Un comune può variare il proprio piano regolatore generale (Prg)
se c’è una richiesta di insediamento
produttivo.
È una delle novità più importanti introdotte dalla normativa sullo sportello
unico per le attività produttive (Suap)
e anche quella su cui più si concentra
l’attenzione degli enti locali,
soprattutto perché, prevedendo il ricorso
alla conferenza di servizi, la procedura
promette di snellire e velocizzare i tempi
di adozione.
Sono molti i comuni che stanno cercando di attivare varianti
urbanistiche tramite lo Sportello unico.
Il comune, in presenza di un progetto di insediamento produttivo non
compatibile con il Prg, può attivare una
conferenza di servizi a cui prendono parte
tutti gli enti competenti in materia
urbanistica, il cui esito positivo diviene
proposta di variante urbanistica su cui il
Consiglio comunale decide definitivamente.
La possibilità di variare lo strumento urbanistico con questa nuova
procedura è prevista dall’art. 25 del
DLgs 112/1998 secondo il quale vi è la
possibilità di ricorrere alla conferenza di
servizi quando il progetto contrasta con le
previsioni di uno strumento urbanistico.
Tale possibilità consente, ove la conferenza di servizi registri un
accordo sulla variazione dello strumento
urbanistico, di identificare la
determinazione della Conferenza di servizi
come proposta di variante sulla quale si
pronuncia definitivamente il Consiglio
comunale.
Nel dettaglio l’art. 5 del Dpr 447/1998 e successive modificazioni ed
integrazioni, che regolamenta il
funzionamento dello Sportello unico, ha
stabilito che la variante urbanistica
tramite lo Suap è possibile solo quando
sussistono due condizioni: la conformità
del progetto alle norme in materia
ambientale, sanitarie e di sicurezza sul
lavoro, e l’assenza o l’insufficienza di
aree destinate ad insediamenti produttivi in
relazione al progetto presentato.
Poichè ci troviamo di fronte ad un procedimento nuovo occorre
sottolineare che manca ancora una prassi
consolidata sul suo utilizzo e che
sussistono diversi aspetti ancora da
chiarire sull’applicazione della norma.
I primi lati oscuri riguardano le condizioni previste per attivare la
procedura che in un primo momento era di
competenza del Sindaco e che, con le
modifiche apportate dal Dpr 440/2000, è
stata trasferita al responsabile unico.
La procedura può essere attivata se il progetto è conforme alle norme
ambientali, sanitarie e di sicurezza sul
lavoro.
Non si può, quindi, mettere in moto una variante in presenza di una
semplice richiesta di concessione edilizia,
ma occorre trovarsi di fronte ad un progetto
di insediamento produttivo.
L’impresa presenta il progetto allo Suap che, verificata
l’incompatibilità con lo strumento
urbanistico, dovrebbe diniegarlo.
Ma se il progetto è conforme alla normativa ambientale, sanitaria e di
sicurezza, il responsabile unico può
attivare la procedura di variante in
conferenza di servizi.
Resta il dubbio su chi e come debba stabilire la conformità del
progetto. Il responsabile dello Suap? Altri
enti della pubblica amministrazione
competenti? L’ufficio tecnico comunale? La
conformità può essere autocertificata?
Figura 1 - Linee guida per l’indizione della conferenza dei
servizi in attuazione dell’art. 5
del Dpr 447/1998
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Anche la seconda condizione da rispettare offre il fianco a diversi
dubbi.
Solo se lo strumento urbanistico non individua aree destinate
all’insediamento produttivo ovvero queste
risultano insufficienti rispetto al progetto
presentato, si può attivare la variante
urbanistica in conferenza di servizi.
A questo punto occorre chiedersi a quale tipo di insufficienza la norma
intenda riferirsi.
Sembra logico ritenere che il legislatore abbia fatto riferimento alla
situazione in cui non è possibile
all’impresa insediarsi, sia perché
mancano del tutto le aree a destinazione
produttiva, sia perché, pur in qualche
misura presenti, non consentono
quell’insediamento, a causa dell’esiguità
dimensionale o comunque della presenza di
parametri, indici, limitazioni qualitative e
quantitative che producono lo stesso effetto
impeditivo.
Si ritiene che la carenza di previsione nello strumento urbanistico
debba essere verificata non solo in termini
di disponibilità di superfici, ma anche di
usi per attività economiche insediabili in
zone aventi una destinazione urbanistica
diversa da quella esclusivamente produttiva.
Il Comune di Pagani è dotato di piano per gli insediamenti
produttivi (Pip), ai sensi dell’art.
28 della legge 219/1981, fin dal 1989, la
cui variante è stata adottata nel 1999 e
divenuta esecutiva dall’ottobre del 2000.
La particolarità del Comune di Pagani è quella di avere una serie di
attività industriali e artigianali
preesistenti alla data di adozione e
approvazione del Prg che, allo stato
attuale, ricadono in aree con destinazione
di zona E1-agricola.
Pertanto, alcuni imprenditori si sono attivati per ottenere un
riconoscimento della destinazione di zona
conforme alla loro attività. In
particolare, nel biennio 2000-2002 sono
state presentate circa quindici istanze,
delle quali cinque richiedevano
l’attivazione della procedura del
richiamato art. 5.
Consapevoli che il ricorso alla conferenza di servizi per variare lo
strumento urbanistico ha carattere di straordinarietà,
al fine di evitare una violazione dei
criteri di programmazione territoriale,
mediante una continua variazione a
richiesta dell’interessato dello
strumento urbanistico, lo sportello unico e
l’ufficio di piano di concerto con
l’Assessorato al ramo, operante nel
periodo 1999-20021, hanno fissato
delle linee guida per l’indizione della
conferenza di servizi.
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Figura 2 |
Infatti, si sono individuati dei requisiti generali necessari per
poterla indire, nonché i tipi di interventi
ammissibili, differenziandoli a seconda che
l’intervento ricada nell’ambito urbano o
extraurbano.
In particolare, i requisiti di ordine generale richiedono di operare
non su nuovi insediamenti, a meno di un
particolare interesse pubblico, ma che
l’azienda sia in attività, che
l’edificio in cui si svolge l’attività
sia legalmente realizzato o, quanto meno,
condonato, che il richiedente sia anche
proprietario.
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Figura 3 |
Per quanto riguarda i tipi di interventi consentiti nell’ambito
extraurbano, sono previsti tre tipologie:
1. limitati ampliamenti per edifici a carattere industriale o
artigianale;
2. cambi di destinazione d’uso in commerciale e/o turistico, per
edifici non produttivi, con limitati
ampliamenti;
3. nuove costruzioni per attività produttive di interesse pubblico.
In ambito urbano, invece, sono previsti solo i cambi di destinazione
d’uso in commerciale e/o turistico e/o
servizio pubblico, per edifici non
produttivi e senza ampliamenti.
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Figura 4 |
Al maggio 2002, delle cinque richieste di attivazione della procedura
dell’art. 5, due si sono concluse
positivamente (Figura 2, 3), una è
stata archiviata per mancata integrazione da
parte dell’imprenditore, una risultava in
itinere (Figura 4) e, per un’altra,
attesa la particolarità dell’attività,
relativa a industria soggetta a rischio di
incidente rilevante, è stato necessario
avviare una fase di preconferenza per
valutare la procedibilità alla luce del Dm
9 maggio 2001.
1 Nel periodo 1999-2002, l’Assessorato alla Pianificazione
urbanistica e organizzazione del territorio
era retto dal Prof. Ing. Roberto Gerundo
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