Numero 5 - 2002

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La qualità morfologica nei Ptc


Francesca di Transo


 

I piani territoriali di coordinamento conquistano spazi di progettazione del suolo e dei suoi usi sempre più raffinati ed estesi ad aspetti prima generalmente trascurati. Francesca di Transo presenta alcune esperienze recenti di pianificazione provinciale nelle quali si ritrova particolare attenzione alla classificazione e all'ordinamento di territori aperti, costituiti da campagne antropizzate e paesaggi naturali, ed insediamenti umani, articolati in tessuti urbani e specialistici

 

Il lavoro vuole rappresentare un contributo alla lettura dei piani territoriali di coordinamento (Ptc), in modo da consentire di verificare come, nelle recenti esperienze, ha trovato risposta la domanda di maggiore spazio per il controllo della qualità morfologica. Su questi temi si è sviluppato, infatti, negli ultimi anni un vivace dibattito; alla fine di questo lungo processo, nella fase in cui ora ci troviamo, è possibile considerare come acquisite e generalmente condivise queste affermazioni:

- la pianificazione urbanistica non può ignorare la morfologia;

- l’area vasta si presta a contenere indicazioni morfologiche;

- il Ptc è lo strumento consolidato di pianificazione generale sovracomunale.

Se in passato si è ritenuto che la pianificazione potesse occuparsi prevalentemente, se non solo, delle questioni economiche e sociali, questa prospettiva appare oggi definitivamente superata.

A questa conclusione conducono almeno tre ordini di considerazioni.

La prima è che la pianificazione non deve più far fronte ad esigenze di sviluppo economico, ma alla ricerca della qualità totale del territorio. Non è possibile avvicinarsi a questo obiettivo senza prendere in considerazione l’aspetto estetico dell’ambiente e senza tenere conto dei significati che in esso si manifestano: senza cioè mettere al centro della ricerca la questione della qualità morfologica.

L’esperienza storica, d’altro canto, rivela come nel corso del tempo la progettazione dell’assetto del territorio sia stata sempre fatta anche in funzione del valore simbolico delle costruzioni, della loro forma, della loro distribuzione sul territorio, e che solo con l’avvento dell’età moderna, sotto l’onda di travolgenti trasformazioni economiche e sociali, si è verificato un distacco tra pianificazione e morfologia che ha portato a trascurare gli aspetti estetici; è tempo, quindi, che la morfologia riconquisti la sua presenza e la sua centralità nell’ambito della pianificazione.

La seconda è che la morfologia attiene all’identità, che costituisce un valore fondamentale per la qualità della vita. In un’epoca nella quale la globalizzazione comincia a mostrare i suoi effetti negativi, di omogeneizzazione e di confusione tra culture, linguaggi e contesti diversi, è sempre più forte la necessità di ancorare ogni realtà locale alle sue proprie radici.

Chi vive in un luogo, come pure chi lo visita, deve sentire il senso della sua identità, deve comprendere la differenza che ogni luogo ha rispetto agli altri. La ricerca morfologica deve scoprire i caratteri essenziali di questa identità, non come una entità immutabile, ma come una realtà in continua evoluzione, e deve indicare i mezzi perché quest’identità, pur nel continuo cambiamento, si conservi.

La terza considerazione è che anche il mercato oggi non è insensibile agli aspetti della morfologia: è da considerare finita la stagione nella quale il mercato immobiliare puntava soltanto sulla quantità; ora ci troviamo di fronte ad un mercato sempre più differenziato, in cui ciò che conta è la qualità. Le indicazioni del mercato non offrono necessariamente indicazioni appaganti sotto il profilo culturale; l’attuale congiuntura va pertanto segnalata, perché, se in passato il mercato è stato antagonista di una buona programmazione, oggi può addirittura diventarne un buon alleato.

Figura 1 - Classificazione del territorio provinciale 

 

 

Ma deve ormai anche considerarsi acquisito che le indicazioni morfologiche non possono essere rinviate alla pianificazione comunale e devono invece formare oggetto della pianificazione d’area vasta. È questa la dimensione territoriale giusta per cogliere l’identità dei luoghi. È quindi a questo livello che si possono con maggior efficacia individuare gli elementi che la caratterizzano e definire le prescrizioni necessarie per conservarla; solo così sarà possibile tracciare un disegno della morfologia provinciale come quadro unitario di riferimento, sul quale poi dovranno operare gli strumenti comunali, che cureranno poi di sottolineare ed esaltare le specifiche caratteristiche locali.

In questa materia, nel susseguirsi di una produzione legislativa vulcanica e caotica, sembra ormai acquisito che il Ptc ha, e sembra destinato a conservare nel tempo, il ruolo di strumento della pianificazione generale sovracomunale. È questo quindi il luogo nel quale possono e devono trovare spazio gli strumenti per il controllo della qualità morfologica.

Il quadro generale delle competenze in materia di pianificazione sembra ormai stabilizzato, pur nell’articolazione determinata dalle differenze introdotte dalle singole leggi regionali e sebbene non manchi la consapevolezza della fragilità del sistema giuridico in questo campo, dove spesso emergenze particolari o esigenze di breve periodo hanno indotto il legislatore a stravolgere gli impianti normativi preesistenti. Né va dimenticato che la pianificazione provinciale costituisce anche un efficace luogo di mediazione politica, a livello intermedio tra le regioni e i comuni, in un crocevia di confronto che consente di mettere in comunicazione tutti i soggetti interessati alla gestione del territorio. Anche per questo, presumibilmente, l’attuale articolazione della pianificazione d’area vasta è destinata a costituire un assetto stabile.

La fase che stiamo attraversando consente, quindi, di impostare un’indagine che metta a confronto le esperienze che si sono susseguite negli ultimi anni in tema di pianificazione provinciale, verificando come ciascun piano si comporti rispetto ai temi della morfologia, quale attenzione effettivamente vi riservi, quali strumenti adoperi per regolarla.

È opportuno qui ricordare che il contenuto normativo naturale e - per così dire - normale dei Ptc è costituito da indirizzi (art. 15 legge 142/1990), ossia da norme che hanno come destinatari i comuni o gli altri enti con competenza in materia di pianificazione territoriale infracomunale, che hanno l’obbligo di adeguare alle prescrizioni del piano i loro strumenti locali. Le norme del Ptc sono, quindi, rivolte ai comuni e devono indirizzarne l’operato, definendo le regole alle quali poi essi dovranno uniformarsi.

Figura 2 - Classificazione del territorio: applicazioni

 

 

 

 

La schedatura dei piani

 

La ricerca prende in esame alcuni Ptc di recente adozione, in qualche caso già approvati, nei quali è risultato evidente il tentativo di affrontare la questione morfologica. Si tratta dei piani di Grosseto, Pisa, Pesaro e Urbino, Macerata, Reggio Emilia e Padova. La scelta è ricaduta sui piani delle province di regioni che hanno mostrato maggiore interesse, nell’ambito della pianificazione urbanistica, al problema dell’area vasta.

La ricerca si propone anzitutto di analizzare la struttura dei vari piani, specie in relazione agli obiettivi che si propone di realizzare, e di verificare in quali prescrizioni questi obiettivi si siano concretizzati, cioè quanta e quale morfologia il Ptc abbia accolto al suo interno.

Come già si è avuto occasione di dire, i nuovi piani non hanno ancora una struttura e un linguaggio codificato. Le trasformazioni intervenute negli obiettivi dei piani ne hanno stravolto la configurazione tradizionale, inaugurando una stagione di nuovi piani caratterizzati da un forte sperimentalismo. Ciò è tanto più vero per quanto riguarda la regolamentazione dei caratteri morfologici a livello di area vasta, materia che, per la sua novità, ha richiesto l’individuazione di strumenti nuovi o l’adozione di strumenti tradizionali con criteri nuovi.

I piani della generazione più recente costituiscono così un panorama assai variegato, in cui la struttura e gli strumenti stentano a trovare una codificazione e, spesso, anche un linguaggio comune.

Figura 3.1 - Tessuti urbani

 

 

La prima questione da affrontare nella ricerca è stata, quindi, quella di individuare il procedimento necessario per analizzare in maniera comparata i vari piani.

Così, poiché l’obiettivo era quello di giungere alla compilazione di schede che consentissero una lettura immediata delle caratteristiche di ogni piano, si è reso necessario provvedere preliminarmente alla costruzione di una griglia interpretativa nella quale raccogliere tutti i contenuti morfologici estrapolati dagli strumenti dei piani. Si è perciò disegnato una struttura gerarchica (Figura 1) che contenesse sistemi e oggetti territoriali, in un’analisi che va dal macro (territorio provinciale) al micro (indicazione di materiali e forme, ecc.), che consentisse anche di leggere immediatamente il livello di dettaglio dei contenuti morfologici dei singoli piani (Figura 2). Si è, quindi, proceduto ad individuare le categorie nelle quali raggruppare le varie norme morfologiche.

L’intero territorio dell’area vasta è stato diviso in due ambiti: territorio aperto e insediamenti.

Gli elementi di interesse morfologico che risultano normati nell’ambito del territorio aperto sono stati catalogati in:

- campagna antropizzata: insediamenti rurali, paesaggio agrario, serre, cave;

- paesaggio naturale: acque, boschi, litorali, zone umide, crinali, versanti, fondovalle.

Gli insediamenti sono costituiti da:

- insediamenti urbani: centri storici, città consolidata, periferie, nuovi insediamenti;

- tessuti specialistici: turismo, industrie, commercio.

Ciascun oggetto territoriale è stato esaminato in relazione ai suoi singoli elementi: percorsi, edifici, verde, ecc.

Grazie a questa struttura ad albero è stato possibile inserire, in una classificazione generale, tutte le prescrizioni dei singoli piani in tema di morfologia, compilando una scheda per ciascuno degli elementi normati. Ogni piano è stato, quindi, scomposto dalla sua struttura originaria, nel senso che in relazione ad ogni componente territoriale si è cercata l’indicazione fornita a prescindere dalla collocazione che essa aveva nella geometria del piano.

Figura 3.2 - Tessuti specialistici

 

 

 

 

La classificazione delle norme dei piani

 

Si è, quindi, proceduto all’inserimento nelle schede delle norme del piano relative ai singoli elementi, ricopiandone quanto più fedelmente il testo per non alterarne il senso. La norma viene sezionata in cinque campi a seconda del suo contenuto. La classificazione per campi consente di rilevare poi in maniera sintetica il tipo di attenzione che all’elemento è stato riservato dal piano. Il primo riguarda la definizione che il piano dà dell’elemento regolato, talvolta anche indicando i principi ispiratori e i valori che si intende tutelare; il secondo, il terzo e il quarto riguardano specificamente il livello di tutela.

Il secondo campo comprende le norme che tutelano la morfologia con finalità di conservazione dell’esistente; non solo, quindi, vincoli o divieti, ma più in generale tutte quelle che escludono qualsiasi forma di trasformazione. Il terzo campo è quello nel quale sono inserite le norme che invece regolano proprio la trasformazione, quelle cioè che tutelano un elemento del territorio, individuando principalmente gli obiettivi alla base delle scelte; è quindi possibile modificare il territorio, purché si rispettino o si conservino gli elementi oggetto di tutela. Il quarto campo si riferisce alle indicazioni che hanno un più dettagliato contenuto morfologico, che, cioè, non si limitano ad imporre una tutela o a consentire la trasformazione, ma indicano specificamente il come della trasformazione, precisando tecniche, materiali, dimensioni, forme, colori.

Segue poi un ultimo campo, il quinto, in cui sono comprese le indicazioni che vengono date ai comuni sugli strumenti tecnici di gestione del territorio da adoperare in relazione all’elemento normato (piani particolareggiati, abachi morfologici, ecc.).

Ogni scheda contiene tutte le prescrizioni del piano relative all’elemento preso in esame e, quindi, spesso per ciascuna scheda risultano riempiti più campi. Con questo procedimento sono stati analizzati tutti i piani.

 

 

Analisi delle schede

 

L’analisi delle schede consente di disegnare un quadro dettagliato dei singoli piani. Gli obiettivi dichiarati sono assai simili, ma il contenuto delle norme rivela poi il differente approccio che ciascun piano ha per la sua realizzazione, i diversi strumenti prescelti, l’attenzione all’uno piuttosto che all’altro aspetto della questione.

È così possibile mettere a confronto, anche graficamente, i 6 Ptc analizzati e individuare l’idea di tutela della morfologia cui ciascuno tende (Figure 3 e 4).

Il metodo seguito attraverso la schedatura ha una sua rigidità; la compilazione delle schede è stata laboriosa e non priva di ripensamenti sulla collocazione delle singole norme. D’altra parte, essendosi estesa la ricerca all’intero contenuto del piano, le indicazioni che ne emergono sono sufficientemente attendibili e consentono di avere un quadro fortemente indicativo.

Per tracciare un bilancio di questa ricerca, è necessario cercare di formulare una risposta alle domande da cui si era partiti: come viene regolata la tutela della qualità morfologica nella pianificazione provinciale? E, più in generale, cos’è la morfologia?

Si tratta di un bilancio incompleto e provvisorio, giacché risposte più approfondite potrebbero venire da un’indagine su più ampia scala; d’altra parte la ricerca, pur nei limiti entro cui è stata svolta, oltre ad ipotizzare un metodo di lavoro, consente di avere un quadro notevolmente articolato dell’attuale situazione. I piani mostrano sostanziale omogeneità nell’enunciazione degli obiettivi: definizione delle risorse e delle invarianti, sostenibilità delle trasformazioni, principio di sussidiarietà, copianificazione e concertazione.

È comune l’obiettivo della ricerca della qualità ambientale, che si identifica in gran parte con la qualità morfologica, e che si articola nei due momenti, strettamente connessi, della lettura del territorio e della progettazione, in un processo di pianificazione circolare che contribuisce anche a mettere a fuoco una conoscenza dettagliata delle esigenze del territorio. Diversi sono invece i contenuti delle prescrizioni, la forma e, più in generale, l’approccio che ciascun piano riserva al tema della morfologia.

Figura 3.3 - Campagna antropizzata

 

 

 

 

La morfologia nella pianificazione provinciale

 

Dalla pianificazione provinciale emerge la necessità di adoperare strumenti idonei a rapportarsi con la pianificazione comunale.

La copianificazione rompe la rigidità del meccanismo della pianificazione a cascata, consentendo al piano di arricchirsi con i contributi dei comuni e di dotarsi di una elasticità che dovrebbe accrescerne l’efficacia.

Dal punto di vista politico, progettuale e gestionale, non sfugge però il difficile equilibrio tra i diversi livelli di gestione e di controllo, che porta nei singoli piani a diverse soluzioni sul livello di prescrittività, ma soprattutto sul dettaglio delle norme.

Dalla lettura dei piani si rileva che - grosso modo - prescrittività e dettaglio sono legati da un rapporto di proporzionalità inversa. Nel rispetto del principio di sussidiarietà il Ptc resta nell’ambito della sua competenza, per cui, se scende maggiormente nel dettaglio, resta su un livello prescrittivo meno rigido.

D’altra parte l’indicazione del dettaglio presuppone anche che sia stata fatta una scelta precisa sui segni importanti e qualificanti per il territorio, da conservare, recuperare o ripetere; vuol dire anche non rinviare la scelta alla pianificazione comunale o rifugiarsi in espressioni che fanno genericamente riferimento agli elementi del contesto, senza analizzarli e valutarli.

Una considerazione va fatta anche in rapporto agli attori che vivono e operano sul territorio, ai quali sembra che la pianificazione provinciale non abbia finora dedicato molta attenzione perdendo l’occasione di sviluppare i temi della pianificazione partecipata, strumento ormai imprescindibile dalle pratiche di gestione e programmazione del territorio.

Quanto agli strumenti sovraordinati, va detto che l’efficacia del Ptc sembra legata al fatto che esso sia veramente il piano dei piani o, come pure è stato detto, il meta-piano; laddove sono presenti altri strumenti concorrenti (piani paesistici, piani territoriali regionali, ecc.) il valore del Ptc si affievolisce, venendo meno la possibilità di una valutazione complessiva ed equilibrata di tutti gli elementi che determinano una razionale gestione del territorio.

Dalla ricerca emerge che, in presenza di forti strumenti sovraordinati, il piano provinciale si limita, nelle questioni morfologiche di larga scala, a rinviare pedissequamente ai piani paesistici oppure si orienta verso una maggiore attenzione alla conoscenza e alla descrizione dettagliata del territorio, anche a rischio di invadere la sfera di competenza dei piani comunali.

Figura 3.4 - Paesaggio naturale

 

 

 

 

La complessità della morfologia

 

La tutela della qualità morfologica, obiettivo oggi primario anche dei piani di area vasta, ha contenuti ancora sfumati e incerti, ma trova un saldo supporto nella convinzione ormai acquisita che la pianificazione debba partire sempre dallo studio del territorio. L’urbanista ha imparato non solo a conoscere il territorio nei suoi elementi costitutivi, ma a guardarsi intorno, a cercare i segni dell’identità dei luoghi, a selezionarli, nell’esercizio di un’attività culturalmente complessa e che richiede un tipo di approccio aperto.

I segni sono sicuramente espressi negli oggetti che vanno conservati e nelle loro caratteristiche fisiche (forme, colori, tipologie, materiali), ma più ancora nel linguaggio che essi concorrono ad esprimere.

La qualità morfologica non è certo sinonimo di uniformità; così concepita, la sua tutela determinerebbe soltanto un appiattimento degli elementi che compongono l’ambiente, imbrigliando creatività e fantasia. Il rispetto della qualità morfologica consiste nell’evitare quelle forzature che potrebbero stravolgere la leggibilità del territorio, compromettendone l’identità, senza però disconoscere la possibilità di cambiamenti e anche di profonde trasformazioni. La consapevolezza di questa realtà è particolarmente forte in quei piani che, come quello di Grosseto, individuano strumenti e metodi molto elastici, e ad essi affidano il gioco degli equilibri da salvaguardare nel prevedibile mutamento degli elementi del territorio; il cambiamento non è visto, quindi, come un pericolo, ma come un processo naturale, da gestire e coordinare con le preesistenze.

È anche dubbio che la qualità morfologica possa essere raggiunta mediante il ripristino o la ricostruzione di elementi di immagine scomparsi o comunque destinati a ricostruire l’uniformità dell’ambiente. Più adeguato sembra l’orientamento che sottolinea principalmente la necessità di tenere legati tutti i pezzi, di evitare stonature vistose, di garantire un’omogeneità di linguaggi, senza eccessivi irrigidimenti.

Vi è in generale nella ricerca morfologica una tendenza a privilegiare l’impatto visivo. Questo approccio può sembrare poco appagante ma non bisogna dimenticare che i valori ai quali la morfologia fa riferimento non sono mai meramente estetici, ma riguardano gli aspetti fondamentali della qualità stessa della vita.

Figura 4 - Confronto fra i contenuti di alcuni Ptc

 

 

 

 

Bibliografia

 

Campos Venuti G., Oliva F. (a cura di) (1993), Cinquant’anni di urbanistica in Italia 1942-1992, Laterza, Roma-Bari.

Alexander E. R. (1997), Introduzione alla pianificazione, Clean, Napoli.

Belli A. (1996), Immagini e concetti nel Piano, Etaslibri, Milano.

Benevolo L. (1998), L’architettura nell’Italia contemporanea, Laterza, Bari.

Calvino I. (1993), Le città invisibili, Mondadori, Milano.

Campos Venuti G. (1994), La terza generazione dell’urbanistica, FrancoAngeli, Milano.

Caniggia G., Maffei G. L. (1979), Lettura dell’edilizia di base, Marsilio, Venezia.

Dorfles G. (1998), Il divenire delle arti, Bompiani, Milano.

Gabellini P. (2001), Tecniche urbanistiche, Carocci, Roma.

Gambino R. (1996), Progetti per l’ambiente, FrancoAngeli, Milano.

Gasparrini C. (1994), L’attualità dell’urbanistica. Dal piano al progetto dal progetto al piano, Etaslibri, Milano.

Le Corbusier (1991), Maniera di pensare l’urbanistica, Laterza, Bari.

Lynch K. (1991), Il senso del territorio, Il saggiatore, Milano.

Lynch, Kevin (1964), L’immagine della città, Marsilio, Venezia.

Norberg-Schulz C. (1995), L’abitare. L’insediamento, lo spazio urbano, la casa, Electa, Milano.

Palermo P. C. (1982), Attualità, limiti, opportunità di alcune concezioni dell’analisi territoriale su ampia scala, in Urbanistica, n. 86.

Pogliani L. (1991), Normative morfologiche in alcuni piani recenti, in Territorio, n. 9.

Secchi B. (1983), Analisi territoriale, in Casabella, n. 495.

Secchi B. (1992), Urbanistica descrittiva, in Urbanistica, n. 588.

Vignozzi A. (1997), Urbanistica e qualità estetica. La lezione della Gran Bretagna, FrancoAngeli, Milano.

 

 

Presentazione | Referenze Autori | Scrivi alla redazione | AV News | HOME

 

 Il sito web di Area Vasta è curato da Michele Sol