Numero 3 - 2001

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo sportello unico per le attività produttive


Nicola Vitolo


La velocizzazione dei processi d’insediamento delle attività produttive rappresenta il terreno sul quale le pubbliche amministrazioni sono chiamate ad operare per sostenere il rilancio delle economie locali. Lo strumento dello sportello unico e le procedure ad esso connesse sono affrontate da Nicola Vitolo, che ne descrive le potenzialità, compresa la possibile derogabilità agli strumenti urbanistici comunali, da non considerare, tuttavia, prassi ma il cui ricorso deve assumere caratteri di straordinarietà

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo sportello unico (Su) per le attività produttive è normato dal DLgs 31 marzo 1998, n. 112 - conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali - in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1977, n. 59 - capo IV: conferimenti ai comuni e Su per le attività produttive e dal Dpr 447 del 20 ottobre 1998 così come modificato dal Dpr 440 del 7 dicembre 2000.

Il menzionato DLgs 31 marzo 1998, n. 112, nell’ambito del Titolo II, dedicato allo sviluppo economico ed alle attività produttive, gli artt. 23 e 24 conferiscono ai comuni le funzioni amministrative relative alla localizzazione, realizzazione ed ampliamento di impianti produttivi, prevedendo che tali competenze siano svolte da ogni comune, anche in forma associata con altri comuni ed enti locali, mediante un’unica struttura amministrativa responsabile dell’intero procedimento amministrativo e che presso ogni struttura sia istituito uno Su in grado di garantire l’accesso degli interessati a tutte le informazioni concernenti, da un lato, le procedure autorizzatorie e, dall’altro, le attività di servizio ed assistenza alle imprese (il cui coordinamento viene contestualmente affidato alle regioni).

Il Dpr 447 del 20 ottobre 1998 - regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione concernenti gli impianti produttivi – ha, quindi, previsto che i comuni debbano provvedere alla realizzazione della struttura e dello Su ed alla nomina dell’unico responsabile dei procedimenti affidati; ha, altresì, disciplinato il nuovo procedimento amministrativo unitario da attivare per la realizzazione di nuovi impianti produttivi e per la creazione di nuove aree industriali, secondo i principi contenuti nello stesso DLgs 112/1998.

La complessità e la novità della nuova disciplina appare peraltro destinata a mettere a dura prova le capacità e le possibilità organizzative dei comuni, imponendo inoltre un radicale mutamento dei rapporti fra burocrazia e cittadini ed un nuovo clima di reale collaborazione fra uffici ed enti diversi.

Fino ad ora, infatti, per poter localizzare una nuova attività produttiva sul territorio, installare le apparecchiature ed i sistemi produttivi necessari, realizzare le opere relative ed avviare l’attività imprenditoriale, è stato necessario acquisire numerose autorizzazioni di vario tipo, di competenza di enti ed uffici pubblici diversi, secondo procedure e con tempi di definizione non coordinati fra loro. Si è così imposta la necessità, per l’aspirante imprenditore, di proporre molteplici domande, secondo modelli differenziati e con ampia duplicazione dei conseguenti adempimenti formali, imponendogli di seguire le numerose pratiche nel loro peregrinare fra uffici diversi, spesso operanti senza alcun raccordo, dovendo così fare fronte a richieste istruttorie non chiare e talvolta contraddittorie. Il risultato è stato un notevole dispendio di tempo ed economia per l’interessato, senza alcuna certezza sia circa le condizioni necessarie per poter avviare la nuova attività economica, sia circa gli effettivi responsabili di ciascun segmento dell’istruttoria, sia circa i tempi di definizione, essendo in ogni caso la tempistica condizionata dalla definizione del più lento dei vari procedimenti, spesso a sua volta necessario presupposto per poter passare ad un procedimento successivo.

L’art. 23 del DLgs 31 marzo 1998, n. 112, in particolare, attribuisce ai comuni le funzioni amministrative concernenti l’autorizzazione agli impianti produttivi, ivi incluso il rilascio della concessione edilizia, attribuendo invece alle regioni il diverso compito di coordinare e migliorare i servizi e l’assistenza per le imprese, in particolare mediante la raccolta e diffusione, anche in via telematica, delle informazioni concernenti l’insediamento e lo svolgimento delle attività produttive nel territorio regionale, con particolare riferimento alle normative applicabili, agli strumenti agevolativi e agli strumenti di incentivazione attivabili; anche tali attività promozionali e di assistenza dovranno peraltro essere veicolate ai potenziali interessati, prioritariamente, attraverso gli Su per le unità produttive dei comuni.

L’art. 24 individua i principi organizzativi per l’esercizio delle funzioni amministrative attribuite ai comuni in materia di insediamenti produttivi, mediante l’affidamento della responsabilità dell’intero procedimento ad un’unica struttura, presso la quale è istituito lo Su.

L’art. 25 pone i principi generali secondo i quali dovrà svolgersi il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all’insediamento di attività produttive, concernenti i profili urbanistici, sanitari, di tutela ambientale e di sicurezza. Prevedendo anche la possibilità di ricorso ad autocertificazioni ed a dichiarazioni asseverate per poter procedere, decorso il termine previsto ed indipendentemente dalla adozione di provvedimenti amministrativi, alla realizzazione di un impianto produttivo.

L’art. 26 disciplina l’individuazione e la realizzazione di aree industriali e di aree ecologicamente attrezzate, dotate delle necessarie infrastrutture.

L’art. 27, infine, individua gli impianti comportanti particolari rischi per la sicurezza, la salute e l’ambiente e per i quali è pertanto escluso il ricorso all’autocertificazione. Inoltre, è in ogni caso fatta salva la necessità di acquisire le concessioni edilizie e le valutazioni favorevoli di compatibilità e di impatto ambientale, ove necessarie.

Il regolamento sullo Su dà attuazione ai principi e criteri procedimentali ed organizzativi previsti dal DLgs 112/1998, così come espressamente previsto dall’art. 25, comma 2, limitandosi quindi ad articolare e precisare previsioni già inserite in un atto avente rango primario.

Per ciascuno degli impianti in esame, dovrà essere presentata un’unica domanda alla struttura unica istituita presso ciascun comune o associazione di comuni, ai fini della valutazione dei singoli profili di interesse pubblico e della loro conseguente eventuale autorizzazione.

Come già accennato, il nuovo procedimento presso lo Su non abroga gli attuali procedimenti autorizzatori concernenti i diversi profili di tutela e sicurezza della collettività, limitandosi, invece, a coordinarli, inserendo i diversi momenti autorizzativi nel nuovo procedimento gestito presso lo Su.

Si tratta di un sistema a stella che vede al centro il responsabile della struttura (ovvero il responsabile del singolo procedimento nell’ambito della struttura), che riceve la domanda unica dell’interessato e che valuta i profili attribuiti alla sua competenza, trasmettendo la stessa domanda agli altri uffici competenti per profili diversi, appartenenti al comune o ad altri enti territoriali, al fine di acquisirne l’avviso e poter così comunicare all’interessato l’esito conclusivo del procedimento avviato sulla propria domanda.

Appare però evidentemente preferibile che ciascun momento organizzativo chiamato a partecipare alla procedura espleti i propri compiti assicurando la massima collaborazione ed operando nei tempi tecnici strettamente necessari, che potranno essere notevolmente inferiori a quelli massimi previsti, grazie alle moderne tecnologie di acquisizione e scambio elettronico delle informazioni, ma prima ancora grazie all’intelligenza e al buon senso degli operatori (ad esempio in attesa di e-mail e videoconferenza, non sarebbe male conoscere i colleghi dell’ufficio a fianco, concertare periodicamente le attività di rispettivo interesse e attivare piccole sinergie quotidiane volte a facilitare il procedere delle pratiche). Al riguardo, sotto un profilo più strettamente giuridico, si evidenzia che resta certamente consentita la previsione, con l’accordo dei soggetti competenti, di termini più brevi (purché congrui) rispetto a quelli fissati dal regolamento.

Peraltro, il profilo organizzativo disegnato dalla riforma è più complesso di quanto possa apparire a prima vista, prevedendo la contestuale attivazione:

- di una struttura unica, gestita dal comune in forma singola o associata e preposta alla gestione del nuovo procedimento autorizzatorio;

- di uno Su, la cui gestione può anche essere affidata in concessione, volto a consentire il dialogo fra amministrazione e cittadini nella materia in esame;

- di un archivio informatico che, attraverso lo Su, deve garantire a tutti gli interessati l’accesso in tempo reale ai dati, di diversa provenienza, concernenti sia i procedimenti amministrativi autorizzativi, sia le attività promozionali disponibili.

Appare, quindi, opportuno soffermarci sulle modifiche introdotte dal Dpr 440/2000 che hanno una triplice funzione: sono rivolte in primo luogo a chiarire dubbi interpretativi originari, servono ad introdurre correttivi di natura tecnica nella gestione della pratica ed infine si propongono di rafforzare l'unicità della struttura e del conseguente procedimento.

Esse possono essere così riassunte:

- chiarificazione dell'ambito di applicazione della normativa sullo sportello imprese, con parificazione dell'attività di produzione di beni con quella di produzione di servizi;

- previsione esplicita dell'istanza unica, che consente di sciogliere i dubbi sull'imposta di bollo;

- disposizione altrettanto esplicita che obbliga a presentare la domanda soltanto allo sportello e conseguente obbligo di trasmettere, da parte delle altre amministrazioni, entro 5 giorni, eventuali domande ad esse presentate;

- divieto per le amministrazioni pubbliche coinvolte, di rilasciare autorizzazioni, nulla-osta, pareri o atti di consenso in modo autonomo ed in ogni caso operatività degli stessi esclusivamente all'interno del procedimento unico;

- previsione che sia il responsabile del procedimento e non il sindaco a convocare la conferenza di servizi; la competenza del sindaco resta solo nel caso di individuazione delle aree industriali ecologicamente attrezzate;

- riduzione dei tempi procedimentali per l'emanazione del provvedimento unico;

- obbligo per la struttura di provvedere alla riscossione di spese e diritti istruttori precedentemente esatti dalle amministrazioni coinvolte;

- facoltà di non riversare tali spese e diritti nel caso in cui le amministrazioni che hanno svolto attività istruttoria non abbiano risposto nei termini previsti;

- possibilità di avvalersi, nell'istruttoria tecnica delle pratiche, di strutture pubbliche qualificate con requisiti di indipendenza, competenza ed adeguatezza tecnica;

- possibilità di istituire, da parte del comune ed in relazione all'attività propria della struttura, autonomi diritti di istruttoria con limite di spesa complessiva per l'interessato.

Dall'esame delle novità sopradescritte si nota chiaramente come gran parte delle disposizioni sono finalizzate a rafforzare il ruolo della struttura, l'unicità ed esclusività del procedimento, i poteri del responsabile dello sportello.

Le nuove formulazioni sgombrano il campo anche da dubbi interpretativi precedenti circa la validità e la preminenza di leggi che assegnano ad altre amministrazioni pubbliche atti (prima autorizzativi, ora istruttori) e tempi procedimentali diversi rispetto a quelli del Dpr 440/2000; potremo dire infatti che è la normativa dello Su a porsi come lex specialis ogni qual volta sia rispettato l'ambito di applicazione descritto dall'art. 1, comma 1 bis e ciò appare ancor più vincolante con l'art. 27 bis del DLgs 112/1998 aggiunto dalla legge 340/2000.

 

 Figura 1 - Procedimento semplificato

  • A: tempi in giorni della fase singola

  • B: tempi cumulati in giorni comprensivi anche delle fasi precedenti

 

 Figura 2 - Conferenza dei servizi: fase con pubbliche amministrazioni dissenzienti

 

 Figura 3 - Conferenza dei servizi

 

Un ragionamento a parte merita la variante urbanistica ex art. 5 Dpr 447/1998.

Il processo di integrazione dei mercati e dei prodotti, ovvero il processo di globalizzazione dell'economia, tenderà a premiare maggiormente - in termini di investimenti e di qualificazione del territorio - le realtà locali più evolute e competitive, in quanto solo queste ultime saranno in grado di attrarre maggiori risorse pubbliche e private e potranno, conseguentemente, generare ricchezza e creare sviluppo.

I confini nazionali ed amministrativi avranno un peso molto relativo in quanto è il territorio in sé, per le sue caratteristiche socio-economiche, che si troverà esposto direttamente ad affrontare la sfida dello sviluppo.

Lo sviluppo economico-sociale del territorio non è più, pertanto, la risultante esclusiva di strategie di politica economica a livello nazionale. Le istituzioni, le forze economiche, sociali e culturali presenti in ciascun territorio, per poterlo pienamente valorizzare, devono diventare soggetti attivi di sviluppo. In questa fase, è pertanto delicata la responsabilità che incombe sull'apparato amministrativo locale, se si considera che proprio le diseconomie esterne provocate dall'agire della pubblica amministrazione sono una delle cause principali di fuga degli investimenti.

Il legislatore statale ha preso atto della nuova realtà con la quale gli enti locali devono confrontarsi in materia di sviluppo ed ha attribuito ai comuni, con il DLgs 112/1998, le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi.

Tali funzioni sono esercitate da ogni comune mediante l'istituzione e l'attivazione dello Su disciplinato dal Dpr 447/1998, come modificato dal Dpr 440/2000. All'interno della normativa sullo Su si colloca il procedimento semplificato di cui all'art. 5 del citato Dpr, in materia di approvazione dei progetti comportanti la variazione di strumenti urbanistici.

Il predetto procedimento semplificato è finalizzato all'avvio di una procedura di variante agli strumenti urbanistici con lo scopo ultimo di rendere concretamente realizzabili singole iniziative imprenditoriali, nell'acquisita consapevolezza che la promozione dello sviluppo economico del territorio è un valore da tutelare anche con gli strumenti della pianificazione urbanistica.

Le varianti ai piani regolatori possono essere distinte in varie tipologie, sulla base della loro funzione ed estensione, come ha avuto modo di chiarire anche la giurisprudenza amministrativa. Possiamo distinguere tra varianti generali e varianti specifiche o speciali; talvolta si è parlato anche di variante normativa.

Le recenti legislazioni regionali tendono inoltre ad introdurre suddivisioni che tengono conto del livello di competenza degli enti coinvolti nell'approvazione delle varianti (si parla di variante strutturale, formale, ecc.).

Tornando alle tipologie principali, le varianti generali consistono, come è noto, in una nuova disciplina generale dell'assetto del territorio al fine di aggiornare e rivedere, periodicamente, il piano regolatore generale che ha, per sua natura, una durata indeterminata.

La variante a cui allude l'art. 5 della disciplina sullo Su non può essere evidentemente ritenuta come generale in quanto è occasionata da esigenze connesse ad un singolo progetto edilizio e riguarda un singolo impianto.

La variante ex Su può essere definita quindi quale variante specifica e puntuale; è, inoltre, anche straordinaria, in ragione del particolare iter procedimentale semplificato di cui gode rispetto al regime ordinario di approvazione delle varianti.

È bene chiarire che le peculiarità della variante ex Su sono riconducibili, nel disegno del legislatore, non all'esigenza di soddisfare l'interesse privato di chi presenta un progetto edilizio, ma a quella di soddisfare l'interesse pubblico allo sviluppo economico connesso ad un dato progetto edilizio di un imprenditore, nel rispetto di un assetto ordinato del territorio.

Per le caratteristiche procedurali sopra accennate (variante originata da esigenze del singolo imprenditore e regime procedurale semplificato) la variante ex Su incontra talune opposizioni, di chi cioè sostiene che il governo del territorio debba essere improntato sempre a scelte di carattere generale e programmatorio.

Con il nuovo strumento, invece, potrebbe esservi il rischio che l'assetto edilizio-urbanistico del territorio venga ad essere rimesso alle scelte dei privati in quanto, in luogo del piano regolatore generale (Prg) e delle varianti generali, prenderebbero sempre più spazio varianti specifiche, puntuali e straordinarie. In altre parole, l'assetto del territorio potrebbe essere determinato dal business plan dell'impresa e, quindi, dalla sommatoria di singoli progetti edilizi e non più dalla pianificazione generale.

La scelta estremistica di non far uso del nuovo strumento per i rischi ad esso connessi è, comunque, a mio avviso, eccessiva, in quanto potrebbe essere fonte di pregiudizio alla prosperità della comunità locale. Alla base di questa sfiducia verso il nuovo istituto si nasconde la convinzione, non fondata nelle norme, come avremo modo di vedere, che il procedimento di variante ex Su intacchi le competenze sostanziali dei soggetti istituzionali preposti al governo del territorio ed estrometta i privati o la collettività dalla partecipazione al procedimento di pianificazione.

In realtà, i soggetti preposti in via ordinaria alla adozione ed all'approvazione delle varianti urbanistiche ovvero il consiglio comunale, la provincia delegata e la regione (visto di conformità Lr 14/1982), sono sempre presenti anche nel procedimento ex Su. Lo stesso dicasi per i privati cittadini e le associazioni che possono partecipare al procedimento di variante, sia nell'ambito della conferenza di servizi, che successivamente, presentando osservazioni sulla variante adottata.

Va comunque anche evitato, per converso, un utilizzo irragionevole di tale strumento, in quanto anche questo potrebbe pregiudicare lo sviluppo economico che è comunque correlato ad un uso ordinato del territorio. In parole semplici, la variante ex Su è solamente un procedimento neutro, tenendo conto dei profili sopra esposti, alla stessa stregua di qualsivoglia procedura di variazione degli strumenti urbanistici.

La variante ex sportello deve essere interpretata esclusivamente come una opportunità per accelerare lo sviluppo economico del territorio, purché venga applicata in modo equilibrato e funzionale all'interesse pubblico.

Trovare il giusto equilibrio tra le esigenze dello sviluppo, connesse ad un progetto imprenditoriale di un privato, e il rispetto del territorio è quindi la sfida che deve essere, inevitabilmente, affrontata da parte dell'apparato burocratico e da parte degli organi politici.

 

Procedura tipo di variante ex art. 5 Dpr 447/1998

1. Un imprenditore presenta alla struttura dello Su un progetto per la realizzazione, ad esempio, di un nuovo impianto di produzione di servizi.

Il progetto senza dubbio, in ragione del suo oggetto, rientra nel campo di applicazione del regolamento nazionale sullo Su in quanto è ormai pacifico l'assunto secondo cui le attività economiche promotrici di sviluppo non sono più oggi solo quelle manifatturiere ma anche quelle commerciali e di servizi. L'art. 1 bis del Dpr 20 ottobre 1998, n. 447, modificato con il Dpr 440/2000, stabilisce infatti, che "rientrano tra gli impianti di cui al comma 1 quelli relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi, ivi incluse le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche ed alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di telecomunicazioni".

2. Viene, quindi, verificata la compatibilità urbanistica del progetto presentato.

Occorre sottolineare che la normativa urbanistica tipica è costituita dal Prg. La procedura di variante ex Su può essere avviata - aderendo alle finalità acceleratorie della normativa dello Su - in quanto vi è un interesse pubblico correlato all'esigenza di non ritardare la realizzazione di un assetto. Il progetto si presenta in contrasto con lo strumento urbanistico vigente.

3. Ai sensi di quanto previsto dal primo comma dell'art. 5 del citato Dpr la domanda dell'imprenditore viene rigettata per l'anzidetto contrasto con la normativa urbanistica approvata. Il progetto in questione risulta, infatti, non realizzabile in quanto non sono individuabili aree destinate all'insediamento richiesto.

4. Gli uffici comunali hanno, poi, verificato la sussistenza dei requisiti legittimanti una motivata indizione della conferenza di servizi. L'istruttoria ha dovuto, quindi, riguardare innanzitutto l'accertamento di uno dei due presupposti, tra loro alternativi - inesistenza oppure insufficienza di aree destinate all'insediamento - in presenza dei quali è legittimo procedere all'indizione della conferenza di servizi. Sussiste nel caso di specie il requisito di insufficienza di aree in quanto non vi era area sufficiente, sotto il profilo quantitativo, alla realizzazione dell'impianto, trattandosi di struttura estremamente ampia in termini di superficie. L'insufficienza è di natura quantitativa e non è tale da generare dubbi interpretativi. In conclusione, la pratica oggetto di istruttoria, non presenta elementi dirompenti rispetto alla normativa statale sullo Su e alla strumentazione urbanistica comunale.

5. L'istruttoria ha poi riguardato le verifiche in ordine alla compatibilità del progetto con le norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro. Gli uffici comunali e le altre pubbliche amministrazioni aventi competenza in materia hanno attestato tale conformità, mediante il rilascio di appositi pareri favorevoli.

6. Prima di procedere oltre, appare opportuno rendere noti gli aspetti organizzativi pertinenti alla conduzione dell'istruttoria, sopra illustrata, propedeutica alla eventuale indizione della conferenza di servizi. Sul piano interno, è stata assunta una precisa misura organizzativa idonea a semplificare l'attività istruttoria. Nell'ambito del regolamento comunale di disciplina dell'attività dello Su dovrebbe essere istituito un gruppo di coordinamento composto dai dirigenti comunali che nei vari procedimenti da sportello hanno competenza ad esprimere pareri, valutazioni o a rilasciare autorizzazioni; tale gruppo di coordinamento, ove occorra, viene allargato alla partecipazione dei responsabili degli enti esterni competenti in materia. I rapporti tra comune procedente e le altre pubbliche amministrazioni devono essere disciplinati in appositi accordi di programma.

In ragione delle misure organizzative sopra individuate, il responsabile dello Su convoca il gruppo di coordinamento in un'apposita riunione nell'ambito della quale si procede alla verifica circa la sussistenza di tutti i requisiti propedeutici. È stato, quindi, redatto un verbale ove vengono riportati tutti i pareri rilasciati dai dirigenti comunali e dalle altre pubbliche amministrazioni competenti nelle rispettive materie.

7. Terminata l'istruttoria propedeutica con esito positivo, il responsabile del procedimento valuta la motivazione che può supportare l'indizione della conferenza di servizi.

L'interesse imprenditoriale deve coincidere, quindi, con l'interesse pubblico in materia di sviluppo ed in materia di uso del territorio. Il mero interesse imprenditoriale non può ex sé legittimare l'avvio del procedimento di proposta di variante.

8. L'indizione della conferenza si è estrinsecata mediante comunicazione formale di convocazione:

- la comunicazione è stata rivolta a tutti i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni aventi competenze in materia;

- la comunicazione recava con precisione l'argomento oggetto di discussione;

- è stata allegata tutta la documentazione informativa necessaria ad agevolare l'assunzione della decisione;

- è stato assegnato alle parti convocate un termine congruo di gg. 30 per l'esame delle pratiche.

È stato inoltre emanato un pubblico avviso (affisso nell'albo pretorio e nei pubblici spazi del territorio comunale) per consentire la partecipazione alla conferenza, anche mediante la presentazione di memorie scritte, a tutti i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi ovvero portatori di interesse diffusi costituiti in associazione.

9. Nel giorno prefissato si riuniscono in conferenza i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni invitate, i quali esprimeranno (possibilmente, se la istanza sarà corredata di tutti i pareri, gli atti e gli elaborati necessari), in un'unica seduta, i pareri e le autorizzazioni richieste dalla legge. Viene, quindi, redatto un verbale, approvato e sottoscritto da tutti i partecipanti della seduta, recante la ricognizione dei soggetti partecipanti e legittimati ad intervenire, gli estremi della documentazione consegnata dalle pubbliche amministrazioni nel corso della riunione, le modalità di svolgimento della discussione e l'esito della stessa. Pertanto, l'esito della conferenza si conclude con la proposta di variante al consiglio comunale. Successivamente la pratica verrà trasmessa all'ufficio competente in via ordinaria alla pubblicazione delle varianti adottate per la cura degli adempimenti conseguenti.

 

 

 

 

Il presente articolo è stato redatto con il contributo involontario di A. M. Mariconi e di S. Languenti.

 

 

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