rappresenta con la sua conformazione naturale e architettonica di suggestiva bellezza, il senso del potere della natura sull’uomo, che da sempre ha attratto poeti, artisti e viaggiatori di tutto il mondo. Fu infatti luogo di scambio fra il mondo islamico e l’Occidente, ricco di contrasti: sole mediterraneo e rocce scoscese, lussureggiante vegetazione e grotte sul mare”. Il Parco del Cilento è stato iscritto con le seguenti motivazioni: “La zona del Cilento è costituita da un insieme di paesaggi naturali e siti culturali di eccezionale qualità: con i suoi santuari e gli stabilimenti manufatturieri che punteggiano le catene montuose circostanti denota la sua evoluzione storica dagli albori sino al Medioevo. Crocevia tra le colonie della Magna Grecia e i popoli indigeni etruschi e lucani, conserva le vestigia delle due più importanti città classiche quali Paestum e Velia. Criterio (iii). Durante la preistoria e il Medio Evo la regione del Cilento è stata il principale passaggio per le comunicazioni culturali, politiche e commerciali in un modo particolare, cioè attraverso le catene montuose che corrono da est a ovest creando così un panorama culturale di notevole significato e qualità. Criterio (iv): in due momenti chiave dello sviluppo della società umana del Mediterraneo come regione la zona del Cilento ha costituito l’unico modo esistente di comunicazione tra l’Adriatico e il Tirreno nella regione del Mediterraneo centrale, e ciò è chiaramente illustrato da quello che resta oggi del paesaggio culturale”.

3 Il Progetto Sirena è stato promosso dal Comune di Napoli e dalla regione a partire dalla fine degli anni ’90 per incentivare il recupero delle parti comuni degli edifici privati dei centri storici e delle periferie della città (D’Auria, 2004 e 2005).

4 La Cep mira alla conservazione e al miglioramento “degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio”, attraverso l’individuazione di obiettivi di qualità paesaggistica definiti come “la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita” (art. 1).

Il Codice Urbani (DLgs 42/2004) recepisce l’invito della Cep e all’art. 143, comma 2, stabilisce che gli obiettivi di qualità paesaggistica siano:

“a) il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi;

b) la previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesaggistico del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco e delle aree agricole;

c) il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici coerenti e integrati con quelli”.

5 Secondo gli autori le esperienze “sono una quarta tipologia di offerta economica, distinta dai servizi così come i servizi sono distinti dai beni e i beni dalle commodity. Quando una persona acquista un servizio, compra un set di attività intangibili che vengono svolte per suo conto. Quando invece acquista un’esperienza paga per passare del tempo nel godere di una serie di eventi memorabili”.

6 Va ricordato che, a differenza della Convenzione del patrimonio mondiale culturale e naturale dell’Unesco, in cui è introdotto il concetto di paesaggio culturale, nella Convenzione europea del paesaggio l’aggettivo culturale viene evitato, risultando incompatibile col concetto di paesaggio esteso alla totalità del territorio, inclusi i paesaggi del degrado e dell’abbandono o delle infrastrutture territoriali.

7 Per quanto attiene i paesaggi rurali, gli obiettivi di salvaguardia e riqualificazione, potranno essere raggiunti tramite l’impiego coordinato di strumenti di pianificazione paesaggistico-ambientale e di politica agraria che, attraverso l’erogazione di contributi finanziari, siano in grado di indurre l’agricoltore a realizzare azioni di miglioramento del paesaggio. Tramite l’utilizzo di modelli di multi-objective analisis è possibile individuare soluzioni di compromesso tra la realizzazione di azioni volte a migliorare l’assetto paesaggistico del territorio da parte degli agricoltori e la massimizzazione del reddito delle aziende agricole (Tempesta et al., 2004).

 

 

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