Il lavoro vuole rappresentare un contributo alla lettura dei piani
territoriali di coordinamento (Ptc), in
modo da consentire di verificare come, nelle
recenti esperienze, ha trovato risposta la
domanda di maggiore spazio per il controllo
della qualità morfologica. Su questi temi
si è sviluppato, infatti, negli ultimi anni
un vivace dibattito; alla fine di questo
lungo processo, nella fase in cui ora ci
troviamo, è possibile considerare come
acquisite e generalmente condivise queste
affermazioni:
- la pianificazione urbanistica non può ignorare la morfologia;
- l’area vasta si presta a contenere indicazioni morfologiche;
- il Ptc è lo strumento consolidato di pianificazione generale
sovracomunale.
Se in passato si è ritenuto che la pianificazione potesse occuparsi
prevalentemente, se non solo, delle
questioni economiche e sociali, questa
prospettiva appare oggi definitivamente
superata.
A questa conclusione conducono almeno tre ordini di considerazioni.
La prima è che la pianificazione non deve più far fronte ad esigenze
di sviluppo economico, ma alla ricerca della
qualità totale del territorio. Non è
possibile avvicinarsi a questo obiettivo
senza prendere in considerazione l’aspetto
estetico dell’ambiente e senza tenere
conto dei significati che in esso si
manifestano: senza cioè mettere al centro
della ricerca la questione della qualità
morfologica.
L’esperienza storica, d’altro canto, rivela come nel corso del
tempo la progettazione dell’assetto del
territorio sia stata sempre fatta anche in
funzione del valore simbolico delle
costruzioni, della loro forma, della loro
distribuzione sul territorio, e che solo con
l’avvento dell’età moderna, sotto
l’onda di travolgenti trasformazioni
economiche e sociali, si è verificato un
distacco tra pianificazione e morfologia che
ha portato a trascurare gli aspetti
estetici; è tempo, quindi, che la
morfologia riconquisti la sua presenza e la
sua centralità nell’ambito della
pianificazione.
La seconda è che la morfologia attiene all’identità, che
costituisce un valore fondamentale per la
qualità della vita. In un’epoca nella
quale la globalizzazione comincia a mostrare
i suoi effetti negativi, di omogeneizzazione
e di confusione tra culture, linguaggi e
contesti diversi, è sempre più forte la
necessità di ancorare ogni realtà locale
alle sue proprie radici.
Chi vive in un luogo, come pure chi lo visita, deve sentire il senso
della sua identità, deve comprendere la
differenza che ogni luogo ha rispetto agli
altri. La ricerca morfologica deve scoprire
i caratteri essenziali di questa identità,
non come una entità immutabile, ma come una
realtà in continua evoluzione, e deve
indicare i mezzi perché quest’identità,
pur nel continuo cambiamento, si conservi.
La terza considerazione è che anche il mercato oggi non è insensibile
agli aspetti della morfologia: è da
considerare finita la stagione nella quale
il mercato immobiliare puntava soltanto
sulla quantità; ora ci troviamo di fronte
ad un mercato sempre più differenziato, in
cui ciò che conta è la qualità. Le
indicazioni del mercato non offrono
necessariamente indicazioni appaganti sotto
il profilo culturale; l’attuale
congiuntura va pertanto segnalata, perché,
se in passato il mercato è stato
antagonista di una buona programmazione,
oggi può addirittura diventarne un buon
alleato.
Figura
1 - Classificazione del territorio
provinciale
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Ma deve ormai anche considerarsi acquisito che le indicazioni
morfologiche non possono essere rinviate
alla pianificazione comunale e devono invece
formare oggetto della pianificazione
d’area vasta. È questa la dimensione
territoriale giusta per cogliere l’identità
dei luoghi. È quindi a questo livello che
si possono con maggior efficacia individuare
gli elementi che la caratterizzano e
definire le prescrizioni necessarie per
conservarla; solo così sarà possibile
tracciare un disegno della morfologia
provinciale come quadro unitario di
riferimento, sul quale poi dovranno operare
gli strumenti comunali, che cureranno poi di
sottolineare ed esaltare le specifiche
caratteristiche locali.
In questa materia, nel susseguirsi di una produzione legislativa
vulcanica e caotica, sembra ormai acquisito
che il Ptc ha, e sembra destinato a
conservare nel tempo, il ruolo di strumento
della pianificazione generale sovracomunale.
È questo quindi il luogo nel quale possono
e devono trovare spazio gli strumenti per il
controllo della qualità morfologica.
Il quadro generale delle competenze in materia di pianificazione sembra
ormai stabilizzato, pur nell’articolazione
determinata dalle differenze introdotte
dalle singole leggi regionali e sebbene non
manchi la consapevolezza della fragilità
del sistema giuridico in questo campo, dove
spesso emergenze particolari o esigenze di
breve periodo hanno indotto il legislatore a
stravolgere gli impianti normativi
preesistenti. Né va dimenticato che la
pianificazione provinciale costituisce anche
un efficace luogo di mediazione politica, a
livello intermedio tra le regioni e i
comuni, in un crocevia di confronto che
consente di mettere in comunicazione tutti i
soggetti interessati alla gestione del
territorio. Anche per questo,
presumibilmente, l’attuale articolazione
della pianificazione d’area vasta è
destinata a costituire un assetto stabile.
La fase che stiamo attraversando consente, quindi, di impostare
un’indagine che metta a confronto le
esperienze che si sono susseguite negli
ultimi anni in tema di pianificazione
provinciale, verificando come ciascun piano
si comporti rispetto ai temi della
morfologia, quale attenzione effettivamente
vi riservi, quali strumenti adoperi per
regolarla.
È opportuno qui ricordare che il contenuto normativo naturale e - per
così dire - normale dei Ptc è costituito
da indirizzi (art. 15 legge
142/1990), ossia da norme che hanno come
destinatari i comuni o gli altri enti con
competenza in materia di pianificazione
territoriale infracomunale, che hanno
l’obbligo di adeguare alle prescrizioni
del piano i loro strumenti locali. Le norme
del Ptc sono, quindi, rivolte ai comuni e
devono indirizzarne l’operato, definendo
le regole alle quali poi essi dovranno
uniformarsi.
Figura
2 - Classificazione del territorio:
applicazioni
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La schedatura dei piani
La ricerca prende in esame alcuni Ptc di recente adozione, in qualche
caso già approvati, nei quali è risultato
evidente il tentativo di affrontare la
questione morfologica. Si tratta dei piani
di Grosseto, Pisa, Pesaro e Urbino,
Macerata, Reggio Emilia e Padova. La scelta
è ricaduta sui piani delle province di
regioni che hanno mostrato maggiore
interesse, nell’ambito della
pianificazione urbanistica, al problema
dell’area vasta.
La ricerca si propone anzitutto di analizzare la struttura dei vari
piani, specie in relazione agli obiettivi
che si propone di realizzare, e di
verificare in quali prescrizioni questi
obiettivi si siano concretizzati, cioè
quanta e quale morfologia il Ptc abbia
accolto al suo interno.
Come già si è avuto occasione di dire, i nuovi piani non hanno ancora
una struttura e un linguaggio codificato. Le
trasformazioni intervenute negli obiettivi
dei piani ne hanno stravolto la
configurazione tradizionale, inaugurando una
stagione di nuovi piani caratterizzati da un
forte sperimentalismo. Ciò è tanto più
vero per quanto riguarda la regolamentazione
dei caratteri morfologici a livello di area
vasta, materia che, per la sua novità, ha
richiesto l’individuazione di strumenti
nuovi o l’adozione di strumenti
tradizionali con criteri nuovi.
I piani della generazione più recente costituiscono così un panorama
assai variegato, in cui la struttura e gli
strumenti stentano a trovare una
codificazione e, spesso, anche un linguaggio
comune.
Figura
3.1 -
Tessuti
urbani
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La prima questione da affrontare nella ricerca è stata, quindi, quella
di individuare il procedimento necessario
per analizzare in maniera comparata i vari
piani.
Così, poiché l’obiettivo era quello di giungere alla compilazione
di schede che consentissero una lettura
immediata delle caratteristiche di ogni
piano, si è reso necessario provvedere
preliminarmente alla costruzione di una
griglia interpretativa nella quale
raccogliere tutti i contenuti morfologici
estrapolati dagli strumenti dei piani. Si è
perciò disegnato una struttura gerarchica (Figura
1) che contenesse sistemi e oggetti
territoriali, in un’analisi che va dal macro
(territorio provinciale) al micro
(indicazione di materiali e forme, ecc.),
che consentisse anche di leggere
immediatamente il livello di dettaglio dei
contenuti morfologici dei singoli piani (Figura
2). Si è, quindi, proceduto ad
individuare le categorie nelle quali
raggruppare le varie norme morfologiche.
L’intero territorio dell’area vasta è stato diviso in due ambiti: territorio
aperto e insediamenti.
Gli elementi di interesse morfologico che risultano normati
nell’ambito del territorio aperto
sono stati catalogati in:
- campagna antropizzata: insediamenti rurali, paesaggio agrario,
serre, cave;
- paesaggio naturale: acque, boschi, litorali, zone umide, crinali,
versanti, fondovalle.
Gli insediamenti sono costituiti da:
- insediamenti urbani: centri storici, città consolidata,
periferie, nuovi insediamenti;
- tessuti specialistici: turismo, industrie, commercio.
Ciascun oggetto territoriale è stato esaminato in relazione ai suoi
singoli elementi: percorsi, edifici,
verde, ecc.
Grazie a questa struttura ad albero è stato possibile inserire, in una
classificazione generale, tutte le
prescrizioni dei singoli piani in tema di
morfologia, compilando una scheda per
ciascuno degli elementi normati. Ogni piano
è stato, quindi, scomposto dalla sua
struttura originaria, nel senso che in
relazione ad ogni componente territoriale si
è cercata l’indicazione fornita a
prescindere dalla collocazione che essa
aveva nella geometria del piano.
Figura
3.2 -
Tessuti
specialistici
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La classificazione delle norme dei piani
Si è, quindi, proceduto all’inserimento nelle schede delle norme del
piano relative ai singoli elementi,
ricopiandone quanto più fedelmente il testo
per non alterarne il senso. La norma viene
sezionata in cinque campi a seconda del suo
contenuto. La classificazione per campi
consente di rilevare poi in maniera
sintetica il tipo di attenzione che
all’elemento è stato riservato dal piano.
Il primo riguarda la definizione che il
piano dà dell’elemento regolato, talvolta
anche indicando i principi ispiratori e i
valori che si intende tutelare; il secondo,
il terzo e il quarto riguardano
specificamente il livello di tutela.
Il secondo campo comprende le norme che tutelano la morfologia con
finalità di conservazione dell’esistente;
non solo, quindi, vincoli o divieti, ma più
in generale tutte quelle che escludono
qualsiasi forma di trasformazione. Il terzo
campo è quello nel quale sono inserite le
norme che invece regolano proprio la
trasformazione, quelle cioè che tutelano un
elemento del territorio, individuando
principalmente gli obiettivi alla base delle
scelte; è quindi possibile modificare il
territorio, purché si rispettino o si
conservino gli elementi oggetto di tutela.
Il quarto campo si riferisce alle
indicazioni che hanno un più dettagliato
contenuto morfologico, che, cioè, non si
limitano ad imporre una tutela o a
consentire la trasformazione, ma indicano
specificamente il come della
trasformazione, precisando tecniche,
materiali, dimensioni, forme, colori.
Segue poi un ultimo campo, il quinto, in cui sono comprese le
indicazioni che vengono date ai comuni sugli
strumenti tecnici di gestione del territorio
da adoperare in relazione all’elemento
normato (piani particolareggiati, abachi
morfologici, ecc.).
Ogni scheda contiene tutte le prescrizioni del piano relative
all’elemento preso in esame e, quindi,
spesso per ciascuna scheda risultano
riempiti più campi. Con questo
procedimento sono stati analizzati tutti i
piani.
Analisi delle schede
L’analisi delle schede consente di disegnare un quadro dettagliato
dei singoli piani. Gli obiettivi dichiarati
sono assai simili, ma il contenuto delle
norme rivela poi il differente approccio che
ciascun piano ha per la sua realizzazione, i
diversi strumenti prescelti, l’attenzione
all’uno piuttosto che all’altro aspetto
della questione.
È così possibile mettere a confronto, anche graficamente, i 6 Ptc
analizzati e individuare l’idea di tutela
della morfologia cui ciascuno tende (Figure
3 e 4).
Il metodo seguito attraverso la schedatura ha una sua rigidità; la
compilazione delle schede è stata laboriosa
e non priva di ripensamenti sulla
collocazione delle singole norme. D’altra
parte, essendosi estesa la ricerca
all’intero contenuto del piano, le
indicazioni che ne emergono sono
sufficientemente attendibili e consentono di
avere un quadro fortemente indicativo.
Per tracciare un bilancio di questa ricerca, è necessario cercare di
formulare una risposta alle domande da cui
si era partiti: come viene regolata la
tutela della qualità morfologica nella
pianificazione provinciale? E, più in
generale, cos’è la morfologia?
Si tratta di un bilancio incompleto e provvisorio, giacché risposte più
approfondite potrebbero venire da
un’indagine su più ampia scala; d’altra
parte la ricerca, pur nei limiti entro cui
è stata svolta, oltre ad ipotizzare un
metodo di lavoro, consente di avere un
quadro notevolmente articolato
dell’attuale situazione. I piani mostrano
sostanziale omogeneità nell’enunciazione
degli obiettivi: definizione delle risorse e
delle invarianti, sostenibilità delle
trasformazioni, principio di sussidiarietà,
copianificazione e concertazione.
È comune l’obiettivo della ricerca della qualità ambientale, che si
identifica in gran parte con la qualità
morfologica, e che si articola nei due
momenti, strettamente connessi, della
lettura del territorio e della
progettazione, in un processo di
pianificazione circolare che contribuisce
anche a mettere a fuoco una conoscenza
dettagliata delle esigenze del territorio.
Diversi sono invece i contenuti delle
prescrizioni, la forma e, più in generale,
l’approccio che ciascun piano riserva al
tema della morfologia.
Figura
3.3 -
Campagna
antropizzata
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La morfologia nella pianificazione provinciale
Dalla pianificazione provinciale emerge la necessità di adoperare
strumenti idonei a rapportarsi con la
pianificazione comunale.
La copianificazione rompe la rigidità del meccanismo della
pianificazione a cascata, consentendo al
piano di arricchirsi con i contributi dei
comuni e di dotarsi di una elasticità che
dovrebbe accrescerne l’efficacia.
Dal punto di vista politico, progettuale e gestionale, non sfugge però
il difficile equilibrio tra i diversi
livelli di gestione e di controllo, che
porta nei singoli piani a diverse soluzioni
sul livello di prescrittività, ma
soprattutto sul dettaglio delle norme.
Dalla lettura dei piani si rileva che - grosso modo - prescrittività e
dettaglio sono legati da un rapporto di
proporzionalità inversa. Nel rispetto del
principio di sussidiarietà il Ptc resta
nell’ambito della sua competenza, per cui,
se scende maggiormente nel dettaglio, resta
su un livello prescrittivo meno rigido.
D’altra parte l’indicazione del dettaglio presuppone anche che sia
stata fatta una scelta precisa sui segni
importanti e qualificanti per il territorio,
da conservare, recuperare o ripetere; vuol
dire anche non rinviare la scelta alla
pianificazione comunale o rifugiarsi in
espressioni che fanno genericamente
riferimento agli elementi del contesto,
senza analizzarli e valutarli.
Una considerazione va fatta anche in rapporto agli attori che vivono e
operano sul territorio, ai quali sembra che
la pianificazione provinciale non abbia
finora dedicato molta attenzione perdendo
l’occasione di sviluppare i temi della
pianificazione partecipata, strumento ormai
imprescindibile dalle pratiche di gestione e
programmazione del territorio.
Quanto agli strumenti sovraordinati, va detto che l’efficacia del Ptc
sembra legata al fatto che esso sia
veramente il piano dei piani o, come
pure è stato detto, il meta-piano;
laddove sono presenti altri strumenti
concorrenti (piani paesistici, piani
territoriali regionali, ecc.) il valore del
Ptc si affievolisce, venendo meno la
possibilità di una valutazione complessiva
ed equilibrata di tutti gli elementi che
determinano una razionale gestione del
territorio.
Dalla ricerca emerge che, in presenza di forti strumenti sovraordinati,
il piano provinciale si limita, nelle
questioni morfologiche di larga scala, a
rinviare pedissequamente ai piani paesistici
oppure si orienta verso una maggiore
attenzione alla conoscenza e alla
descrizione dettagliata del territorio,
anche a rischio di invadere la sfera di
competenza dei piani comunali.
Figura
3.4 -
Paesaggio
naturale
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La complessità della morfologia
La tutela della qualità morfologica, obiettivo oggi primario anche dei
piani di area vasta, ha contenuti ancora
sfumati e incerti, ma trova un saldo
supporto nella convinzione ormai acquisita
che la pianificazione debba partire sempre
dallo studio del territorio. L’urbanista
ha imparato non solo a conoscere il
territorio nei suoi elementi costitutivi, ma
a guardarsi intorno, a cercare i segni
dell’identità dei luoghi, a selezionarli,
nell’esercizio di un’attività
culturalmente complessa e che richiede un
tipo di approccio aperto.
I segni sono sicuramente espressi negli oggetti che vanno
conservati e nelle loro caratteristiche
fisiche (forme, colori, tipologie,
materiali), ma più ancora nel linguaggio
che essi concorrono ad esprimere.
La qualità morfologica non è certo sinonimo di uniformità; così
concepita, la sua tutela determinerebbe
soltanto un appiattimento degli elementi che
compongono l’ambiente, imbrigliando
creatività e fantasia. Il rispetto della
qualità morfologica consiste nell’evitare
quelle forzature che potrebbero stravolgere
la leggibilità del territorio,
compromettendone l’identità, senza però
disconoscere la possibilità di cambiamenti
e anche di profonde trasformazioni. La
consapevolezza di questa realtà è
particolarmente forte in quei piani che,
come quello di Grosseto, individuano
strumenti e metodi molto elastici, e ad essi
affidano il gioco degli equilibri da
salvaguardare nel prevedibile mutamento
degli elementi del territorio; il
cambiamento non è visto, quindi, come un
pericolo, ma come un processo naturale, da
gestire e coordinare con le preesistenze.
È anche dubbio che la qualità morfologica possa essere raggiunta
mediante il ripristino o la ricostruzione di
elementi di immagine scomparsi o comunque
destinati a ricostruire l’uniformità
dell’ambiente. Più adeguato sembra
l’orientamento che sottolinea
principalmente la necessità di tenere
legati tutti i pezzi, di evitare stonature
vistose, di garantire un’omogeneità di
linguaggi, senza eccessivi irrigidimenti.
Vi è in generale nella ricerca morfologica una tendenza a privilegiare
l’impatto visivo. Questo approccio può
sembrare poco appagante ma non bisogna
dimenticare che i valori ai quali la
morfologia fa riferimento non sono mai
meramente estetici, ma riguardano gli
aspetti fondamentali della qualità stessa
della vita.
Figura
4 - Confronto fra i contenuti
di alcuni Ptc
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