A più di 30 anni dalla prima proposta, la Regione Calabria ha
approvato il 16 aprile 2002 la legge
urbanistica regionale (Lur), Norme
per la tutela, governo ed uso del territorio,
colmando un vuoto normativo che ha
contribuito ad alimentare il saccheggio del
territorio calabrese.
È sintomatico quanto è emerso dagli studi e dalle elaborazioni,
frutto dell’attività di ricerca avviata
dal Dipartimento di Pianificazione
Territoriale dell’Università della
Calabria, sullo stato di pianificazione del
territorio calabrese: lo scenario descritto
è quello di una regione in cui, alla data
di entrata in vigore della Lur, i comuni
dotati di piano regolatore generale (Prg)
non superavano la percentuale del 50%,
infatti quelli in cui vigeva il Prg erano
soltanto 192, mentre i comuni dotati di programma
di fabbricazione erano 211.
Va comunque detto che, nonostante i suoi limiti, la normativa vigente
in materia urbanistica, se correttamente
applicata, avrebbe evitato lo scempio
urbanistico cui si è assistito nel corso
degli anni, e che anche la più innovativa
ed efficiente legge risulta inutile fin
quando non è supportata dalla volontà
politica di attuarla evitando di alterarne i
principi fondamentali.
Oggetto della legge urbanistica della Calabria è la disciplina
pianificatoria, la tutela ed il recupero del
territorio regionale, nonché l’esercizio
delle competenze e delle funzioni
amministrative, in particolare con le
seguenti disposizioni:
- assicurare un sistema di programmazione e pianificazione territoriale
orientato allo sviluppo sostenibile del
territorio;
- promuovere un uso appropriato delle risorse, ambientali, naturali,
territoriali e storico-culturali;
- disciplinare l’esercizio delle competenze;
- favorire la cooperazione e la concertazione nei processi di
programmazione e pianificazione;
- garantire la semplificazione dei procedimenti amministrativi.
La legge è stata redatta con un lavoro congiunto dalla I Commissione,
che si occupa dell’assetto ed utilizzo del
territorio, e dalla IV Commissione che si
occupa della tutela per l’ambiente,
cogliendo la necessità di consegnare alla
Calabria una normativa che ponesse tra i
principi fondamentali un’esplicita
attenzione alle dimensioni
paesistico-ambientali oltre che
territoriali.
Infatti, in una regione che vanta paesaggi incontaminati, dove esistono
specie a rischio di estinzione, ricca di
parchi naturali (è di questi giorni
l’istituzione del Parco della Sila) e che
consiste in 739 Km di costa, spesso
trascurati o deturpati dall’abusivismo
edilizio, il tema del restauro ambientale
assume un ruolo centrale per la politica
urbanistica.
A tale riguardo si richiama quanto esplicitato nell’art. 3, alle
lettere e) ed f), nell’indicare gli
obiettivi generali cui si informa la
pianificazione territoriale e urbanistica:
- promuovere la salvaguardia, la valorizzazione ed il miglioramento
delle qualità ambientali, architettoniche,
culturali e sociali del territorio urbano,
attraverso interventi di riqualificazione
del tessuto esistente, finalizzati anche ad
eliminare le situazioni di svantaggio
territoriale;
- prevedere l’utilizzazione di nuovo territorio solo quando non
sussistano alternative derivanti dalla
sostituzione dei tessuti insediativi
esistenti, ovvero dalla loro
riorganizzazione e riqualificazione.
Ma la legge si prefigge anche altre finalità:
- promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e
del sistema produttivo;
- assicurare che i processi di trasformazione preservino da alterazioni
irreversibili i connotati materiali
essenziali del territorio e delle sue
singole componenti e ne mantengano i
connotati culturali conferiti dalle vicende
naturali e storiche;
- migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti
urbani;
- ridurre e mitigare l’impatto degli insediamenti sui sistemi
naturali e ambientali.
Seguendo le linee di tendenza già delineate da altre regioni italiane,
come il Lazio, l’Emilia Romagna e la
Liguria, si introducono interessanti
elementi innovativi:
- il principio della sussidiarietà, in virtù del quale sono
demandate ai comuni tutte le funzioni
amministrative - comprese quelle relative al
governo del territorio non espressamente
conferite alla regione ed alle province -
come stabilito con la modifica dell’art.
118 della Costituzione dopo l’entrata in
vigore dalla legge costituzionale 3/2001;
- la concertazione istituzionale e la partecipazione, in maniera
tale da assicurare, durante i procedimenti
di formazione ed approvazione degli
strumenti di pianificazione comunali, il
coinvolgimento degli enti istituzionali
ricorrendo, caso per caso, ad apposite
conferenze di pianificazione, conferenze di
servizi o accordi di programma, per
garantire la collaborazione e la
partecipazione di tutti i soggetti
interessati;
- la valutazione preventiva di sostenibilità degli effetti
derivanti dagli interventi e la valutazione
di impatto ambientale, attraverso
verifiche di coerenza e verifiche di
compatibilità; sostanzialmente gli enti
istituzionali coinvolti nel procedimento di
pianificazione devono provvedere ad un
duplice accertamento preventivo, sia in
ordine alla coerenza dei sistemi
naturalistico-ambientali, insediativi e
relazionali, oggetto della pianificazione
territoriale ed urbanistica, con la
pianificazione vigente e sia riguardo alla compatibilità
degli usi e delle trasformazioni con i
suddetti sistemi della pianificazione;
- la pianificazione del territorio agro-forestale, promuovendo
la salvaguardia del valore naturale,
ambientale e paesaggistico del territorio
nel rispetto delle specifiche vocazioni
produttive dei suoli; la nuova legge
definisce chiaramente i criteri di
individuazione delle zone agricole in
relazione alla natura fisico-chimica,
morfologica ed idrogeologica, all’uso
effettivo e potenziale dei suoli e ad altri
profili ancora nell’ottica della tutela
delle risorse naturali e della
razionalizzazione della produttività. Il
Titolo VII, interamente dedicato alla
disciplina del territorio agro-forestale,
definisce anche gli interventi ed i criteri
per l’edificazione in zona agricola,
orientando in via prioritaria al recupero
del patrimonio edilizio rurale esistente,
coerentemente alle linee guida della legge
fissate nei principi generali
dell’art. 3;
- gli standards urbanistici, per soddisfare il fabbisogno dei
cittadini di usufruire di adeguati spazi
pubblici o riservati alle attività
collettive, devono rispondere a requisiti
non solo quantitativi ma anche qualitativi.
La Lur, all’art. 53, si limita a definire
i principi generali per il soddisfacimento
degli standards e rimanda la
regolamentazione specifica dei criteri di
calcolo e di valutazione all’emanazione
della delibera di Giunta regionale - entro
180 gg. dalla data di entrata in vigore
della legge - fermo restando il rispetto dei
rapporti minimi previsti dal Dm 1444/1968.
In sintesi la legge orienta ad una duplice
valutazione che tenga conto dei requisiti
sia quantitativi che prestazionali delle
attrezzature e dei servizi, ammettendo la
possibilità di soddisfare la percentuale di
standards urbanistici anche con
l’acquisizione, previa convenzione, di
servizi ed attrezzature private. É appena
il caso di notare che il regolamento, nel
disciplinare le modalità per la cessione
delle aree, i criteri di valutazione per
surrogazione o le eventuali forme di
monetizzazione, dovrebbe fornire indicazioni
inequivocabili riguardo l’invariabilità
del carico urbanistico consentito in
funzione dell’alternativa tra cessione
diretta e surrogazione/monetizzazione.
Infine, sarebbe stato opportuno, in sintonia
con altri testi normativi regionali,
evidenziare, tra le affermazioni di principi
generali, che la scelta di non acquisire
parte delle aree destinate a standards
dovrebbe essere consequenziale ad una
valutazione, particolarmente circostanziata
e motivata da parte dell’amministrazione
comunale, nell’ipotesi in cui si ricorra
alla monetizzazione;
- la perequazione urbanistica, al fine di attribuire un valore
edificatorio uniforme a tutte le proprietà
immobiliari che possono concorrere alla
trasformazione del territorio. La legge
della Calabria prevede un modello
perequativo che - superando il modello
classico del comparto previsto e
disciplinato dall’art. 23 della Lur del
1942 - attribuisce a priori un diritto
edificatorio convenzionale uniforme a
diversi e rilevanti ambiti di espansione o
di trasformazione, indipendentemente dalle
specifiche destinazioni d’uso previste
dallo strumento urbanistico comunale. Con
questa tecnica di pianificazione la capacità
edificatoria riconosciuta a tutte le
proprietà con caratteristiche omogenee
risulta inferiore al potenziale edificatorio
previsto dal piano, di conseguenza, il
comune si riserva, per finalità di
interesse generale, il potere edificatorio
risultante dalla differenza tra il carico
urbanistico previsto dal piano e la
volumetria riconosciuta mediante il sistema
perequativo. La perequazione urbanistica
viene attuata mediante accordi di tipo
convenzionale che presuppongono la
partecipazione agli atti negoziali dei
proprietari di tutti i beni direttamente o
indirettamente coinvolti. Ne deriva la
necessità di individuare, già in sede di
definizione delle norme tecniche del piano
comunale, i contenuti e le modalità
negoziali cui riferirsi in fase di
pianificazione esecutiva.
Dopo aver definito i principi generali della pianificazione, gli
obiettivi da perseguire, le modalità di
intervento e di uso del territorio,
all’art. 8, viene istituito il sistema
informativo territoriale e osservatorio
delle trasformazioni territoriali
(Sito), quale “… strumento conoscitivo
di base per la definizione delle strategie e
degli atti di governo del territorio, ivi
compresa l’allocazione in quest’ultimo
delle risorse, per la verifica dei loro
effetti”.
Il Sito, che si compone di un nucleo di valutazione
urbanistico-territoriale presso
l’assessorato urbanistica e ambiente della
regione, assume diverse finalità: curare la
realizzazione della cartografia di base
regionale, acquisire e diffondere le
informazioni relative al territorio, alle
risorse ed alle trasformazioni, nonché
monitorare lo stato di avanzamento del
processo di pianificazione territoriale.
Il Titolo IV della legge definisce gli strumenti di pianificazione a
diversi livelli, regionale, provinciale e
comunale. Il quadro territoriale
regionale (Qtr) è il piano
urbanistico-territoriale di indirizzo per la
pianificazione del territorio, con il quale
si stabiliscono gli obiettivi generali della
politica territoriale coerentemente alla
programmazione economico-sociale.
Il governo del territorio, a livello provinciale, è esercitato
mediante il piano territoriale di
coordinamento (Ptc), uno strumento di
pianificazione di raccordo tra le politiche
territoriali della regione ed i piani
urbanistici comunali. Il Ptc specifica i
contenuti del Qtr definendo principi
sull’uso e la tutela delle risorse,
individuando ipotesi di sviluppo, stabilendo
criteri per la localizzazione degli
interventi di competenza provinciale, infine
individuando le aree idonee
all’accoglimento delle popolazioni
nell’ipotesi di eventi calamitosi.
All’art. 20 viene introdotto il piano strutturale comunale (Psc),
che ha la funzione di definire le strategie
per il governo del territorio comunale in
luogo del tradizionale Prg.
Il Psc, in coerenza con gli indirizzi e le definizioni del Qtr, del Ptc,
nonché del piano di assetto
idrogeologico (Pai), tra i suoi
molteplici ed articolati contenuti, deve
prevedere:
- la classificazione del territorio in urbanizzato e urbanizzabile,
agricolo e forestale, assicurando il
soddisfacimento dei fabbisogni delle aree a
standards;
- il razionale uso del territorio in funzione delle caratteristiche
tecniche dei suoli ai fini della prevenzione
del rischio;
- l’individuazione delle aree per le opere pubbliche più rilevanti,
nonché l’individuazione degli ambiti
destinati agli insediamenti produttivi;
- la definizione dei parametri urbanistici;
- la delimitazione e la disciplina degli ambiti di tutela e
conservazione e quelli a valenza
paesaggistica-ambientale;
- l’individuazione delle aree per il piano di protezione civile;
- la classificazione dei nuclei di edificazione abusiva ai fini del
recupero.
Una delle innovazioni introdotte con la legge urbanistica è la
procedura di formazione ed approvazione del
Psc e dell’annesso regolamento edilizio
ed urbanistico (Reu), che deve essere
elaborato ed approvato congiuntamente al Psc
attraverso un procedimento semplificato che
prevede la convocazione della conferenza di
pianificazione per l’esame preliminare. A
seguito dell’adozione del Psc da parte del
Consiglio comunale e degli adempimenti
relativi al deposito, alla pubblicazione,
alle eventuali osservazioni formulate, il
piano viene trasmesso al competente Ufficio
provinciale che entro il termine di novanta
giorni si esprime relativamente ad eventuali
difformità riscontrate rispetto alle
prescrizioni del Ptc.
Successivamente all’eventuale adeguamento del Psc alle prescrizioni
della provincia, il piano viene approvato
dal Consiglio comunale.
Nelle fasi procedimentali di approvazione dei Psc e dei piani
attuativi unitari (Pau) - corrispondenti
ai tradizionali strumenti di pianificazione
esecutiva - assumono particolare rilievo le società
di certificazione urbanistica (Scu),
abilitate, in forza della nuova legge, al
rilascio della certificazione urbanistica
che, sostituendosi ad ogni effetto agli atti
di competenza degli organi ordinari, pone
forti perplessità di legittimità
costituzionale.
La certificazione urbanistica, potrebbe essere contestata dalla
provincia soltanto entro il termine di 60 gg,
dalla data di ricezione.
Molti altri ancora sono i temi affrontati dalla Lur che conferiscono
peculiarità innovative al testo normativo,
basti citare: gli interventi di bonifica
urbanistica-edilizia, una sorta di piani
di rottamazione e recupero di opere oggetto
di condono o malamente integrate nel tessuto
urbano; le disposizioni, di cui all’art.
49, riguardo i criteri di computo dei volumi
ai fini di migliorare la qualità
tecnologica per il risparmio energetico
degli edifici.
Infine, è il caso di evidenziare il contenuto del comma 2 dello stesso
articolo, dove si disciplinano le norme, di
materia più specificamente edilizia,
relative al recupero ai fini abitativi dei
sottotetti e l’utilizzo a fini commerciali
dei piani seminterrati ed interrati.
L’ammissibilità degli interventi suddetti
implica la revisione sia delle norme di
attuazione che dei regolamenti edilizi a
tale riguardo non conformi; infatti,
l’art. 73 prevede esplicitamente
l’abrogazione, dalla data di entrata in
vigore della Lur, di precedenti norme in
contrasto con essa.
|