Numero 4 - 2001

 

la politica dei trasporti 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il processo di pianificazione dei trasporti nella nuova legge regionale


Marino de Luca


 

La pianificazione è attività complessa applicata a realtà complesse. I meccanismi della pianificazione definiscono livelli, soggetti e strumenti che devono interagire con tempestività e sufficiente flessibilità. Marino de Luca riassume le logiche che hanno guidato il progetto di riforma del trasporto regionale e prefigurato un processo continuo ed esteso al territorio ed ai suoi utenti

 

 

 

 

 

La pianificazione dei trasporti nella politica territoriale degli anni 2000

 

Le scelte di intervento nel settore dei trasporti vengono, oggi, in Italia e nelle singole regioni, guidate dall’intelligenza politica degli amministratori e dall’abilità tecnico-amministrativa della burocrazia pubblica ed indirizzate da documenti denominati piani. Questi sono previsti da alcune leggi nazionali e regionali: il piano generale dei trasporti (Pgt), i piani regionali dei trasporti (Prt), i piani urbani della mobilità (Pum), i piani urbani del traffico (Put), ma è assente un disegno chiaro ed organico del processo che contenga l’iter da seguire garantendo l’efficacia delle scelte. Molto spesso i piani, soltanto dopo qualche anno, sono superati dalla dinamica del sistema e finiscono con il costituire un intralcio al governo del settore cui si pone rimedio ricorrendo a varianti o, più semplicemente, ignorandone i contenuti: in altri termini, rinunziando alla pianificazione. 

I motivi di questo stato di cose sono molteplici: dalla difficoltà – che il più delle volte è un’obiettiva impossibilità – di individuare in sede di redazione del piano scelte fattibili ed in grado di dare una risposta esaustiva alle esigenze della mobilità, alla molteplicità di soggetti che hanno titolo per intervenire nel settore, alla difficoltà di prevedere scenari di assetto territoriale di lungo periodo e, quindi, la domanda futura di spostamenti.

Il tema è di particolare attualità dal momento che in aree ad economia avanzata i trasporti hanno assunto una nuova centralità: il sistema dei trasporti è chiamato in causa per soddisfare esigenze di cooperazione e/o di competizione tra sistemi economici che richiedono interscambi di persone e di merci più rapidi, più sicuri e più economici di quelli attuali. La pianificazione dei trasporti è diventata, perciò, centrale per il raggiungimento di obiettivi di efficienza, di efficacia, di economicità, di qualità ambientale, attraverso la ricerca di una combinazione ottimale tra i sistemi disponibili (multi-modalità, inter-operabilità). Ma è soprattutto rispetto agli obiettivi di equità spaziale e di efficienza del territorio che la pianificazione dei trasporti si trova, oggi, a ricoprire un ruolo di primo piano attraverso la ricerca di soluzioni in grado di garantire l’equilibrio territoriale sempre più messo in crisi dalla diffusione di nuovi modelli insediativi. 

Affinché la pianificazione dei trasporti possa concretamente contribuire alla qualità dei sistemi socio-territoriali è necessario, però, mediante l’adozione di una nuova metodologia, determinare il superamento dei limiti posti dalle attuali procedure di pianificazione. La metodologia tradizionale appare sempre più inadeguata rispetto all’evoluzione sia del concetto di pianificazione che del ruolo del pianificatore. La pianificazione, infatti, si è oggi trasformata in una vera e propria attività di policy making e, pur riguardando sempre la strutturazione e la gestione del territorio, è diventata, prevalentemente, scelta di interessi e di aspettative, a volte inconciliabili, da privilegiare. Il pianificatore, in questa visione, è un soggetto orientato politicamente, che può sostenere alcuni modelli e non altri, offrire alcune alternative e non altre, pur nel rispetto del rigore delle sue analisi e del mandato professionale avuto dagli amministratori cui compete sempre la responsabilità ultima delle scelte. La conseguenza è che l’attività del pianificatore non si esaurisce con le prestazioni di natura tecnico-ingegneristica inerenti l’assetto dei trasporti e del territorio, ma è anche attività di analisi e studio dello stato del sistema socioeconomico, delle sue prevedibili trasformazioni, degli effetti che gli interventi di piano possono produrre, delle vie da perseguire per raccogliere risorse e consenso sulle proposte, degli strumenti da adottare per rendere operative ed efficaci le scelte. Il suo metodo di lavoro deve, di conseguenza, essere compatibile con i metodi ed i tempi degli altri attori del processo, in una sintesi armonica che tenga innanzitutto presente l’esigenza di pervenire a scelte condivise, tempestive, praticabili, convenienti per la collettività e per gli eventuali investitori non istituzionali.

 

 

La proposta di processo di pianificazione della Regione Campania

 

La Regione Campania ha inteso dare una risposta a queste esigenze inserendo, nella legge 3/2002 di riforma del trasporto, un titolo dedicato alla pianificazione e programmazione. Alla base della metodologia proposta, vi è una concezione del piano inteso non più come repertorio esaustivo di tutte le trasformazioni ritenute accettabili, ma come un codice delle procedure da seguire per pervenire a decisioni convenienti per la collettività e condivise da tutti i soggetti istituzionalmente competenti. Al disegno di riassetto, definito in tutti i suoi dettagli ma immutabile nel tempo, si sostituiscono le regole da rispettare per formulare, in un quadro strategico delineato all’inizio, le scelte da fare man mano che se ne presenta la necessità e che si concretizzano le condizioni politiche e finanziarie per tradurle in realtà. All’elenco degli interventi, anche se documentato e condiviso, si sostituisce un processo che, con continuità nel tempo, attraverso la redazione di una molteplicità di documenti, costruisce il piano dettagliando, precisando e arricchendo il disegno strategico iniziale. Questo significa che le scelte operative sono dettate dalla necessità di attuare le scelte strategiche, ma anche che queste ultime e gli obiettivi possono essere costantemente riformulati in funzione delle modifiche che si registrano nel sistema a seguito degli effetti indotti dalle azioni di altri piani, anche di livelli gerarchicamente diversi e di settori di intervento diversi. Si supera così la “tradizionale e consolidata struttura gerarchica, verticale e subordinata, dei rapporti tra le istituzioni, ed in particolare dei rapporti tra i diversi livelli di pianificazione”, a favore di un “sistema pluralista basato sui principi della sussidiarietà e dell’autonomia e organizzato su relazioni di cooperazione, dialogo interattivo, concorso nei processi decisionali, di tipo orizzontale e degerarchizzato”1.

Il processo di pianificazione si concretizza nella produzione di una successione di documenti (ogni documento è l’atto finale di un segmento del processo decisionale) classificabili in base alla scala temporale (pianificazione degli investimenti o strategica se relativi ad interventi che richiedono tempi d’attuazione lunghi e finanziamenti ingenti; pianificazione dei servizi o tattica se richiedono tempi brevi e finanziamenti più contenuti), a livello territoriale (regionale, provinciale e urbana) ed allo stadio di avanzamento del processo stesso (piani generali, piani di settori e studi di fattibilità). 

 

 

 

 

 

La pianificazione degli investimenti

 

La pianificazione degli investimenti riguarda2 le scelte (istituzionali, infrastrutturali ed organizzativo-gestionali) che incidono sulla struttura del sistema regionale e locale dei trasporti e, in particolare, gli investimenti finalizzati alla realizzazione delle opere civili, impianti e veicoli per il trasporto di persone e di merci. La pianificazione dei servizi riguarda invece la gestione del sistema dei trasporti, vale a dire l’utilizzo ottimale delle risorse infrastrutturali, umane ed organizzative disponibili al fine di consentire alla domanda di mobilità attuale di essere integralmente esaudita.

In ambedue le scale temporali, il processo di pianificazione prevede tre livelli territoriali: regionale, provinciale e locale3 corrispondenti ai tre livelli di articolazione della pubblica amministrazione non statale ed alle diverse scale territoriali alle quali si manifesta la vita economica e sociale dei cittadini e, di conseguenza, la loro domanda di mobilità.

La scala regionale riguarda la mobilità che si esaurisce (o che si manifesta per la maggior parte della sua estensione fisica) all’interno dei confini di ciascuna regione ma non all’interno dei singoli comuni e dei sistemi di comuni. Le competenze sono ormai quasi integralmente dell’ente regione: i ministeri conservano la responsabilità della sicurezza e delle scelte riguardanti i segmenti del sistema nazionale dei trasporti interni ad ogni regione. La scala provinciale è quella della mobilità sovracomunale, della mobilità, cioè, che non si esaurisce all’interno di un singolo comune ma interessa più comuni contigui: è il caso delle aree metropolitane (in Campania, Napoli) e dei sistemi urbani che si vanno formando intorno a comuni dotati di forti caratteri di centralità (in Campania, gli altri comuni capoluoghi di provincia ma anche i principali comuni esterni all’area metropolitana di Napoli). La scala comunale è, infine, la scala dei comuni, singoli od associati, dotati di elevato grado di autosostentamento (ma non di dimensioni tali da costituire un sistema urbano) per i quali sia giustificato un piano dei trasporti autonomo.

Scheda 1 - La metropolitana regionale

 

Nonostante il rapporto gerarchico tra i documenti relativi ai tre livelli territoriali, l’assenza di documenti di un livello superiore non deve costituire un ostacolo procedurale alla redazione dei documenti di livello inferiore e le scelte contenute in documenti sovraordinati non devono necessariamente prevalere sulle scelte dei documenti sottordinati. In assenza di documenti sovraordinati, l’ente responsabile delle scelte di pianificazione può procedere alla redazione dei documenti di propria competenza aderendo agli indirizzi generali eventualmente espressi dai livelli di governo più elevati. A questi ultimi spetta, in ogni caso, il diritto di esaminare tali scelte, con la possibilità di bocciarle, eventualmente seguendo una procedura aggravata nel caso risultassero in contrasto con le proprie strategie generali di governo del territorio. Restano escluse da tale procedura le materie specificamente di competenza del livello sottordinato. Ad ogni livello territoriale, la pianificazione degli investimenti si attua percorrendo tre stadi4:

- redazione di un Pgt: il Prt a livello regionale, il piano provinciale dei trasporti a livello delle singole province, ed il Pum a livello di comuni o di comuni associati5;

- redazione dei piani di settore (Ps): sono piani modali, relativi cioè al trasporto pubblico e privato, di persone e di merci, su strada, su ferro, via mare, aereo ed elicotteristico sull’intero territorio di competenza dell’ente che ne cura la redazione;

- redazione degli studi di fattibilità (Sf) relativi ai singoli interventi o ad un insieme organico di interventi.

I Pgt contengono le scelte generali di riassetto del sistema dei trasporti sul territorio cui si riferiscono: individuazione degli obiettivi e dei vincoli, analisi della situazione in atto, formulazione degli scenari alternativi di assetto in termini di prestazioni richieste agli impianti ed alle infrastrutture di trasporto, valutazione degli scenari e scelta dello scenario di piano. Per loro natura sono documenti poco operativi perché richiedono Ps e/o Sf che definiscano nei dettagli le caratteristiche degli interventi; tuttavia vanno visti come vincolanti per quanto riguarda le scelte - ancorché generali - che contengono.

I Ps, oltre a contenere la specificazione delle scelte indicate dai Pgt, possono avere anche contenuti innovatori contribuendo di fatto alla costruzione del piano inteso come insieme di Pgt, Ps e Sf. È proprio attraverso questa costruzione continua del piano che si realizza il piano-processo, superando l’impostazione tradizionale che affida l’aggiornamento dei documenti di piano alle varianti. I Ps non contraddicono le scelte generali dei piani direttori (Pd), ma le completano e le arricchiscono recependo nuove esigenze eventualmente emerse e valutazioni che enti e società, specificamente attive nei settori modali, ritengono di poter avanzare in merito ai contenuti dei Pgt.

I Ps sono di norma redatti dall’ente responsabile dei trasporti alla scala territoriale cui si riferiscono. Non è però da escludere che l’iniziativa della loro redazione sia presa anche da altri soggetti, eventualmente privati, interessati al piano. In questi casi debbono essere approvati dal governo regionale e, quindi, è bene che siano redatti nel rispetto di direttive da questo emanate.

Pgt e Ps hanno un periodo di validità di cinque anni al termine del quale vanno rielaborati e adeguati alle nuove esigenze nel frattempo emerse. 

A valle dei Pgt e dei Ps è sempre prevista la redazione di Sf intesi come momento ultimo del processo di pianificazione, sede di valutazione delle singole alternative relative ad uno specifico intervento sotto gli aspetti tecnici, amministrativi, funzionali, economici, finanziari ed ambientali.

1

Lo Sf è l’elemento chiave del processo di pianificazione: da un lato consente una valutazione molto dettagliata di un intervento quando si è ancora in fase di scelta e non già in sede di progettazione; dall’altro lato giustifica, con la sua presenza nel processo decisionale, la genericità dei contenuti dei Pgt e dei Ps. Gli approfondimenti analitici degli studi di fattibilità consentono di documentare gli aspetti positivi e negativi dell’intervento e di raccogliere, quindi, quel consenso che, viceversa, in sede di approvazione dei Pd e attuativi, può mancare proprio per carenza di documentazione.

Lo Sf segue, di norma, un Ps ma può essere redatto direttamente a valle del Pgt nel caso che la necessità dell’intervento preso in esame sia stata già decretata o quando la complessità dell’intervento è tale da giustificare uno studio paragonabile ad un Ps in quanto a complessità del progetto preso in esame. Lo Sf può anche riguardare un intervento non esplicitamente indicato nei due tipi di piani sovraordinati, ma costituire una risposta ad esigenze riconosciute da questi piani con soluzioni coerenti con gli obiettivi e le strategie da essi scelti.

In questo consiste l’innovatività degli Sf nell’ambito del processo di piano, del tutto analoga a quella di cui si è detto per i Ps rispetto ai Pgt.

Gli Sf possono essere redatti, come i Ps, da soggetti diversi dalla pubblica amministrazione con l’obbligo di essere in ogni caso sottoposti all’approvazione di quest’ultima: i conflitti di opinione vanno superati nel rispetto degli stessi criteri esposti in precedenza a proposito dei rapporti tra contenuti dei Pgt e dei Ps.

Lo Sf, nel caso di infrastrutture, ha i contenuti progettuali di un progetto preliminare, nell’accezione data a questo termine dalla legge e dal regolamento sui lavori pubblici (legge 415/1998).

Esso costituisce così anche il primo passo del processo di progettazione che si svilupperà nella sua interezza a valle della pianificazione con la redazione del progetto definitivo e del progetto esecutivo. In questo senso, lo Sf è il momento più creativo e, nello stesso tempo, quello che più richiede una cultura tecnico-ingegneristica.

 

Scheda 2 - Prossime aperture di tratte e nodi della metropolitana regionale

 

 

La pianificazione dei servizi

 

La pianificazione dei servizi si articola per modo di trasporto, con strumenti diversi in relazione al livello territoriale di riferimento ed al soggetto cui è affidata la gestione. 

Per la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale alla scala regionale – i soli che vengono presi in considerazione dalla proposta di legge della Regione Campania – operano prevalentemente aziende di proprietà pubblica o privata, strutturate come enti economici e, in prospettiva, come società per azioni, ma sempre più spesso indipendenti dal potere politico nelle loro scelte di gestione. In questi casi il controllo della pubblica amministrazione avviene in sede di sottoscrizione dei contratti di servizi previsti dal DLgs 422/1997. 

I documenti del processo di piano delineato dalla Campania si articola, come per la pianificazione degli investimenti, in più stadi e, in particolare, in due stadi: nel primo, dai contenuti generali, vengono approvate da parte del governo regionale le linee direttive del trasporto pubblico6; nel secondo, vengono approvati da parte della regione stessa, per i servizi di propria competenza, e da parte degli enti locali sottostanti (province, comuni capoluoghi di provincia, Città metropolitane e altri enti locali a ciò delegati dalla regione) i piani triennali di trasporto pubblico locale7. Le linee direttive orientano la programmazione dei servizi di mobilità in modo che siano qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini. Esse contengono la definizione dei principi e dei criteri per la determinazione dei servizi minimi, la definizione dei criteri per la ripartizione delle risorse da trasferire dalla regione agli enti locali e la definizione delle dimensioni minime delle unità di gestione. I piani triennali di trasporto pubblico locale contengono l’organizzazione dei servizi minimi di propria competenza con le relative proposte di integrazione modale e tariffaria, l’indicazione delle risorse da destinare all’esercizio ed agli investimenti, le modalità di determinazione delle tariffe e di attuazione e revisione dei contratti di servizio e il sistema di monitoraggio della qualità e quantità dei servizi.

Per la gestione del sistema di trasporto individuale e cioè del deflusso veicolare sulla rete stradale, i documenti previsti dalla procedura sono quelli del Codice della strada (art. 36), vale a dire:

- i piani del traffico per la viabilità extraurbana di competenza delle province;

- i piani del traffico delle città metropolitane (art. 17 della legge 142/1990) di competenza delle città metropolitane;

- i Put di competenza dei comuni;

- i piani intercomunali di coordinamento tra i Put di comuni contigui previsti dalle direttive del Ministero dei lavori pubblici8, oggetto della circolare dello stesso ministero n. 6372 del 2 dicembre 1997 e di competenza dei comuni interessati.

Anche questi piani, nel rispetto delle direttive citate, si articolano in più stadi (Pgt, piani attuativi e piani esecutivi), con un progressivo passaggio dalle scelte generali a quelle di dettaglio da attuare successivamente nel tempo secondo un programma temporale coordinato con le esigenze e le concrete possibilità di attuazione.

 

 2

La partecipazione delle collettività locali: la consulta regionale per la mobilità 

 

Se l’attuabilità di un piano dipende dalla presenza di gruppi sociali in grado di appoggiarne o contrastarne le scelte9, la procedura decisionale deve permettere che esigenze e valutazioni, contestazioni e opposizioni si manifestino durante la formazione del piano in modo da recepirle per quanto vi è di condivisibile e, viceversa, da neutralizzarle se non conformi con l’interesse della collettività. 

Il disegno di legge prevede l’istituzione di un nuovo organismo: la consulta regionale per la mobilità, nel cui seno sarà possibile avere un continuo controllo della rispondenza delle scelte alle valutazioni ed alle esigenze dei rappresentanti dei gruppi di interesse. Affinché però la partecipazione sia un modo per contribuire alla formazione del piano e la via attraverso la quale far partecipare il sapere diffuso al policentrismo decisionale, è necessario che essa sia promossa e praticata durante i lavori in modo tale che le decisioni si formino anche attraverso la previa acquisizione di tutti i possibili interessi10.

Il disegno di legge prevede, come si vedrà nel paragrafo successivo, l’istituzione di un soggetto, l’agenzia campana per la mobilità (AcaM), cui è affidata, tra l’altro, la progettazione della partecipazione, a cura di esperti di comunicazione sociale integrati da tecnici dei trasporti.

 

 

La gestione del processo di pianificazione

 

L’intero processo di pianificazione ha bisogno di un organismo che ne curi la gestione, dalla redazione dei documenti (direttamente o ricorrendo alle competenze esterne del mondo universitario e professionale), alla promozione ed organizzazione del complesso insieme di contatti ed accordi tra i soggetti del processo, al controllo del rispetto dei tempi, al monitoraggio dell’evoluzione del sistema dei trasporti e del traffico e degli effetti degli interventi. Il disegno di legge della regione prevede l’istituzione dell’ACaM e la possibilità che le singole province istituiscano proprie agenzie territoriali. Questi nuovi uffici, insieme agli uffici di piano, possono garantire che il processo delineato dalla norma si snodi nel tempo secondo una logica che eviti che la complessità del tema generi caos e non ordine, efficienza ed efficacia.

 

 

1 Barbieri C. A. (1995), Riforma urbanistica e riforma dello Stato, Atti del XXI Congresso Nazionale dell’Inu, Bologna.

2 Vedi l’art. 13 della legge al comma 2.

3 Vedi l’art. 14 della legge.

4 Vedi sempre l’art.14 della legge.

5 Rientrano tra questi i piani dei trasporti delle città metropolitane di cui all’art. 7 della legge 142/1990

6 Vedi l’art. 16 della legge.

7 Vedi l’art. 17 della legge.

8 Vedi le direttive pubblicate sulla Gu n. 46 del 24 giugno 1995.

9 Correra H. (1994), Un approccio all’integrazione operativa degli aspetti tecnici e politici della pianificazione, in Archibugi F. e Bisogno P., Per una teoria della pianificazione, FrancoAngeli, Milano.

10 Iannotta L. (1991), Gli istituti di partecipazione, tra pubblico e privato, nell’ordinamento locale, in Iannotta L., Pugliese F. e Marrama R., Profili dell’autonomia nella riforma degli ordinamenti locali, Esi, Napoli.

 

 

1. Perino e Vele, “Diciotto posti”, 1998, cartapesta, ferro; cmc 46x120x80

2. Perino e Vele, “Senza titolo”, 1999. Cartapesta, pittura nitro, ferro, gomma; cmc 101x73x75,5

 

 

Presentazione | Referenze Autori | Scrivi alla redazione | AV News | HOME

 

 Il sito web di Area Vasta è curato da Michele Sol