Numero 5 - 2002

 

la normativa regionale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fascicolo spaziale del fabbricato


Isidoro Fasolino


 

Dai sistemi satellitari, già orbitanti ed operativi per molteplici impieghi, potrebbe venire un ausilio straordinario nella costante messa sotto osservazione delle condizioni di staticità dei manufatti edilizi sull'intero territorio nazionale. Isidoro Fasolino raccoglie l'ipotesi lanciata in ambienti tecnologico-scientifici e traccia una credibile prospettiva per un loro impiego quale strumento destinato ad integrare quella che rimane l'imprescindibile conoscenza sul campo dello stato di efficienza strutturale e di manutenzione delle attrezzature edilizie esistenti

 

Il monitoraggio anti-crollo degli edifici potrebbe venire dal cielo1.

I rilevamenti satellitari potrebbero rivelarsi strumenti insostituibili in applicazioni civili quali quelli del monitoraggio degli edifici considerarti a rischio strutturale.

Un problema che, in Italia, riguarda almeno la metà del patrimonio edilizio che ha più di 40 anni.

I satelliti dotati di dispositivo synthetyc aperture radar (Sar) sarebbero una soluzione estremamente efficace per il controllo sulla stabilità dei fabbricati in funzione di prevenzione. Consentirebbero di tenere d’occhio un’enorme quantità di edifici in tempi brevi, assicurando la frequenza della rilevazione e registrando anche uno spostamento di un edificio di 2-3 mm.

La tecnica, che sfrutta la banda radar, si basa su riflettori materiali, che possono essere i serbatoi dell’acqua sugli edifici o le ringhiere dei terrazzi, che riflettono l’onda elettromagnetica del radar, modificata a seconda della quota dell’edificio. Attualmente, una parte del patrimonio immobiliare sfuggirebbe all’occhio del satellite perché privo di elementi rilevabili dal radar. Dal punto di vista tecnico, dunque, sarà necessario elaborare dei corner reflector, cioè degli elementi da applicare all’immobile in modo che i suoi movimenti possano essere rilevabili dal radar del satellite.

In genere, il tempo di ritorno, da parte del satellite, sulla stessa zona di territorio è di 15-20 giorni che rappresenta l’intervallo di tempo fra ciascuna singola misurazione di quota del fabbricato, per cui è possibile rilevarne i movimenti relativi. I satelliti dell’Alenia sorvolano, sin dal 1992, il nostro paese ogni 35 giorni.

Si potrebbe, quindi, procedere ad una puntuale mappatura degli edifici a rischio.

Il satellite, inoltre, può tenere in memoria i dati per un certo numero di anni, per cui sarebbe possibile seguire e ricostruire la storia altimetrica dell’edificio, l’intero corso della sua vita. Una storia da inserire nel fascicolo del fabbricato. Non a caso, anche se, utilizzando le immagini di archivio del satellite Sar si è scoperto che i fabbricati, mesi prima, avevano cominciato a dare segni di cedimento dell’ordine di qualche centimetro o, addirittura, millimetro, registrando variazioni altimetriche dovute ad assestamenti strutturali o del terreno. In alcuni casi, infatti, il cedimento strutturale precede il collasso dell’edificio. Si tratta di passare dall’analisi ex-post alla prevenzione.

Il monitoraggio degli edifici potrebbe avvenire a basso costo utilizzando i satelliti dell’ente spaziale europeo (Esa), attivi dal 1992 e che, quindi, già consentirebbero, scandagliando nella memoria del satellite, l’individuazione di immobili da tenere sotto più stretta osservazione. Il satellite, infatti, non potrà mai sostituire l’indagine strutturale di uno stabile eseguita da un professionista. Non è detto, infatti, che ad un cedimento, anche brusco, debba seguire necessariamente un crollo.

Il monitoraggio satellitare ha il pregio di essere a basso costo, attualmente valutato da 50 a 100 euro l’anno, salvo indagini specifiche per i fabbricati sospetti. Un monitoraggio spaziale, tuttavia, potrebbe giustificare anche investimenti ad hoc per satelliti in grado di tenere sotto controllo l’intero patrimonio nazionale.

Il sistema consentirebbe, in ogni caso, di assumere informazioni importanti che andrebbero a corredo del fascicolo del fabbricato.

1 - La pietra lavica vesuviana

 

In un rapporto effettuato sulla base di uno studio del Cresme (1999), Legambiente ha affermato che in Italia ci sono 3,5 milioni di edifici a rischio di crollo. Si tratterebbe, tra l’altro, di una stima approssimata per difetto, perché rappresenta solo il 14% della popolazione edilizia censita, circa 25 milioni di fabbricati. E tra 10 anni, lo saranno più della metà delle case nelle grandi città.

Il dato è allarmante: il 36% degli edifici a rischio lo è per vetustà in quanto ha oltre 40 anni di vita, mentre il 64% soffre inadeguatezze tecnico-statiche “legate alle speculazioni del dopoguerra”, senza trascurare la piaga dell’abusivismo, laddove, nel paese, sempre secondo Legambiente, sono disseminate circa 200mila case illegali. Queste ultime rappresentano un rischio anche maggiore in quanto nessuno “ne ha garantito o controllato la corrispondenza a criteri edificatori accettabili”.

Ora, probabilmente, considerare a rischio tutti i fabbricati con oltre 40 anni di vita sembra una esagerazione, anche tenuto conto che, spesso, l’edilizia storica è più sicura e meglio mantenuta (con riferimento agli immobili storico-artistici) di altra tipologia di edifici; tuttavia, per essi la soglia di attenzione deve essere senza dubbio più alta. Inoltre, non è detto che tutti gli edifici del boom edilizio fine anni ’70 siano poco o per niente sicuri.

Nella finanziaria continuano ad apparire e sparire gli investimenti per consentire gli sgravi Irpef del 36% per agevolare gli interventi di ristrutturazione e manutenzione degli edifici.

A livello parlamentare si è persa ogni traccia del fascicolo del fabbricato che, invece, a livello regionale, è stato adottato solo dal Lazio e dalla Campania.

L’idea del fascicolo del fabbricato nasce sull’onda emotiva dei crolli di edifici di cui alla cronaca. Infatti, di monitoraggio costante dello stato di salute degli edifici e del sottosuolo si parlò già quando, nel dicembre 1998 a Roma si sbriciolò un intero palazzo in via Vigna Jacobini, e poi quando si ebbe il crollo della palazzina di via Giotto a Foggia nel novembre 1999. Anche a Napoli, il 25 giugno 2001, nel quartiere Arenella un palazzo si sbriciolò, quella volta, per fortuna, senza vittime.

 

 

1 Il titolo del presente articolo si rifà al titolo apparso su Edilizia & Territorio nei numeri del 9-14 aprile 2001 e del 16-21 luglio 2001.

 

 

1. La pietra lavica vesuviana

 

L’immagine è tratta da “Campania: le radici del futuro”, Allegato a Qualeimpresa n. 8-9/2001, realizzato dall’Assessorato alle attività produttive della Regione Campania.

 

 

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