| L’attuale quadro legislativo in materia di edilizia/urbanistica –
                                    interagente anche con la pubblica
                                    amministrazione – appare particolarmente
                                    complesso, articolato, incerto e non molto
                                    agevole, in particolar modo, dopo
                                    l’entrata in vigore della legge
                                    costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 che ha
                                    modificato, riformulandolo, l’art. 117
                                    della Costituzione1. Infatti, con
                                    la menzionata legge 3/2001, vi sono o vi
                                    saranno tre ambiti di esercizio legislativo:
                                    quello esclusivo dello Stato, quello concorrente
                                    tra Stato e regione e, infine, quello esclusivo
                                    della regione, tenuto conto che il
                                    legislatore nell’art. 117, cosi come
                                    riformulato, non cita espressamente il
                                    termine edilizia ma, al terzo comma
                                    adopera la locuzione governo del
                                    territorio. Si riporta di seguito
                                    l’art. 117 della Costituzione: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel
                                    rispetto della Costituzione, nonché dei
                                    vincoli derivanti dall’ordinamento
                                    comunitario e dagli obblighi internazionali.
                                    Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle
                                    seguenti materie: omissis s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: omissis;
                                    governo del territorio; omissis. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà
                                    legislativa, salvo che per la determinazione
                                    dei principi fondamentali, riservata alla
                                    legislazione dello Stato. Spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni
                                    materia non espressamente riservata alla
                                    legislazione dello Stato.  omissis La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di
                                    legislazione esclusiva, salva delega alle
                                    regioni. La potestà regolamentare spetta
                                    alle regioni in ogni altra materia. Pertanto, sembra che l’edilizia sia materia esclusiva delle
                                    regioni ovvero viene supplita dallo Stato
                                    fintanto che le regioni non legiferano in
                                    via esclusiva e si ritiene opportuno
                                    elencare quelle norme – a mio parere –
                                    che interagiscono tra di loro, anche ed
                                    oltre la sfera della pura edilizia. È sintomatico che delle tre normative citate nel titolo solamente una,
                                    ovvero quella regionale, è vigente: infatti
                                    il testo unico (Tu) andrà in vigore
                                    il 1 gennaio 2003, la legge obiettivo è
                                    andata in vigore il 27 marzo 2002 e, tenuto
                                    conto della modifica alla Costituzione, in
                                    Campania avremo una doppia normativa: quella
                                    nazionale e quella regionale. E da subito viene spontaneo chiedersi: per quanto concerne le
                                    demolizioni e ricostruzioni, è da
                                    applicarsi la Lr 19/2001 “con lo stesso
                                    ingombro volumetrico” oppure la legge
                                    443/2001 (vigente dal 27 marzo 2002) “con
                                    la stessa volumetria e sagoma”? II rischio di interpretazioni estensive e, quindi, di
                                    contenzioso è assai elevato.  Dalla lettura della Lr 19/2001 si evince che: - l’art. 1 dispone le procedure per il rilascio della concessione
                                    edilizia; - l’art. 2, in buona sostanza, ripropone i commi 6 e seguenti della
                                    citata legge nazionale (legge obiettivo)
                                    che, in effetti, recepisce in larga misura
                                    le semplificazioni procedimentali contenute
                                    nelle legislazioni regionali più avanzate
                                    (Toscana e Lombardia in particolare), senza
                                    peraltro togliere la possibilità alle
                                    singole regioni di tenere atteggiamenti più
                                    prudenti; - con l’art. 4, le province e le comunità montane possono nominare i
                                    commissari ad acta nei comuni inadempienti
                                    in termini di espressione definitiva sulle
                                    concessioni edilizie. È il caso di
                                    precisare che già con l’art. 8 della Lr
                                    39 del 16 ottobre 1978, così sostituito
                                    dall’art. 1 della Lr 11 del 7 gennaio
                                    1983, gli enti menzionati erano delegati
                                    alle predette nomine. Tale delega fu rimossa
                                    dal Dl 398 del 5 ottobre 1993, convertito
                                    nella legge 493 del 4 dicembre 1993 – come
                                    sostituito dall’art. 2, comma 60, punto 6,
                                    della legge 662 del 23 dicembre 1996. Si precisa, altresì, che con la menzionata Lr 11/1983 i commissari
                                    dovevano essere “funzionari amministrativi
                                    della carriera direttiva” ed “Il
                                    sindaco, dal momento della nomina del
                                    commissario, non può più pronunciarsi
                                    sulla richiesta di concessione. Al
                                    commissario, per l’espletamento delle sue
                                    funzioni, sono attribuiti tutti i poteri del
                                    sindaco in materia”. Naturalmente, oggi, a
                                    seguito delle cosiddette Bassanini, il
                                    commissario deve essere un tecnico che deve
                                    sostituirsi al dirigente di settore ovvero
                                    alla figura tecnica che rilascia le
                                    concessioni edilizie. Ciò non toglie che, a
                                    mio parere, il comune conserva il
                                    potere/dovere di esprimersi sulla richiesta
                                    di concessione edilizia in qualsiasi
                                    momento, anche in presenza di commissario. Ed ancora, come si rileva, il legislatore regionale continua (chissà
                                    perché?) ad individuare nelle comunità
                                    montane l’altro interlocutore per
                                    l’edilizia (e per l’urbanistica),
                                    nonostante il DLgs 267 del 18 agosto 2000
                                    –  testo unico (Tu) delle
                                    leggi sull’ordinamento degli enti locali
                                    – assegni sia alle province sia alle
                                    comunità montane specifiche funzioni
                                    tenendo fuori solo queste ultime dalla
                                    pianificazione, se non con il piano
                                    socio-economico, atteso ancora che la
                                    Regione Campania con la nuova legge sul
                                    governo del territorio, in corso di
                                    approvazione, al capo II livelli di
                                    pianificazione - articolo 7 livelli di
                                    pianificazione – dispone che – 1.
                                    l’adozione degli strumenti di
                                    pianificazione territoriale ed urbanistica,
                                    nonché delle relative variazioni,
                                    competono, nell’ambito di rispettiva
                                    competenza, alla regione, alle province,
                                    alla città metropolitana di Napoli ed ai
                                    comuni; - l’art. 5 ripropone la necessità di provvedere alla realizzazione
                                    delle opere di urbanizzazione primaria
                                    all’interno dei piani particolareggiati,
                                    pubblici o privati, e che le stesse devono
                                    essere “funzionalmente collegabili a
                                    quelle comunali esistenti”; - l’art. 6 ha messo insieme le norme che regolano la realizzazione di
                                    parcheggi: la legge 122/1989 come modificato
                                    dalla legge 127/1997, la legge 662/1996, la
                                    47/1985, assoggettandoli alla denuncia di
                                    inizio attività (Dia); - gli artt. 7 e 8 sono di modifica di leggi regionali; - con l’art. 9, la Lr ha stabilito che le norme “della presente
                                    legge … prevalgono sulle disposizioni
                                    …” della Lr 35/1987 ovvero del “Piano
                                    Urbanistico Territoriale dell’Area
                                    Sorrentino-Amalfitana”. È allora
                                    opportuno ricordare che l’“Art. 3 -
                                    Efficacia del Piano – così recita: Il
                                    Piano Urbanistico Territoriale dell’Area
                                    Sorrentino-Amalfitana è Piano Territoriale
                                    di Coordinamento con specifica
                                    considerazione dei valori paesistici e
                                    ambientali e sottopone a normativa d’uso
                                    il territorio dell’Area
                                    Sorrentino-Amalfitana. Il Piano Urbanistico Territoriale prevede norme generali d’uso del
                                    territorio dell’area e formula direttive a
                                    carattere vincolante alle quali i Comuni
                                    devono uniformarsi nella predisposizione dei
                                    loro strumenti urbanistici o
                                    nell’adeguamento di quelli vigenti. Il Piano Urbanistico Territoriale, inoltre, formula indicazioni per la
                                    successiva elaborazione, da parte della
                                    Regione, di programmi di interventi per lo
                                    sviluppo economico dell’area”. Orbene, in merito alla legge obiettivo (n. 443
                                    del 21 dicembre 2001, art. 1 comma 6 e
                                    seguenti), necessita da subito osservare che
                                    la previsione (contenuta anche nel Tu) della
                                    possibilità per il richiedente di
                                    depositare una Dia o di scegliere
                                    (liberamente) per la richiesta di rilascio
                                    di titolo abilitativo esplicito da parte del
                                    comune, appare quantomeno fuor di luogo. Va rilevato che la Dia facoltativa: - riduce fortemente l’efficacia semplificativa del nuovo assetto
                                    normativo. Tale possibilità di scelta si
                                    ripercuoterebbe, infatti, non solo sugli
                                    interventi edilizi significativi
                                    (ristrutturazioni e simili), ma opererebbe
                                    anche su una vasta casistica di opere
                                    minori; - influisce negativamente sulla qualità e tempestività del servizio
                                    reso al cittadino e al professionista; - ridimensiona il ruolo e la responsabilità del tecnico progettista. La Dia obbligatoria, pur con le comprensibili difficoltà legate
                                    ad un quadro normativo ancora piuttosto
                                    confuso, è, alla prova dei fatti, un
                                    passaggio fondamentale per rendere sempre più
                                    centrale e qualificato il ruolo del
                                    professionista: attestando la conformità di
                                    interventi edilizi anche articolati e
                                    complessi, il progettista acquista di fatto
                                    pari dignità e responsabilità della pubblica
                                    amministrazione (Pa) nel perseguire gli
                                    obiettivi fissati dalla strumentazione
                                    urbanistica. Al contrario, la Dia facoltativa
                                    ritarderebbe tale processo di crescita,
                                    riaffermando, per un verso, il primato della
                                    Pa e, per l’altro, segnando
                                    progressivamente un solco nel mercato del
                                    lavoro tra i professionisti più esperti (o
                                    più disinvolti) e quelli alle prime
                                    armi (o più prudenti). Essa, invero,
                                    incoraggerebbe il contenzioso in quanto la
                                    possibilità di richiedere il rilascio di un
                                    atto abilitativo esplicito, per qualsiasi
                                    tipo di intervento edilizio, può indurre
                                    l’interessato, in caso di interventi di
                                    dubbia legittimità, a proporre forzature
                                    interpretative della normativa tecnica, nel
                                    deliberato intento di risolvere la questione
                                    in sede di contenzioso (cercando, per
                                    cosi dire, un atto di diniego da impugnare). Appare senz’altro opportuno seguire il modello della Regione Toscana
                                    della Dia obbligatoria. Suscita
                                    perplessità il dettato della lett. b) che
                                    descrive gli interventi di
                                    demolizione/ricostruzione riconducibili alla
                                    categoria della ristrutturazione edilizia. Bisognava specificare che è assimilata alla ristrutturazione solo la
                                    ricostruzione fedele, ossia quella
                                    “con la stessa sagoma e lo stesso ingombro
                                    planivolumetrico”: poiché senza tale
                                    precisazione si avrebbe una nozione di
                                    ristrutturazione edilizia decisamente
                                    fuorviante e non supportata oltretutto dalla
                                    giurisprudenza prevalente. Si veda, al
                                    riguardo, anche la definizione di
                                    ristrutturazione edilizia contenuta
                                    nell’art. 3 del Tu, assai più pertinente
                                    e puntuale, in cui si precisa che, in merito
                                    alla volumetria, la demolizione e
                                    ricostruzione del manufatto è disciplinata
                                    dalle norme vigenti al tempo in cui venne
                                    rilasciata la relativa licenza/concessione
                                    edilizia mentre i nuovi interventi, connessi
                                    alla ristrutturazione, devono sempre essere
                                    legati alle norme urbanistiche vigenti al
                                    momento della richiesta. Naturalmente
                                    affinché si possa verificare la
                                    demolizione/ricostruzione, necessita che
                                    esista un edificio provvisto di mura
                                    perimetrali, eventuali solai di interpiano e
                                    tetto, in quanto la ricostruzione di ruderi
                                    costituisce nuova costruzione e richiede il
                                    titolo abilitativo necessario (Consiglio di
                                    Stato, sez. V, 10.03.97 n. 240). Infine, tenuto conto che il Tu è fondato su due soli titoli
                                    abilitativi, Dia e permesso di costruire
                                    (PdiC), appare inopportuno parlare
                                    palesemente ancora (legge 443/2001 - art. 1
                                    comma 6) di concessioni e autorizzazioni
                                    edilizie, atti amministrativi entrambi
                                    in via di superamento. Ancor prima di cimentarsi nel tentativo di commentare un provvedimento
                                    normativo di così ampia portata, bisognerà
                                    riflettere sullo stesso in merito a quanto
                                    doveva essere il Tu e (forse) a quanto è. Il Tu è stato redatto ai sensi dell’art. 7 della legge 50 dell’8
                                    marzo 1999, delegificazione e testi unici
                                    di norme concernenti procedimenti
                                    amministrativi. Il comma 2 di tale articolo impone al Governo di adeguarsi, tra
                                    l’altro, ai seguenti criteri e principi
                                    direttivi: a) delegificazione delle norme di legge concernenti gli aspetti
                                    organizzativi e procedimentali; b) puntuale individuazione del testo vigente delle norme; c) esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da
                                    successive disposizioni; d) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti,
                                    apportando, nei limiti di detto
                                    coordinamento, le modifiche necessarie per
                                    garantire la coerenza logica e sistematica
                                    della normativa anche al fine di adeguare e
                                    semplificare il linguaggio normativo. Con riferimento a quest’ultimo dettame, non pare che il legislatore
                                    abbia rispettato il limite del puro
                                    coordinamento formale del testo delle
                                    disposizioni vigenti; in particolare, sembra
                                    che vi sia un eccesso di delega rinvenibile
                                    proprio in relazione al riparto tra le opere
                                    soggette a permesso di costruire ed alla
                                    denuncia d’inizio attività; nonché in
                                    relazione agli interventi già soggetti ad
                                    autorizzazione edilizia nella legislazione
                                    vigente. Quanto detto acquista un
                                    significativo rilievo, ove si consideri che,
                                    ai sensi del combinato disposto degli
                                    articoli 3, 10 e 22 del Tu, sono sottoposti
                                    a PdiC, interventi già soggetti a denuncia
                                    d’inizio attività, in base all’art. 4,
                                    comma 7, del Dl 398 del 5 ottobre 1993,
                                    convertito in legge 493 del 4 dicembre 1993
                                    – come sostituito dall’art. 2, comma 60
                                    della legge 662 del 23 dicembre 1996. In base al citato art. 3 del Tu, con la denuncia d’inizio attività
                                    è possibile eseguire solo opere di
                                    manutenzione straordinaria, restauro e
                                    risanamento conservativo e ristrutturazione
                                    edilizia, ma non anche le altre opere
                                    previste dal citato art. 4, comma 7 del Dl
                                    398/1993. Restano, pertanto, escluse dalla
                                    facoltà di Dia: - le recinzioni, i muri di cinta e le cancellate; - le opere in aree destinate ad attività sportive senza creazione di
                                    volumetrie; - l’installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o di
                                    attrezzature esistenti e realizzazione di
                                    volumi tecnici che si rendano indispensabili
                                    sulla base di nuove disposizioni; - i parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il
                                    fabbricato. Anche le opere interne di singole unità immobiliari, devono ritenersi
                                    soggette a PdiC, ove i lavori da eseguire
                                    non presentino i caratteri strutturali e
                                    funzionali propri degli interventi di
                                    manutenzione straordinaria, restauro e
                                    risanamento conservativo e ristrutturazione
                                    edilizia. Pertanto anche il cambiamento del titolo edilizio da Dia, prevista dal
                                    suddetto art. 4, comma 7 del Dl 398/1993 per
                                    le relative opere, a PdiC, non pare
                                    consentito dal coordinamento formale del
                                    testo delle disposizioni vigenti; né
                                    potrebbe rientrare tra le modifiche
                                    necessarie per garantire la coerenza logica
                                    e sistematica della normativa, anche al fine
                                    di adeguare e semplificare il linguaggio
                                    normativo. Al riguardo, assume peso determinante, il diverso regime sanzionatorio
                                    operante, a seconda del titolo edilizio
                                    necessario e, in particolare,
                                    l’applicabilità delle sanzioni penali
                                    solo nell’ipotesi di opere assoggettate a
                                    PdiC. Svanisce il comma 12 dell’articolo 4
                                    della legge 493/1993 (introdotto dalla legge
                                    662/1996), dove si stabiliva che il
                                    progettista della Dia assumeva qualità di
                                    “persona esercente un servizio di pubblica
                                    utilità” e, come tale, è punibile per il
                                    reato di falso ideologico in caso di
                                    dichiarazioni non corrispondenti al vero.
                                    Nel Tu, invece, tutto questo si dissolve. In tal modo, il Tu sembra aver violato norme costituenti principi
                                    fondamentali della materia, previsti dalla
                                    legislazione vigente. Nei medesimi termini si pone la questione, con riferimento alle opere
                                    ancora sottoposte ad autorizzazione
                                    edilizia, in quanto non incluse tra quelle
                                    soggette a denuncia d’inizio attività, ai
                                    sensi del citato art. 4, comma 7 del Dl
                                    398/1993. Era stata rimessa alla Corte costituzionale, per violazione dell’art.
                                    117 della Costituzione, la Lr Toscana 52 del
                                    14 ottobre 1999, i cui articoli 2 e 4
                                    assoggettano le opere di ristrutturazione
                                    edilizia a denuncia d’inizio attività,
                                    anziché a concessione edilizia, in
                                    violazione dell’art. 9 della legge 47 del
                                    28 febbraio 1985. Tale violazione, presunta,
                                    è stata superata dalla legge Lunardi
                                    (cosiddetta legge obiettivo). In tale contesto, va segnalata anche la previsione dell’art. 3,
                                    secondo cui gli interventi di
                                    ristrutturazione edilizia, definiti alla
                                    lett. d), sono soggetti a mera denuncia
                                    d’inizio attività, mentre nella
                                    legislazione vigente necessitano di concessione
                                    edilizia, con le relative conseguenze
                                    sul piano penale. Detto ciò, il Tu si suddivide in due parti:  - la prima attiene all’attività edilizia, con particolare
                                    riferimento ai titoli abilitativi ed al
                                    certificato di agibilità; - la seconda alla normativa tecnica per l’edilizia. Le disposizioni del Tu hanno valore di “principi fondamentali della
                                    legislazione statale” (norme - cornice) e,
                                    dunque, le regioni esercitano la potestà
                                    legislativa concorrente in materia il cui
                                    ambito di applicazione è delineato
                                    nell’art. 1 secondo il quale “il
                                    presente testo unico contiene i principi
                                    fondamentali e generali e detta disposizioni
                                    per la disciplina dell’attività
                                    edilizia”, tenuto conto che (il Tu) non
                                    incide sulla disciplina speciale riguardante
                                    gli impianti produttivi di cui al DLgs
                                    112/1998 e Dpr 447/1998 come modificato dal
                                    Dpr 440/2000, atteso che il comma 5
                                    dell’art. 1, in osservanza del
                                    “federalismo amministrativo” di cui alla
                                    legge 59/1997, specifica che “in nessun
                                    caso le norme del presente testo unico
                                    possono essere interpretate nel senso della
                                    attribuzione allo Stato di funzioni e
                                    compiti trasferiti, delegati o comunque
                                    conferiti alle regioni e agli enti locali
                                    dalle disposizioni vigenti alla data della
                                    sua entrata in vigore”. La prima innovazione che salta agli occhi è la nuova terminologia data
                                    al titolo abilitativo per le nuove
                                    costruzioni, ovvero il titolo che accerta se
                                    ricorrono le condizioni per esercitare il
                                    diritto ad edificare: il cosiddetto PdiC,
                                    richiamando subito alla mente il permis
                                    de conduire.  L’art. 10, infatti, definisce gli interventi di trasformazione sul
                                    territorio ed il successivo art. 22
                                    definisce quegli interventi assoggettabili a
                                    Dia e non riconducibili a quelli di cui
                                    all’art. 10, lasciando così intendere il
                                    carattere residuale della Dia. Orbene,
                                    l’art. 3 – definizione degli interventi
                                    edilizi – opera già definendo il riparto
                                    tra gli interventi soggetti a Dia o a PdiC,
                                    ovvero smentendo la residualità della Dia.
                                    Letta così, sembra che il PdiC è residuale
                                    della Dia, cioè, al di fuori degli
                                    interventi di manutenzione, di recupero e di
                                    ristrutturazione, il resto, residualmente,
                                    è PdiC e, conseguenzialmente, la lettera e)
                                    dello stesso articolo assume significato
                                    solamente esplicativo degli interventi
                                    possibili. Appare chiaro che viene riproposto il fondamentale concetto dell’art.
                                    1 – Trasformazione urbanistica del
                                    territorio e concessione di edificare –
                                    della legge 10 del 27 gennaio 1977 – Norme
                                    in materia di edificabilità dei suoli –
                                    Ogni attività comportante trasformazione
                                    urbanistica ed edilizia del territorio
                                    comunale partecipa agli oneri ad essa
                                    relativi e la esecuzione delle opere è
                                    subordinata a concessione da parte del
                                    sindaco, ai sensi della presente legge. Abbandonando, di fatto, la strada della flessibilità, ovvero a seconda
                                    del tipo di intervento (più o meno
                                    impattante), vi era un titolo comunale
                                    abilitativo. La legittimazione alla richiesta del titolo abilitativo per costruire
                                    è rimasto immutato, riconfermando l’art.
                                    4 della menzionata legge 10/1977, per cui è
                                    rilasciato al proprietario, al
                                    comproprietario o di altro diritto reale o
                                    l’avente titolo a richiederlo ovvero al
                                    titolare di un diritto di obbligazione che
                                    vincoli o dia mandato ad eseguire i lavori.
                                    Ben inteso che il PdiC è dato sempre salvo
                                    il diritto dei terzi. È importante, inoltre, riflettere in merito al silenzio-rifiuto sulle
                                    domande di PdiC di cui al comma 9
                                    dell’art. 20 che, se da un lato
                                    restituisce la certezza che il procedimento
                                    è concluso, dall’altro invita/sollecita
                                    il cittadino ad aprire da subito un
                                    contenzioso con la Pa che la vedrebbe
                                    sicuramente soccombente su un rifiuto
                                    formale ma privo di motivazione.  Se poi il tutto va anche letto con la possibilità che il progettista
                                    ha di scegliere tra Dia e PdiC, ovvero di
                                    optare per il PdiC, avremo gli uffici
                                    tecnici comunali stracolmi di pratiche
                                    edilizie e saranno incapaci di dare risposte
                                    entro i termini prestabiliti producendo,
                                    come anticipato, silenzio-rifiuto e, quindi,
                                    tutela giurisdizionale. Sarebbe, a mio
                                    parere, più giusto pensare alla
                                    soppressione del citato comma 9 ed
                                    introdurre il meccanismo di cui all’art. 4
                                    della Lr Campania 19/2001 o dell’art. 21
                                    della Lr Toscana 52/1999, secondo il quale
                                    in caso di inadempienze comunali si nomina
                                    un commissario ad acta. Infine, ma probabilmente non ultimo, lo sportello unico per
                                    l’edilizia sembrerebbe richiamare
                                    quello per le attività produttive. Sono
                                    autonomi?! Si sovrappongono?! Ci sarà
                                    bisogno di un terzo sportello (unico?) che
                                    li coordini?! Vi sarà veramente la
                                    semplificazione dei procedimenti,
                                    l’efficienza, la tempestività e qualità
                                    dell’azione amministrativa???!!!  Ed infine, l’uso metodico della conferenza di servizi per
                                    l’acquisizione dei pareri, nulla-osta ecc.
                                    necessari per la realizzazione
                                    dell’intervento (PdiC o Dia), sembra
                                    semplicemente fantasioso.   
                                      
                                        
                                          | Stato
                                            di attuazione dei piani per
                                            l'assetto idrogeologico (Pai) |  
                                          | 
 |  
                                          | Fonte: Pianificazione territoriale e provinciale e rischio
                                            idrogeologico - Previsioni e tutela,
                                            a cura del Ministero dell’ambiente e della tutela
                                            del territorio e dell’Unione delle
                                            Province d’Italia, 2002 |    1 Ai fini del nostro ragionamento è utile qui ricordare alcuni
                                    significativi provvedimenti del legislatore: la citata Legge Costituzionale 18.10.2001, n. 3 - modifica della
                                    Costituzione; la legge 21.7.2000, n. 205 - disposizioni in materia di giustizia
                                    amministrativa;la legge 8.3.1999, n. 50, art. 7 - delegificazione
                                    e testi unici di norme concernenti
                                    procedimenti amministrativi. 
     |