La riforma universitaria avviata con i decreti d’area alla fine degli
anni ’90 interviene in un quadro
complessivo in cui risultano mutate le
esigenze del mercato del lavoro e la domanda
emergente di nuovi profili professionali. I
percorsi di riorganizzazione dell’offerta
formativa universitaria che si sono attivati
in questi anni mostrano in effetti una certa
varietà di scelte e di obiettivi, anche se,
in generale, si distinguono due diversi tipi
di spinte: da una parte il tentativo di
costruire le condizioni perché il nuovo
ordinamento risponda alla logica di
contenuti e tradizioni della ricerca e della
didattica; dall’altra, la tendenza diffusa
a trasformare la riforma in una occasione
per la conquista di visibilità e spazio da
parte di singole aree disciplinari, che
cercano in questo modo di riposizionarsi.
Una trasformazione efficace deve, invece, partire dal riconoscimento
prioritario del senso degli ambiti
formativi e professionali in cui oggi viene
scomposto il campo tradizionale
dell’architettura e dell’ingegneria
edile.
Tra questi percorsi, occorre individuare priorità e articolazioni
specifiche su cui fondare nuove solidarietà
e convergenze disciplinari mirate ad aprire
un vero processo di sperimentazione. Un
processo che, nello specifico, trasformi le
facoltà di architettura in un soggetto in
grado di formare competenze rispondenti al
diagramma sempre più articolato che si va
configurando nella società e nel mercato
del lavoro.
Su questa linea, il Dipartimento di Urbanistica dell’Università di
Napoli Federico II ha avviato un percorso di
ricerca e di confronto sia interno che
esterno (con altre sedi universitarie e con
diversi interlocutori istituzionali e
provenienti dal mercato professionale) che
ha portato, a partire da quest’anno
accademico, all’attivazione del nuovo
corso di laurea in Urbanistica e Scienze
della Pianificazione Territoriale e
Ambientale all’interno della Facoltà di
Architettura di Napoli.
Si tratta, essenzialmente, del segmento formativo di base previsto
dalla riforma degli studi universitari
all’interno della classe delle discipline
territoriali, un percorso di durata
triennale che attribuisce allo studente il
titolo di pianificatore junior, un
profilo che, rispetto alla mappa delle
competenze e delle figure professionali
emergenti1, si fonda su una
preparazione immediatamente utile ed
autonoma da spendere nel mercato del lavoro
professionale, ma sufficientemente ricca da
consentire una eventuale successiva
specificazione nei due anni di laurea
specialistica, sia verso la progettazione
urbanistica che verso le diverse pratiche di
governo del territorio2.
Contestualmente, oltre all’attivazione del successivo biennio
specialistico secondo i due indirizzi
indicati, il Dipartimento sta
progressivamente costruendo una offerta
post-laurea diversificata in base agli
obiettivi professionali e ai campi di
competenza: sono già attivi i master in
“Pianificazione e Progettazione
Urbanistica nel governo del territorio” e
in “Pianificazione dello sviluppo” (Pon
2000-2006), oltre che il corso di
specializzazione in “Pianificazione
Territoriale e Mercato Immobiliare”.
Il corso di laurea in Urbanistica e Pianificazione si colloca
all’interno di un percorso di
istituzionalizzazione degli studi
territoriali che ha già, in Italia, alcuni
precedenti significativi, già consolidati
nell’ultimo decennio (Venezia, Milano,
Firenze, Reggio Calabria, Palermo). Sebbene
si sia giunti a questo traguardo con un
certo ritardo, il corso di laurea nasce in
un momento di intensa discussione sul
mutamento nell’articolazione delle
competenze professionali legate alla città
e al territorio, segnato dall’emergere di
nuove esigenze e di nuovi strumenti di
programmazione e governo.
Il quadro delle competenze e figure professionali richieste, e in parte
già presenti nella nostra società, è più
ampio di quello tradizionale. Si tratta di
profili con diversa estensione e vario
radicamento, più o meno chiaramente
distinguibili e tutti caratterizzati da
un’esigenza di più intensa operatività e
soprattutto di promozionalità. Figure
innovative come gli animatori/facilitatori
di processi decisionali, i funzionari
interni agli enti di gestione dei piani, i
pianificatori per lo sviluppo sostenibile, i
promotori/progettisti dello sviluppo locale,
i coordinatori di progetto, richiedono una
formazione di diversa complessità, che non
necessariamente entra in competizione con il
percorso tradizionale dell’architetto e
dell’ingegnere, ma che anzi arricchisce e
rende riconoscibile un’identità e un
ruolo del laureato (sia quello di base
che lo specialista) in discipline
dell’Urbanistica e della Pianificazione
territoriale e ambientale.
La recente riforma degli ordini professionali (Dpr 5/6/2001) interviene
poi, rispetto alla nuova offerta formativa,
con una riorganizzazione delle figure
fondata, in generale, sul riconoscimento di
due livelli professionali, uno cui si accede
con il titolo di laurea specialistica
(livello A), l’altro con il titolo di
laurea triennale (livello B). Per quanto
riguarda l’ordine degli architetti, si
inseriscono, accanto alla figura
tradizionale dell’architetto, quelle del
pianificatore, del paesaggista e del
conservatore.
Il corso di laurea in U&PTA si pone, rispetto a queste
sollecitazioni, come percorso di costruzione
di un profilo intermedio (il pianificatore
junior) che guarda alla prospettiva
europea perseguendo un’offerta didattica
di settore, pensata nel quadro complesso del
Mezzogiorno e, dunque, attenta alle esigenze
di questo territorio, sufficientemente
generalista e ben strutturata ma duttile
nelle intenzioni, in grado di competere con
altre (e diverse) offerte formative,
nell’ambito italiano ed europeo.
In particolare, un’attenta considerazione dei caratteri e delle
pratiche tecnico-amministrative in campo
urbanistico prevalenti negli enti locali del
Mezzogiorno porta a ritenere che questi
ultimi esprimeranno nei prossimi anni una
domanda di lavoro in questo campo crescente
rispetto ai livelli odierni e comparabile
con quella già oggi esistente nel
centro-nord. Per converso, appare più che
probabile una prosecuzione delle attività
connesse agli strumenti della programmazione
regionale strategica e negoziale (patti
territoriali, programmi urbani complessi),
nel cui ambito il ruolo dell’iniziativa
privata cresce sia sul versante del settore
imprenditoriale classico che sul versante
del cosiddetto terzo settore o anche dei
soggetti no profit.
Sembra pertanto logico immaginare, per i detentori di lauree del tipo
tecnico/operatore del territorio, una
evoluzione del mercato del lavoro che porti
a una equivalenza fra domanda pubblica e
domanda privata, con la conseguente necessità
di formare nell’Università tecnici in
grado di svolgere ruoli intermedi di
collaborazione tanto nella consueta
formazione e gestione di piani urbanistici,
quanto nella costruzione e implementazione
di atti programmatori di più recente
tradizione.
Alla base del percorso formativo stanno due principi ispiratori, che
riguardano, il primo, le competenze e i
contenuti da acquisire e, il secondo, le
modalità didattiche.
Si fa riferimento, nello specifico, a cinque competenze, che aprono
verso ambiti di contenuto differenti e
integrati: la competenza analitica di
strutture urbane, territoriali e ambientali;
la competenza sull’uso di metodi e
tecniche di rappresentazione e
comunicazione; quella legata alla
valutazione delle trasformazioni del
territorio e dell’ambiente
(prevalentemente dal punto di vista
paesistico); la competenza nella
collaborazione ad attività di gestione di
tali trasformazioni; e, infine, competenza
nell’elaborazione di atti per il governo
del territorio.
Le forme e le fasi del percorso formativo vengono definite in
riferimento ad un chiaro orientamento pratico
(che assume la teoria come presa di
coscienza della prassi), base per
l’acquisizione di competenze - intese come
condensazione di un saper fare - guidate da
un’efficace impostazione critica,
riferita ad un oggetto complesso (la
città, il territorio).
Per ogni anno di corso, oltre ai corsi monodisciplinari in varie
materie (evidentemente selezionate anche in
ambiti disciplinari distinti rispetto a
quello urbanistico), viene offerto anche un
laboratorio, un programma didattico
coordinato in cui i diversi insegnamenti
attivati convergono su temi e proposte
unitarie. Si va dal laboratorio di
impostazione del primo anno, in cui lo
studente è guidato a comprendere una
situazione reale attraverso pratiche
semplici di osservazione, descrizione e
interpretazione di un contesto urbano; al
laboratorio di analisi e descrizione
dell’ambiente urbano del secondo anno, in
cui vengono messe in pratica le conoscenze
acquisite da diversi fronti (urbanistica,
ecologia del paesaggio, analisi dei dati,
cartografia tematica) all’interno di un
programma didattico più complesso e
articolato; ai due laboratori a scelta del
terzo anno, l’uno in governo del
territorio, l’altro in progettazione
urbanistica, che non solo completano il
percorso formativo, ma evidentemente aprono
a eventuali percorsi ulteriori (il biennio e
i master) di specializzazione.
A completamento del corso di studi, è prevista una esperienza pratica
di lavoro che gli studenti compiono
attraverso stage o tirocini concordati con
enti locali con competenze in materia di
pianificazione urbanistica, che può
diventare anche l’occasione per
l’elaborazione della tesi di laurea.
Figura
1 - Piano di studi del corso di
laurea in Urbanistica e scienze
della pianificazione territoriale e
ambientale attivato presso
l’Università di Napoli Federico
II
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1 Su questo si veda il numero monografico della rivista Territorio
dedicato ai nuovi mestieri dell’urbanista
(Territorio 7, 1999) e i materiali
relativi alle conferenze della Società
Italiana degli Urbanisti (Siu) tenute a
Torino nel 1997 e a Napoli nel 1999.
2 La duplice direzione indicata mira anche a raccogliere e valorizzare
le tradizioni presenti a Napoli nella area
disciplinare dell’urbanistica e a rendere
fertile anche in campo didattico la
riorganizzazione dell’Università di
Napoli Federico II in poli, specificatamente
all’interno del Polo delle Scienze e delle
Tecnologie.
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