Numero 4 - 2001

 

la politica dei trasporti 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le ricadute sul territorio del sistema metropolitano regionale


Bruno Discepolo


 

La rete ferroviaria ha dato forma al territorio ed influenzato fortemente le attività umane. La sua riorganizzazione in funzione di metropolitana regionale determinerà nuovi e rilevanti impatti sugli assetti sociali ed economici. Bruno Discepolo ne traccia i profili attuali e ne prefigura gli esiti in un saggio lungo, qui rappresentando in sintesi la necessità ed i rischi di una sfida politica ed amministrativa non più rimandabile

 

 

 

 

 

Il progetto di sistema metropolitano regionale (Smr), elaborato dall’assessorato ai trasporti, si pone l’obiettivo, come chiaramente è denunciato nella stessa definizione dello studio, di mettere a sistema ciò che oggi tale non è. Cioè di riportare ad una visione unitaria un insieme di infrastrutture e di servizi, attualmente operanti in una logica di autonomia, spesso di indifferenza se non di concorrenzialità, per ottimizzare la rete di trasporti e, quindi, l’offerta di mobilità ai cittadini residenti nel territorio regionale.

La visione sistemica, alla base dell’ipotesi di razionalizzazione dell’esistente e di programmazione delle nuove opere e interventi è – sotto questo profilo, e non solo in un senso astrattamente epistemologico – assimilabile a quella propria dello strutturalismo: si è in presenza di una struttura quando il tutto è maggiore della somma delle parti. Vi è il riconoscimento, in altre parole, di un valore aggiunto determinato dall’immissione di qualcosa – una struttura, una logica di sistema, appunto – che consente il pieno dispiegamento e la valorizzazione di ciò che già esiste ma solo in queste nuove condizioni è in grado di esprimere fino in fondo. Una scelta, quella del sistema, che opera dunque su due piani differenti ma concorrenti per lo stesso risultato. Da un lato la razionalizzazione di reti e servizi esistenti, dall’altro la programmazione di nuovi interventi volti a completare il disegno unitario e strategico proprio dell’Smr. Sempre, alla base di ogni considerazione, resta la scelta prioritaria dell’aumento dell’offerta di mobilità attraverso l’incremento della rete ferroviaria e, quindi, dei sistemi di trasporto pubblico su ferro.

Anche la variabile costituita dall’integrazione di servizi bus, nelle tratte non servite da ferrovia, va intesa non come contraddizione dell’opzione strategica a favore del treno ma conferma di quest’ultima, nelle sue necessarie eccezioni.

Un’ulteriore considerazione, neppure tanto marginale, può essere sviluppata sul concetto implicito nella scelta di valorizzare il patrimonio di infrastrutture di trasporto, in campo ferroviario, esistente in Campania. Con tutti i limiti riscontrabili nella storia delle ferrovie campane, nei modi in cui le reti ferroviarie si sono localizzate, sviluppate, modernizzate, la Regione Campania ha in buona sostanza ereditato un patrimonio importante di infrastrutture di trasporto, frutto soprattutto di una storia remota di investimenti, sfide, modernizzazioni. Semmai, è negli ultimi decenni che si è assistito ad un progressivo impoverimento delle dotazioni di reti e servizi, non più al passo con le trasformazioni territoriali ed i processi insediativi, assistendo spesso alla chiusura o dismissione di tratte ferroviarie, e comunque alla absolescenza di impianti, materiale rotabile, ecc. (tra il 1966 e il 1994 in Italia le reti tramviarie sono passate da 643 a 365 km). L’Smr rappresenta un’inversione di tendenza, ponendo al centro di una politica delle mobilità, ma più in generale di una visione dell’assetto del territorio regionale – in raccordo con le ipotesi che su questo terreno la stessa istituzione regionale va predisponendo1 - una moderna, efficiente ed estesa rete ferroviaria, che consenta di produrre significative ricadute sia in termini di pianificazione territoriale che di riqualificazione ambientale e urbana.

 

Figura 1 - Terminal internazionale

 

Le linee di sviluppo che hanno caratterizzato nel tempo forme dell’insediamento, distribuzione della popolazione, qualità dei sistemi urbani regionali sono del tutto note.

È intorno a Napoli che ha ruotato per gran parte la storia della Campania pre e post-unitaria, ed è ancora oggi che intorno al capoluogo, nell’ambito della sua area metropolitana, si concentrano popolazioni, densità, attività produttive ed addetti, quindi spostamenti e traffici. In secondo luogo, la fascia costiera, ancora una volta con la maggiore concentrazione nell’area napoletana; ed ancora l’asse di penetrazione verso Caserta e l’area metropolitana salernitana. 

Lungo queste direttrici, in parte in epoche differenti, si è manifestato il maggior dinamismo economico-sociale, nonché territoriale con gli inevitabili corollari in termini di mobilità. La storia dei trasporti e dell’infrastrutturazione del territorio regionale ha accompagnato questa lettura della crescita dello spazio regionale, a volte sottolineando, in altre circostanze determinando, i modelli insediativi. Sullo sfondo, il problema irrisolto e dualistico, della lontananza, non solo fisica, ma anche dagli indicatori di crescita economica e di sviluppo sociale, delle zone interne.

Ancora oggi, tutti i dati disponibili confermano il forte squilibrio che si determina tra la città capoluogo e gli altri centri regionali. 

La provincia di Napoli possiede il 53,8% della popolazione di tutta la regione, a fronte di una superficie pari all’8,7%. Qui è inoltre concentrato il 58% degli addetti e di questi l’80% è localizzato nella sola città di Napoli, con il risultato che pure la capacità di generazione/attrazione del traffico vale il 58% a livello provinciale ed il 43% cittadino, rispetto al totale regionale.

Negli ultimi vent’anni, si è come assistito all’accentuarsi di una forbice tra la capacità del sistema ferroviario di determinare la direzionalità dello sviluppo e i reali processi insediativi. Diversamente dal passato, cioè, la crescita e l’espansione urbana non hanno seguito le linee tracciate dalla localizzazione delle reti ferroviarie e delle stazioni – che dovunque definiscono condizioni favorevoli all’insediamento abitativo e di attività economiche – preferendo assecondare processi spontanei, eterodiretti, legati in buona sostanza allo sviluppo della rete stradale e dell’accessibilità ai luoghi in funzione dell’automobile.

Il dato è riassunto nello scarto di crescita di popolazione registrato nel periodo 1981-1996 tra i comuni serviti da ferrovia e tra quelli che ne sono privi: l’1,50% nel primo caso, il 19,50% nel secondo.

È a partire da questo quadro che il progetto dell’Smr prende le mosse e definisce il suo valore strategico nelle ricadute territoriali.

La scelta privilegiata in favore del vettore ferroviario può significare il ritorno ad una capacità dell’istituzione pubblica (la regione, non a caso depositaria di ogni competenza in ordine alla programmazione, sviluppo e assetto del territorio regionale) di governare i processi di trasformazione territoriale.

Gli scenari disegnati nell’ambito del Smr assegnano un ruolo decisivo al potenziamento delle linee metropolitane napoletane – ma questa volta estesa all’intera area metropolitana – e a quella salernitana in via di costituzione, nonché ai servizi metropolitani di Caserta e Benevento per finire con un servizio innovativo urbano per Avellino. Nel caso di Napoli, il progetto recepisce gli indirizzi posti a base del piano comunale dei trasporti (Ptr), approvato dal Comune di Napoli nel 1997.

Nello scenario disegnato al 2011 sono previste otto linee di ferrovie con caratteristiche di metropolitana per complessivi 86 km, un totale di 96 stazioni (di cui ben 51 nuove), 25 km di linee tramviarie, sei funicolari.

Interventi sono previsti inoltre sulle reti Alifana, Circumvesuviana, Sepsa con il miglioramento dei servizi sia nelle aree di grande concentrazione, come quella costiera, sia lungo le direttrici di penetrazione interna, sia di interscambio tra reti o nodi di intermodalità con nuove stazioni – fermate e impianti di parcheggio.

 

Figura 2 - L'area della "stazione vecchia" di Napoli alla fine del XIX secolo.

 

Articolate anche le opzioni nello scenario previsto per il 2010: tra i tanti interventi presi in considerazione la riqualificazione della linea costiera Napoli - Salerno, la trasformazione in un sistema urbano leggero della tratta Torre Annunziata – Castellammare - Gragnano, il collegamento tra Villa Literno e il nuovo aeroporto di Grazzanise oppure tra il Polo Universitario di Fisciano e la linea Salerno – M. S. Severino, ecc.

Si prevedono 83 nuove stazioni da realizzare: attraverso di esse e i servizi attivabili, si calcola che la popolazione che potrà accedere all’Smr crescerà di circa il 36% rispetto a quella attuale, vale a dire oltre 2.000.000 di cittadini campani avrà accesso ad opportunità e condizioni di vita decisamente migliori di quelle esistenti.

Come già si diceva, riduzione di tempi, dilatazione di spazi, incremento di luoghi ed abitanti che entrano, attraverso un’organizzazione spaziale e infrastrutturale adeguata, in un mondo più moderno.

È in una dimensione ambientale e non soltanto genericamente urbanistica, che le ricadute positive di una scelta fortemente orientata in favore della rete ferroviaria dispiegano fino in fondo portata e significato di tale opzione.

È, per altro verso, segnatamente in campo paesaggistico, che lo sviluppo della ferrovia impatta criticamente luoghi ed equilibri, causando, in più di una circostanza, problemi di compatibilità o suscitando reazioni negative. I vantaggi rappresentati dal trasferimento di quote consistenti di spostamenti dalla modalità della gomma (pubblica o privata che sia) al ferro non sono certo in discussione: minore inquinamento acustico dell’aria, spostamenti più veloci, minori diseconomie e sprechi, minori disagi da stress e psicologici.

Strade liberate dal traffico veicolare vuol dire riqualificazione ambientale, recupero di centri abitati ad una migliore vivibilità, ad una riscoperta di spazi, memorie, qualità architettoniche spesso oscurate dai veicoli in sosta o in fila nel traffico.

In definitiva minore consumo di suolo, spreco energetico, di perdita di vite umane dovute ad incidenti stradali (6.500 morti all’anno e 260.000 feriti sulle strade).

L’ambiente, inteso significativamente come risultato del rapporto tra luoghi e comunità di uomini che quei luoghi abitano, reclama nuove e più avvertite strategie insediative ma soprattutto modalità d’uso dello spazio e delle risorse. Occorre contrastare le logiche dissennate quali quelle che continuano a privilegiare gli spostamenti, spesso individuali, su gomma a scapito di quelli pubblici su ferro: in Italia la mobilità di persone è aumentata nel corso di 35 anni (1954-1994) di circa il 600%, passando da 115 ad 807 miliardi di passeggeri/Km; nel 1960 il 47,5% degli spostamenti veniva effettuato con l’auto privata, 35 anni dopo la percentuale è salita all’82%2.

Ancora oggi la rete metropolitana italiana è la cenerentola d’Europa: circa 129 km a fronte dei 330 della Francia, 531 della Gran Bretagna, 717 della Germania3.

L’Smr si pone come risposta adeguata ai bisogni di mobilità ed alle esigenze di modernizzazione della regione, nel quadro di un riequilibrio territoriale e dentro una dimensione di sviluppo sostenibile.

Il progetto di Smr, sotto questo profilo, è del tutto coerente con le linee guida predisposte per il piano territoriale regionale (Ptr), in corso di redazione. In particolare, nel documento di pianificazione territoriale sono richiamati alcuni temi fondamentali, che rinviano ad immagini strategiche, fortemente connessi con obiettivi e strumenti propri dell’Smr: tra gli altri l’interconnessione e la difesa della biodiversità.

“Per migliorare la competitività complessiva del sistema regione – è scritto negli Indirizzi Strategici4 - si pone prioritaria l’esigenza di promuovere l’interconnessione tra i sistemi territoriali locali contigui nella doppia direzione interno–costa e sud–nord. Il miglioramento di tale connessione va inteso sia in senso fisico che funzionale, che relazionale delle prestazioni e della dotazione delle reti infrastrutturali ...”.

Su di un altro piano, il Ptr afferma la conservazione e il recupero delle diversità territoriali come azione strategica. La costruzione di una rete ecologica territoriale (Ret) è, quindi, indirizzata a “coniugare gli obiettivi di tutela e conservazione delle risorse naturali ed antropiche del territorio campano con quelli di sviluppo sostenibile, attraverso una programmazione integrata che individui le aree di intervento e i programmi di azioni in grado di attivare modelli di sviluppo locale diffuso e sostenibile”5.

 

Figura 3 - Stazione di Afragola (NA)

 

Per la costruzione della Ret, si segnalano le azioni relative alla valorizzazione e sviluppo di territori marginali, la riqualificazione della costa, la valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, il recupero delle aree dismesse e in via di dismissione, la riqualificazione ecologica delle infrastrutture.

Oggi la coscienza dell’importanza delle tematiche ambientali è molto più sviluppata e l’attenzione sulle alterazioni del paesaggio più alta, la trasformazione dei luoghi indotta dalla presenza della ferrovia è sottoposta, di norma, a verifica preventiva. Via e Vas si pongono, in quest’ottica, come strumenti preventivi di verifica di compatibilità ambientale e di sostenibilità dei progetti elaborati. Ciò non di meno, occorrerà sempre più che il tema della qualità delle soluzioni previste, nello specifico rapporto con il contesto, l’identità dei luoghi attraversati dall’infrastruttura ferroviaria, sia al centro di ogni ipotesi di nuova opera o di modifica di quelle esistenti. E questo deve valer per l’intero sistema di segni e di elementi che contraddistinguono una rete ferroviaria, per essa un Smr: tracciati, opere civili, stazioni, impianti tecnologici.

Dunque, soluzioni non invasive sul territorio, qualità architettonica di viadotti, ponti, gallerie, di stazioni e fermate, design di eccellenza per i treni, gli elettrodotti, gli impianti, grafica creata per la segnaletica, interior design per gli arredi, progetto ambientale per le aree verdi.

È talmente forte, ormai, l’incidenza che opere e servizi, come quelli ferroviari, finiscono con l’assumere nell’ambiente, condizionando il paesaggio, anche urbano, determinando la qualità visiva di ciò che quotidianamente percepiscono milioni di persone, che non è più sufficiente o tollerabile – se mai lo fosse stato – che il progetto che li sottende sia limitato, in un’ottica meramente ingegneresca o trasportistica, ad una dimensione funzionalistica ed efficientistica. 

Che sia necessaria una più alta qualità progettuale, ed un’attenzione alla contestualizzazione delle soluzioni, spingono non solo la più avvertita coscienza ambientalistica dei tempi che viviamo, ma la stessa tradizione italiana, che pure vanta precedenti significativi. Tali furono, ad esempio, alcuni modelli di elettrotreni, progettati e prodotti in Italia, che riscossero successo e consensi, sia sul piano tecnico che formale. L’Etr 200, vanto dell’Italia fascista, introdotto nel 1936, precorse molte soluzioni dei treni moderni, e alcuni vi riconoscono, nell’aerodinamicità delle linee, l’influenza di Ponti e Pagano6. Negli anni seguenti il successo dei treni italiani è rinverdito dal Belvedere (1949), progettato da Zavanella e dal più famoso Settebello (1952) e Arlecchino (1960) di Minoletti. Ancora oggi, quella tradizione è resa viva con la produzione dei più moderni elettrotreni Etr 450 Pendolino ed Etr 500, nel campo dell’alta velocità, affidato a Pinifarina.

Ormai in tutto il mondo è aperta una competizione, che non riguarda solo la sfida per il treno più veloce, ma investe la qualità del servizio, la sua efficienza come l’immagine che l’accompagna.

 

Figura 4 - Stazione di Afragola (NA)

“Dopo la prima stazione pilota di Aschaffenburg, sono già cominciati i lavori ... nella rinnovata stazione di Francoforte. Ed il progetto non si ferma qui: l’immagine grafica, la segnaletica delle stazioni, la modulistica, la pubblicità, si orientano a dare un’area di nuova, veloce ed efficiente professionalità a tutto il personale, che, nel caso di Eurostar, veste divise disegnate da Pierre Balmain!”7.

Se una strada ferrata rischia, lungo il suo percorso, di dividere territori, di separare spazi una volta continui, di creare luoghi che, da quel momento in poi, diverranno a monte e a valle del fascio di binari, è nella stazione che la ferrovia ristabilisce il suo rapporto, il suo legame con le terre che attraversa.

È molto di più che non la semplice localizzazione di un nodo del sistema dei trasporti, un punto di scambio nella trama dei tracciati. Nelle stazioni, nelle fermate, si addensano significati, confluiscono persone e comportamenti, si determinano relazioni, l’intero mondo rappresentato dai luoghi raggiunti dalla ferrovia entra in contatto con la sola località servita dalla fermata, dalla stazione. È un po’ quello che accade con il ponte come descritto dal filosofo Martin Heiddeger e ripreso dall’architetto Christian Norberg-Schulz8. I luoghi, le sponde congiunte dal ponte preesistevano alla sua costruzione, non di meno acquistano un altro significato una volta messe in relazione dal ponte: “una cosa raduna un mondo” e per Heidegger prima e Norberg-Schulz dopo, il ponte fa emergere il territorio che esiste oltre la riva stessa, la distesa di paesaggio. Il ponte porta il fiume, le rive e la terra ad una vicinanza reciproca: raduna la terra come paesaggio intorno al fiume.

 

Figura 5 - ETR 300 Settebello

 

Così è per una stazione ferroviaria, che finisce con il catalizzare, il concentrare persone, spostamenti, economie, aspettative di una porzione di territorio molto più grande ed estesa di quella attraversata dai treni. È solo per mezzo della stazione che la ferrovia cessa di essere frattura, ostacolo per divenire infrastruttura al servizio di una comunità.

Per queste ragioni, al loro primo apparire sulla scena, le stazioni ferroviarie assursero al ruolo di nuove e più laiche cattedrali cittadine, architetture cariche di simboli, di magniloquenza, anche se declinata spesso nel linguaggio dell’ingegneria del ferro e del vetro, propria dell’epoca dell’avvento della tecnica e delle macchine. Successivamente le stazioni hanno perso molto del fascino iniziale, relegata a mere attrezzature, impianti tecnologici necessarie per lo svolgimento di un servizio, luoghi sempre più spesso degradati, squallidi nel loro abbandono.

Anche questa stagione è alle nostre spalle e di nuovo per fermate e stazioni ferroviarie è ritornata un’attenzione che è rivolta alle funzioni, alla qualità del progetto, ai modi di gestione. È in atto un ripensamento sul ruolo di quest’importante attrezzatura che non esaurisce la sua ragione d’essere all’interno di un sistema, pure complesso e articolato, della mobilità di uomini e merci, ma ritrova nuove funzioni sia a scala urbanistica che architettonica, un luogo di nuova centralità urbana, in grado di riqualificare ambientalmente aree una volta definite periferiche. Ma anche un edificio polifunzionale dove far convivere, con le attività legate al viaggio in senso stretto, momenti dedicati alla lettura, alla ristorazione, al tempo libero, al commercio, ecc. Un grande centro di scambi, di informazioni, perché no anche culturale, se si pensa alle tante stazioni di linee metropolitane europee ma soprattutto, alle ultime inaugurate proprio a Napoli, all’insegna dello slogan “le stazioni come musei”, in virtù delle opere d’arte ospitate. Non sono solo le vecchie, più importanti stazioni ferroviarie delle grandi città sottoposte a restyling, come nel caso di Termini a Roma. Anche le nuove che si progettano, nascono all’insegna di una più evoluta concezione del ruolo da assolvere nello spazio urbano.

Gli edifici che ospitano le linee ferroviarie rappresentano effettivamente quei materiali di cui parla Bernardo Secchi9.

 

Figura 6 - Ex opificio di Pietrarsa attualmente museo ferroviario - Portici (NA)

 

La città, come insieme di trame, figure, e materiali, è costituita da nuovi elementi, topos che hanno sostituito le tradizionali architetture rappresentative dello spazio urbano (le cattedrali, il municipio, il palazzo signorile, ecc.) per divenire i luoghi della concentrazione, dello scambio, della rappresentazione (i centri commerciali, le multisale, le discoteche, ecc.). Per alcuni i non-luoghi10 emblematici dell’epoca che viviamo. Alle stazioni ferroviarie è legata una scommessa importante nel futuro di molte città italiane: il valore posizionale centrale, la disponibilità di aree, ormai in esubero rispetto alle esigenze del servizio, tutto concorre a far sì che, al pari di altre aree strategiche quali quelle industriali e militari, le ferroviarie rappresentino la grande occasione per il ridisegno e la rigenerazione dei tessuti urbani.

Non è un caso che su questo tema si siano cimentati, negli ultimi anni, le firme più prestigiose dell’architettura internazionale. Come sempre oltre la competizione nei risultati, è significativa la diversità di approccio al tema progettuale, dal recupero, quasi filologico, della stazione Termini di Mazzoni e Montuori al dialogo tra memoria e contemporaneità alle cui insegna è ispirato l’intervento di Nicholas Grimshaw sulla Waterloo Station di Londra, all’inserimento più attento alle ragioni del contesto operato da Rafael Moneo a Madrid con l’Atocha, per finire con le prove, del tutto autoreferenziali, tra le tante, di Santiago Calatrava a Lione, o di Rem Koolhas all’Euralille. L’ipotesi, formulata nell’ambito dell’Smr, di creare 60 nuove stazioni e di adeguarne almeno altre 15, è tale da far pensare ad un’occasione unica, forse irripetibile nel prossimo futuro, per riqualificare ambiti urbani e piccoli e medi centri della regione, per dotare estesi territori di moderne attrezzature, di elevare la qualità architettonica delle nostre città. A patto di interpretare come tale il tema della realizzazione di nuove opere pubbliche, al servizio della collettività, attraverso la selezione delle proposte progettuali, l’aderenza delle soluzioni ai diversi contesti, la verifica della compatibilità architettonica ed ambientale. Non è né semplice, né scontato il percorso dell’Smr, tra studi, progetti, finanziamenti, approvazioni, realizzazione. Occorreranno tenacia, consensi, circostanze favorevoli, (sempre necessarie in casi come questo), perché il treno regionale, e non solo metaforicamente, approdi alla sua destinazione finale. Varrà la pena, provarci, vista la posta in gioco. Decisive saranno le scelte, come è giusto che sia nel caso di un sistema di trasporti, relative alle tratte, alle località, alle interconnessioni, alle valutazioni sui fabbisogni, alle stime sugli spostamenti e sugli investimenti. Ma per quanto si è cercato di argomentare sinora, importante sarà inoltre l’atteggiamento nei confronti dei tanti e concorrenti temi, che fanno sì che una ferrovia sia molto di più che una coppia di binari che congiungono, nel minor tempo possibile, due località distanti.

Tracciati non invasivi e rispettosi dei territori che attraversano, che servono, opere di ingegneria e d’architettura di qualità, in sintonia – quale che sia il livello del dialogo stabilito – con l’identità dei luoghi, design all’altezza della tradizione italiana per treni e impianti, sensibilità grafica e attenzione nel progetto di comunicazione. Tutto concorrerà a decretare il successo, o il fallimento in caso contrario, di un progetto tanto ambizioso quanto necessario. Sono auspicabili, per il futuro, rapidità delle decisioni, tempi brevi di verifica, velocità di realizzazione. Con un obiettivo, su tutti: la conquista, per questa via, anche per la Campania del “tempo della normalità”. Un treno, cioè, che sappia condurre la regione, la comunità degli uomini che l’abita, verso la modernità, semplicemente dotandola di un più efficiente e veloce Smr.

 

Figura 7 - Napoli, zona industriale orientale

 

1 Linee guida per il Ptr, a cura dell’Assessorato Regionale all’Urbanistica.

2 I dati sono dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, pubblicati nell’ambito della Prima Conferenza Nazionale dei Trasporti, gennaio 1998.

3 Rapporto Ecosistema Urbano 2001, a cura di Legambiente.

4 Linee Guida per il Ptr, a cura dell’Assessorato Regionale all’Urbanistica.

5 Idem.

6 Silvia Suardi (1996), Per una storia italiana del treno, Domus dossier, numero 4, anno IV.

7 Paolo A. Tumminelli, Avanti veloce?, Domus dossier, op. cit.

8 Christian Norberg-Schulz (1979), Genius Loci, Electa, Milano.

9 Bernardo Secchi (1984), Il racconto urbanistico, Einaudi, Torino.

10 La definizione è di Marc Augè, professore all’Ehess di Parigi, autore di Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità (Elèuthera) e Disneyland e altri nonluoghi (Bollati Bolinghieri, 1999).

 

 

 

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