Numero 12/13 - 2006

 

La riqualificazione urbana  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'analisi PlaceMaker dei centri storici


Marichela Sepe


 

Le ricostruzioni post-sismiche tendono a focalizzare l'attenzione eminentemente su aspetti tecnico-costruttivi, tralasciando di indagare l'identità dei luoghi, descritti attraverso metodologie di analisi e restituzioni cartografiche di tipo tradizionale. Marichela Sepe illustra una ricerca condotta utilizzando il metodo PlaceMaker sui centri storici di Sant'Angelo dei Lombardi e Kitano-Cho, che si propone di focalizzare l'attenzione su innovative forme di lettura e di rappresentazione delle identità urbane contemporanee e delle loro evoluzioni

 

 

La perdita di identità dei luoghi rappresenta un’importante componente culturale del rischio ambientale. Le catastrofi naturali sono in grado di trasformare i luoghi con tempi di devastazione inversamente proporzionali a quelli necessari per la ricostruzione, stravolgendo valori e identità, modificando rapidamente movimenti di persone, di cose e di pensiero. Interventi effettuati tenendo in minima o in nessuna considerazione la ricostruzione dell’identità di un luogo possono provocare nei centri colpiti dai sismi danni ben più gravi dei terremoti stessi: città duplicate, tessuti urbani cancellati, centri ed edifici storici distrutti o resi irriconoscibili. Riconoscere il valore del luogo in quanto componente fondamentale dell’identità di una città costituisce nel suo processo di ricostruzione elemento progettuale di riferimento sia per ciò che concerne i desideri della collettività sia per ciò che riguarda la tutela dell’immagine urbana (Bauman, 2003; Carter, Donald, Squires, 1993; Castells, 1997; Christensen, 1999; Mazzoleni, Sepe, 2004).

Nonostante ciò, la maggior parte degli studi e dei manuali prodotti in relazione ai terremoti e alle ricostruzioni post-sisma tendono a focalizzare l’attenzione soprattutto sui dati tecnici del sisma, spesso non approfondendo gli aspetti relativi all’identità dei luoghi, probabilmente per la concreta difficoltà a riportare risultati oggettivi.

Partendo da tali premesse, scopo di questo lavoro, elaborato nel contesto di una ricerca più ampia nell’ambito di una Convenzione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche e il Dipartimento di Progettazione Urbana dell’Università di Napoli Federico II, è quello di proporre il metodo di analisi PlaceMaker e i risultati di alcune sperimentazioni significative effettuate in due centri storici gravemente danneggiati dal terremoto, con l’obiettivo di dimostrare le potenzialità del metodo proposto. Il territorio così come ci appare oggi offre una notevole difficoltà di lettura e rappresentazione attraverso metodologie di analisi e restituzione cartografica di tipo tradizionale. Al fine di studiare la transitorietà e la complessità del territorio contemporaneo e consentirne una progettazione consapevole, nuovi approcci metodologici e strumenti di supporto sono allo stato in corso di elaborazione e sperimentazione. Le metodologie di analisi che possono essere individuate, relative ad un approccio nei confronti della lettura dei luoghi virtuale (Mitchell, 1996), laterale (Boeri, 2003), nomade (Careri, 2002), multiscala (MVRDV, 2002), configurazionale (Hillier, 2004), complesso-sensibile (Sepe, 2004) hanno lo scopo di focalizzare l’attenzione sul percorso che identifica il modo di leggere e rappresentare oggi l’identità urbana contemporanea e le sue trasformazioni. L’individuazione dell’identità di un sito all’interno di un territorio consente una lettura complessa di un luogo e, allo stesso tempo, del suo significato e valore ai fini della tutela e salvaguardia, da una parte, e della progettazione e/o ricostruzione, dall’altra. Le sperimentazioni del metodo PlaceMaker illustrate nell’articolo hanno consentito di comprendere l’attuale complessa identità di questi luoghi dopo la ricostruzione, quanto la memoria del terremoto ha influito nella loro conformazione e riconoscibilità e in che modo sia possibile contribuire al processo di ricostruzione di un’identità sostenibile (Nijkamp, Perrels, 1994).

 

 

Il metodo PlaceMaker

 

La metodologia di analisi PlaceMaker è costituita da cinque fasi ed una fase preliminare definita fase 0 (Tabella 1).

Tabella 1

 

La fase 0 consiste nella costruzione della griglia per l’insieme di operazioni che si andranno a effettuare di seguito. La prima operazione è creare delle banche dati ad hoc per accogliere dati di differente natura desunti da: l’analisi preliminare (schizzi, poesie, collage, ecc.); i rilievi nominale (parole scritte), grafico (segni e disegni), percettivo (parole, segni grafici, simboli), fotografico (immagini fisse), video (immagini in movimento); l’analisi con l’utilizzo di planimetrie di tipo tradizionale (segni grafici); il questionario ai visitatori del luogo (parole, immagini, ecc.). Si stabiliscono altresì le categorie di elementi da analizzare e i criteri di misurazione e si decidono, nell’arco di periodo scelto quale riferimento per lo studio delle trasformazioni urbane, i giorni e le fasce orarie più significativi per operare i sopralluoghi e i relativi rilievi.

La prima fase consiste nell’analisi delle aspettative. Questa fase dell’analisi, da attuarsi precedentemente al primo sopralluogo, ha lo scopo di operare una prima indagine relativa al luogo; scelta preliminarmente la città e la parte e/o parti di essa che si intendono analizzare, si traccia con lo strumento o mezzo di espressione che si preferisce l’idea che si ha di quella determinata area, attraverso le notizie che si hanno a disposizione antecedentemente al primo sopralluogo. Tali notizie possono essere di diverso tipo e il prodotto di questa fase dovrà essere una carta-mosaico delle diverse idee del luogo emerse.

La seconda fase è quella dei cinque rilievi; il primo rilievo, quello nominale, consiste nella raccolta dei dati riguardanti gli elementi costruiti (presenza di monumenti, edifici, ecc.), gli elementi naturali (presenza di verde urbano, alberi, animali, ecc.), i mezzi di trasporto (presenza o passaggio di macchine, pullman, ecc.), le persone (presenza di turisti, residenti, ecc.) segnalandone la localizzazione, la tipologia e la quantità espressa in percentuale lieve, media o notevole. Alla Scheda nominale è affiancata la Scheda conoscitiva che costituisce un tipo di banca dati flessibile, la quale prevede la possibilità di inserimento di elementi non decisi preventivamente, ma desunti dall’analisi in loco.

Il secondo rilievo è quello percettivo nel quale si effettua una rilevazione delle sensazioni olfattive, acustiche, gustative, tattili e visive, e della percezione complessiva, ponendo l’attenzione sulla localizzazione, la tipologia, la quantità (dato presente in percentuale lieve, media, notevole) e la qualità (sensazione percepita in modo ininfluente, gradevole, sorprendente, fastidiosa). Per la rilevazione della quantità e qualità dei dati, le tre alternative rispetto alla percentuale di presenza e alla sensazione provocata hanno lo scopo di sintetizzare la elaborazione dei dati che in fase di raccolta può comunque essere attuata in maniera più estesa.

Si passa quindi a operare il rilievo grafico che consiste nello schizzo dei luoghi; gli schizzi rappresenteranno l’area in oggetto secondo un’ottica visuale-percettiva e saranno supportati da eventuali annotazioni scritte. Tale operazione costituisce un primo studio per la costruzione dei simboli grafici della mappa complessa.

Si effettuano ancora il rilievo fotografico e il rilievo video dell’intera area-studio, prestando attenzione a registrare lo stato dei fatti più che l’interpretazione dei luoghi.

Il prodotto dei cinque rilievi ha come obiettivo l’elaborazione di una carta di unione con la visualizzazione dei risultati ottenuti dai differenti rilievi.

La terza fase è costituita dallo studio dell’area attraverso l’utilizzo delle carte tradizionali (rilievo ortofotogrammetrico, tipologico, ecc.). La tipologia di cartografie utilizzate dipende dalla natura del luogo da analizzare e lo studio viene eseguito alla scala urbana, per comprendere le relazioni tra gli elementi presenti al suo interno, e alla scala territoriale, per comprendere l’area in rapporto al territorio circostante. Il prodotto della fase è costituito da un’unica carta dove sono indicati gli elementi di relazione esterna e interna al sito in oggetto.

La quarta fase è quella del questionario da porre ai visitatori dell’area con lo scopo di tracciare un’idea del luogo percepita da chi non è coinvolto nello studio e non è un professionista del settore, ma percepisce i siti solo da utente, a diversi livelli: l’abitante, il passante, il turista. Il questionario è costituito di norma, oltre che da una breve richiesta di dati personali (età, tipologia di professione, utenza abituale o di passaggio del sito, ecc.), da domande riguardanti soprattutto la percezione globale del luogo, poste sulla base di immagini storiche e attuali dell’area in oggetto e/o nel corso di un sopralluogo. Le informazioni dedotte dal questionario saranno anch’esse trasferite su una mappa che, come le precedenti, costituirà la base per la costruzione della mappa complessa. Gli intervistati non sono informati prima dell’inchiesta del motivo specifico per il quale vengono fatte questo tipo di domande, viene solo spiegato che si tratta di una ricerca scientifica mirata allo studio delle caratteristiche culturali di quel determinato luogo, per far sì che le risposte non siano date in modo guidato.

La quinta fase è quella della rielaborazione delle informazioni collezionate. In questa fase va fatto un controllo dei diversi tipi di dati raccolti, delle carte elaborate, e una scelta degli elementi utili ai fini della costruzione della mappa finale. I dati individuati nelle quattro fasi costituiscono la base per la costruzione di un unico sistema grafico di simboli per la rappresentazione degli elementi identificativi del paesaggio urbano e l’elaborazione della mappa complessa (Sepe, 2006).

 

 

Le sperimentazioni

 

Il metodo PlaceMaker è stato concepito nel 2001 ed è stato continuamente aggiornato nel corso delle sperimentazioni iniziate nel 2002, che hanno visto quali casi-studio aree urbane europee e oltreoceano. I principali utenti ai quali è rivolto il metodo e le mappe complesse sono: amministratori, urbanisti e progettisti urbani, cittadini, utenti dei luoghi.

Per quello che concerne gli amministratori e i tecnici di settore, la mappa complessa consente di capire nel processo pianificatorio quali potenzialità e problemi possiede un luogo, la sua vocazione, come è percepito da chi lo usa e lo vive. La mappa può anche essere utilizzata con scopi specifici per ridisegnare l’identità e l’immagine di un luogo rispetto ad una domanda iniziale (ad esempio l’identità storica, quella commerciale, ecc.), oppure per comprendere la compatibilità di un’attività rispetto alla sua identità o ancora nel caso in cui si vogliano recuperare attività esistenti per capire se un dato intervento è ancora in linea con le esigenze attuali. La mappa consente di ottenere sia dati analitici relativi al luogo sia dati utili ad un intervento progettuale. A riguardo, i dati contenuti nella mappa possono essere utilizzati per costruire indici attivi e parametri di riferimento per studiare la sostenibilità dell’identità, le soglie del benessere o dell’inquinamento o comunque riferimenti utili in relazione alla sostenibilità del progetto. Per i cittadini la mappa complessa è utile per capire più approfonditamente l’identità della propria città, per sentirsene parte in maniera più forte, e quindi per tutelarla, salvaguardarla o farsi parte attiva per proporre miglioramenti alle amministrazioni o parteciparne alla progettazione. Per i turisti può rappresentare un tipo di mappa che guida ad una conoscenza della città che non si ferma alla sola individuazione dei monumenti più importanti, ma che coglie la complessità dell’identità di un luogo costituita da elementi tangibili e intangibili, permanenti e transitori.

A titolo esemplificativo si riporta di seguito una sintesi dei risultati delle sperimentazioni svolte in due aree interessate da ricostruzione post-sisma e le due relative mappe. Tali sperimentazioni hanno riguardato il centro storico di Sant’Angelo dei Lombardi in Irpinia, Sud Italia svolta nell’ambito del Progetto dimostratore Irpinia del Centro regionale di competenza AMRA, e di Kobe (chiamato Kitano-Cho) in Sud Giappone.

I centri storici di Sant’Angelo dei Lombardi e Kobe sono stati distrutti rispettivamente nel 1980 e nel 1995 da un evento sismico di magnitudo pari a 6,9 e 7,3 della scala Richter, provocando milioni di vittime, danni materiali incalcolabili e forti segni all’identità dei luoghi e nella memoria delle persone (Bernard, Zollo, 1989).

Si è inteso con questi esempi sperimentare il metodo in due contesti volutamente molto differenti per cultura e tradizione delle popolazioni, ma paragonabili in merito all’evento sismico e per quanto attiene al loro carattere di luogo storico, all’orografia del sito, alla tipologia di ricostruzione fondata sul come era-dove era e ad alcune percezioni descritte in seguito.

 

Le mappe complesse di Sant’Angelo dei Lombardi e Kitano-Cho

 

La mappa complessa elaborata per il caso studio di Sant’Angelo dei Lombardi (Figura 1) rende leggibile come il Centro Storico stabilisca un forte dialogo con il resto della città, anche se di fatto non esiste una continuità architettonica. L’impianto è concentrico, a inviluppo, tutte le strade si rincontrano e si ricollegano; il tipico impianto dei paesi-presepe non ha subito, nella ricostruzione, forti lesioni o sgranature (Sepe, 2005).

Figura 1 - Sant'Angelo dei Lombardi, mappa complessa

 

 

Gli edifici sono prevalentemente in cemento armato, alti non più di due piani e con tetto a falda; i portoni e le finestre sono rifinite in pietra, non si osservano decorazioni. Le tinteggiature delle facciate sono di colori pastello. Le pendenze delle strade sono lievi, il percorso a piedi non è faticoso. Lo stato di manutenzione o il periodo di ricostruzione dei fabbricati è piuttosto recente.

L’arredo urbano è molto curato soprattutto in Piazza De Sanctis e la pavimentazione cambia la dimensione delle lastre e dei cubetti di porfido, il verso dell’orditura e il materiale per differenziare i percorsi delle strade.

Piazza De Sanctis e Piazza Umberto I sono i potenziali luoghi di socializzazione. Piazza De Sanctis è la piazza principale del paese, ma attualmente poco vissuta; è divisa in due parti, le quali entrambe sembrano costituire una sorta di vuoto nonostante la fontana potrebbe fungere da catalizzatore. Piazza Umberto I presenta al centro una sorta di doppio vuoto molto suggestivo: un doppio muro basso attrezzato con sedili e fioriere in pietra dove al centro si osservano i resti cementificati di pietre di costruzioni distrutte; dietro il muro vi è, a quota più bassa, uno spazio vuoto con un parcheggio per le auto da dove si ha una percezione visiva del paesaggio molto forte e ravvicinata (vedi nella mappa simboli relativi al luogo di doppio limite).

La Piazza Umberto I conduce in molti luoghi (vedi nella mappa simbolo relativo al luogo multiplo), sembra il reale fulcro, uno dei luoghi simbolici di Sant’Angelo, anche se non a pieno valorizzato.

Il Castello e la cattedrale sono tra i monumenti di maggiore rilievo storico; in particolare, il Castello si vede da quasi tutti i punti del paese. Non vi sono trasporti cittadini pubblici urbani, solo extra urbani. Mancano gli spazi di aggregazione, vi sono pochissimi ristoranti e luoghi per giovani, il paese sembra poco vissuto; non ci sono negozi, tranne uno di artigianato di presepi presente sulle rampe di Piazza De Sanctis. Non si osservano inoltre luoghi per turisti, nonostante alcune insegne indicano un itinerario storico.

Dalla lettura della mappa e dei suoi simboli si può rilevare che gli elementi della globalizzazione presenti sono pochi, riscontrabili solo nelle antenne paraboliche e nel traliccio con i ricevitori; non sono presenti i tipici luoghi della città contemporanea quali gli internet cafè, i multisala o i fast-food.

L’impressione generale è piuttosto positiva, le percezioni sono per lo più gradevoli, a volte anche sorprendenti (vedi nella mappa simboli relativi alle percezioni).

Gli elementi che immediatamente emergono nel corso del rilievo riguardano: il silenzio che pervade i luoghi, a tratti interrotto da alcune voci di persone, dal passaggio delle macchine, dai lavori provenienti dai cantieri edili (per il continuo silenzio, si sente infatti ogni minimo rumore, ogni voce o passo di persona); il rumore del vento, molto presente soprattutto nei luoghi aperti; il passaggio di persone anziane e di qualche giovane soprattutto vicino ai bar di Piazza De Sanctis; non si vedono bambini, ma c’è un giardino per i giochi vicino al Castello. Le percezioni legate all’olfatto e al gusto sono poco sollecitate. Il panorama è un altro elemento molto presente, fa leggere il rapporto difficile con le forze della natura.

Le poche persone intervistate non sembrano voler ricordare il terremoto. Per loro non vi sono monumenti particolarmente interessanti, dicono che tutto è tornato come prima, sono soddisfatti dello stato del centro storico. Molti monumenti sono stati cambiati di funzione, il comune, il carcere, ecc. La memoria del terremoto sembra essere volutamente accantonata ed è fisicamente presente solo nel monumento alle vittime del terremoto in Via Mancini e nei resti vicino alla statua della Madonna in Piazza Umberto I (vedi nella mappa simboli relativi a luogo simbolico e luogo della memoria).

È invece molto più presente di quanto si possa a prima vista leggere negli enormi e irrisolti vuoti di Piazza Umberto I, Via Caracciolo, Corso Vittorio Emanuele, dove il paese sembra non prendere scelte e lasciare questi luoghi non disegnati.

Riguardo al centro storico di Kobe chiamato Kitano-Cho, dalla mappa complessa (Figura 2) si può osservare che l’area accoglie numerose case-museo. Queste case appartenevano a uomini di affari europei che abitarono a Kitano-Cho intorno alla fine del XVIII secolo e tutte ricostruite di recente (vedi nella mappa simboli relativi a luogo di interesse storico-turistico). Si può osservare che il centro storico contiene altresì: vari edifici per residenze di diversa tipologia e altezza; templi e santuari di diversi culti religiosi (vedi nella mappa simboli relativi a luogo di culto). All’interno delle case-museo delle varie nazioni (la casa della Germania, la casa della Francia, la casa dell’Italia, ecc.) è possibile osservare mobili e suppellettili del paese che ospitano e acquistare souvenir. Uno degli elementi interessanti che si può rilevare dalla mappa è costituito dal fatto che le residenze e le case-museo delle diverse nazionalità convivono insieme ai templi e ai santuari di differente culto.

Figura 2 - Kitano-Cho, mappa complessa

 

 

L’area è molto abitata, non si ha nessuna sensazione di quartiere vuoto o disabitato: è possibile osservare nelle zone residenziali, macchine parcheggiate, panni stesi sui balconi dei palazzi, ecc. La mappa mostra che la zona orientale, diversamente dalla zona occidentale che presenta meno edifici di interesse e alcuni luoghi vuoti, ha la maggiore concentrazione di case-museo. Vi è inoltre la presenza di alcune costruzioni contemporanee di architettura di qualità lungo il percorso della montagna e su Kitano-street, strada ad ampia sezione, con una bella atmosfera turistica la quale ospita case museo, negozi di souvenir, negozi di abiti da sposa.

Kitano-cho Plaza è il fulcro dell’intera area (vedi simbolo luogo di socializzazione tradizionale) nonché uno dei luoghi più fotografati dai turisti: è una piazza di forma circolare con gradonate dove le persone a volte si siedono, ma per lo più si fermano per fotografare l’area. I simboli della mappa mostrano che nella piazza si sentono: il rumore dell’acqua della fontana, la musica jazz proveniente da alcuni altoparlanti, le voci delle persone. Da questo punto è possibile vedere vari luoghi di Kitano-Cho: la Rheinen House, le sculture che raffigurano i musicisti jazz, il panorama di grattacieli dell’altra parte della città.

L’arredo urbano non è di particolare interesse; la particolarità maggiore è costituita dai tombini dove sono disegnati immagini simboliche della città di Kobe, quali la torre di Kobe, il porto, ecc.

I resti del terremoto sono visibili solo in un’area verde al di sotto della casa dell’Olanda dove tra gli alberi è possibile osservare un’abitazione completamente devastata dal sisma. Il percorso è in pendenza; alcuni tratti sono caratterizzati da una pendenza piuttosto ripida, identificando le percezioni tattili più forti. Quasi tutte le strade perpendicolari a Kitano-cho street sono carrabili, asfaltate, ad un senso di marcia e fanno percepire una forte discontinuità visiva del costruito. Le altre strade e sentieri spesso non sono in pendenza, sono più stretti, più verdi, il pavimento non è in asfalto e vi è una certa continuità visiva. I sentieri tra la montagna sono molto suggestivi, ricchi di punti panoramici attrezzati dove sostare e dotati di alcuni spazi per i giochi dei bambini. La percezione visiva è caratterizzata dalla vista in alto della montagna e da quella in basso dei grattacieli della parte moderna della città. La percezione acustica più forte è quella del silenzio. Il passaggio dei turisti, tutti giapponesi e quasi sempre muniti dei tipici ombrellini per ripararsi dal sole, il rumore della fontana e della musica jazz di Kitano-Cho plaza, il suono delle cornacchie e il passaggio delle macchine sono gli unici suoni che interrompono, pur se non frequentemente, il silenzio. La percezione olfattiva più rilevante è quella del tè verde, che i commercianti locali utilizzano per preparare soprattutto gelati, e del burro, che utilizzano in gran quantità per la cucina dei loro piatti. Alcuni chioschi che vendono gelati al tè verde, nella parte iniziale del percorso, offrono in questo senso una percezione gustativa caratterizzante il luogo. Il ritmo è sempre tranquillo tranne su Kitano street dove è moderato e in alcuni punti sostenuto (vedi simboli relativi alle percezioni).

Gli elementi tipici della globalizzazione sono poco presenti, soprattutto se a confronto con il resto della città: la presenza di antenne paraboliche negli edifici per abitazione, i tipici distributori giapponesi per le bibite e i vistosi pali per l’elettricità che attraversano tutto il percorso sono forse tra gli elementi più visibili. Nella parte orientale dell’area vi è una stazione di Scinkanzen, una stazione metro e un punto teleferica.

L’area è, per la sua particolarità, non è solo molto visitata dai turisti giapponesi, ma è anche utilizzata per i matrimoni, tanto che, come si può leggere dalla mappa, vi sono vari negozi di abiti da sposa e alcune case sono utilizzate per celebrare il rito e organizzare il ricevimento.

Gli intervistati hanno mostrato poco interesse (o probabilmente anche difficoltà dovute all’utilizzo della lingua inglese) a rispondere alle domande tranne i proprietari delle case-museo. Non è stato riconosciuto un solo monumento particolarmente significativo per l’area; tutte le case-museo sono ritenute elementi in qualche modo significativi. La ricostruzione ha tenuto infatti conto soprattutto delle case museo, perché fonte di guadagno per il turismo. Il ricordo del terremoto è ancora presente, ma non si osservano elementi simbolici della sua memoria d’interesse nell’area.

 

Osservazioni sul metodo

 

Il metodo PlaceMaker proposto ha mostrato alcuni punti nodali. Le difficoltà riscontrate nella prima fase hanno riguardato la scelta del mezzo di espressione più idoneo alla rappresentazione delle aspettative e in particolare di un’area che ha subito forti danni provocati da eventi sismici: in questa fase si è portati a pensare che il tipo di osservazioni compiute sono vaghe e senza molto senso. È interessante notare alla fine del processo di analisi come tali annotazioni possano tornare utili al fine della comprensione del luogo.

Nella seconda e quarta fase dell’analisi, l’attenzione deve essere sempre rivolta al raccogliere i dati dedotti dallo specifico strumento utilizzato per ciascun rilievo e non da deduzioni logiche o da conoscenza pregressa del luogo. Si è rilevato che i diversi tipi di rilievo e le interviste ai visitatori devono essere operati in tempi preferibilmente paralleli in modo da poter ottenere risultati sovrapponibili e confrontabili.

Le parti del rilievo che hanno comportato maggiori tempi di esecuzione sono state quelle relative al rilievo di olfatto e tatto. In questi casi si è operato per comparazione e deduzione, descrivendo e misurando questi elementi della percezione in parte per approssimazione in parte in rapporto ad altri sensi quali la vista e l’udito. Il senso del gusto non ha offerto particolari sollecitazioni. Si ritiene che l’aleatorietà dei risultati ottenuti non infici enormemente sull’analisi, perché la percezione finale del luogo viene comunque data da una sommatoria di percezioni e non da una singola, a meno che non vi sia una componente talmente più rilevante da sopraffare le altre e, a questo punto, data l’eccezionalità, diventa anche più semplice rilevarla e misurarla. In queste fasi, come del resto in quelle successive, si è cercato di operare una lettura dei luoghi attuale, pur in considerazione delle problematiche legate ai danni del terremoto, per riconoscere l’identità contemporanea dei luoghi e gli elementi del paesaggio urbano in grado di provocare trasformazioni anche culturali. La terza fase ha comportato qualche difficoltà per la scelta degli elementi da annotare. È stato scelto di effettuarla dopo la fase dei rilievi in modo da non essere influenzati dalla conoscenza della planimetria; ma allo stesso modo si è dovuto porre attenzione a leggere la cartografia tradizionale in maniera oggettiva, senza lasciarsi influenzare dalla lettura del luogo operata attraverso i sopralluoghi. Per quello che concerne le interviste poste agli utenti del luogo relative alla quarta fase, la tipologia e il numero di intervistati deve essere testata e catalogata con maggiore e più accurata sistematicità al fine di ottenere risultati più completi. Il questionario potrebbe inoltre essere rimodulato sulle deduzioni delle risposte ottenute. Per quanto riguarda il prodotto finale, la mappa, la difficoltà di questa parte dell’analisi consiste nell’utilizzo sintetico e ragionato dei diversi tipi di dati a disposizione e delle carte e nella loro trasformazione in simboli grafici univoci. Per controllare la congruenza dei dati raccolti si devono operare continue sovrapposizioni relative ai dati di stessa natura raccolti dall’analisi delle aspettative, dall’analisi sulle cartografie tradizionali e dai sopralluoghi, e dai dati raccolti dai diversi strumenti utilizzati. Si è riscontrato che le zone dove si incontrano maggiori incongruenze tra le informazioni indicano le parti urbane dove sono accaduti fatti nuovi o criticità e rappresentano i luoghi di maggiore interesse da analizzare.

 

 

Conclusioni

 

Scopo di questo lavoro è stato proporre e illustrare il metodo di analisi dei luoghi PlaceMaker. Le sperimentazioni svolte in aree Europee e oltreoceano hanno consentito di testare il metodo sia riguardo alle diverse fasi delle quali è composto sia in merito alle sue diverse possibilità di utilizzo in contesti differenti. L’articolo ha illustrato a riguardo una sintesi delle sperimentazioni svolte nei centri storici di Sant’Angelo dei Lombardi, in Irpinia, Sud Italia e di Kobe (chiamato Kitano-Cho) in Sud Giappone, le quali costituiscono esempi di zone fortemente distrutte da eventi catastrofici quali il terremoto e dove, in particolare nel caso dell’Irpinia, i danni dovuti alla ricostruzione sono stati maggiori di quelli dovuti al terremoto e la popolazione trova ancora oggi difficoltà a identificarsi nei nuovi paesi. PlaceMaker ha raccolto, elaborato e ricostruito i dati derivanti dai rilievi nominale, percettivo, grafico, fotografico, video e confronta tali dati con quelli raccolti da un’analisi delle aspettative, un’analisi elaborata con l’utilizzo di cartografia tradizionale, da un questionario posto agli abitanti del luogo.

Il metodo, rilevando dati di diversa tipologia (oggettivi e percettivi, permanenti e transitori) e utilizzando strumenti e sistemi di differente natura, ha consentito a riguardo di comprendere l’attuale complessa identità di questi luoghi dopo la ricostruzione e quanto la memoria del terremoto ha influito nella loro conformazione e riconoscibilità.

I punti nodali che si sono riscontrati nel corso delle sperimentazioni riguardano: la costruzione di una banca dati il più possibile flessibile e adatta a raccogliere dati di tipo differente, in particolar modo quelli multimediali; la scelta dei nomi delle categorie di elementi sulle quali indirizzare l’osservazione; i parametri con i quali rapportare tra loro gli elementi individuati; l’attenzione a raccogliere i dati dedotti da ciascuno degli strumenti utilizzati per il rilievo e non da deduzioni logiche derivate dall’utilizzo di quel particolare strumento, la costruzione dei simboli; l’individuazione dell’identità dei luoghi cercando di prescindere dalle questioni relative al terremoto.

I principali utenti ai quali è rivolto il metodo e le mappe complesse sono: amministratori, urbanisti e progettisti urbani, cittadini, utenti dei luoghi. Dalle sperimentazioni è possibile trarre informazioni utili al processo di ricostruzione di un’identità sostenibile.

Nel caso di Sant’Angelo dei Lombardi, la ricostruzione del centro storico ha tenuto conto dell’identità dei luoghi non stravolgendola. A tutt’oggi però il Centro di Sant’Angelo dei Lombardi non ha ancora ripreso la sua piena funzionalità e in alcuni punti il rumore del silenzio pervade talmente l’area da non dare il posto alle altre percezioni. Pochi i servizi e le attività che si svolgono al suo interno, poche le persone che lo abitano. Il ricordo del terremoto non ha ancora abbandonato questi luoghi, che appaiono come fermati nel tempo, pur se ricostruiti. La restante parte della ricostruzione dovrebbe tenere conto dei risultati di questa analisi per la progettazione di interventi che valorizzano maggiormente i beni culturali esistenti e coinvolgano maggiormente la popolazione.

Nel caso-studio di Kitano-Cho si è osservato un contrasto tra l’area orientale, con la maggiore concentrazione di case-museo, e quella occidentale dove ci sono aree ancora incolte e alcuni edifici sono ancora in corso di costruzione. Anche se l’area è a uso misto turisti-residenti, l’area sembra probabilmente costruita solo per i turisti ed essersi in qualche modo cristallizzata, offrendo in alcuni tratti un’atmosfera finta. La ricostruzione post-terremoto ha mirato in particolare solo al ridefinire allo stesso modo le case-museo, principale fonte di guadagno per la gente del luogo. Nel completare la ricostruzione i risultati di quest’analisi dovrebbero in particolare far riflettere sul come integrare il patrimonio culturale nell’area e utilizzare le parti restanti per rendere i luoghi più accoglienti anche per la popolazione residente.

 

 

Bibliografia

 

Bauman Z. (2003), Intervista sull’identità. Roma-Bari, Laterza.

Boeri S. (2003), Use, Skira, Milano.

Bernard P., Zollo A. (1989), The Irpinia (Italy) 1980 earthquake: detailed analysis of a complex normal faulting, Journal of Geophysical Research, 94, 1631-1647.

Careri F. (2002), Walkscapes. El andar como practica estética. Walking as an aesthetic practice, Land&Scape Series Gustavo Gili, Barcelona.

Carter E., Donald J., Squires J. (eds) (1993), Space & Place. Theories of Identity and Place, Lawrence & Wishart, London.

Castells M. (1997), The power of Identity, Blackwell, Malden.

Christensen K. S. (1999), Cities and Complexity, Thousand Oaks, CA, Sage Publications.

Hillier B., Stutz C. (2004), New methods in Space Sintax, in “Urban Design”, n. 93, pp.32-33.

Mazzoleni D., Sepe M. (a cura) (2005), Rischio sismico, paesaggio, architettura: l’Irpinia, contributi per un progetto, CRdC AMRA.

Mitchell W. J. (1996), City of bits, Mit Press, Cambridge Massachusetts.

MVRDV (2002), The Regionmaker. Rheinruhrcity, Hatje Cantz, Ruit.

Nijkamp P., Perrels A. H. (1994), Sustainable Cities in Europe, Earthscan, London.

Sepe M. (2004), Complexity and sustainability: relief and representation of the new urban identity, Atti del Convegno “Sustainable City 2004”, a cura di Marchettini N., Brebbia C. A., Tiezzi E., Wadhwa L. C., Wit Press, Southampton, pp. 211-221.

Sepe M. (2005), The Sensitive Relief method and the identity of a place, in “Architektura & Urbanizmus”, vol. 39, n. 1-2, Slovak Academic Press Ltd, pp. 65-80.

Sepe M. (2006), Complex Analysis for the Sustainable Planning and Construction of the Place Identity: the Sensitive Relief Method, in “International Journal of Sustainable Development and Planning”, vol. 1, n. 1, Wit Press, pp. 14-31.

 

 

Presentazione | Referenze Autori | Scrivi alla redazione | AV News | HOME

 

 Il sito web di Area Vasta è curato da Michele Sol