Nel febbraio del 2004 il Comune di Trieste
ha adottato il Piano del colore - linee
guida per la manutenzione delle facciate del
Centro Storico, come variante al vigente
piano regolatore generale comunale (Prg)1.
Si tratta di uno strumento volto al recupero
dei valori storici, culturali e ambientali
della scena urbana attraverso la definizione
di linee di indirizzo alle quali si possa
far riferimento nei progetti di manutenzione
dei fronti storici e che, senza
compromettere la libertà interpretativa dei
progettisti, garantiscano la salvaguardia
della qualità ambientale e la congruità
degli interventi.
Lo studio che ha portato all’elaborazione
delle linee guida per Trieste ha preso
l’avvio dall’accoglimento dell’istanza
storica della conservazione della materia
costitutiva delle superfici intonacate e,
quindi, del colore, ed ha mirato a definire
un indirizzo metodologico in grado di
garantire coerenza tra tutte le fasi della
progettazione sulle facciate storiche. Nella
consapevolezza che ogni intervento sulle
antiche fabbriche vada trattato alla stregua
di un vero e proprio restauro, il piano è
improntato alla formulazione di
criteri-guida in grado di fornire gli
strumenti per acquisire la necessaria base
di conoscenza, preliminare ad ogni tipo di
intervento sul costruito storico, e
orientare le scelte progettuali verso
soluzioni compatibili con la storia della
costruzione degli edifici e con i suoi
caratteri tipo-morfologici. Le indicazioni
operative sono state quindi formulate con
cautela, partendo sempre da analisi puntuali
dello stato attuale e indagando sulle
sequenze delle caratterizzazioni cromatiche
che hanno successivamente assunto l’edificio
e il suo contesto ambientale nel tempo.
L’approccio conoscitivo, mirato al
riconoscimento delle valenze storiche,
artistiche e ambientali della città e al
recupero delle tecnologie costruttive di
volta in volta impiegate nel tempo, ha
condotto, da un lato, all’esame delle fonti
storiche e d’archivio e, dall’altro,
all’analisi storico-critica delle parti di
città che ancora conservano tracce materiali
e caratteri autentici. Dalla ricerca storica
sui reperti fotografici, iconografici,
documentali e sui manufatti esistenti si è
rintracciato il percorso formativo del
decoro urbano e le caratterizzazioni
cromatiche e formali che si sono espresse
nel tempo anche attraverso la qualità della
calce, delle terre coloranti e delle pietre
locali, per trarne indicazioni in grado di
orientare i comportamenti futuri.
La redazione del Piano del colore di
Trieste è stata, quindi, anche una positiva
occasione per avviare una approfondita
indagine nei doviziosi Archivi della Città
e, come quasi sempre avviene quando ci si
immerge in questo genere di tangibili tracce
del passato, il rinvenimento di numerosi
documenti attinenti al colore, ai materiali
e alle tecniche impiegati nella
realizzazione delle facciate storiche
triestine ha assunto le connotazioni di una
vera e propria scoperta culturale.
Gli archivi triestini sono caratterizzati da
una certa eterogeneità, essendo intimamente
connessi, nelle loro vicende, agli organi
amministrativi (statali, magistratuali,
municipali) che si sono succeduti nel
governo della città.
L’opera di indagine archivistica ha reso
possibile l’individuazione di numerosi
documenti scritti e figurati riferiti ad un
arco cronologico compreso tra il XVII e il
XX secolo che testimoniano il carattere
dinamico e articolato dell’attività edilizia
sia pubblica che privata e che hanno
consentito anche di ricostruire le modifiche
apportate nel tempo al patrimonio edilizio
per adeguarlo alle nuove esigenze funzionali
e di gusto. Da essi si evince l’esercizio di
un attento e costante controllo pubblico
delle trasformazioni urbane da parte delle
varie autorità amministrative che si
configurava nel tempo attraverso l’adozione
di specifiche procedure per il rilascio dei
titoli autorizzativi in materia edilizia.
Molti documenti denotano la particolare
attenzione posta alla scelta delle tinte per
i fronti degli edifici, attraverso la
predisposizione di bozzetti di progetto
colorati o la compilazione di modulistiche
appositamente approntate.
Di particolare interesse ai fini della
nostra ricerca si è rivelato il materiale
rinvenuto presso alcuni dei principali
archivi cittadini i cui contenuti, legati
alle modalità di presentazione degli atti e,
soprattutto, alle competenze degli uffici
amministrativi, si sono spesso intersecati e
sovrapposti: l’Archivio di Stato, nel
quale sono conservati i disegni e le
pratiche delle opere pubbliche; l’Archivio
Storico del Magistrato Civico,
costituito dai registri e dagli atti di
competenza dell’Ispezione Civica Edile,
poi denominata Ufficio Pubbliche
Fabbriche e infine Direzione delle
Civiche Fabbriche; l’Archivio Tecnico
del Comune di Trieste, nel quale ancora
oggi vengono depositate le pratiche relative
all’edilizia privata2.
Dalla selezione effettuata su un gran numero
di documenti sono emersi importanti elementi
per lo studio delle facciate storiche
triestine nella loro evoluzione nel tempo,
sulla cultura materiale del luogo, sulle
tecniche costruttive tradizionali, sui
regolamenti edilizi della città e sulle
procedure amministrative impiegate per il
controllo degli interventi di tinteggiatura.
Si sono, quindi, potuti ricostruire i
principali interventi eseguiti a livello
urbano e su molti edifici del centro
storico; l’approfondimento sulle modalità
esecutive attraverso l’esame delle istanze,
dei capitolati e dei documenti contabili, ha
fornito notizie sui materiali acquistati e
impiegati o sulle maestranze presenti nei
cantieri tradizionali che confortano sulla
consuetudine all’uso di alcuni materiali
ritrovati tuttora in situ e testimoniano di
tecniche di applicazione o di lavorazione
ormai desuete.
Figura 1 - Istanza del 1906 per
opere di rifacimento di intonaci e
tinteggiature con campioni di colore
allegati (Archivio Storico del
Magistrato Civico) |
|
Fonte: Archivio Storico del
Magistrato Civico |
Com’è noto, la prima grande espansione del
tessuto urbano di Trieste avviene a partire
dalla metà del XVIII secolo, quando, a
seguito dell’istituzione del porto franco
ad opera dell’Imperatore Carlo VI, il
secolare impianto della città murata
medioevale si rivela inadeguato alle
esigenze derivate dall’intensa crescita
demografica. La città inizia allora a mutare
completamente la propria fisionomia sotto
l’impulso delle nuove attività mercantili e
anche del flusso di immigrati richiamati
dalla politica di tolleranza e protezione
verso gli stranieri perseguita degli
imperatori asburgici. Nel volgere di pochi
decenni vengono interrate le antiche saline,
abbattute le mura, creati i nuovi borghi di
espansione che presero il nome dagli
imperatori che ne promossero la
realizzazione: Teresiano, Giuseppino e, più
tardi, Franceschino. L’impianto razionale di
sapore illuministico dei nuovi insediamenti
viene arricchito, nel corso di tutto il XIX
secolo, dalle architetture di prestigio
neoclassiche, romantiche e, infine,
secessioniste.
All’iniziativa pubblica, che ha un ruolo
preponderante nel XVIII secolo, si affianca,
nel corso dell’Ottocento, quella privata,
soprattutto a partire dal terzo decennio
quando, con il ritorno degli Asburgo,
l’emporio conosce la sua stagione d’oro e
nascono le prime grandi società nel campo
armatoriale, assicurativo e creditizio.
La politica illuminata dei sovrani
settecenteschi, prontamente colta e
tenacemente perseguita dalla classe
imprenditoriale triestina, si riflette nella
razionalità che distingue la crescita urbana
concentrata in meno di due secoli di
attività edilizia, attività che si può
ricostruire indagando nei fondi degli
archivi della città e interpretandone
l’organizzazione.
Figura 2 - Istanza del 1903
all'Ufficio Tecnico Comunale per
ottenere l'autorizzazione alla
tinteggiatura di una facciata su
modulistica prestampata |
|
Fonte: Archivio Storico del
Magistrato Civico |
Archivio di Stato
I fondi nei quali sono raccolti i documenti
relativi all’attività amministrativa statale
mutano al succedersi delle autorità di
governo.
Così nel fondo dell’Intendenza
Commerciale per il Litorale Austriaco
(1752-1770) si ritrovano i documenti che
attestano la formazione del Borgo
Teresiano, allora denominato Città
Nuova. Gran parte del materiale
rinvenuto riguarda opere idrauliche (scavo
di canali, prosciugamento e bonifica delle
saline, ecc.) o domande di privati per la
concessione del fondo da edificare.
Nei resoconti delle spese sostenute dalla
pubblica amministrazione per rendere
edificabili i lotti del nuovo quartiere si
sono rintracciate notizie sui materiali più
comunemente impiegati nel cantiere edile
dell’epoca e generalmente custoditi nei
Regi Magazzini.
Tra gli editti emanati dall’autorità
austriaca ne sono emersi alcuni con
riferimenti diretti alle finiture delle
facciate, come quello del 1755 che imponeva
l’intonacatura di tutti i fronti delle nuove
costruzioni del Borgo, sia per
garantire la protezione delle murature
esterne che per ragioni di decoro urbano.
Con l’avvento del Cesareo Regio Governo il
fondo fa riferimento alla Cesarea Regia
Intendenza Commerciale per il Litorale di
Trieste (1776-1809); continua la
realizzazione del Borgo Teresiano
attraverso opere di interesse pubblico,
quali servizi, fognature, pavimentazioni
stradali (saliggi) e lavori ad
iniziativa privata. Molte risultano,
infatti, le richieste per la costruzione di
nuove abitazioni (Casa Rossetti, Casa
Tribuzzi, ecc.), ma anche per sopraelevare
di uno o due piani i fabbricati già
esistenti.
La conferma della crescente domanda
abitativa di questo periodo si riscontra
nella documentazione relativa alla
costruzione del Borgo Giuseppino prima
(grazie agli espropri effettuati ai danni
dei Fondi di Religione) e del Borgo
Franceschino poi. Si tratta generalmente di
disegni, dettagliati e a volte colorati,
relativi a progetti di nuova edificazione,
di ristrutturazione o di ampliamenti.
Interessanti informazioni sui materiali
impiegati e sugli attrezzi di cantiere si
sono potute trarre da documenti di tipo
inventariale, quali la Tabella sommaria
delli requisiti, materiali, utensili statti
provvisti, consumati e rimasti in avanzo per
l’ulteriore uso appresso li Ces. Reg.
Edifici Commerciali di Trieste3.
Nel fondo sono conservate, inoltre, note
relative alla regolamentazione delle varie
figure professionali impegnate nel campo
delle costruzioni (architetti, ingegneri,
capo mastri muratori) con la documentazione
relativa agli esami sostenuti per il
rilascio dell’attestato di abilitazione.
Questi consistevano nella redazione di
progetti di edifici ad uso abitazione per
mercanti e sono indicativi della tipologia
edilizia e delle tecniche costruttive del
tempo.
Tra i regolamenti raccolti nel fondo dell’Intendenza
Regia Governo per il Litorale - Atti
Generali (1814-1850) vi è il
Regolamento del fuoco per la città di
Trieste4 che con le sue
prescrizioni influenzò certamente il modo di
edificare dell’epoca, vietando ad esempio la
realizzazione di scale in legno e obbligando
all’uso di murature in pietra e di solai a
volta in mattoni per i piani terra.
Nella sezione Direzione Fabbriche del
fondo dell’Intendenza Regia Luogotenenza
del Litorale, invece, numerose
indicazioni sui materiali (in particolare
sui pigmenti) e sulle tecniche costruttive
tradizionali si evincono dai capitolati e
dagli elenchi prezzi, quali ad esempio la
Specifica dei prezzi occorrenti dei
materiali e mano d’opera di base al calcolo
delle spese per ingrandimento Casa Erariale
(mattoni di Ferrara, calce viva, ghiaia
e sabbia, gesso da presa, scaglie di marmo
di differente coloro, ferro di
Carinzia, biacca fine, terretta, nero
fumo macinato ad oglio, terra rossa
macinata ad oglio, ecc.)5.
La maggior parte di questi capitolati
speciali sono relativi a edifici pubblici
che non esistono più, come ad esempio
l’edificio della Casa Erariale o il Palazzo
della Luogotenenza.
Nel fondo dell’Intendenza Regia
Luogotenenza Litorale - Atti Generali
(1850-1918), i documenti non riguardano più
solo la città di Trieste, ma anche gran
parte del litorale austriaco e
dell’entroterra friulano e sloveno. Si
trovano allora notizie sulla provenienza dei
principali materiali da costruzione: la
pietra bianca dal Carso, il sabbione salso
da Grado, il sabbione dolce dalle foci
dell’Isonzo. La produzione di ghiaia da
costruzione continuava ad essere, invece,
prerogativa della città di Trieste, come
attestato dall’apertura di nuove cave (Gurdianella
e Strada per Fiume).
Dal Giornale dei materiali ricavati dalla
demolizione della casa erariale in piazza
Lipsia a seconda dell’offerta della Banca di
Costruzione Triestina6 si
riscontra, inoltre, anche una certa
propensione al riuso dei materiali da
costruzione, soprattutto laterizi.
In riferimento alla costante attenzione
mostrata dalle amministrazioni verso le
questioni inerenti al decoro urbano,
interessante risulta il documento
Istruzione per gli architetti, capo mastri e
muratori in appendice al R.E.7
in cui, tra l’altro, “viene severamente
proibito di tinteggiare soltanto alcune
porzioni di una facciata, … lasciando il
rimanente senza colorito …”.
Seguono i fondi della Direzione
provinciale delle pubbliche costruzioni
e della Luogotenenza del Litorale -
Archivio Piani (1850-1918); in quest’ultimo
la maggior parte dei documenti sono
costituiti perlopiù da planimetrie relative
a fondi o isolati urbani (spesso di
difficile individuazione per l’assenza di
precise indicazioni toponomastiche),
progetti di rettifiche stradali, di muri di
cinta e di frazionamenti. Gli elaborati
grafici più significativi sono quelli
relativi a progetti di trasformazione o
modifica di edifici privati e civici, tra i
quali alcuni contengono indicazioni di
demolizioni, ricostruzioni o
rappresentazioni a colori dell’apparato
decorativo delle facciate.
Infine, il fondo del Commissariato
Generale Civile - Atti Generali
testimonia l’attività svolta sotto
l’amministrazione italiana dopo il 1918, in
gran parte caratterizzata dalla
realizzazione di monumenti e opere di
costruzione post-bellica. Gli interventi più
interessanti riguardano, però, la zona
carsica. La guerra ha danneggiato anche
l’industria edile, come si evince dalla
domanda di nazionalizzazione di diversi
calcifici presenti nell’altopiano carsico,
costretti a chiudere per mancanza di carbone
Coke8.
Figura 3 - Progetto del prospetto di
un fabbricato sulla Riva N. Sauro,
1824 |
|
Fonte: Archivio Tecnico del Comune
di Trieste, Dis. a china
acquarellato n. 133 |
Archivio storico del Magistrato Civico
Nell’archivio che fa capo all’autorità del
Magistrato Civico si conservano le pratiche
edilizie di un periodo compreso tra il 1776
e il 1918. In esso sono custoditi documenti
relativi a licenze di fabbricazione
rilasciate ai privati e pratiche riferite a
interventi pubblici. La natura dei documenti
esaminati è risultata piuttosto eterogenea:
permessi di fabbrica e di abitabilità;
progetti di modifiche delle facciate
(inserimento di poggioli e verande; modifica
di aperture) e dei piani terra (vetrine,
tabelle, insegne) degli edifici; inserimento
di tettoie e altri corpi accessori; opere di
demolizione di strutture pericolanti;
richieste e relativi permessi o dinieghi a
effettuare opere di restauro con
l’apposizione di ponteggi, a volte corredate
da preventivi di spesa.
Di grande interesse ai fini della nostra
ricerca è risultata la scoperta di una serie
di pratiche, risalenti alla fine
dell’Ottocento e al primo decennio del
Novecento, con istanze “all’Inclito
Magistrato” per opere di rifacimento dei
rivestimenti in intonaco, delle quali la
maggior parte comprendenti anche il campione
di colore per la scelta della tinteggiatura.
Il campione spesso è costituito da un
semplice ritaglio di carta colorata o di
carta da imballaggio; a volte ne sono
riportati più d’uno e, in alcuni casi,
risultano specificate anche le modalità di
esecuzione o i materiali che si intendevano
impiegare.
Si è riscontrato, inoltre, che le pratiche
antecedenti il Novecento solo raramente
hanno per oggetto il rifacimento delle
coloriture e, di conseguenza, campioni di
tinta. I pochi documenti ritrovati sono
strutturati in forma di manoscritto,
compilato a cura del proprietario senza una
struttura organizzativa né contenuti
codificati, tantomeno obbligatori.
Le pratiche successive, invece, erano
codificate secondo una modulistica
pre-stampata, articolata per voci, compilata
nella maggior parte dei casi dal
proprietario, talvolta dall’amministratore
dello stabile o dal capomastro muratore in
qualità di esecutore o direttore dei lavori
di restauro.
Figura 4 - Tavola di progetto di
una Casa da erigersi in Contrada San
Michele (1834) |
|
Fonte: Archivio Tecnico del Comune
di Trieste, Dis. a china
acquarellato n. 598 |
Archivio tecnico del Comune di Trieste
Dei fondi archivistici consultati,
l’Archivio tecnico del Comune di Trieste può
essere considerato l’unico costantemente
aggiornato, a partire dagli elaborati dei
progetti originali fino a tutte le
successive modifiche – sia di opere esterne
che interne – avvenute nel corso degli anni
a partire all’incirca dalla prima metà
dell’Ottocento. In esso sono confluiti,
infatti, intorno agli Anni Venti del XIX
sec., gran parte dei progetti di edilizia
privata in origine depositati all’Archivio
Diplomatico, ai quali sono andati via via
aggiungendosi quelli delle epoche
successive. I documenti consultati, quindi,
nella maggior parte dei casi consentono di
descrivere l’intera vita
dell’edificio e di documentare le
trasformazioni non solo del singolo
fabbricato, ma anche di parti urbane9.
Dagli elaborati grafici che raffigurano i
progetti di nuovi edifici o quelli di
trasformazione di fabbricati preesistenti è
emersa una sostanziale coerenza tipologica e
costruttiva, sintomatica di un’attenzione al
decoro urbano nel rispetto dei caratteri
architettonici degli edifici, pur
soddisfacendo le esigenze di trasformazione
e adeguamento delle case in funzione dei
cambiamenti di proprietà e delle esigenze
abitative e di gusto degli abitanti.
Nei progetti dei fronti si riscontra,
inoltre, una costante attenzione alla
rappresentazione cromatica, laddove al
colore viene conferito il ruolo di
assecondare e illustrare con chiarezza e
distinzione l’impianto di facciata,
evidenziarne e separarne ordinatamente gli
elementi, distinguere gli ordini
architettonici dai fondi10.
Sistematizzazione e sintesi del materiale
archivistico
Partendo dall’esigenza di organizzare tutte
le informazioni in modo univoco e omogeneo
in modo da facilitarne l’interazione e la
lettura, si sono fatti confluire tutti i
dati raccolti, eterogenei per struttura e
per contenuto, in una banca dati
informatizzata impostata secondo criteri di
flessibilità e interscambiabilità delle
fonti grafiche e descrittive. La grande mole
di documenti individuati è stata, quindi,
raggruppata in quattro database
diversificati in base ai differenti
contenuti dei fondi archivistici consultati11.
Si sono elaborate, quindi, una serie di
tabelle realizzate su supporto informatico
in grado di garantire, a seguito delle prime
fasi di ricerca e raccolta del materiale,
l’archiviazione, la visualizzazione,
l’integrazione delle informazioni in essi
contenute e, soprattutto, l’aggiornamento
costante delle informazioni.
La sintesi critica dei dati raccolti ha
consentito, poi, di creare una base di
conoscenza sui caratteri tecnico-costruttivi
e formali delle facciate storiche triestine,
ma anche di mettere a punto alcuni elaborati
di piano di tipo operativo basati sulla
documentazione archivistica.
Nella prima parte del piano dedicata
all’approfondimento conoscitivo, ad esempio,
nella sezione Analisi delle
trasformazioni delle facciate attraverso i
progetti d’archivio, vengono messi in
evidenza i processi di formazione e
trasformazione delle facciate nel tempo,
confrontando, per alcuni edifici
significativi, i vari progetti depositati
presso gli archivi e lo stato attuale dei
fronti, analizzando in maniera critica,
quindi, anche le alterazioni subite e le
recenti manomissioni per errate
interpretazioni progettuali che hanno
condotto allo stravolgimento delle partiture
architettoniche e/o all’incongruo
trattamento cromatico della facciata o di
parte di essa.
La seconda parte del piano si compone
dell’apparato normativo che fornisce gli
indirizzi generali da seguire in una
gestione corretta degli interventi di
recupero; alcuni elaborati a corredo delle
norme tecniche mirano a guidare gli
interventi verso soluzioni conformi alla
tradizione locale e compatibili con
l’edificato storico. Tra questi, quello
denominato Analisi delle tipologie delle
facciate attraverso i disegni d’archivio
è finalizzato alla riconoscimento dei
caratteri compositivi e cromatici delle
facciate. La crescita per ambiti, ovvero per
borghi, caratterizzati da un’unitaria
impostazione urbanistica ed edilizia, ha
consentito, infatti, l’individuazione di
costanti tipologiche sia alla scala
dell’edificio sia a livello dei suoi
elementi architettonici e decorativi.
L’articolata compagine delle facciate
triestine, in riferimento ai vari periodi
storici, è stata, quindi, classificata in
categorie di riferimento, distinte secondo
parametri di appartenenza ed elementi di
riconoscibilità, che guidano il progettista
alla corretta lettura degli impaginati
architettonici e al conseguente coerente
trattamento cromatico degli elementi. A
questi ultimi, in particolare, è dedicata
una sezione del lavoro che cataloga e
descrive gli elementi ricorrenti (in
relazione a zoccolature, basamenti, fondi,
cornici, infissi, ecc.) nella loro
costituzione materica e formale,
evidenziando i trattamenti superficiali e
cromatici storicamente consolidati.
Figura 5 - Estratto dalle tavole
di Analisi delle trasformazioni
delle facciate attraverso i progetti
di archivio a corredo delle norme
tecniche del Piano del Colore |
|
|
Conclusioni
Con la scelta di dotarsi di uno strumento
guida per la manutenzione delle facciate,
l’amministrazione ha dimostrato di voler
recuperare quella lodevole consuetudine al
controllo della qualità urbana che si era
andata perdendo a partire dal secondo
dopoguerra, ma che aveva invece
caratterizzato tanti secoli di storia
cittadina, come testimoniano i tanti
documenti ritrovati.
In definitiva, per la messa a punto delle
Linee guida per la manutenzione delle
facciate storiche, il rinvenimento e lo
studio delle fonti d’archivio ha potuto
costituire non solo la base ma anche
l’essenza stessa di uno strumento che non
fosse astratto o arbitrario, ma che
costituisse una guida coerente con la storia
e le tradizioni di gusto e di tendenza della
città (una guida attenta e rispettosa
dell’eredità tramandata dalle maestranze
artigiane del passato rielaborata alla luce
delle esperienze e delle tecniche moderne)
senza, tuttavia, indulgere a stucchevoli
pedisseque operazioni di copiatura.
La sistematica ricerca realizzata
nell’ambito del Piano del colore, non
avendo la pretesa di essere considerata alla
stregua di un processo conoscitivo concluso,
vuole indicare la strada per lo sviluppo di
nuovi percorsi di indagine da mettere alla
base di qualsiasi intervento che si vada a
progettare sull’edificato storico della
città.
Figura 6 - Tra gli elaborati
Piano del Colore, le tavole di
Analisi delle tipologie delle
facciate attraverso i disegni di
archivio, delle quali nella figura è
riportato un esempio, evidenziano
gli elementi di riconoscibilità
delle facciate storiche e riportano
indicazioni sui trattamenti
cromatici |
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Note
1
Per le zone A0 e A3 Centro storico
primario. Il Piano del colore era
previsto dal Prg vigente come strumento a
corredo degli elaborati del Piano
particolareggiato del centro storico;
l’incarico per la sua redazione è infatti
scaturito nell’ambito degli approfondimenti
tematici relativi al Piano
particolareggiato, il quale, però, non è
ancora stato completato; di qui la scelta di
adottare il Piano del colore come
variante al Prg. Il nuovo strumento di
indirizzo per la manutenzione dei fronti
storici è stato elaborato dagli architetti
Marina Fumo e Federica Ribera con la
consulenza dell’arch. Riccardo Zanetta e la
collaborazione degli architetti Antonella Di
Gangi Marin e Federica Rovello, degli
ingegneri Luca Giavedoni ed Ermanno Simonati,
della dott.ssa in geologia Annelore Bezzi e
di Lara Cicutin.
2
L’indagine presso l’Archivio Diplomatico
non ha, per contro, fornito risultati
particolarmente significativi per la nostra
ricerca, in quanto gran parte dei progetti
di edilizia privata che vi erano
originariamente depositati sono confluiti,
intorno agli anni Venti dell’Ottocento,
nell’Archivio tecnico del Comune di
Trieste e attualmente vi si trovano
raccolti quasi esclusivamente piani
topografici, opere marittime, progetti
stradali e altri interventi a carattere
territoriale.
3
Fondo Cesarea Regia Intendenza
Commerciale per il Litorale di Trieste,
busta 154, anno 1784.
4
Fondo dell’Intendenza Regia Governo per il
Litorale - Atti Generali, busta 451, anno
1817.
5
È frequente rinvenire nei documenti di
archivio la denominazione di mattoni di
Pesaro o di Ferrara, ma non deve
sorprendere la distanza delle zone di
approvvigionamento se si considera che
Trieste godeva di una tradizione portuale e
di scambi mercantili di materiali da
costruzione anche con l’Oriente, essendo
collegata via Adriatico ad una rete di porti
minori. A titolo emblematico si cita il caso
della pozzolana che poteva pervenire
sia dalla zona vesuviana che dall’isola di
Santorini. Sempre in tema di inerti, è
interessante l’impiego sistematico di sabbie
marine per il confezionamento di malte per
intonaci: il sabbion salso si
sostituisce spesso al sabbion dolce
ed un’ampia documentazione d’archivio
testimonia della difficoltà di reperimento
di quest’ultimo tipo di inerti.
6
Fondo dell’Intendenza Regia Luogotenenza
Litorale - Atti Generali, busta 241
1/17, fasc. 2, anni 1870-1875.
7
Fondo dell’Intendenza Regia Luogotenenza
Litorale - Atti Generali, busta 67 1/12,
anno 1855.
8
Viene menzionata anche una fabbrica
“Dalmatia” di cemento Portland, in Via
Valdirivo 29 con cave a Sebenico (vicino a
Spalato), in merito ad una richiesta per
l’uso di materiale esplosivo.
9
La ricerca è stata incentrata, in questa
prima fase, sugli edifici prospicienti
alcune strade-campione ritenute
significative per ciascuna ambito in cui è
stata suddivisa l’area oggetto di studio.
10
Degli elaborati grafici consultati ne sono
stati selezionati più di 350, raffiguranti
in particolare i prospetti dei progetti
originari o quelli relativi a modifiche
avvenute nel corso degli anni, preferendo le
opere antecedenti agli anni Cinquanta del
secolo scorso. Di questa notevole quantità
di disegni, circa 80 sono stati realizzati
con tecniche di rappresentazione ad
acquerello o a pastello, per indicare il
colore dei fondi, delle partiture o di altri
elementi significativi di facciata (cornici,
bugnati, vetrine, ecc.).
11
Relativi al materiale rispettivamente dell’Archivio
di Stato, dell’Archivio Piani -
Archivio di Stato; dell’Archivio
Tecnico del Comune di Trieste, dell’Archivio
Storico del Magistrato Civico.
Bibliografia
Fumo M., Ribera F. (2002), Comune di
Trieste. Piano del colore. Linee guida per
la manutenzione delle facciate del centro
storico, La Tipografia Digitale ABC -
LTD S.r.l., Napoli.
Fumo M., Ribera F. (2004), Piano del
colore per il Centro Storico della Città di
Trieste, brochure e cartella colori
realizzata con la collaborazione di Akzo
Nobel Coatings S.p.A. Sikkens per l’arredo
urbano, Milano.
Ribera F. (2004), Il Piano colore di
Trieste. Le linee guida per la manutenzione
delle facciate del centro storico, in
“Rassegna tecnica del Friuli Venezia
Giulia”, n. 3, anno LV maggio/giugno,
Pubblicazione bimestrale sotto gli auspici
delle Associazioni degli Ordini degli
Ingegneri Architetti Agronomi Forestali e
Geologi del Friuli-Venezia Giulia, Udine. |