La Lr Calabria 16/4/2002, n. 19 - Norme per la tutela, governo ed
uso del territorio - Legge urbanistica della
Calabria.
Il cammino seguito dalla riforma urbanistica recentemente varata dal
Consiglio regionale della Calabria è stato
particolarmente travagliato; sono stati
necessari, infatti, ben più di due decenni
per giungere all’approvazione del testo
definitivo della Lr 19/2002, oltre che un
accordo politico-istituzionale che ne
consentisse, come è poi avvenuto,
l’approvazione all’unanimità.
Allo stesso tempo, però, va riconosciuto che proprio grazie al suo
lungo iter di formazione, il nuovo
testo normativo ha potuto progressivamente
arricchirsi dei risultati della pregressa
esperienza legislativa di altre regioni, ed
adeguarsi ai principi della devolution
istituzionale di cui la recente riforma del
titolo V della Costituzione costituisce una
delle molteplici manifestazioni.
La legge calabrese, pertanto, si presenta anzitutto come un’attenta e
calibrata summa dei più recenti
orientamenti normativi in materia
urbanistica: basti pensare alla netta
distinzione compiuta tra componenti
strutturale e programmatica dei piani, alla
ricerca di un corretto equilibrio tra
esigenze di tutela e sviluppo del
territorio, alla preferenza accordata, in
sede di approvazione degli strumenti
urbanistici, alla verifica di compatibilità
rispetto al più rigido controllo di
conformità, ecc.
Allo stesso tempo, però, il testo in commento testimonia la volontà
del legislatore calabrese di approfondire
tematiche già affrontate da altre regioni
assicurando la puntuale attuazione - nel
corso dei procedimenti preordinati alla
formazione dei singoli piani - dei principi
enunciati nel titolo I della stessa Lr
19/2002.
Ed a tale proposito appare necessario richiamare, a scopo
esemplificativo:
a) il dettato dell’art. 10, secondo cui a monte dell’approvazione
dei singoli piani è necessario procedere
alla “valutazione preventiva della
sostenibilità ambientale e territoriale
degli effetti derivanti” dall’attuazione
della specifica disciplina urbanistica in
corso di formazione, così da attribuire a
tale valutazione di sostenibilità una
connotazione procedimentale tale da
condizionare, in prospettiva, lo stesso
contenuto dei piani;
b) il richiamo alla conferenza di pianificazione quale modulo
procedimentale tipico attraverso il quale
valutare, in concorso con le amministrazioni
e le organizzazioni sociali ed economiche
interessate, “la compatibilità e la
coerenza delle scelte pianificatorie con le
previsioni degli strumenti di pianificazione
sovraordinati” e la realizzabilità,
attraverso l’attuazione della disciplina in
itinere, “delle condizioni per lo
sviluppo sostenibile del territorio” (art.
13);
c) l’individuazione, nell’istituto dell’accordo di programma di
cui all’art. 134 del DLgs 267/2000, dello
strumento tipico per l’attuazione “dei
piani territoriali di livello regionale,
interregionale, provinciale e comunale”.
Per quanto poi attiene più specificamente all’attività
pianificatoria, se da un lato la legge
calabrese non presenta novità in ordine
all’individuazione dei livelli
istituzionali investiti dell’esercizio
delle relative funzioni ed alla
classificazione formale dei singoli
strumenti di pianificazione, dall’altro
vanno sottolineate alcune peculiarità
attinenti alla definizione dei contenuti di
questi ultimi, quali, ad esempio:
a) l’attribuzione al quadro territoriale regionale (Qtr) della
valenza di piano urbanistico territoriale ex
art. 149 del DLgs 490/1999;
b) la necessità di procedere, con cadenza decennale, alla verifica
dell’“attuabilità, congruenza ed
adeguatezza” della progressiva
applicazione delle previsioni del Qtr;
c) l’individuazione del Ptc quale riferimento esclusivo sia per
l’attuazione della pianificazione
paesaggistica dallo stesso recata, sia per
la formazione e l’adeguamento degli
strumenti urbanistici comunali (art. 18);
d) l’articolazione della strumentazione urbanistica generale, proprio
in virtù della cennata distinzione tra
disposizioni strutturali e programmatiche,
in piano strutturale comunale - che,
tra l’altro, è chiamato a realizzare la
“rigorosa applicazione del Dm 2/4/1968 n.
1444 con gli standards e le zonizzazioni ivi
previsti in maniera inderogabile e non
modificabile” - e piano operativo
comunale che, a sua volta, può avere
efficacia limitata “al mandato
dell’amministrazione adottante”;
e) la ricomprensione degli strumenti attuativi della pianificazione
urbanistica generale in un’unica categoria
(piani attuativi unitari);
f) l’istituzione dei programmi d’area, finalizzati alla
riqualificazione e/o valorizzazione di aree
territoriali “caratterizzate da peculiari
situazioni economiche, sociali, culturali ed
ambientali”, e finanziati “con risorse
proprie dei soggetti partecipanti”
(pubblici o privati) “e/o con eventuali
contributi statali e comunitari” (artt. 39
- 45).
In conclusione, la Lr 19/2002 testimonia senz’altro la volontà del
legislatore calabrese di equilibrare tra
loro le numerose istanze che permeano il
dibattito normativo in materia urbanistica,
ed al contempo manifesta una spiccata
tendenza verso forme di concertazione
istituzionale preordinate sia ad una più
ampia partecipazione delle amministrazioni
interessate nei processi pianificatori, sia
allo snellimento di questi ultimi mediante
la concentrazione delle relative fasi
procedimentali.
La delibera della Gr Campania n. 4854 del 25/10/2002 - Direttive
regionali in materia di accordo di programma.
Con la recente delibera n. 4854/2002 la Gr Campania ha inteso
illustrare in maniera quanto più esauriente la
portata della disciplina di cui all’art. 34
del DLgs 18/8/2000, n. 267, al fine di
incentivare il ricorso, da parte degli enti
locali della nostra regione, all’accordo di
programma che, come è noto, rappresenta
indiscutibilmente la forma più innovativa ed
intensa di collaborazione tra pubbliche
amministrazioni, introdotta nel nostro
ordinamento con la legge 8/6/1990, n. 142.
A tale scopo le direttive in commento sono precedute da una doverosa
premessa contenente, da un lato, la precisazione
che “l’accordo di programma investe la
definizione e l’attuazione non soltanto di
singole opere, ma anche di interventi o
programmi di intervento”, tra i quali,
“ad esempio, programmi di industrializzazione,
piani integrati di intervento, piani di
insediamenti produttivi, piani di riassetto
territoriale, progetti a sostegno
dell’occupazione”; e dall’altro
l’indicazione degli effetti che l’accordo di
programma può produrre in capo agli strumenti
urbanistici comunali ed agli atti di
pianificazione territoriale di carattere
sovracomunale.
In particolare, è stato specificato che l’accordo di programma può
comportare la variazione anche di tali ultimi
atti pianificatori, così come recentemente
affermato dal Consiglio di Stato (sezione V,
sentenza n. 25 del 5/1/2001), che sul punto ha
smentito quanto già sostenuto, ad esempio, dal
Tar Campania (sezione I, sentenza n. 2911 del
10/11/1999).
Difatti “diversamente argomentando (laddove cioè si ritenesse
preclusa la possibilità di concludere un
accordo di programma che interessi, ad esempio,
un’area ricompresa in un piano territoriale di
coordinamento o in un piano territoriale
paesistico), si giungerebbe a svilire in maniera
ingiustificata il valore della normativa” di
cui all’art. 34 Tu degli enti locali, “che
nel prevedere espressamente la partecipazione di
tutte le amministrazioni preposte alla più
completa attuazione di una determinata
iniziativa non pone alcun limite, in senso
soggettivo ed oggettivo, all’esperibilità
dell’accordo”.
Allo stesso tempo, però, nel testo delle direttive è stato
opportunamente chiarito che - a fronte del
riferimento, operato dal legislatore, alla definizione,
oltre che all’attuazione di opere, di
interventi e di programmi di intervento -
l’accordo di programma può determinare anche
la “definizione (…) degli atti di
programmazione o di pianificazione territoriale
sovracomunale”, con ciò attribuendo
esplicitamente all’accordo di programma il
valore di sede procedimentale idonea ad
ospitare, ad esempio, la formazione di un piano
territoriale attraverso il confronto tra tutte
le amministrazioni coinvolte nel relativo
procedimento.
E laddove si consideri che tale confronto avviene in un’ottica di simultaneità
- che rappresenta il cardine della concertazione
amministrativa - è evidente che il modulo
procedimentale in esame potrà produrre, una
volta irregimentato, una sensibile riduzione dei
tempi necessari alla formazione (oltre che alla
variazione) degli strumenti di pianificazione
urbanistica e di programmazione territoriale.
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Figura 1 - Italsider. Altoforno (Napoli) |
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1. Italsider. Altoforno (Napoli)
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