Percorsi di programmazione/pianificazione
strategica dei territori intermedi fra i
corridoi europei I e VIII per il Documento
Strategico del Mezzogiorno 2007/2013.
L’integrazione della rete ecologica nella
trama del piano
Guardando verso ponente le sagome dei due
vulcani spenti Somma (Napoli) e Vulture
(Potenza) colpisce la loro somiglianza per
la linea di orizzonte e gli aspetti
morfologici-cromatici1 (Figura
1).
Figura 1 - Nell'immagine in alto a
destra il Monte Somma ripreso
dall'opificio di San Lucio di
Caserta in uno stralcio dalla tavola
di G. B. Lusieri in Spirito F.
(2003), Lusieri, Electa, Napoli, pp
74-75.
In alto a sinistra il Monte Vulture
ripreso dalla fossa bradanica
località Bosco delle Rose, Lavello (Pz).
Il versante est del Monte Vuture, in
basso a sinistra; il versante
nord-est del Monte Somma, in basso a
destra. |
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Tra queste emergenze paesistiche otto
province hanno avviato una riflessione
attorno a principi, strategie, idee-forza,
luoghi, da sottoporre ai rispettivi governi
regionali per la programmazione
interregionale 2007-20132 del
Documento strategico del Mezzogiorno (Dsm).
La necessità di rendere contemporanei e
sinergici la programmazione e la
pianificazione porta a ipotizzare un
possibile Dsm come progetto territoriale
definito dall’intreccio tra reti
(economiche, ecologiche, istituzionali,
sociali), per generare una trama unitaria in
cui la singolarità perde la sua
riconoscibilità/visibilità, per lasciare
solo la percezione di esse.
A partire dal sistema ambientale costituito
dal bacino idrografico del fiume Ofanto, si
è proseguito in un crescendo, indagando alle
scale superiori con lo stesso spirito di
coerenza adottato per il sistema ambientale
iniziale: allargando al sistema idrografico
del fiume Sele, a quello del Meridione
peninsulare fino ai sistemi europei della
mobilità3 e della naturalità4
(Figura 2).
Figura 2 - I corridoi transeuropei
programmati sul territorio italiano |
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Fonte: Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti |
Il presente documento tenta di raccogliere
alcuni spunti di riflessione, sin qui
emersi, sul tema delle reti ecologiche
e in particolar modo circa la loro capacità
di integrazione con le altre reti tematiche.
Il dibattito del partenariato ha permesso di
definire inedite interpretazioni che
aiutano, in maniera assolutamente non
esaustiva, insieme alla verifica del
recepimento degli esiti stessi nell’attuale
produzione della documentazione strategica
regionale, a delineare possibili percorsi di
interpretazione e di progetto per una
possibile trama del Dsm.
Le tappe salienti del percorso
Il percorso, tuttora in fase di svolgimento,
è caratterizzato da alcune tappe
fondamentali coincidenti con gli incontri
del partenariato:
- Lavello (15 novembre 2005): le province di
Potenza, Bari, Foggia, Avellino, Salerno si
riconoscono nell’approccio integrato tra
reti corte (economiche, ecologiche,
istituzionali, sociali) e l’aggancio con le
reti lunghe del quadro europeo, individuando
nei Documenti strategici regionali (Dsr)5
e Dsm gli ambiti di destinazione dell’asse
Sele/Ofanto, quale luogo di condivisione e
di frontiera interregionale;
- Nocera (13 dicembre 2005): prende corpo
una volontà di trasferimento di questo tipo
di approccio, esteso al Mezzogiorno e a
tutte le aree di frontiera interregionale;
- Foggia (13 febbraio 2006): si definisce
l’allargamento del partenariato
istituzionale alle Province di Napoli,
Matera, Benevento, Campobasso e ai comuni
capoluogo di regione e provincia6;
- Verona (24 maggio 2006)7: l’attenzione è
settoriale ed è rivolta ai nodi della rete
economica e all’esplorazione di linee di
cooperazione interregionale, anche nord-sud,
sui temi della intermodalità nella logistica
e infrastrutture.
Le intuizioni iniziali
Il percorso intrapreso in questi mesi prende
l’avvio dall’individuazione di due sistemi
ambientali trasversali ai versanti tirrenico
e adriatico: Sele/Ofanto8; in
essi si ritrovano le ragioni dei sistemi
ambientali9 e la necessità di
un’integrazione, esprimibile attraverso le
ricuciture, tra le politiche
interregionali/provinciali, localizzate
lungo le valli interne e le piane costiere e
comunque nelle aree a maggiore complessità.
Tutto il percorso risente di alcune
intuizioni iniziali:
- la imprescindibilità della pratica
programmatica da quella pianificatoria;
- l’aggancio/sinergia con la
programmazione strategica nazionale, del
Mezzogiorno, e regionale (Dsn,
Dsm, Dsr 2007-2013);
- il rilancio di una credibile
pianificazione ordinaria delle province,
intimamente legate al governo dei tracciati
infrastrutturali della mobilità e della
naturalità;
- la necessità di supportare i processi di
piano territoriale di coordinamento
provinciale (Ptcp) nella dimensione
interna, per il rispetto dei sistemi
ambientali sovraordinati e nella dimensione
esterna, per la costruzione di quadri
cognitivi alle scale interregionali della
programmazione. Ovvero una capacità del Ptcp
di rispondere ad una esigenza di
governance multilivello10;
- il valore strategico di una
programmazione/pianificazione consisterebbe
nel definire tempi, priorità, luoghi fisici
(punti/nodi) in cui localizzare le azioni;
otre che riconoscere direttrici relazionali,
all’interno delle quali viaggiano le
reazioni dirette e indirette negli spazi
delle diverse scale di riferimento e nel
tempo11;
- l’imprescindibilità dei temi della
mobilità e della naturalità, dovuta alle
pressioni esercitate dai primi sui sistemi
ambientali da cui la necessità di azioni per
il superamento dei fattori di frammentazione
paesistica;
- il reticolo idrografico assunto a ruolo di
armatura per l’insediamento della rete
ecologica12.
Gli esiti della partecipazione: nuove
frontiere
Le riflessioni scaturite dagli incontri di
Lavello, Nocera Inferiore e Foggia, partendo
dal concetto di intreccio tra reti
economiche, reti ecologiche e reti
istituzionali per l’orditura di trame
concettuali/immateriali e
progettuali/materiali13, hanno
fornito nuovi spunti di riflessione che
arricchiscono il dibattito sulla
formulazione del Dsm, sul ruolo delle
province, sull’estensione del sistema
territoriale di riferimento, sulle
strategie, su nuove definizioni di reti
ecologiche e, infine, sulle modalità di
integrazione di quest’ultimo nella trama
generale del Dsn.
L’attenzione è rivolta alle valli interne e
alle piane costiere; in questi luoghi, alla
complessità degli usi, se ne aggiunge
un’altra dovuta alla presenza di limiti
amministrativi regionali, provinciali,
comunali. Ciò conferisce loro un carattere
di frontiera14 più che di
confine, rendendoli i luoghi del conflitto
ambientale più esplicito. Le frontiere sono
i luoghi di incontro/scontro di fervide
politiche regionali, provinciali, di
programmazione negoziata15, di un
sistema insediativo diversificato e che ha
reso residuali, frammentati e relittuari gli
elementi di naturalità presenti sul
territorio. Sono, ad esempio, quei luoghi
non parco, ovvero i paesaggi ordinari16
compresi, nella fattispecie, tra i parchi
nazionali di Gargano, Murgia, Vesuvio,
Cilento, Pollino e quelli regionali del
Vulture, Monti Lattari, ecc., dove le
variabili della
pianificazione/programmazione sono ben altre
rispetto alla singolarità delle questioni
affidate alle aree protette17 (Figura
3).
Figura 3 - Il sistema delle
relazioni interregionali per Dsm
2007-2013: incontro del partenariato
tenutosi a Foggia il 13 febbraio
2006 |
|
Fonte: Stefano Biscotti,
Responsabile Ufficio di Ptcp della
Provincia di Foggia |
Le aree di frontiera interregionale,
costituiscono i luoghi strategici per
compiere quelle operazioni di ricucitura
delle politiche regionali rispetto alle
unitarietà dei sistemi ambientali. Le
frontiere interregionali e i sistemi
ambientali ad essi collegati diventano i
luoghi di interesse per la definizione di
una possibile trama per il Dsr e il Dsm.
Cresce la consapevolezza di un ritrovato
ruolo delle province, quali agenzie
istituzionali territoriali di area vasta con
capacità di raccordo delle azioni
programmatorie/pianificatorie di più regioni
per le aree di frontiera. A ciò si aggiunge
la prospettiva di poter essere facilitatrici
per la gestione dei conflitti ambientali18
e per la tutela della congruenza delle
scelte rispetto ai sistemi territoriali
ambientali sovraistituzionalizzati. Da ciò
l’identificazione come sistemi intermedi
rispetto a quelli regionali e comunali;
quasi una nuova stagione di sviluppo che dal
basso passa al medio.
Nel dibattito vi è l’assunzione del
principio che la costruzione della rete
ecologica debba necessariamente, oltre che
individuare interventi tesi al mantenimento
o alla riqualificazione dell’ambiente
naturale, rappresentare un’importante
occasione per la definizione di progetti di
sviluppo locale in chiave eco-sostenibile.
Elemento fondamentale della rete ecologica è
il tessuto connettivo costituito da
paesaggi ordinari in cui la
conservazione della biodiversità deve
dialogare con le scelte di programmazione e
trasformazione del territorio.
La rete ecologica è intimamente connessa
all’antropicità: non si parlerebbe di rete
ecologica, se non per identificarla quale
strumento di riequilibrio in aree a forte
presenza di artificio. Le trame dei tessuti
insediativi di questi luoghi sono linee
impermeabili, profonde, chiare: confini,
a discapito di tutte le aree di osmosi e di
relazione: frontiere.
Sempre più chiaramente, la rete ecologica si
va configurando come un concetto semplice e
comprensibile che porta con sé aspetti
dinamici, di relazionalità, ramificazione e
di continuità naturale tra parti isolate,
sia alla grande scala che a quella locale;
come occasione di costruzione di naturalità,
soprattutto, lungo le linee dei territori
interstiziali nella trama insediativa di
aree a forte pressione antropica.
Il progetto di connessione ecologica è, in
fondo, uno strumento per creare le
condizioni di equilibrio tra presenza
antropica e naturalità, attraverso la
realizzazione di una continuità ecologica
nel territorio. Essa è intesa come uno
strumento utile ad aumentare la permeabilità
continua tra le sue parti, in termini di
politiche di tutela e di sviluppo. Proprio a
partire da una valutazione strategica, la
rete ecologica è da intendersi come elemento
del paesaggio applicabile ad un territorio
non divisibile in costa ed entroterra,
parchi e non parchi, ma che vi si muove
attraverso19. Se l’innovazione
culturale include nel paesaggio l’intero
territorio (e tutte le relazioni sociali,
culturali ed economiche presenti), l’istanza
progettuale della rete coinvolge
sistematicamente attori e progetti, a
qualunque scala essi appartengano. In questa
visione, la rete ecologica va intesa quasi
come una politica di rinaturalizzazione del
territorio, consapevolmente orientata ad
accettare l’idea di contaminazioni
inedite tra i fruitori della rete, in
cui i confini diventano frontiere e i
sistemi diventano aperti.
Il tema della rete ecologica, oltre che
essere un tema che attiene alla sfera
concettuale, è rintracciabile in quella
della pianificazione, ciò per la sua
capacità progettuale di rimandare a visioni
e scenari20. Gli scenari che essa
contribuisce a delineare, sono volutamente
sfumati, con un livello di incertezza
dimensionale e progettuale, non
necessariamente prevedibili in quanto
innescate in un paesaggio umano altamente
complicato. Quasi che la rete ecologica sia
l’esito di una consapevole limitata capacità
(o parsimonia) di impegnare un numero
limitato di variabili nell’elaborazione del
piano (inversamente proporzionale a quelle
presenti nel paesaggio antropizzato) e che
non ha la pretesa di avviare reazioni,
delineare configurazioni fedeli al progetto,
ma prevedere margini di sostenibile
incertezza e lasciando proprio alle
capacità endogene del sistema di trovare una
inedita dimensione di equilibrio21.
Nel medio e breve periodo i Dsr e Dsm
costituiscono il quadro di riferimento più
significativo entro cui realisticamente
trovano spazio le questioni della
condivisione e di frontiera interregionale.
In questa prospettiva appare opportuno
declinare la rete ecologica, in particolare,
rispetto ai campi spaziali previsti
nell’impalcato del documento strategico
nazionale, ovvero: sistema città,
sistemi locali di sviluppo, sistema
rurale.
Reti eco-territoriali nelle bozze dei
documenti regionali di programma/piano
In una dimensione interregionale allargata
al meridione d’Italia, l’asse Sele/Ofanto è
certamente uno dei luoghi delle possibili
ricuciture delle programmazioni regionali
rispetto ai sistemi ambientali
sovradimensionati.
Rispetto a questa nuova dimensione, quindi,
quello che più risulta rilevante non è tanto
la verifica del recepimento dell’asse Sele/Ofanto
nella programmazione strategica regionale
2007-2013, quanto la verifica
dell’esistenza, negli stessi documenti
programmatici, di possibili azioni esplicite
di interregionalità, riferite alle aree di
frontiera, simili per problematicità allo
stesso asse Sele/Ofanto; oppure, la verifica
dell’esistenza di temi generali, che sebbene
non espressamente riferiti a luoghi, valli
interne, aree di frontiera interregionali,
quantomeno sono legati ai concetti di
continuità, reti di connessione orizzontale
e verticale e, comunque, sempre
profondamente legati ai sistemi ambientali
più che a quelli amministrativi.
Appare evidente come il tema delle reti
ecologiche, anche indotto da una fertile
stagione di direttive e regolamenti
comunitari, sia un tema progettuale sul
quale molto si è prodotto ed è quello che,
intuitivamente, risponde alle questioni
della continuità dei flussi di naturalità;
ma, anche, che si adatta alle diverse scale
del territorio: dal locale a quello di area
vasta, da quello regionale a quello
nazionale.
A circa cinque mesi di distanza
dall’incontro di Lavello, dove è stato
proposto l’asse Sele/Ofanto come luogo
specifico di intereresse per una possibile
sperimentazione di azioni programmatiche di
tipo interregionale, si registra
l’inserimento nei tre documenti regionali di
Basilicata, Campania e Puglia dell’idea
specifica (asse Sele/Ofanto), con modalità
differenti, segno evidente che il
partenariato, già informalmente avviato a
ottobre 2005, ha già dato i suoi primi
risultati; però, a causa della ristrettezza
dei tempi determinati dal calendario
approvato dalla conferenza unificata
Stato-regioni-autonomie locali e la
complessità dei processi concertativi nelle
singole regioni, non si potevano raggiungere
risultati migliori nei tempi a disposizione.
Regione Campania
Il piano territoriale regionale (Ptr)
(Delibera del 25 febbraio 2005 n 287; Lr 22
dicembre 2004, n. 16) ha assunto la
costruzione della rete ecologica
regionale (Rer)22 come asse
prioritario d’azione considerando la rete
ecologica come nervatura portante delle
linee di assetto regionali23. Si
è individuato nei piani territoriali
coordinati provinciali (Ptcp) il luogo e
la scala adeguata di progettazione della Rer;
inoltre, si è scelto di affidare alla sua
costruzione la revisione della
pianificazione paesistica, come indicato
dall’accordo del 19 aprile 2001 fra lo Stato
e le regioni, in attuazione della Convezione
europea del paesaggio. I tracciati
privilegiati della Rer sono quelli nord-sud,
rispettivamente lungo la dorsale appenninica
e quella costiera.
Nel rapporto preparatorio al documento
strategico regionale (delibera del 6
dicembre 2005, n. 1809) sono assolutamente
chiari e del tutto recepiti gli orientamenti
di connessione ecologico-territoriale lungo
le valli interne interregionali, con
esplicito riferimento ai due bacini
idrografici Ofanto/Sele in stretta
integrazione con la sella di Lioni.
Regione Basilicata
La Carta regionale dei suoli del 2004
(Lr 11 agosto 1999, n. 23 “Tutela governo e
uso del territorio”, artt. 2, 3, 10, 29, 30,
41, Regolamento di attuazione, artt. 2, 3,
4, 8, 9, 16, 20). Nell’ambito del sistema
naturalistico-ambientale sono definite
azioni e strumenti di tutela ispirate alla
rete ecologica e ai sistemi da corridoio
per la continuità ambientale.
Documento strategico regionale
(dicembre 2005). I temi delle connessioni
interregionali sono affrontati prediligendo
gli aspetti della mobilità di merci e
persone e l’innesto dei sistemi di mobilità
nel programma europeo Trans european
transport networks (Ten-t).
Regione Puglia
La Circolare 1/2005 – Linee
interpretative per l’attuazione della Lr
20/2001 e 24/2004, Assessorato all’assetto
del Territorio – prospetta le conferenze
di pianificazione e i rapporti di
collaborazione istituzionale tra regione,
province e comuni. Il documento introduce
attività di sinergia interistituzionale
orizzontale e verticale24. Per
questo secondo aspetto, significativo è
l’avvio del processo di elaborazione del
documento regionale di assetto generale25
(Drag) e del coinvolgimento delle province
attraverso il Ptcp26, unitamente
alla necessità di declinare, negli spazi di
competenza regionale, i temi della futura
strategia territoriale per lo sviluppo della
competitività e della coesione del paese,
con specifico riferimento all’utilizzo dei
fondi comunitari per il periodo 2007-2013.
I luoghi di cucitura tra i Ptcp
costituiscono un possibile ambito di
rilevante interesse nella partita
complessiva del Drag.
Il Documento strategico regionale
– Forum sviluppo urbano sostenibile
(gennaio 2006) – recepisce gli aspetti
generalisti e specifici (asse Sele/Ofanto)
sui temi della costruzione di trame
pianificatorie relazionali intrecciate,
riferite ai sistemi ambientali e a quelli
infrastrutturali oltre che l’opportunità di
intercettare i flussi economici e l’innesto
dei sistemi di mobilità europei: Corridoi I
e VIII.
Regione Molise
Documento strategico regionale
(ottobre 2005). Si riconoscono le questioni
riferite alle connessioni regionali con aree
oltre confine (balcanica e nord Europa),
prediligendo gli aspetti della mobilità di
merci e persone e l’innesto dei sistemi di
mobilità nel programma europeo Ten-t:
Corridoi europei V, VIII, X.
Per un’orditura della trama: scale e luoghi
per la rete ecologica
Alla luce degli esiti, parziali, del
dibattito condotto dal partenariato, anche a
seguito del quadro interpretativo presentato
in precedenza, è possibile definire una
trama paesistica generale per il Dsm
2007-2013 (destinataria delle azioni),
coincidente con le aree di frontiera lungo
le valli interne a quelle delle piane
costiere (Figura 4).
Figura 4 - Le frontiere per Dsm
2007-2013 |
|
Fonte: Mauro Iacoviello, Agenzia
Territoriale per l'Ambiente NBO |
La duttilità concettuale27 e
progettuale28 fa diventare la
rete ecologica, sicuramente, un appropriato
strumento in grado di contribuire alla
stesura di un inedito Dsm e anche,
fortemente, interrelato alla dimensione
pianificatoria e di assetto territoriale;
ciò evidentemente per quella capacità, della
stessa rete ecologica, di prefigurare
scenari-paesaggi.
Nell’accogliere alcuni degli esiti emersi
dal partenariato circa l’aggancio-sinergia
con la Dsn, Dsm e Dsr (2007-2013), si è
verificata la possibilità di declinare la
rete ecologica rispetto ai campi spaziali
previsti dalla struttura del Dsn ovvero: il
comportamento della rete ecologica (quale
fattore di riequilibrio ambientale) rispetto
al sistema città, ai sistemi
locali di sviluppo, al sistema rurale
e al tempo stesso la possibilità di creare
condizioni di continuità della naturalità
tra questi sistemi.
La sequenza di città, sistemi locali,
sistema rurale, può essere interpretata come
un percorso lineare di avvicinamento della
campagna alla città (o viceversa) e che
mette insieme episodi rappresentativi delle
configurazioni territoriali più diffuse
(soprattutto se si considerano le aree di
fondovalle, valli interne, piane costiere)29.
All’interno dello spazio compreso tra i poli
del sistema città e quello rurale, si
raccolgono i sistemi con un maggiore grado
di contaminazione; una specie di luogo
limite con margini poco definiti e con forti
processi di osmosi: le frontiere30.
Nei termini descritti, è possibile
interpretare l’impiego delle reti ecologiche
rispetto ad un possibile transetto31
costituito da più episodi e che si
caratterizzata come frontiera: tra lo
spazio della città e quello della campagna,
attraversando aree periurbane (residenziali,
industriali dismesse, industriali in
attività, aree internodali, porte urbane a
valenza archeologica, culturale,
naturalistica) campagne urbane32,
campagne, aree naturali. Questo per
affermare che, attraverso i transetti, il
territorio entra in città e la città nel
territorio.
Concentrare l’attenzione sulle frontiere
urbane conduce la riflessione verso
l’individuazione del ruolo di valvola
naturale, doppiamente osmotica, che la rete
ecologica ha cominciato ad avere e che
tuttora ha all’interno del complessivo
ridisegno urb-agro-ambientale. A seguito di
tale riflessione, infatti, essa viene letta
secondo una doppia valenza ed una doppia
prospettiva, soprattutto rispetto alla
capacità di stabilire relazioni di
continuità sia orizzontali (alla stessa
scala di intervento) che verticali (multiscalare):
- un complessivo riequilibrio ambientale e
riconsiderazione33 delle
politiche di infrastrutturazione
territoriale attraverso il controllo delle
barriere insediative, produttive e
infrastrutturali;
- una continuità compenetrante tra
dimensione urbana e dimensione territoriale.
Attraverso le frontiere la dimensione di
area vasta respira con quella urbana; esse
possono così diventare elemento integrante
ed ecologicamente funzionale di un
palinsesto insediativo più ampio e
complesso, quale è quello della rete
ecologica nazionale (Ren) e locale,
struttura portante del disegno verde
progettato all’interno delle città.
Per una necessaria riflessione circa la
verifica dell’esistenza di condizioni di
continuità tra le diverse scale
territoriali, appare opportuno indagare alla
scala intermedia (tra quella della Ren e
quella della rete ecologica locale) riferita
ai sistemi ambientali di appartenenza dei
transetti.
In questi termini, raccogliendo gli esiti
del partenariato34, la Rete
ecologica vision 202035
potrebbe essere articolata lungo la scala di
bacino idrografico o del distretto
idrografico36, prevedendo azioni
di ampio respiro volte al raggiungimento di
una nuova progettualità, capace di
prefigurare scenari condivisi e necessari ad
uno sviluppo che non interferisca con
l’assetto ecologico ambientale ma,
armonizzato con le realtà preesistenti e
coerente rispetto alla disponibilità delle
risorse, in continuità scalare con le azioni
previste dagli enti sovra-ordinati (Figura
5).
Figura 5 - Le applicazioni
multiscalari della rete ecologica e
la declinazione nei sistemi locali
del Dsn |
|
|
Conclusioni
La rete ecologica non è da intendersi come
ambito settoriale, bensì strumento per
l’integrazione con le altre reti (economica,
amministrativa, sociale). I termini con cui
questa rete viene proposta trovano un solo
obiettivo nella definizione di progettualità,
azioni (qualora sia perseguibile ancora
l’impostazione originaria dei programma
operativo regionale 2000/2006) in cui siano
auspicati interventi unitari che contengano
in sé gli aspetti ecologici, economici e
istituzionali (imprescindibilmente legati
tra loro con l’attenzione sui sistemi
relazionali che permettono di osservare
l’ambiente secondo la visione integrata
ecologia-economia).
Osare un richiamo agli attributi del
pensiero vitruviano (Firmitas, Utilitas e
Venustas) e alla loro imprescindibilità
nell’opera di architettura, permette di
chiarire il concetto, operando per ridurre
la visibilità della rete ecologica
all’interno di una nuova etica del
piano-programma.
Note
1
Per chi guarda dal versante adriatico verso
occidente, il versante del Monte Vulture
(Potenza) appare uguale al versante del
Monte Somma-Vesuvio (Campania), soprattutto
attraverso le visioni di paesaggisti tra
XVIII e XI secolo, come Lusieri e P. Hackert.
2
L’Agenzia territoriale per l’ambiente del
PTNBO, le Province di Potenza e di Avellino
hanno attivato un primo momento di
condivisione delle informazioni relative ai
quadri pianificatori di area vasta; in tale
occasione l’Agenzia attiva un servizio di
segreteria tecnica per la raccolta e la
collocazione delle informazioni in un
sistema informativo territoriale su base
interprovinciale.
3
Programma europeo Trans european transport
networks (Ten-t).
4
Rete natura 2000.
5
Delle Regioni Basilicata, Campania e Puglia.
6
Il partenariato risulta così composto:
Province di Avellino, Bari, Benevento,
Campobasso, Foggia, Matera, Napoli, Potenza,
Salerno, EuroIdees-Bruxelles, Rete
SLST-Napoli, Agenzia di sviluppo Nord Barese
Ofantina-Barletta, Agenzia territoriale per
l’ambiente del patto nord barese
ofantino-Trinitapoli, Università degli Studi
della Basilicata.
7
Forum sulla logistica e i trasporti nel
quadro strategico nazionale 2007-2013 per
una possibile collaborazione nord-sud
(Verona 24 maggio 2006). A Verona il
Quadrante Europa si pone come punto di
incontro dei corridoi europei I e V (fra i
punti più rilevanti della logistica
europea).
8
Iacoviello M. (2005).
9
La corrispondenza del sistema di riferimento
spaziale (in cui insiste l’asse Sele/Ofantino)
con la recente direttiva quadro sulle Acque
(2000/60/Cee), ribadisce un interesse verso
l’individuazione dei bacini e distretti
idrografici perimetrati da confini fisici,
quali unici sistemi territoriali di
riferimento in cui attivare piani e
programmi di sviluppo sostenibile.
10
Un segno di sicuro interesse, che rafforza
questo ruolo delle province, è visibile in
una serie di atti di governo regionale
pugliese sui temi della programmazione
strategica per il periodo 2007-2013:
l’invito alla concertazione e l’integrazione
multilivello di governance del
territorio (in Conferenze di
pianificazione e rapporti di collaborazione
istituzionale tra Regioni, province e Comuni
processi di Copianificazione in
attuazione della circolare 1/2005 – Linee
interpretative per l’attuazione delle LL.rr
Puglia 20/2001 e 24/2004). Analogamente
la Provincia di Potenza si appresta ad
avviare il processo di elaborazione del
piano strutturale provinciale muovendo da
una riflessione sui temi/requisiti di: a)
contemporaneità della pianificazione e
programmazione; b) approccio multilivello;
c) governance e gestione del piano.
11
Il tempo dei sistemi ecologici confligge
spesso nelle aspettative, negli obiettivi
della pianificazione/programmazione; i tempi
della natura non sono altro che quelli delle
scelte programmatorie; da cui “la
caratterizzazione in senso temporale del
processo di pianificazione come conseguenza
dei contenuti ambientali” (Mininni M. V.,
Migliaccio A., 2001).
12
Il recente DLgs 152/2006, in recepimento
della Direttiva Cee 2000/60, recante
Norme in materia ambientale, introduce
il concetto di distretto idrografico
(“costituito da uno o più bacini idrografici
limitrofi …”) e quello rispettivo di
unitarietà del piano di bacino distrettuale.
Secondo questa impostazione sembrerebbe
indagabile la possibilità di riferire la
rete ecologica alla dimensione del distretto
idrografico oltre che altre riflessioni
sull’unitarietà dei sistemi territoriali di
riferimento del Dsm e il Distretto
idrografico dell’Appennino Meridionale (art.
64, DLgs 152/2006). Il reticolo idrografico,
secondo quanto detto dal Prof. Magnaghi al
convegno “Fiume, paesaggio, difesa del
suolo. Superare le emergenze, cogliere le
opportunità”, Firenze 10-11 maggio 2006, può
costituire la matrice per la formazione di
una nuova territorialità.
13
Un’orditura del piano nella quale
riconoscere flussi di naturalità e quelli di
beni e servizi lungo linee, direttrici e
nodi, ma anche ribadire ruoli e funzioni,
esaltare vocazioni tra le maglie.
14
Zanini P. (1997).
15
Alla discontinuità di tipo
programmatico-amministrativo se ne aggiunge
un’altra, che ha determinato la formazione
di nuove dinamiche consociative attorno ai
programmi integrati e complessi sulle
questioni tipicamente ambientali che hanno
contribuito a definire un nuovo livello di
attori interposti a quelli delle
amministrazioni locali e provinciali (gruppo
di azione locale, progetti integrati
territoriali, progetti integrati settoriali,
patti territoriali, ecc.).
16
Con l’innovazione culturale e di metodo
introdotta dalla recente convenzione europea
(Firenze, ottobre 2000), si è, infatti,
riscoperto il valore progettuale del
paesaggio come premessa metodologica e
quadro relazionale auspicato per ogni
intervento sul territorio. La nuova cultura
progettuale riconosce che ogni attività
dell’uomo così come ogni processo naturale
sono produttori di paesaggio e dunque,
qualsiasi sia la scala di intervento o il
campo disciplinare coinvolto, essi
costituiscono un progetto di paesaggio.
17
La necessità di sganciarsi dalle aree parco
e “accettare la sfida” più difficile di
avviare processi di sostenibilità in aree a
maggiore complessità quali le aree di
fondovalle, valli interne, le piane costiere
(Gambino R., 1997). Tutto questo trova
riscontro nel recente e rinnovato programma
Appennino parco per l’Europa (Ape), che
immagina un’ipotesi di rete ecologica
interregionale, prediligendo le direttrici
di connessione trasversali alla dorsale
appenninica fino ai sistemi costieri –
programma coste italiane protette – lungo i
sistemi fluviali.
18
Se non altro nell’attivazione di momenti di
incontro tra i diversi portatori di
interesse e di negoziazione delle opzioni di
sviluppo.
19
In una chiave interpretativa di rete
ecologica, quale strumento di riequilibrio
tra uomo e ambiente, si sviluppa a partire
dalla dorsale appenninica ed entra nelle
piane costiere, passando da valli interne a
territori che finiscono per assomigliare a
città diffuse.
20
La dimensione concettuale della rete
ecologica sta alla programmazione come la
dimensione progettuale sta alla
pianificazione. Se ciò fosse considerabile
si valorizzerebbe ancor di più quell’unitarietà
dell’azione programmatoria con quella di
pianificazione.
21
I teoremi di Godel, assieme al principio di
Heisemberg, l’insieme di Montelbrot,
sostengono l’esistenza di margini di
reazioni, configurazioni (pattern)
non prevedibili; la rinuncia alle pretese
razionalistiche di una capacità assoluta
della ragione di conoscere e di cogliere
mediante una certezza assoluta.
22
Volpe S. (2005).
23
Il ruolo delle reti ecologiche a supporto
della pianificazione territoriale e quella
paesistica, in particolare, è già presente
in un processo di Verifica di
compatibilità degli strumenti di
pianificazione paesistica nell’ambito
dell’accordo Stato-regione del 19 aprile
2001, Allegato B – Reti Ecologiche
nella tutela e nella pianificazione del
paesaggio in Campania, marzo 2003,
Assessorato all’Urbanistica, Gestione del
Territorio, Regione Campania. Appaiono
interessanti alcune considerazioni circa:
l’individuazione dei sistemi territoriali
locali (intesi come quadro dinamico di
relazioni tra processi ambientali e
paesaggistici, processi insediativi e
processi socio-economici, molto vicini per
definizione ai campi spaziali presiti
nell’impalcato del Dsn, ovvero: sistema
città, i sistemi locali di sviluppo, il
sistema rurale) quali luoghi di attuazione
delle Ren; un primo tentativo di intreccio e
imprenscindibilità fra le reti ecologiche e
quelle della mobilità economica auspicando e
indirizzando sinergie tra le politiche di
sviluppo e tutela nei settori della natura,
agricolo e quelle relative alle grandi
infrastrutture lineari (autostrade, assi
ferroviari, canali di bonifica, le grandi
linee elettriche); perseguire l’obiettivo
della deframmentazione, all’interno
dell’orientamento strategico della
co-pianificazione, attraverso interventi
molteplici e multiscalari, alla scala
regionale (Ptr), alle scale sub-regionale (Ptcp)
e locale (piano urbanistico comunale)
inserita in quella nazionale ed europea.
24
La Lr 20/2001 prevede tre ambiti
progettuali: Drag, Ptcp, piano urbanistico
generale. Per quest’ultimo sono in corso, da
parte dell’Assessorato regionale all’assetto
del territorio, riflessioni su possibili
orientamenti interpretativi che lascerebbero
intendere al possibile ruolo della rete
ecologica come avariante territoriale,
ovvero una componente fondamentale nelle
previsioni strutturali di lungo periodo.
25
Un primo avvio del processo di adeguamento
degli strumenti vigenti di pianificazione
paesaggistica (piano urbanistico
territoriale tematico) Lr 13 dicembre 2004,
n. 24) alla normativa conseguente
all’approvazione del Codice e al DLgs
152/2006 in recepimento della Direttiva Cee
2000/60, recante Norme in materia
ambientale.
26
Nell’ambito dell’accordo tra la regione e le
province per il decentramento e la
semplificazione delle procedure in materia
urbanistica e di pianificazione territoriale
e paesaggistica.
27
Nei paesaggi dai caratteri
monofunzionalizzati, saturi e sedimentati,
che la rete ecologica si è imposta come
un’idea semplice, comprensibile e
auspicabile, un elemento di grande
pragmatismo capace di contribuire a tessere
trame di altrettanto pragmatici piani di
area vasta come il Ptcp della Provincia di
Bologna.
28
Tra alcune ragioni vi è la rispondenza della
rete ecologica ai requisiti di progettazione
multilivello dalla scala europea a quella
locale, oltre che di saper cogliere aspetti
presenti a ciascuna scala di riferimento (transcalarità)
anche rispetto alla diversificazione degli
esiti prevedibili (ecologico funzionali,
estetico percettivi, culturali).
29
Negli indirizzi della comunità europea sulla
città e sulle aree metropolitane, peraltro,
viene ribadito e perseguito il concetto di
separazione spaziale, di identità
insediativa e configurazionale, del blocco
del consumo di suolo, delle conurbazioni, a
favore e attraverso la contrapposizione di
aree della naturalità, anche agricola: il
caso per il piano integrato territoriale
Firenze-Pisa.
30 Nella prefazione al libro di Pierre
Donadieur (2006), Campagne urbane,
Maria Valeria Mininni parla della frontiera
urbana in termini di un paesaggio costituito
da “territori agricoli periurbani visti in
relazione ai fenomeni della frammentazione
dello spazio agricolo che si è costruito
lentamente dentro una cultura rurale e che
ora è attraversata da nuove attività, nuove
pratiche sociali ed economiche. In questo
paesaggio si stanno delineando indizi di
nuove ecologie tra territorio e società, in
parte dipendenti dalla cultura urbana e da
quella rurale, per molti aspetti portatrici
di una proposta inedita e di nuove forme di
spazialità su cui vale la pena di
interrogarsi. Le campagne intorno alle città
sono, per alcuni versi, i luoghi più
instabili del territorio e quelli
maggiormente investiti da processi di
trasformazione, i suoli delle future
periferie, dei prossimi vuoti in attesa di
processi di valorizzazione immobiliare
oppure quegli spazi che diventeranno slarghi
di svincoli autostradali, aree interstiziali
difficili da interpretare. A differenza di
altre forme di uso del suolo – i boschi, per
esempio – esse pongono una debole resistenza
al cambiamento”.
31
Gibelli G. (2003).
32
Donadieur P. (2006).
33
In ordine alla considerazione delle reti
ecologiche quali infrastrutture verdi.
34
Con particolare riferimento anche
all’interpretazione secondo la quale le reti
ecologiche siano intimamente connesse al
reticolo idrografico superficiale da cui la
creazione e il potenziamento delle capacità
autodepurative dei corsi d’acqua
superficiali, oltre che esaltare direttrici
di sviluppo della rete ecologica nel
transetto costa-entroterra (Ape-Cip) e il
forte radicamento della stessa rete
ecologica nelle aree di fondovalle e di
piana. I sistemi idrografici Sele/Ofanto
hanno finito per diventare un primo luogo
dove avviare riflessioni riguardanti la
continuità e l’equilibrio dei flussi,
naturali ed economici, nella duplice
dimensione di corridoio-condotto per la
ricucitura di parti di territori provinciali
rispetto alle scelte di piano e con parti
dei sistemi sovraordinati. Il corridoio
rimanda ad una dimensione locale con
funzione di indirizzare i flussi verso
luoghi e parti collocate lateralmente alla
direttrice principale; il condotto come
concetto applicabile alla dimensione
superiore e a interconnettere parti poste
alle estremità della direttrice principale:
da ricondurre, quest’ultima, ad una scala
interregionale in cui probabilmente
verificare lo spessore strategico dei
sistemi Ape e Cip che sarebbero dunque
chiamati a interagire con quella che è stata
considerata la nuova strategia di
programmazione 2007-2013.
35
Una configurazione di rete ecologica
all’anno 2020 in linea con il riferimento
temporale della programmazione economica
europea e nazionale territoriale e
infrastrutturale.
36
DLgs 152/2006 in recepimento della Direttiva
Cee 2000/60, recante Norme in materia
ambientale.
Bibliografia
Donadieur P. (2006), Campagne urbane,
Donzelli Editore Roma.
Gambino R.(1997), Questioni aperte, in
“Urbanistica Dossier”, n. 7.
Gibelli G., (2003), Parchi urbani e
sistema del verde nelle aree metropolitane,
Conferenza Nazionale delle aree naturali
protette, Torino.
Iacoviello M. (2005), Approcci di
pianificazione strategica per territori
intermedi tra reti lunghe e reti corte: la
direttrice ofantina, XXV Congresso Inu,
Infrastrutture, città e territori, Roma.
Magnaghi A. (2006), Convegno Fiume,
paesaggio, difesa del suolo. Superare le
emergenze, cogliere le opportunità,
Firenze.
Mininni M. V., Migliaccio A. (2001),
Paesaggi della lentezza. Ovvero: Festina
Lente, in Atti del Convegno
internazionale Politiche per la tutela
del territorio, Luciano editore, Napoli.
Spirito F. (2003), Lusieri, Electa, Napoli.
Volpe S. (2005), Il Piano territoriale della
regione Campania e la Rete Ecologica,
Assemblea Nazionale Parchi Regionali,
Castano Primo (Mi).
Zanini P. (1997), Significati del confine,
Bruno Mondadori, Milano.
Si ringraziano:
il Presidente della Provincia di Potenza,
Sabino Altobello; il Direttore generale
dell’Agenzia per l’occupazione del patto
territoriale Nord Barese/Ofantino, Emanuele
Daluiso; il Responsabile Ufficio
pianificazione territoriale e programmazione
della Provincia di Potenza, Vincenzo
Moretti; il Dirigente dell’Ufficio di Ptcp
della Provincia di Foggia, Stefano Biscotti;
lo Staff dell’Agenzia territoriale per
l’ambiente, Marco Barone, Roberto Covolo,
Francesco D’Ambra, Angela Buonadonna,
Sabatina Roselli; la stagista Daniela
Lanzano. |