Il monitoraggio anti-crollo degli edifici potrebbe venire dal cielo1.
I rilevamenti satellitari potrebbero rivelarsi strumenti insostituibili
in applicazioni civili quali quelli del
monitoraggio degli edifici considerarti a
rischio strutturale.
Un problema che, in Italia, riguarda almeno la metà del patrimonio
edilizio che ha più di 40 anni.
I satelliti dotati di dispositivo synthetyc aperture radar (Sar)
sarebbero una soluzione estremamente
efficace per il controllo sulla stabilità
dei fabbricati in funzione di prevenzione.
Consentirebbero di tenere d’occhio
un’enorme quantità di edifici in tempi
brevi, assicurando la frequenza della
rilevazione e registrando anche uno
spostamento di un edificio di 2-3 mm.
La
tecnica, che sfrutta la banda radar,
si basa su riflettori materiali, che possono
essere i serbatoi dell’acqua sugli edifici
o le ringhiere dei terrazzi, che riflettono
l’onda elettromagnetica del radar,
modificata a seconda della quota
dell’edificio. Attualmente, una parte del
patrimonio immobiliare sfuggirebbe
all’occhio del satellite perché privo di
elementi rilevabili dal radar. Dal punto di
vista tecnico, dunque, sarà necessario
elaborare dei corner reflector, cioè
degli elementi da applicare all’immobile
in modo che i suoi movimenti possano essere
rilevabili dal radar del satellite.
In genere, il tempo di ritorno, da parte del satellite, sulla stessa
zona di territorio è di 15-20 giorni che
rappresenta l’intervallo di tempo fra
ciascuna singola misurazione di quota del
fabbricato, per cui è possibile rilevarne i
movimenti relativi. I satelliti dell’Alenia
sorvolano, sin dal 1992, il nostro paese
ogni 35 giorni.
Si potrebbe, quindi, procedere ad una puntuale mappatura degli edifici
a rischio.
Il satellite, inoltre, può tenere in memoria i dati per un certo
numero di anni, per cui sarebbe possibile
seguire e ricostruire la storia altimetrica
dell’edificio, l’intero corso della sua
vita. Una storia da inserire nel fascicolo
del fabbricato. Non a caso, anche se,
utilizzando le immagini di archivio del
satellite Sar si è scoperto che i
fabbricati, mesi prima, avevano cominciato a
dare segni di cedimento dell’ordine di
qualche centimetro o, addirittura,
millimetro, registrando variazioni
altimetriche dovute ad assestamenti
strutturali o del terreno. In alcuni casi,
infatti, il cedimento strutturale precede il
collasso dell’edificio. Si tratta di
passare dall’analisi ex-post alla prevenzione.
Il monitoraggio degli edifici potrebbe avvenire a basso costo
utilizzando i satelliti dell’ente
spaziale europeo (Esa), attivi dal 1992
e che, quindi, già consentirebbero,
scandagliando nella memoria del satellite,
l’individuazione di immobili da tenere
sotto più stretta osservazione. Il
satellite, infatti, non potrà mai
sostituire l’indagine strutturale di uno
stabile eseguita da un professionista. Non
è detto, infatti, che ad un cedimento,
anche brusco, debba seguire necessariamente
un crollo.
Il monitoraggio satellitare ha il pregio di essere a basso costo,
attualmente valutato da 50 a 100 euro
l’anno, salvo indagini specifiche per i
fabbricati sospetti. Un monitoraggio
spaziale, tuttavia, potrebbe giustificare
anche investimenti ad hoc per
satelliti in grado di tenere sotto controllo
l’intero patrimonio nazionale.
Il sistema consentirebbe, in ogni caso, di assumere informazioni
importanti che andrebbero a corredo del
fascicolo del fabbricato.
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1 - La pietra lavica vesuviana |
In un rapporto effettuato sulla base di uno studio del Cresme (1999),
Legambiente ha affermato che in Italia ci
sono 3,5 milioni di edifici a rischio di
crollo. Si tratterebbe, tra l’altro, di
una stima approssimata per difetto, perché
rappresenta solo il 14% della popolazione
edilizia censita, circa 25 milioni di
fabbricati. E tra 10 anni, lo saranno più
della metà delle case nelle grandi città.
Il dato è allarmante: il 36% degli edifici a rischio lo è per vetustà
in quanto ha oltre 40 anni di vita, mentre
il 64% soffre inadeguatezze tecnico-statiche
“legate alle speculazioni del
dopoguerra”, senza trascurare la piaga
dell’abusivismo, laddove, nel paese,
sempre secondo Legambiente, sono disseminate
circa 200mila case illegali. Queste ultime
rappresentano un rischio anche maggiore in
quanto nessuno “ne ha garantito o
controllato la corrispondenza a criteri
edificatori accettabili”.
Ora, probabilmente, considerare a rischio tutti i fabbricati con oltre
40 anni di vita sembra una esagerazione,
anche tenuto conto che, spesso, l’edilizia
storica è più sicura e meglio mantenuta
(con riferimento agli immobili
storico-artistici) di altra tipologia di
edifici; tuttavia, per essi la soglia di
attenzione deve essere senza dubbio più
alta. Inoltre, non è detto che tutti gli
edifici del boom edilizio fine anni ’70
siano poco o per niente sicuri.
Nella finanziaria continuano ad apparire e sparire gli investimenti per
consentire gli sgravi Irpef del 36% per
agevolare gli interventi di ristrutturazione
e manutenzione degli edifici.
A livello parlamentare si è persa ogni traccia del fascicolo del
fabbricato che, invece, a livello
regionale, è stato adottato solo dal Lazio
e dalla Campania.
L’idea del fascicolo del fabbricato nasce sull’onda emotiva
dei crolli di edifici di cui alla cronaca.
Infatti, di monitoraggio costante dello
stato di salute degli edifici e del
sottosuolo si parlò già quando, nel
dicembre 1998 a Roma si sbriciolò un intero
palazzo in via Vigna Jacobini, e poi quando
si ebbe il crollo della palazzina di via
Giotto a Foggia nel novembre 1999. Anche a
Napoli, il 25 giugno 2001, nel quartiere
Arenella un palazzo si sbriciolò, quella
volta, per fortuna, senza vittime.
1 Il titolo del presente articolo si rifà al titolo apparso su Edilizia
& Territorio nei numeri del 9-14 aprile
2001 e del 16-21 luglio 2001.
1. La pietra lavica vesuviana
L’immagine è tratta da “Campania: le radici del futuro”,
Allegato a Qualeimpresa n. 8-9/2001,
realizzato dall’Assessorato alle attività
produttive della Regione Campania.
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