Numero 3 - 2001

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La nuova legge urbanistica regionale


Marco Di Lello


La legge urbanistica regionale approda all’esame del consiglio regionale su proposta dell’assessore all’urbanistica Marco Di Lello, che qui ne presenta gli aspetti programmatici ed i contenuti strategici. Un disegno di legge che raccoglie le positive esperienze maturate da altre regioni italiane ma, al tempo stesso, cerca di recuperare gli storici ritardi accumulati in Campania in tema d’assetto del territorio, dovendosi inoltre rapportare alle rilevanti novità emerse in campo nazionale, sia sotto il profilo giuridico sia tecnico 

 

 

 

NORME SUL GOVERNO DEL TERRITORIO 

 

 

 

 

 

La Regione Campania intende colmare la lacuna dell’assenza di una disciplina coerente, articolata ed organica della materia urbanistica. 

Alcune regioni italiane, tra cui la Regione Lazio, la Regione Emilia-Romagna e la Regione Liguria, si sono recentemente dotate di una legge urbanistica, con la quale hanno riordinato e coordinato la disciplina relativa ai sistemi di governo del territorio, mediante l’introduzione di rilevanti novità sia sotto il profilo procedimentale, sia in merito alla definizione complessiva del ruolo dei singoli enti cui sono attribuite la programmazione territoriale e la pianificazione urbanistica.

L’esigenza di una profonda attività di riordino complessivo delle norme in materia urbanistica, che riveda funditus la legislazione attualmente vigente, si è presentata anche a livello statale, tant’è che sono stati approntati vari disegni di legge che allo stato risultano ancora all’esame delle Camere.

In tale contesto la Regione Campania deve necessariamente dotarsi di una legge urbanistica fondamentale di ampio respiro, con la quale non solo si persegua lo scopo di riordinare la materia, ma si introducano delle novità di rilevante spessore al fine di semplificare l’azione amministrativa in parte qua e, al contempo, di soddisfare le esigenze delle collettività locali.

I criteri informatori della nuova legge urbanistica regionale corrispondono principalmente all’esigenza di imprimere una decisiva spinta alla realizzazione di un sistema integrato, omogeneo e coerente di programmazione territoriale e di pianificazione urbanistica, che coinvolga, ai diversi livelli e nei vari momenti procedimentali, la regione, le province ed i comuni.

Più in particolare, si introducono i concetti di flessibilità, di perequazione urbanistica, di cooperazione e partecipazione nei processi di pianificazione e programmazione territoriale.

Si disciplinano i vari momenti procedimentali, in attuazione dei principi di snellezza, celerità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, si sostituisce il controllo di conformità con la verifica di compatibilità della strumentazione urbanistica sottordinata a quella sovraordinata.

Si prevede, altresì, il potenziamento di moduli alternativi per l’attuazione degli strumenti urbanistici mediante gli accordi di programma, i comparti edificatori, le società di trasformazione urbana.

Si introduce, altresì, un nuovo concetto di gestione, assetto ed utilizzazione del territorio, compatibile con le risorse ambientali e con lo sviluppo sostenibile della regione.

In tale sistema è decisivo il ruolo assegnato agli enti territoriali infraregionali, mediante il metodo della pianificazione partecipata, con la previsione di un intervento preventivo delle province e dei comuni al procedimento di programmazione sovracomunale – ovvero all’elaborazione delle linee guida di governo del territorio – da parte della regione.

I fini della riforma urbanistica regionale sono quelli di realizzare un efficiente sistema di programmazione territoriale e di pianificazione urbanistica, funzionale a garantire lo sviluppo economico, sociale e civile della collettività regionale, nel rispetto delle risorse ambientali, naturali, culturali e territoriali, mediante la promozione di un utilizzo adeguato delle stesse; di ridefinire le competenze dei vari livelli istituzionali, per il tramite della cooperazione finalizzata al raccordo funzionale tra i singoli strumenti di pianificazione, nel rispetto del principio di sussidiarietà; nonché di garantire la trasparenza, l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa, anche mediante la semplificazione dei procedimenti di pianificazione.

La nuova legge regionale, inoltre, individua gli obiettivi della programmazione territoriale e della pianificazione urbanistica, quali: la promozione dell’uso razionale e dello sviluppo ordinato del territorio, mediante il minimo consumo delle risorse territoriale e paesistico-ambientali disponibili, anche attraverso la riqualificazione dei tessuti insediativi esistenti; la garanzia dell’equilibrio ambientale e della vocazione socio-culturale del territorio e la valorizzazione delle risorse esistenti; il miglioramento della qualità della vita e della salubrità degli insediamenti urbani; l’individuazione delle linee dello sviluppo sostenibile del territorio regionale.

La natura delle disposizioni in cui si articolano gli strumenti di pianificazione è duplice: da una parte le disposizioni strutturali, con validità a tempo indeterminato, finalizzate a definire il tessuto territoriale regionale ed il suo sviluppo a lungo termine, con particolare riguardo ai valori naturali ed ambientali, alla difesa del suolo, ai rischi derivanti da calamità naturali, all’articolazione delle reti infrastrutturali di interesse regionale e ai sistemi di mobilità; dall’altra le disposizioni programmatiche, contenenti la disciplina degli interventi di trasformazione del territorio in archi temporali limitati, correlati alla programmazione finanziaria delle amministrazioni interessate.

La legge di riforma adotta il principio di leale cooperazione tra gli enti quale criterio informatore del sistema di pianificazione; gli strumenti sono il raccordo e il coordinamento tra regione ed enti locali, sia in sede di individuazione degli obiettivi della pianificazione, sia nella successiva fase di verifica della compatibilità delle scelte adottate.

In tale ottica viene rimessa alla potestà regolamentare della regione la costituzione e la disciplina di organi deputati alla raccolta, elaborazione e gestione, anche informatizzata, dei dati relativi allo stato della pianificazione del territorio regionale, in modo da consentire uno sviluppo coerente dei processi di pianificazione di competenza dei singoli enti territoriali.

È prevista l’adozione, da parte della regione, di linee guida disciplinanti l’espletamento delle funzioni pianificatorie di province e comuni, nonché di atti di coordinamento tecnico e di direttive regolanti l’esercizio delle funzioni delegate.

La partecipazione e la trasparenza nei processi di pianificazione sono assicurate da forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini, da attuarsi già nelle fasi precedenti l’adozione degli strumenti pianificatori, come avviene per il piano urbanistico comunale (Puc), per la cui predisposizione è prevista una preventiva fase di consultazione delle organizzazioni e delle associazioni rappresentative degli interessi di settore operanti a livello comunale.

La legge di riforma definisce i vari livelli di pianificazione, attribuendo potestà pianificatorie, nell’ambito di rispettiva competenza, alla regione, alle province, alla Città metropolitana di Napoli ed ai comuni, ai quali è consentita anche la pianificazione in forma associata.

Ciò nel rispetto del principio di sussidiarietà, in virtù del quale restano attribuite ai comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente demandate agli enti sovraordinati.

È significativa a tal proposito la scelta di incentivare, in linea con le previsioni del Tu n. 267 del 2000, la cooperazione dei comuni di più ridotta dimensione e di fornire loro il supporto tecnico finanziario regionale per l’espletamento delle funzioni pianificatorie.

Il contesto così delineato, tuttavia, si ispira da un lato al principio di verticalità delle funzioni pianificatorie rimesse alla regione, alle province, alla Città metropolitana di Napoli ed ai comuni; dall’altro introduce una rilevante novità, quale la flessibilità della pianificazione, che consiste nella possibilità di proporre modificazioni agli strumenti pianificatori sovraordinati da parte dei singoli enti territoriali.

Tale facoltà è realizzabile nella fase di adozione dei piani da parte degli enti interessati ed è collegata alla sopravvenienza di comprovate esigenze relative alla necessità di garantire il raggiungimento di obiettivi di sviluppo economico e sociale e di riequilibrare gli assetti territoriali ed ambientali.

Coerentemente con tale impostazione, i piani sovraordinati sono momento di orientamento ed indirizzo, il che conferisce la necessaria elasticità, garanzia di adattamento alla variabili esigenze del contesto territoriale, evitando la pianificazione che ingessa le funzioni e lo sviluppo degli enti infraregionali. In tal modo si coniugano istanze di organicità dell’indirizzo e autogoverno del territorio da parte degli enti locali.

Altra innovazione di notevole interesse, prospettata nei richiamati disegni di legge nazionale urbanistica e condivisa da autorevole dottrina, è costituita dall’introduzione del concetto di perequazione urbanistica, intesa come strumento finalizzato a distribuire equamente tra i proprietari di immobili interessati dalla trasformazione del territorio comunale, diritti edificatori ed obblighi nei confronti del comune o degli altri enti territoriali.

È rimessa alla strumentazione urbanistica comunale la ripartizione delle quote edificatorie e dei relativi obblighi ai proprietari degli immobili ricompresi nelle zone destinate alla trasformazione in comparti urbanistici, che trovano una disciplina specifica sia per quanto attiene la definizione concettuale, sia in ordine alle modalità di attuazione degli stessi. 

Alla definizione dei principi e degli obiettivi primari al cui perseguimento è ispirata l’attività di governo del territorio segue poi l’individuazione e la disciplina dei singoli strumenti di pianificazione e programmazione.

La programmazione territoriale regionale si realizza mediante il piano territoriale regionale (Ptr) ed i piani settoriali regionali (Psr), che disciplinano specifici interessi ed attività coinvolgenti l’uso del territorio e devono essere coerenti con le previsioni del Ptr.

Con il Ptr la regione determina le finalità da raggiungere nel governo del territorio, dettando previsioni di carattere strutturale e programmatico; le previsioni strutturali contengono il quadro generale degli obiettivi di programmazione; gli indirizzi per la distribuzione sul territorio degli insediamenti produttivi e commerciali, nonché degli insediamenti direzionali di competenza regionale; gli indirizzi ed i criteri per il dimensionamento dei piani territoriali ed urbanistici provinciali.

Le previsioni programmatiche indicano invece le modalità ed i tempi di attuazione delle previsioni strutturali, con le definizione degli interventi da realizzare in via prioritaria; le stime di massima delle risorse economiche da impiegare per la loro realizzazione; la tempistica di adeguamento delle previsioni dei piani provinciali alla disciplina del Ptr.

Tale strumento, in sintesi, ha una funzione di programmazione territoriale, di disciplina e di coordinamento dei livelli di pianificazione infraregionale, nell’ottica del perseguimento dello sviluppo sostenibile del territorio regionale.

Fino all’adozione del Ptr è prevista l’adozione, da parte del giunta regionale, delle linee guida della programmazione territoriale regionale, che indirizzano e coordinano l’attività degli infraregionali.

Nel procedimento di formazione del Ptr si introduce una conferenza preventiva tra la regione e le amministrazioni competenti, funzionale alla valutazione delle linee guida della programmazione territoriale in precedenza predisposte dalla giunta regionale, nonché degli eventuali contributi trasmessi dagli enti territoriali e dagli altri enti pubblici interessati.

I vari momenti procedimentali preordinati alla formazione del Ptr sono scanditi temporalmente da termini entro i quali sono esauriti i passaggi dell’istruttoria e dell’approvazione dello strumento di programmazione regionale, in modo tale da garantire snellezza, celerità e partecipazione al procedimento.

Nel rispetto dei principi di partecipazione in precedenza enunciati, è altresì prevista l’indizione di una conferenza alla quale partecipano le province, la Città metropolitana di Napoli, i comuni, gli enti locali e le organizzazioni sociali, culturali, sindacali ed ambientaliste di livello provinciale, al fine di elaborare osservazioni ed eventuali proposte di modifica allo schema di Ptr.

Anche la pianificazione territoriale provinciale si attua mediante uno strumento di carattere generale, denominato piano territoriale di coordinamento (Ptc), e dei piani settoriali disciplinanti specifici interessi ed attività coinvolgenti l’uso del territorio.

In particolare il Ptc, oltre a contenere previsioni strutturali e programmatiche, ha valore e portata di Ptc, teso a garantire la protezione della natura, dell’ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali, ai sensi dell’art. 57 del DLgs 112/1998.

In tale ipotesi, ed in ogni caso in cui ne ravvisi la necessità, la provincia indice una conferenza preliminare all’adozione del Ptc, alla quale sono invitate le amministrazioni statali interessate, la regione e tutti gli altri enti pubblici competenti, al fine di definire le opportune intese.

Nel corso del procedimento di formazione del Ptc si inseriscono ulteriori fasi procedimentali, quali: 

– nel rispetto del principio di partecipazione, l’eventuale indizione di una conferenza, alla quale sono invitati gli enti locali e le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste e sindacali di livello provinciale al fine di approfondire la valutazione del piano e di formulare proposte di modifica allo schema di Ptc;

– la verifica di compatibilità del piano adottato con il Ptr, ovvero con le linee guida della programmazione territoriale regionale, e con i Psr, che sostituisce il controllo di conformità;

– in coerenza con il principio di flessibilità, la possibilità di proporre modifiche al Ptr ovvero alle linee guida della programmazione territoriale regionale;

– l’adeguamento del Ptc alla programmazione territoriale sovraordinata, che avviene in seno ad una conferenza di servizi, a cui sono chiamati a partecipare la regione, la provincia ed i dirigenti delle strutture regionali e provinciali competenti. 

La disciplina del procedimento di formazione del Ptp garantisce, in sintesi, il contemperamento delle esigenze di partecipazione dei soggetti interessati alla pianificazione provinciale da un lato, e di celerità e concentrazione delle fasi procedimentali dall’altro; assicura coerenza ed organicità con i livelli di pianificazione sovraprovinciale.

Si è introdotta, inoltre, la verifica di compatibilità, che sostituisce il più rigido controllo di conformità, proprio al fine di garantire, nel rispetto del rapporto di gerarchia tra i piani, una maggiore flessibilità della pianificazione, passando da una concezione della funzione dei piani sottordinati come strumenti di mera esecuzione di quelli sovraordinati ad una funzione attuativa dei primi da parte di questi ultimi, diretta ad un razionale adeguamento alla realtà territoriale oggetto della pianificazione.

La legge di riforma ha disciplinato, altresì, la pianificazione urbanistica della istituenda Città metropolitana di Napoli, estendendo a quest’ultima la medesima disciplina dettata per la formazione degli strumenti urbanistici generali e rimettendo alle singole municipalità la predisposizione della pianificazione attuativa.

Per quanto attiene più specificamente al governo del territorio comunale, la legge di riforma individua, quali strumenti di pianificazione urbanistica, il Puc, i piani urbanistici attuativi (Pua) ed il Regolamento urbanistico edilizio comunale.

In particolare, il Puc è strumento urbanistico generale e contiene disposizioni di carattere strutturale che recepiscono le individuazioni delle componenti territoriali indicate dalla pianificazione regionale e provinciale e attua le prescrizioni da queste dettate, disciplinando la tutela ambientale, le trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio comunale, anche mediante disposizioni, aventi effetti diretti ed immediati sul diritto di proprietà.

Il Puc, in coerenza con le disposizioni del Ptr e del Ptc, definisce gli elementi del territorio urbano ed extraurbano, del criterio di compatibilità tra interventi di trasformazione e risorse naturali, ambientali e storico-culturali disponibili; determina i fabbisogni insediativi e le priorità relative alle opere di urbanizzazione; stabilisce la suddivisione del territorio comunale in zone omogenee, individuando le aree non suscettibili di trasformazione urbanistica; individua le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili nelle singole zone; disciplina le relazioni funzionali, strutturali e morfologiche dei sistemi della mobilità di beni e persone.

Fanno parte integrante del Puc i piani di settore riguardanti il territorio comunale, inclusi i piani riguardanti le aree naturali protette ed i piani relativi alla tutela dei beni culturali e dell’ambiente, alla difesa del suolo ed alla prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali.

Anche al procedimento di formazione del Puc si applicano i principi di pubblicità, trasparenza, flessibilità e partecipazione dei soggetti coinvolti dal processo pianificatorio, mediante la previsione di consultazioni preliminari all’adozione del piano, di conferenze tese alla verifica di compatibilità dello strumento urbanistico generale rispetto a quelli sovraordinati ed alla eventuale introduzione, in tali sedi, di modifiche a questi ultimi; il tutto scandito da termini procedimentali che definiscono le singole fasi di formazione del Puc, in linea con le istanze di efficienza e semplificazione procedurale.

La legge di riforma introduce, altresì, la possibilità per i comuni di approvare con delibera consiliare delle previsioni di carattere programmatico, con le quali si specificano le disposizioni strutturali contenute nel Puc, precisandone le modalità di attuazione nell’arco temporale di tre anni.

Le previsioni programmatiche si ispirano ai criteri di perequazione urbanistica, hanno valore ed effetti del programma pluriennale di attuazione disciplinato dall’art. 13 della legge 10/1977 e si coordinano con il bilancio pluriennale comunale e con il programma triennale per la realizzazione di opere pubbliche, di cui all’art. 14 della legge 109/1994.

Per le opere pubbliche o di interesse pubblico la deliberazione di approvazione delle previsioni programmatiche comporta la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e urgenza dei lavori ivi previsti.

Mediante le previsioni programmatiche vengono stabiliti gli interventi da attuarsi per il tramite di società di trasformazione urbana, ed individuate le aree per gli impianti di 

distribuzione carburanti, ai sensi del DLgs 32/1998.

L’attuazione delle previsioni del Puc è affidata ai Pua, che dettano la disciplina puntuale delle trasformazioni urbanistiche, in relazione a specifici e circoscritti ambiti territoriali, così come delineati dalla strumentazione urbanistica generale.

La scelta è stata quella di unificare tutti i piani attuativi in un unico strumento che, in relazione allo specifico contenuto, assume di volta in volta portata effettuale e valore di piano particolareggiato, piano di lottizzazione, piano per l’edilizia economica e popolare, piano per gli insediamenti produttivi, piano di recupero, programma integrato di intervento, ovvero di programma di recupero urbano.

La pianificazione attuativa perde, quindi, il carattere di semplice strumento di specificazione e dettaglio della strumentazione urbanistica generale per assumere la valenza di strumentazione attuativa delle previsioni di carattere sovraordinato; si passa cioè da un sistema di pianificazione di stampo dirigistico ad una pianificazione di tipo strategico, nel rispetto del rapporto di gerarchia tra i piani, caratterizzato, però, da una maggiore flessibilità, tant’è che i Pua possono comportare la modifica delle previsioni programmatiche e attuano il criterio più elastico della compatibilità, che sostituisce quello obsoleto della conformità.

I Pua sono adottati d’ufficio, su proposta dei proprietari delle aree interessate dai singoli interventi, ovvero dalle società di trasformazione urbana. Il comune può introdurre in sede di adozione del piano le modifiche necessarie o comunque ritenute opportune, ovvero può respingere le proposte di adozione avanzate dai privati.

L’adozione del Pua è stata attribuita alla giunta comunale, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 48 del DLgs 267/2000.

Peraltro, in coerenza con quanto stabilito dall’art. 24 della legge 47/1985, del resto già anticipata dalle disposizioni di cui alla Lr 14/1982, si è affidato all’amministrazione comunale l’adozione e l’approvazione degli strumenti attuativi conformi alla strumentazione urbanistica generale, eliminando il controllo di conformità da parte dell’amministrazione provinciale.

La nuova normativa regionale disciplina, inoltre, i sistemi di attuazione della pianificazione urbanistica, mediante accordi di programma, comparti edificatori e società di trasformazione urbana.

Si amplia portata e occasioni di attuazione di tale strumento, riconoscendo la possibilità di utilizzazione anche per interventi di privati diretti alla realizzazione di opere di interesse pubblico. Tale criterio, virtualmente adottato dalla normativa statale, rinviene occasione di riaffermazione esplicita nella scelta legislativa in esame.

In particolare si prevede che qualora sia necessaria un’azione integrata tra regione, province, comuni, amministrazioni dello Stato ed altri enti pubblici per la definizione e l’esecuzione di programmi di intervento di opere pubbliche o di interesse pubblico, anche d’iniziativa privata, si procede alla stipula dell’accordo di programma con le modalità previste dall’art. 34 del DLgs 267/2000.

È inoltre consentita la costituzione da parte dei comuni e della Città metropolitana di Napoli, anche con la partecipazione delle province e della regione, di società miste per la progettazione e la realizzazione di interventi finalizzati alla trasformazione urbana, ai sensi dell’art. 120 del medesimo DLgs 267/2000.

La riforma contiene inoltre una nuova disciplina dei vincoli urbanistici, finalizzata a superare la grave alternativa posta dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (da ultimo, sentenza n. 179 del 1999) alle previsioni di esproprio per pubblica utilità – quella tra un’attuazione entro il termine di cinque anni, ovvero la previsione di un indennizzo – proponendo l’abbandono della rigida contrapposizione tra zone libere e zone vincolate per dare alla proprietà immobiliare uno statuto generale compatibile con la essenziale funzione di supporto indispensabile delle opere atte a soddisfare le esigenze presenti e anche future della collettività.

Si stabilisce così che per la categoria dei beni immobili sia disposta in via ordinaria una limitazione della facoltà di trasformazione da parte del proprietario e che tale limitazione derivi proprio dalla necessità che il territorio conservi la sua idoneità a soddisfare agevolmente le esigenze future della collettività.

Il nuovo statuto della proprietà, dunque, vieta nelle zone non incluse in un piano attuativo, solo le opere che possono ritenersi in concreto di grave ostacolo ad una futura utilizzazione pubblica dell’area e di consentire per converso liberamente ogni intervento dal carattere agevolmente reversibile, in applicazione del principio secondo il quale l’interesse pubblico deve essere realizzato con il minor sacrificio di quello privato.

Il criterio distintivo della reversibilità o meno degli interventi ammessi, in relazione alla loro idoneità a compromettere la realizzazione di opere e infrastrutture di interesse generale, è stato individuato nella funzione alla quale l’opera realizzata dal privato è preordinata e dell’attività che si intende svolgere.

Le attività ammesse dalla nuova legge regionale sono, dunque, quelle di coltivazione diretta, di manutenzione ordinaria, nonché le trasformazioni soggette a semplice denuncia di inizio attività, la realizzazione di manufatti non destinati ad abitazione o soggiorno di persone ed i cambi di destinazioni d’uso, purché anch’essi non finalizzati ad abitazione o soggiorno di persone.

L’organicità della normativa di riforma non poteva tralasciare la disciplina dei poteri sostitutivi rimessi alla regione.

Da un lato, infatti, si è riconosciuto un ruolo centrale agli enti locali nell’attività di pianificazione territoriale, introducendo un sistema di controllo più elastico quale la verifica di compatibilità, dall’altro si è assegnato alla regione un potere sostitutivo nel caso in cui gli enti territoriali subregionali ritardino o omettano di compiere atti di loro competenza.

Ciò anche al fine di assicurare la rapida attuazione della legge di riforma, soprattutto in relazione agli obblighi contenuti nelle 

disposizioni transitorie e finali della legge, disciplinanti i termini entro cui gli enti locali devono dotarsi di strumenti urbanistici conformi alla nuova normativa.

La riforma, infine, prevede una disciplina in materia di repressione dell’abusivismo edilizio, che impone l’adozione di misure adeguate ad assicurare il ripristino della legalità. Si affida alla regione il compito di affiancare il comune nell’attività di vigilanza e di sostituirlo nell’esecuzione delle ordinanze di ripristino, mediante l’organizzazione di una struttura attrezzata per l’esecuzione diretta dei provvedimenti sanzionatori, che consente di abbreviare i tempi e di garantire il risultato cui la stessa attività sanzionatoria è finalizzata.

Lo sforzo compiuto, allo stato, porta alla individuazione dei criteri informatori elencati nella parte iniziale della relazione.

Resta ora agli apporti collaborativi delle amministrazioni territoriali, delle associazioni culturali e sindacali, delle autorità statali preposte alla tutela dei vincoli pesistici e storico-architettonici, cooperare per i necessari, irrinunciabili miglioramenti del contenuto e delle scelte legislative.

Si confida pienamente nell’apporto degli operatori, chiarendo in definitiva che la legge è diretta a garantire la realizzazione di un organico sistema di pianificazione territoriale, che contemperi istanze di garanzia dell’ambiente nella accezione più ampia del termine e esigenze di sviluppo socio economico, nonché di garantire, nel caso di illecita trasformazione territoriale, i rapidi ed incisivi interventi che evitino il proliferare dello scempio ambientale presente sul nostro territorio.

 

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