Numero 3 - 2001

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riflessioni e contributi dal mondo delle professioni, ma non solo


Isidoro Fasolino


Il disegno di legge urbanistica regionale ha suscitato grande interesse nel mondo politico e professionale. Nell’ambito di quest’ultimo è stato promosso un convegno in cui si sono confrontati ingegneri, architetti, geologi, agronomi ed urbanisti, sulla base di un lavoro istruttorio che ha portato all’elaborazione di proposte di modifiche ed integrazioni al testo di legge. Isidoro Fasolino, che ne ha seguito i lavori, presenta un articolato commento sulle posizioni e gli accenti che gli intervenuti hanno voluto esprimere, nella prova rivelatrice del confronto delle idee 

 

 

 

 

 

Nel veloce mutamento del panorama legislativo, le leggi regionali di tutela ed uso del territorio si stanno rivelando il luogo di una reale ridefinizione sia dei caratteri innovativi della pianificazione, sia dei nuovi rapporti istituzionali tra soggetti interessati al governo del territorio. È stato da più parti evidenziato come la tanto attesa legge-quadro nazionale si vada definendo in forme non programmate né controllate, una sorta di riforma dal basso1 che si confronta con quella più generale  riforma che, ritardi sulla nuova legge urbanistica e difficoltà politiche più generali, rendono forse meno prossima.

L’occasione per riflessioni e contributi al nuovo disegno di legge (ddil) urbanistica della Regione Campania viene dal convegno, organizzato dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Salerno2. Tale iniziativa ha voluto rappresentare un apporto collaborativo, diretto alla regione, da parte delle categorie professionali, per giungere ad una nuova legge regionale condivisa ed efficace3

Da sottolineare l’ampia partecipazione all’iniziativa di tecnici, amministratori e cittadini, a testimonianza del fatto che vi è attesa, ma anche forti aspettative, nei confronti di una legge di riforma di fondamentale importanza nella cruciale contingenza attuale, così permeata di radicali mutamenti e tutta rivolta a nuovi orizzonti e prospettive.

Ma passiamo in rapida rassegna i contributi che, nel loro complesso, hanno il pregio di toccare quasi tutti i contenuti del ddil, anche per la varia natura ed eterogeneità dei soggetti chiamati ad esprimersi.

La proposta di legge è stata illustrata dal gruppo di consulenza giuridica della Regione Campania4.

È stato spiegato come la logica dell’uso del territorio sia profondamente cambiata in rapporto alle richieste del mondo contemporaneo, per cui risulta fondamentale mettere in campo strumenti per conciliare le esigenze di sviluppo con quelle di tutela. Lo stesso termine sostenibile rappresenta un contemperamento fra uso e risparmio. Ci si è soffermato sulla esplicazione di termini utilizzati nel ddil: strutturale, come necessità di un disegno complessivo del territorio, cooperazione nel senso di scelte congiunte fra enti competenti in materia di pianificazione, sussidiarietà sulla base della quale la regione si preoccupa esclusivamente di dare indirizzi non prescrittivi di assetto del territorio cui corrisponde una responsabile autonomia degli enti locali sottordinati. Si è messo in evidenza la necessità di conferire flessibilità alla pianificazione che, se viceversa rimanesse rigida, continuerebbe, come avviene, ad invecchiare rapidamente a causa di sopravvenienze incontrovertibilmente certificabili. Per non poche aree della regione, in cui vi è una sovrapposizione di due o più strumenti di pianificazione di settore e, di conseguenza, l’esigenza di contemperarne i contenuti e i diversi interessi particolari o specialistici, si pone più che altrove la necessità di forme di partecipazione coinvolgenti una serie di portatori di interessi qualificati, che sia preventiva alla formazione del piano e, quindi, ben diversa dalle osservazioni di cui alle vigenti norme. 

È stato posto l’accento sui contenuti del ddil accelerativi dei procedimenti, mediante ampio ricorso alla conferenza dei servizi che, oltre ad assicurare snellezza e celerità, al contempo, garantisce gli interessi dei soggetti coinvolti producendo anche un vero momento partecipativo. Altro aspetto messo in evidenza è rappresentato dalla volontà di estendere le possibilità di intervento da parte dei privati, anche attraverso la perequazione, nei processi di trasformazione urbana, allorché la loro azione si collocasse all’interno degli indirizzi delle amministrazioni locali. È stato ricordato che, oltre alla riforma della legge urbanistica, sia stato avviato, e si sta portando a conclusione, anche la formazione del piano territoriale regionale (Ptr), con cui si completerebbe il quadro di indirizzo nei confronti degli enti subregionali, lanciando, in tal modo, definitivamente un esaustivo processo di pianificazione in Campania.

La Provincia di Salerno5 ha offerto al dibattito il proprio contributo di esperienza maturato con il lavoro di formazione del piano territoriale di coordinamento provinciale, ormai ultimato ma che non potrà essere approvato in quanto i tempi della legge regionale di cui al ddil si prevedono più lunghi. Per questo si pensa ad una conferenza di servizi con la regione, previe adozione/osservazioni/controdeduzioni, al fine di assicurare immediata operatività al piano. Con riferimento al ddil si sottolinea positivamente la riunificazione in capo alle sole province delle competenze in materia urbanistica nei confronti dei comuni, con il superamento dell’attuale anomalia delle comunità montane, deputate dalla Lr 14/1982 all’approvazione degli strumenti urbanistici comunali, nonché l’eliminazione del visto di conformità regionale e delle strutture dei comitati tecnici regionali integrativi presso le province.

L’Ordine dei Geologi della Regione Campania6 ha posto, tra gli altri, il problema dell’aggiornamento della Lr 9/1983, che introduce l’obbligo, per i comuni classificati sismici o soggetti alla legge 445/1908, di dotarsi delle quattro carte geognostiche; tale legge sarebbe inadeguata e non più in grado di interpretare il territorio e di supportare i nuovi processi di trasformazione.

A mio avviso, eventuali studi o strumenti specialistici, che dovessero subentrare agli allegati tecnici attualmente contemplati, dovrebbero possedere un requisito fondamentale, per il fatto stesso che sono chiamati a fornire un sussidio alla pianificazione e cioè quello di una maggiore articolazione, mediante la costruzione di idonei scenari di rischio, nella indicazione delle possibili ricadute dei propri contenuti sull’organizzazione del territorio, sia alla scala urbana che all’area vasta; altro requisito, non secondario, è quello relativo ad una maggiore comunicabilità, proprio di questi stessi contenuti, attraverso un linguaggio nuovo, in grado di fornire al pianificatore indicazioni utili alla costruzione di indirizzi per la formazione di piani urbanistici che tengano nel giusto conto i problemi, sempre all’ordine del giorno, della sicurezza del territorio.

In questo senso è chiaro che la nuova legge dovrà affidare al piano provinciale non solo il ruolo di indirizzo alla pianificazione comunale, ma anche quello di strumento generale di valutazione della sostenibilità delle azioni strategiche rispetto alle caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità dei sistemi insediativi o dei singoli siti individuando così gli elementi di stabile configurazione o di lenta trasformazione che costituiscono le invarianti non negoziabili del territorio. Il piano provinciale dovrebbe avere il compito di individuare i bilanci e le risorse territoriali, i criteri e le soglie d’uso ritenute accettabili, fornendo i parametri per la misurazione della sostenibilità a livello comunale delle trasformazioni proposte rispetto ai sistemi socio-economici, ambientali e insediativi. I piani provinciali, di conseguenza, insieme con i piani comunali, dovranno essere anche strumenti per il monitoraggio degli effetti sul territorio delle azioni messe in campo dalla pianificazione comunale per convalidarne obiettivi ed efficacia.

Gli agronomi e forestali della Provincia di Salerno7 hanno evidenziato come, nel ddil, si rimanga ancora troppo ancorati all’urbano e come le aree agricole siano state sostanzialmente trascurate. Nella legge dell’Emilia Romagna è presente un intero capo dedicato alle aree agricole. Il ddil pone8 il problema dell’utilizzo adeguato delle risorse ambientali e naturali. Scopo principale della pianificazione, d’altro canto, è proprio la gestione delle risorse. In questo senso l’extraurbano ha un ruolo strategico: è un serbatoio per il futuro. A partire dal 1987 gli agronomi appongono la loro firma sulla carta dell’uso agricolo del suolo accanto a quella del progettista del piano regolatore generale9 (Prg); ma la detta carta è del tutto insufficiente a fornire gli strumenti necessari ai fini di quella razionale gestione delle risorse che appare sempre più irrimandabile. Da ultimo, il grido di allarme degli agronomi: sono troppi i vincoli che operano sulle aree agricole, primo fra tutti quello idrogeologico che, limitando le attività scoraggerebbero l’agricoltura e causerebbero l’abbandono delle campagne producendo marginalità. Per questo il ddil avrebbe dovuto decisamente spostare il baricentro dell’attenzione dalle aree urbane ai territori agricoli.

Mi sembra utile, a questo punto, ricordare come considerare il territorio rurale quale ambito da pianificare coerentemente allo sviluppo della città è un fatto di recente acquisizione, sia dal punto di vista culturale sia da quello più complesso e incisivo nei suoi effetti rappresentato dalla legge. Il territorio extraurbano, infatti, solo fino a pochi anni fa era considerato area disponibile per qualunque uso, in particolare all’insediamento di tutto ciò che si dimostrasse incompatibile con il tessuto urbano. La legge urbanistica prescrive, sin dal 1968, che il Prg debba disciplinare l’intero territorio comunale, ma solo molto dopo si è visto nel territorio rurale non una zona bianca disponibile ma una risorsa finita da tutelare, dove l’intervento edificatorio va collegato alla produttività delle aree stesse e dove l’attenzione è estesa ad un’ampia categoria di elementi considerati di eminente interesse pubblico, quali: acque, montagne, boschi, coste, presidi rurali, ecc.

Gli usi impropri del territorio, l’ignoranza dei caratteri insediativi dei luoghi e la previsione di una organizzazione insediativa indifferenziata hanno prodotto un affievolimento delle peculiarità e delle differenze dei sistemi ambientali, mettendo a rischio quei caratteri di biodiversità tanto importanti in un’ottica di sviluppo sostenibile. Obiettivo di un piano di area vasta sarà la conservazione di dette peculiarità. Un tale strumento, anche per la scala di rappresentazione che lo caratterizza, presenta il rischio di avere un approccio omogeneizzante, in cui i grandi quadri prevalgono e i microambiti tendono ad essere trascurati ed inglobati a quelli. Ritengo, quindi, che uno strumento di pianificazione di area vasta debba classificare le zone extraurbane in funzione delle specifiche caratteristiche ambientali delle diverse porzioni di territorio e dettare indirizzi per le corrispondenti norme di tutela, conservazione, valorizzazione e per le stesse attività agricole o di uso delle risorse. Una legge regionale, o di un piano sovraordinato, dovrebbe dettare indirizzi verso gli strumenti urbanistici in grado di attivare una coerente politica di risanamento ambientale, da contrapporre a quella urbana ormai consolidata, incentivando, attraverso concreti sostegni finanziari pubblici, il recupero delle preesistenze culturali rurali e l’eliminazione di quei manufatti che presentano vistosi effetti negativi sul paesaggio o sono incongrui con la valorizzazione del contesto ambientale. Le aree più marginali e montane devono, poi, essere strettamente collegate ad una funzione di presidio e manutenzione del territorio in una prospettiva di difesa dai rischi.

L’Inu Campania10 ha evidenziato il momento di grandi sperimentazioni che l’urbanistica e le amministrazioni stanno vivendo, soprattutto costrette a causa della inadeguatezza normativa persistente. Anche per la stessa Lr di riforma si può dire di essere in piena fase sperimentale. La copianificazione, ad esempio, rappresenta un momento in cui condividere strategie: ad esempio, per i comuni condividere le idee-forza nei programmi operativi regionali: questo è importante anche per la dimensione delle enormi risorse che questi nuovi strumenti di programmazione riverseranno sulle nostre regioni, di una rilevanza tale da poter ipotizzare un completo rifacimento dei paesaggi urbani e territoriali. Altro problema che si pone è quello di conciliare le esigenze di riduzione dei controlli fra gli enti come, ad esempio, quelli della regione nei confronti delle province, e quella di evitare l’errato trattamento di alcune problematiche, quale quella del rischio che non riconosce le frontiere amministrative tra le province, ovvero quella della localizzazioni di impianti di rilevanza territoriale: la localizzazione di due interporti in due province diverse ma, di fatto, a pochi chilometri di distanza avrebbe effetti dirompenti sugli equilibri territoriali.

Proposte di aggiustamento del ddil sono venute dalle categorie di rappresentanza dei professionisti.

Il Consiglio Nazionale degli Architetti11 ha messo in evidenza la carenza di attenzione nei confronti di due parole chiavi, fondamentali per l’Italia nella competizione internazionale: paesaggio e architettura. Per venire incontro alla domanda diffusa di qualità occorre incrementare il ricorso al concorso di progettazione, come già succede in Francia e in altri paesi europei, dove la programmazione del concorso per la realizzazione delle opere pubbliche comporta il coinvolgimento di diversi soggetti, quali i cittadini, ma anche gli ordini professionali, che possono dare, in questo senso, un notevole contributo.

L’Ordine degli Architetti della Provincia di Salerno12 ha lamentato il mancato coinvolgimento degli ordini nella stesura del ddil ai fini di una sua ottimizzazione, soprattutto per venire incontro alle esigenze di quello che ha definito l’architetto maratoneta, costretto incessantemente a salire e scendere scale e a bussare porte per portare a conclusione una pratica edilizia. Insomma, una richiesta a ridurre in maniera drastica i tempi lunghi e defatiganti delle procedure. Gli architetti13 hanno fornito il proprio contributo ricco di proposte ed emendamenti, anche molto puntuali e circostanziati, al ddil. Tra le altre cose, si evidenzia come le forme associate di comuni per finalità di pianificazione intercomunale debbano essere non facoltative bensì obbligatorie, laddove le oggettive condizioni urbanistiche lo impongano.

L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Salerno14 ha posto il problema della non puntuale definizione dei tempi in alcune procedure previste dal ddil (formazione dei piani, conclusione di conferenze dei servizi). Non trascurabili nemmeno gli effetti che potrebbero innescarsi per effetto della ripartizione degli indici di edificazione tra i proprietari, all’interno dei comparti, in rapporto ai valori imponibili, accertati ai fini dell’imposta comunale sugli immobili. Vi sarebbe, inoltre, sovrapposizione e confusione di competenze tra regione e comuni nella repressione dell’abusivismo edilizio. 

Le riflessioni provenienti dal mondo delle professioni ha fornito utili spunti per una disamina ad ampio spettro: il ddil richiede, questo è certo, ancora non pochi aggiustamenti.

A questo punto vorrei aggiungere alcune ulteriori osservazioni personali al ddil.

Il principio di sussidiarietà, innanzitutto, riconosce ad ogni ente il diritto di approvare il proprio piano, previa verifica di compatibilità e di congruenza dei contenuti rispetto ai piani di livello superiore e, più in generale, al complessivo sistema della pianificazione. Ogni ente ha quindi piena titolarità del proprio piano e, ove vi siano discrepanze, le necessarie congruenze del sistema della pianificazione vanno conseguite attraverso forme di copianificazione (collaborazione, accordi e concertazioni) e non più dall’alto, come avvenuto in passato, per via gerarchica, impositiva e autoritativa15. Il ddil si richiama al suddetto principio di sussidiarietà16 ma conferma l’approvazione dei piani di ciascun livello da parte dei rispettivi livelli sovraordinati, confermando il sistema di controlli a cascata17.

Mi sembra, inoltre, che il ddil trascuri il ruolo fondativo attribuibile alla conoscenza organizzata all’interno del processo di piano, una conoscenza, cioè, indirizzata a sostenere la sequenza continua delle decisioni di piano all’interno di quadri organizzati e attraverso valutazioni motivate, sia pure nell’ambito di processi decisionali interattivi nei quali hanno spazio anche altri tipi di saperi. Non basta richiamare riferimenti normativi che già invitano alla partecipazione o fare enunciazioni di principio sulla necessità di una più ampia informazione e diffusione dei dati, rimandando tutto alla potestà statutaria o regolamentare degli enti18, considerando, quindi, l’informatizzazione un optional, senza prevedere obblighi e senza prefigurare la messa in campo di apposite strutture a tanto preposte.

Nel ddil prevale, quindi, la centralità dello strumento rispetto al processo di pianificazione: l’obiettivo dell’azione di governo non deve essere tanto il piano in sé quanto il processo attraverso il quale esso si costruisce e si attua. È importante, certo, che ci sia formalmente un progetto del territorio, preferibilmente generale e condiviso, ma è forse più importante che gli enti, a tutti i livelli, esercitino le proprie responsabilità nel quotidiano all’interno di questo progetto, senza necessariamente stare ad aspettare il piano, di cui pure ci si dovrà rapidamente dotare.

Il ddil prevede un quadro di riferimento territoriale (Qrt) per la programmazione e un Ptr. Considerando che il Ptr, vista la scala geografica in gioco, non possa essere altro che uno schema di larga massima delle proiezioni territoriali della programmazione regionale avente le caratteristiche di un programma strategico delle politiche (pianificazione urbanistica, trasporti, attività estrattive, bacini idrografici, smaltimento rifiuti, edilizia residenziale pubblica, ecc.) e della conseguente localizzazione delle scelte regionali, se ne auspica l’unificazione. La formazione e l'aggiornamento di un tale strumento così unificato sarebbe la sede per l'incontro e l'accordo di tutte le istituzioni rappresentative e d'interesse pubblico, per quanto riguarda i programmi regionali e le politiche nazionali nel territorio della regione19. Per ogni materia della politica regionale che investe il territorio, alle leggi settoriali di indirizzo corrisponderanno strumenti settoriali programmatici che confluiscono nell’unico strumento generale ipotizzato. 

Per quanto concerne l’area metropolitana di Napoli, sembra di capire che le singole municipalità procedono alla predisposizione dei piani attuativi20 del piano della città metropolitana: tale impostazione sarebbe coerente con quella che vede applicarsi un piano strutturale all’intera area metropolitana e singoli piani operativi, di attuazione del primo, alle singole distrettualizzazioni in cui dovrà essere suddivisa tale area.

È poi alquanto curioso, e forse anche un po’ sospetto, che si parli di varianti21 al piano urbanistico comunale, ossia allo strumento di pianificazione comunale introdotto proprio dal ddil, finalizzate al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, ai sensi della legge 47/1985, art. 29, in quanto tale nuovo piano deve contenere, se del caso, già in sé tale problematica e non mettersi nella condizione di ricorrere ad una variante successiva ad una sua compiuta formazione ed approvazione. Che si voglia surrettiziamente introdurre un nuovo condono?

Non vengono per nulla considerati gli aspetti relativi alla valutazione ambientale strategica; inoltre, a parte qualche richiamo alle problematiche del rischio, nulla è detto relativamente al rapporto tra i piani territoriali e urbanistici e i programmi della protezione civile, nulla è detto relativamente alla necessità di dover trattare unitariamente territori, anche interprovinciali, come nel caso dell’ambito dell’emergenza idrogeologica del 5 maggio nel sarnese, omogenei dal punto di vista dell’immanenza di pericolosità naturale.

Il ddil, infine, oltre a costituire l’impianto del sistema di pianificazione in Campania, dovrebbe assumere anche la funzione di testo unico, facendo convergere in esso quelle norme di natura urbanistica che, non essendo abrogate dallo stesso ddil, restano in piedi; in tal modo si disboscherebbe il quadro legislativo regionale di numerose leggi e leggine di cui si rischia di perdere il segno e potrebbe crearsi la condizione per una coerenza con i nuovi principi ispiratori. 

Al ddil mi sento di chiedere un'azione legislativa coraggiosa, capace di sviluppare la sperimentazione, di valorizzare l'autonomia istituzionale e di governo regionale e degli enti locali, di esaltare le differenze, di individuare quelle soluzioni idonee alla specificità e diversità dei territori, e il riferimento non è soltanto quello fra polpa ed osso della nostra regione, ma attiene anche alle culture, alle storie, alle morfologie fisiche, ai caratteri delle singole porzioni del territorio regionale.

 

(1) La Toscana si è dotata per prima di una Lur nuova ed innovativa (Lr 5/1995) ed oggi la sta sperimentando, calibrandone l’interpretazione ed introducendo piccole modifiche legislative di aggiustamento (Lr 57/1997).

Il Piemonte si è limitato ad introdurre, nel corso degli anni, piccole modifiche procedurali alla propria vecchia (in origine innovativa ma oggi obsoleta) Lur (Lr 56/1977). Tale Regione ha introdotto la possibilità di varianti parziali al Prg senza autorizzazione regionale (Lr 41/1997), ha emanato norme sui programmi integrati ex legge 179/1992 (Lr 18/1996).

La Liguria si è definitivamente dotata di una nuova e innovativa Lur che sostituisce tutta la legislazione urbanistica precedente (Lr 36/1997).

L’Umbria completava nel 1997 il proprio disegno innovativo emanando la nuova disciplina della pianificazione urbanistica comunale (Lr 31/1997). Oltre alla emanazione della nuova Lur, l’Umbria ha regolamentato la riqualificazione urbana attraverso la Lr 13/1997.

Il Friuli-Venezia Giulia ha invece aggiornato la Lur che era stata emanata immediatamente dopo la legge n. 142/1990 (Lr 52/1991 come aggiornata da Lr 34/1997). Inoltre, sono almeno cinque i provvedimenti di revisione generale in itinere di cui si ha notizia.

L’Abruzzo procede nel lavoro di revisione e innovazione della Lur vigente (Lr 18/1983 come modificata ed integrata dalla Lr 70/1995) cui ha dato inizio nel 1995. Nelle more della redazione ed approvazione della Lur, la Regione Abruzzo aveva sub-delegato ai comuni le funzioni amministrative di tutela del paesaggio (Lr 47/1996).

La Basilicata si è dotata della nuova normativa (Lr23/1999) introducendo la cosiddetta carta regionale dei suoli; aveva in precedenza modificato le procedure per l’approvazione degli strumenti urbanistici generali (Lr 37/1996).

Il Lazio ha approvato la legge (Lr 38/1999) recante norme sul governo del territorio. La Regione Lazio aveva già modificato la legge sull’abusivismo edilizio (Lr 58/1996) ed introdotto norme urbanistiche in materia di programmi integrati (Lr 22/1997).

L’Emilia-Romagna ha anch’essa completato (Lr 20/2000) il lavoro di revisione della legislazione vigente, della cui necessità prendeva già esplicitamente atto la Lr 6/1995 di modifica e adeguamento alla legge 142/1990. Relativamente alle modifiche ed integrazioni parziali alla legislazione urbanistica, va ricordato che la Regione Emilia-Romagna ha introdotto norme in materia di programmi speciali d’area (Lr 30/1996). Torna al punto d'invio della nota

(2) Il convegno, dal titolo La nuova legge urbanistica regionale. Riflessioni e contributi dal mondo delle professioni, si è tenuto lunedì 7 giugno 2001 presso la sala Bottiglieri della Provincia di Salerno. I lavori, sono stati introdotti e coordinati da Gabriella Alfano, consigliere dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Salerno. Torna al punto d'invio della nota

(3) L’incontro è stato preceduto da un approfondito confronto tra architetti, ingegneri, geologi, agronomi e urbanisti, a seguito del quale sono state messe a punto le richieste di modifica da sottoporre all’assessore all’Urbanistica della Regione Campania, avv. Marco Di Lello. Torna al punto d'invio della nota

(4) Avvocati Felice Laudadio ed Enrico Soprano. Torna al punto d'invio della nota

(5) Rappresentata dall’assessore al Territorio e Mobilità, arch. Giovanni Lambiase. Torna al punto d'invio della nota

(6) Rappresentato dal presidente, dott. Francesco Russo. Torna al punto d'invio della nota

(7) Rappresentati dal presidente, dott. Beniamino Curcio. Torna al punto d'invio della nota

(8) Ddil, art.1. Torna al punto d'invio della nota

(9) Lr 2/1987. Torna al punto d'invio della nota

(10) Rappresentato dal presidente della sezione, arch. Fabrizio Mangoni. Torna al punto d'invio della nota

(11) Rappresentato dal presidente, arch. Raffaele Sirica. Torna al punto d'invio della nota

(12) Rappresentato dal presidente Pasquale Caprio e dal consigliere Juan Carlos Loffredo. Torna al punto d'invio della nota

(13) Presenti con contributi anche i presidenti degli Ordini degli Architetti delle altre province campane: Fulvio Fraternali per Avellino, Pellegrino Soriano per Benevento, Enrico De Cristoforo per Caserta e Paolo Pisciotta per Napoli. Torna al punto d'invio della nota

(14) Rappresentati dal presidente, ing. Antonio Musella. Torna al punto d'invio della nota

(15) Edilizia e Territorio, 11-16 giugno 2001, definisce tradizionale il ddil della Campania in quanto, pur facendo ampio ricorso alla concertazione, prevede una pianificazione regionale forte con direttrici, obiettivi e vincoli agli enti locali. Torna al punto d'invio della nota

(16) Ddil, art. 1, comma 1, lettera b). Torna al punto d'invio della nota

(17) Il ddil, in conformità del DLgs 267/2000, art. 20, comma 4, potrebbe prevedere l’attribuzione dell’approvazione del piano provinciale alla provincia. Torna al punto d'invio della nota

(18) Ddil, art. 5 - Partecipazione e trasparenza nei processi di pianificazione - comma 2 (vedi pag. 28 del presente numero). 

Ddil, art. 6 - Strumenti di cooperazione e trasparenza nella pianificazione - comma 2 (vedi pag. 28 del presente numero).

Ddil, art. 17 – Strumenti per l’informazione e il coordinamento - comma 1 (vedi pag. 30 del presente numero). Torna al punto d'invio della nota

(19) Utilissimo sarebbe, allo stesso modo, un Quadro territoriale di riferimento nazionale, che obblighi Governo e Parlamento a far saltare i compartimenti stagni radicati nelle strutture dello Stato e a coordinare preventivamente con le regioni le grandi scelte per le infrastrutture e le attrezzature nazionali. Torna al punto d'invio della nota

(20) Ddil, art. 22, comma 3. Torna al punto d'invio della nota

(21) Ddil, art. 25, comma 13. Torna al punto d'invio della nota

 

 

 

Alcune letture sulla riforma urbanistica

Barbanente A. (1996), La pianificazione di area vasta, Supplemento a Urbanistica Informazioni n.149, Dossier 3/1996 e a Urbanistica Informazioni n. 150, Dossier 6/1996, edizioni INU, Roma.

Beltrame G. (1997), Aspetti e problematiche ambientali nella pianificazione provinciale, in Urbanistica Dossier 4, supplemento al n. 153 di Urbanistica Informazioni, Roma.

CNI-CNSU (1995), Rinnovare l'ordinamento urbanistico. La proposta del Centro Nazionale di Studi Urbanistici, in “L'ingegnere italiano”, n. 258.

D'Angelo G. (1995), L'ordinamento urbanistico della Regione Campania / dottrina, legislazione, giurisprudenza, Cedam, Padova.

Edilizia e Territorio n. 33 del 30/08/1997, settimanale di informazione de “Il sole 24 Ore”, Speciale Regioni, Il Sole 24Ore.

Edilizia e Territorio n. 34 del 05/09/1998, settimanale di informazione de “Il sole 24 Ore”, Speciale Regioni, Il Sole 24Ore.

Edilizia e Territorio n. 34 del 30/08/1999, settimanale di informazione de “Il sole 24 Ore”, Speciale Regioni, Il Sole 24Ore.

Edilizia e Territorio n. 2 del 17/01/2000, settimanale di informazione de “Il sole 24 Ore”, Dossier n. 2, Il Sole 24Ore.

Fasolino I. (1997), Il disegno di legge della Regione Campania in tema di “Tutela, assetto ed uso del territorio regionale. Legge quadro o testo unico?”, Ingegneri n. 20, maggio/agosto 1997, Salerno.

Guidicini P., Brunelli W. (a cura) (1993), Quanti piani regolatori nell’area metropolitana?, FrancoAngeli, Milano.

INU (1995), Indirizzi per la nuova legge urbanistica, Bologna.

INU - sezione Piemonte - Valle d'Aosta (1996), La pianificazione di area vasta nella regione Piemonte, Torino.

INU (2000), Rapporto sullo stato della pianificazione del territorio 2000, Ministero dei lavori pubblici – Direzione generale del coordinamento territoriale, Roma.

Mantini P., Oliva F. (1996), La riforma urbanistica in Italia, Pirola, Milano.

Monti C. (1996), Alcune riflessioni sulle nuove forme del piano e sulle proposte per una nuova legge nazionale, in Mercheterritorio, Roma.

Piazzini M. (a cura) (1996), Il territorio delle Province / gestione del territorio, pianificazione, rapporti fra le istituzioni, Portonovo.

Properzi P., Seassaro L. (1996), Leggi urbanistiche regionali tra innovazione disciplinare e riforme istituzionali, in Dossier 5/1996, supplemento a Urbanistica Informazioni n. 150, Roma.

Regione Emilia-Romagna (1999), Rapporto sullo stato della pianificazione urbanistica in Emilia-Romagna, Bologna.

Regione Emilia-Romagna (2000), Laboratorio di urbanistica. Studi per la legge regionale, Bologna.

Regione Liguria - Provincia di La Spezia - Comune di La Spezia (1995), Pianificazione generale e pianificazione specialistica. Gli specialismi per un governo unitario del territorio, Atti del convegno nazionale, Lerici.

Regione Toscana / Giunta regionale (1995), Norme per il governo del territorio / legge regionale 16 gennaio 1995 n. 5, Firenze.

Rupi P.L. (1995), Urbanistica e piano strutturale. Normativa e prassi della regione Toscana, Alinea, Firenze.

Seassaro L. (1998), Stili e contenuti delle recenti leggi urbanistiche regionali, in Urbanistica Dossier 14, supplemento al n. 159 di Urbanistica Informazioni, Roma.

Seassaro L. (2000), Il governo del territorio nelle regioni, in Urbanistica Dossier 34, supplemento al n. 174 di Urbanistica Informazioni, Roma.

UPI-INU (1994), Il Piano Territoriale di Coordinamento. Conoscenze, progetto, efficacia, Atti del convegno nazionale di Tolentino, Macerata.

 

Presentazione | Referenze Autori | Scrivi alla redazione | AV News | HOME

 

 Il sito web di Area Vasta è curato da Michele Sol