Numero 12/13 - 2006

 

La valutazione ambientale  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano territoriale regionale e sviluppo locale. Una metodologia per la governance multilivello


Antonia Cataldo


 

Le politiche pubbliche di sviluppo locale devono essere verificate da sistemi di supporto alle decisioni che garantiscano trasparenza, consentano effettiva partecipazione e siano in grado di determinare conclusioni largamente condivise. Antonia Cataldo presenta una sperimentazione, applicata al territorio del Vallo di Diano, descrivendone l'approccio metodologico, basato su dettagliati quadri conoscitivi e su fasi di valutazione delle criticità territoriali e delle relative ipotesi d'intervento

 

 

Politiche del piano territoriale regionale e obiettivi della ricerca

 

Il lavoro1 si inquadra in un contesto di governance multilivello, dove la pianificazione territoriale va riorganizzata e collegata alla trasformazione dei sistemi pubblici di governo, soprattutto attraverso il decentramento, il principio di sussidiarietà, la partecipazione e gli accordi ai vari livelli. Il richiamo al reinventing government – al rinnovamento dei metodi di gestione pubblica, dove qualsiasi intervento è strutturato in base a programmi, ovvero sulla gestione delle attività, di qualunque tipo siano, a qualunque settore o ente appartengano, ovunque siano indirizzate (Archibugi, 2005) – porta alla costruzione di progetti condivisi da tutti i soggetti del territorio, ovvero alla collaborazione interistituzionale.

Su questa linea si muove anche la Regione Campania che, inaugurando la seconda fase di costruzione del piano territoriale regionale (Ptr) con Delibera 287/2005 successiva alla stesura delle Linee guida del 2002, dà al proprio piano una funzione di ausilio agli attori istituzionali preposti alla pianificazione del territorio e lo considera come supporto cognitivo e operativo di promozione e di indirizzo degli interventi progettati a livello locale. L’articolazione della Campania in sistemi territoriali di sviluppo (Sts), definiti per inquadrare la spesa e gli investimenti del programma operativo regionale (Por) e in sintonia con la programmazione economica ordinaria, vuole essere la trama di base sulla quale costruire i processi di co-pianificazione, ovvero: quadro di riferimento per la pianificazione territoriale delle province e strumento per coordinare l’azione della regione sul territorio, in rapporto ai vari canali di spesa, di incentivazione e alle competenze dei diversi assessorati. Tali sistemi, individuati seguendo la geografia dei processi di auto-riconoscimento delle identità locali e di auto-organizzazione, sono forme di aggregazioni sovracomunali esistenti che hanno una potenziale rilevanza sul piano dell’identificazione di strategie per lo sviluppo locale. Attraverso essi, il Ptr si raccorda con la programmazione dei fondi strutturali spazializzando i diversi progetti integrati (Pi), in modo che questi non compongano un puzzle privo di qualunque rilevanza territoriale. L’organizzazione, basata sui diversi Sts o sulle loro aggregazioni, può costituire, infatti, un riferimento ordinatore per la verifica attuativa dei Pi, nonché per la riprogrammazione dei fondi del Por.

In un siffatto contesto politico-culturale, la metodologia proposta mira a valutare, attraverso uno strumento di supporto alle decisioni, la congruità delle misure di sviluppo messe in essere dai progetti locali integrati, traguardando l’obiettivo di gestire le trasformazioni del territorio in rapporto alle identità dei luoghi.

L’idea forza è che il sistema dei piani vada letto in maniera flessibile e, in quanto tale, modificabile nel corso del tempo, coerentemente all’evoluzione dei processi sociali, economici e fisici in atto sul territorio. Pur mantenendo la transcalarità dei piani, ciò che si vuol evidenziare sono le relazioni tra i diversi soggetti competenti. Ogni soggetto, nel processo proposto, può formulare le proprie argomentazioni ragionevoli nell’ottica di concorrere ad una migliore definizione (efficacia) della pianificazione.

Si vuole valutare la sostenibilità degli interventi previsti dai programmi di sviluppo locale in termini di coerenza con gli obiettivi strategici o con le linee di azione proposti dal Ptr. La stima effettuata consente di valutare, da un lato, il contributo che gli strumenti di programmazione possono dare per il raggiungimento di obiettivi generali di sostenibilità e, dall’altro, l’efficienza degli strumenti in riferimento alle condizioni più o meno critiche delle aree interessate dagli interventi stessi.

Metodologicamente, si è passati da una fase di conoscenza del territorio, scelto come area test, ad una di analisi delle informazioni, tesa a individuare gli elementi di paesaggio derivati dall’inter-relazione di fattori naturali e antropici e, quindi, frutto di un complesso organico di ecosistemi. Sulla scorta delle indicazioni raccolte in queste prime due fasi, si è passati ad una fase più operativa, inerente la messa a punto di uno strumento utile al governo delle trasformazioni territoriali.

Per quanto gli interventi esaminati sono stati già avviati – e, pertanto, risulta più ardua una loro revisione – i risultati della valutazione possono suggerire indicazioni all’Autorità di gestione competente ed essere utilizzati per strutturare fasi di monitoraggio e controllo.

 

Figura 1 - Metodologia per la valutazione degli interventi

 

 

 

La scelta dell’ambito di studio: il Vallo di Diano

 

La scelta dell’ambito di studio è ricaduta sul territorio del Vallo di Diano che, per le sue caratteristiche geografiche, relazionali e culturali, si mostra come elemento cerniera tra le regioni limitrofe della Campania e Basilicata e, pertanto, un’area di interesse inter-regionale. La disposizione naturale della vallata ha favorito, sin dall’antichità, un sistema di comunicazioni lungo la direttrice della dorsale appenninica con la Costa cilentana, con la Val d’Agri e con tutto l’entroterra lucano. Queste sue caratteristiche lo connotano come area interessata da complesse funzioni relazionali che, naturalmente, hanno avuto un notevole impatto sulle trasformazioni territoriali. La struttura fisica del Vallo, con la sua ricchezza e varietà, costituisce un patrimonio di grande valore, non solo in termini di bellezza paesaggistica, ma anche in relazione alle potenzialità intrinseche capaci di innescare un processo di sviluppo sociale ed economico.

L’intero territorio appartiene ad un unico Sts a dominante rurale-culturale.

Accanto alle particolarità derivanti dalla conformazione geografica e geomorfologia – già di per sé forte elemento caratterizzante, nonché risorsa naturale – il Vallo è distinto da un ricchissimo patrimonio storico-culturale, che ha contribuito a dar luogo alla sua struttura insediativa con uno specifico tessuto sociale ed un peculiare processo di urbanizzazione.

Il quadro della progettualità è alquanto articolato2, avallando la significatività della scelta dell’area come campo applicativo per la gestione delle trasformazioni territoriali operata in maniera condivisa.

 

 

La metodologia

 

Le tre canoniche fasi di analisi, diagnosi e valutazione mirano rispettivamente a:

- comprendere i fenomeni in essere e conoscerne l’evoluzione nello spazio e nel tempo, al fine di identificare i diversi paesaggi unitamente alle dinamiche e alle pressioni che li modificano;

- identificare tutti quegli elementi che rappresentano un valore per il territorio (leva per uno sviluppo equilibrato ed eco-sostenibile), nonché tutti gli aspetti critici da risolvere;

- stimare il livello di performance degli interventi, in termini di congruenza tra forme e livelli diversi di piano e di coerenza rispetto alla dimensione ambientale delle scelte che si intende implementare nel processo pianificatorio.

Il modello di valutazione è scaturito sostanzialmente da tre step fondamentali che hanno portato a:

- schedare i piani/programmi territoriali in componenti base, al fine di garantire una lettura critica degli strumenti che sia al contempo veloce e adeguata;

- progettare un database degli interventi che avesse i requisiti di massima efficienza e operatività in modo da poter gestire un vastissimo bagaglio di informazioni (basti pensare che il Ptr mette in campo 106 linee di intervento, mentre i Pi Certosa di Padula e Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano prevedono in totale 159 interventi specifici) e avere una prima serie di indicazioni utili sulla tipologia degli interventi;

- valutare i singoli interventi previsti dagli strumenti di pianificazione dello sviluppo locale.

Tale valutazione si basa sostanzialmente su tre momenti consequenziali:

1. una valutazione di conformità rispetto ai principi e agli obiettivi dettati a livello superiore dal Ptr;

2. una individuazione, localizzazione e stima dei punti critici del territorio;

3. una valutazione complessiva dell’intervento basata sull’interazione dei primi due punti e sull’impegno finanziario previsto.

Il risultato ottenuto dall’implementazione del modello mette in luce, per singolo comune, quali sono gli interventi ritenuti prioritari, ovvero stima il loro potenziale contributo per il raggiungimento degli obiettivi di conservazione e valorizzazione del paesaggio naturale e culturale, insiti nelle linee di indirizzo del Ptr, nonché in quelle di assetto del piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp).

 

Schedatura degli strumenti di pianificazione

 

Il sistema dei piani territoriali è variamente articolato e complesso. In una visione integrata della pianificazione, le pubbliche amministrazioni si trovano a gestire un flusso continuo di informazioni legato all’articolazione delle strategie messe a punto e all’esigenza di rispondere ai principi di sussidiarietà e concertazione: ogni piano deve colloquiare con un altro senza che si verifichino errori di interpretazione.

Allo scopo di costruire schede tecniche sintetiche degli strumenti di pianificazione vigenti nell’area test, è stato messo a punto una sorta di glossario che mira a eliminare eventuali equivoci terminologici.

L’idea forza che ha ispirato la costruzione di questo glossario trae origine da una visione strategica della pianificazione, soprattutto dalla consapevolezza che al processo pianificatorio va attribuito anche una funzione esplorativa. In definitiva, l’esame dei piani è stato articolato attraverso chiavi di lettura che mirano ad una destrutturazione dei piani stessi in componenti base (finalità, obiettivi strategici, obiettivi specifici o linee di azione, interventi) al fine di garantirne la confrontabilità.

 

La progettazione del database

 

A valle degli scopi prefissi e delle informazioni che si vogliono ricavare da un’interrogazione veloce, efficace ed efficiente dei dati archiviati, la progettazione del database ha visto tre momenti fondamentali:

1. concretizzazione di un modello concettuale (Schema entità-relazioni);

2. creazione di uno schema logico per la progettazione (Modello relazionale);

3. implementazione fisica del database (Dbms Access 2003).

Lo scopo di un modello concettuale è rappresentare la realtà di interesse attraverso una descrizione formale e completa, ma ad un livello di astrazione, cioè senza tener conto degli aspetti implementativi. In questa fase, infatti, è stato rappresentato il contenuto informativo della base di dati, senza preoccuparsi né delle modalità con le quali queste informazioni verranno codificate in un sistema reale, né dell’efficienza dei programmi che faranno uso delle informazioni stesse.

Figura 2 - Modello concettuale per la progettazione del database. Schema entità-relazioni

 

 

Lo schema concettuale costruito si compone rispettivamente di tre entità3 (obiettivo strategico, interventi di programma, interventi di piano di settore) e una relazione4 (linee di azione). Ognuno di questi elementi è dotato di una serie di attributi5 che meglio specificano e caratterizzano le componenti cui si riferiscono. Gli identificatori6 delle entità rappresentano, infine, la descrizione di ogni intervento attraverso un cosiddetto codice parlante che evidenzia rispettivamente: l’area7 e la sub-area cui l’intervento si riferisce; la linea di azione di rimando, accompagnata da un identificativo numerico; il piano di livello superiore cui la linea di azione si riferisce, accompagnato da un identificativo numerico. A titolo esemplificativo il Codice “AMBNAT PTR03 PIPNCVD01” indica: il primo intervento specifico implementato dal PI PNCVD che segue la terza linea di intervento definita dal Ptr in riferimento al settore tematico AMBiente e, nello specifico, alle NATuralità.

La progettazione logica del data-base (Db) consiste nel tradurre lo schema concettuale nel modello di rappresentazione dei dati adottato dal sistema di gestione a disposizione. Il modello logico consente di descrivere i dati secondo una rappresentazione ancora indipendente da particolarità fisiche, ma concreta in quanto disponibile nei sistemi di gestione dei dati.

È stato messo a punto lo schema logico per la progettazione del Db scegliendo il modello relazionale basato sull’articolazione logica di 5 tabelle (obiettivi strategici, linee di azione, interventi di programma, Por, interventi di piano di settore) e 4 relazioni tra tabelle, nelle quali sono messe in evidenza le chiavi primarie e gli attributi considerati, distinti da un’apposita simbologia.

L’ultima fase di progettazione del Db consiste in una vera e propria implementazione fisica. Lo schema logico viene completato con la specifica dei parametri fisici di memorizzazione dei dati (organizzazione dei files e degli indici) e il modello fisico risulta strettamente connesso allo specifico sistema di gestione scelto. In particolare la base di dati è stata implementata tramite Microsoft Office Access 2003. Questo ha consentito di mantenere la struttura logica delle tabelle, nonché le rispettive relazioni. Inoltre, il sistema permette interrogazioni (query) utili per la successiva fase di valutazione. L’utente può, attraverso la definizione di criteri o ordinamenti particolari, impostare le condizioni per restringere la sua ricerca e, quindi, selezionare solo le informazioni utili alla sua finalità. Per meglio visualizzare la base informativa e per la possibilità di inserire particolari tipi di dati quali le immagini (elaborazioni cartografiche), sono state create maschere di ausilio.

Figura 3 - Schema logico per la progettazione del database. Modello relazionale

 

 

 

Individuazione delle criticità territoriali e valutazione degli interventi

 

Per poter valutare la coerenza tra le strategie/obiettivi di sostenibilità e gli interventi programmati e, quindi, per poter analizzare l’interazione tra gli interventi e le problematiche del territorio, è stato fatto riferimento all’analisi di contesto, ponendo in rilievo le criticità emerse dall’Analisi Swot effettuata in fase di diagnosi.

Inteso per criticità tutto quel complesso di fragilità, vulnerabilità e sensibilità di un sistema specifico tale da renderne lo stato precario e, contemporaneamente, tutte quelle condizioni di sottoutilizzo delle risorse, si è suddiviso il territorio del Vallo in zone omogenee di criticità.

Maggiore rilevo per la definizione dei punti critici è stato dato alla geomorfologia dei luoghi, alla situazione socio-economica e all’uso del suolo. Accanto a questi elementi sono state evidenziate tutte le carenze attribuibili al sistema infrastrutturale.

Aria, acqua, suolo, ambiente urbano, reti, ecosistemi e spazi naturali, patrimonio storico-culturale sono tutte le aree tematiche prese in considerazione nella definizione e spazializzazione delle criticità. Ciascuna tematica è stata analizzata attraverso indicatori rappresentativi e, in qualche caso, attraverso indici composti ricavati dall’aggregazione di più indicatori semplici. Per la scelta degli indicatori e per una loro articolazione in soglie compatibili e sostenibili, si è fatto riferimento alla normativa di settore, agli obiettivi programmatici regionali e nazionali, oltre che alla letteratura scientifica.

Operazioni di sovrapposizione (map-overlay) dei singoli indicatori e la loro successiva aggregazione hanno consentito di determinare 5 livelli di criticità, articolati in classi di ordine crescente.

Il modello8 proposto mira a valutare la congruenza del sistema dei programmi esaminati con le direttive e gli indirizzi dettati a livello superiore: gli interventi sono stati valutati in relazione a quanto essi possano contribuire all’applicazione di ciascuna linea di azione (ovvero alla massimizzazione delle strategie del Ptr) attribuendo un punteggio di merito. È opportuno sottolineare che per una valutazione maggiormente oggettiva, occorrerebbe far intervenire i soggetti con differenti competenze, in modo da riportare risultati più significativi e garantire al contempo un approccio multidisciplinare.

La verifica di conformità trova un duplice obiettivo: in primis, testare se è osservato il principio di sussidiarietà, in secondo luogo, individuare e studiare quegli interventi che rivelano come, attraverso una logica di pianificazione bottom up, il territorio subisce modificazioni non definite a livello generale, ma che possono comunque essere inquadrate come frutto di dinamiche territoriali nate alla piccola scala, ovvero come eventuale futuro indirizzo perseguibile dal Ptr.

Il passaggio successivo è quello di aggregare i risultati ottenuti in un unico valore globale, al fine di ottenere un confronto numerico diretto tra tutti gli interventi, ovvero una loro classificazione e selezione. Si è reso opportuno far intervenire in qualche modo il territorio, con i suoi bisogni, in questa fase di valutazione. In pratica si è introdotto nel processo la verifica della capacità di un progetto di essere in linea con le disponibilità del territorio o di produrre valore aggiunto. Allo scopo, è stata pesata la valutazione di conformità e rapportata alle criticità riscontrate. Inoltre, è stato verificato questo rapporto con gli aspetti economici collegati, cioè con l’entità del finanziamento erogato. In sintesi, le matrici ottenute dalla valutazione di congruenza sono state rapportate a due coefficienti significativi: uno di criticità (a) ed uno di finanziamento (b) espresso in forma percentuale.

In particolare, il primo rappresenta un valore moltiplicativo che mira ad abbattere (o a mantenere) il punteggio attribuito in prima istanza all’intervento esaminato, in base alla sua collocazione territoriale.

Per l’attribuzione di un valore numerico, si è voluto lasciar spazio alle decisioni perseguite dal pianificatore (quindi dal valutatore). Nel lavoro sono state ipotizzate due logiche di approccio differenti, che, in qualche modo, rappresentano due casi limite. Nel primo caso, la logica è che azioni di recupero e azioni di conservazione hanno la medesima incidenza territoriale. I coefficienti di criticità ottengono lo stesso punteggio in situazioni di alta e bassa criticità. Questo approccio sottintende una logica di lungo periodo: il pianificatore investe oggi per interventi di conservazione, al fine di evitare, domani, eventuali azioni di recupero e/o ripristino. Nel secondo caso, invece, la logica è che le aree ad alta criticità hanno priorità nell’attuazione degli interventi. I coefficienti di criticità hanno punteggi differenti, decrescenti proporzionalmente al grado di criticità. Questo approccio, differentemente dal caso precedente, sottintende una logica di breve periodo: il pianificatore vuole investire maggiormente sugli interventi che, oggi, tendono a risolvere i bisogni (punti critici) più impellenti.

 

Figura 4 - Aree sensibili all'inquinamento atmosferico

Indicatori considerati: NO2 (biossido di azoto, media annuale espresso in µg/mc); PM10 (polveri sospese o materiale particolato, media annuale espresso in µg/mc); CO (monossido di carbonio, media giornaliera espressa in mg/mc); Benzene (media annuale espresso in µg/mc); O3 (ozono troposferico); SO2 (biossido di zolfo).

Normativa di riferimento per la definizione delle soglie limite: Dm 60/2002; Dpcm 28/3/1983, Dpr 203/1988, Dm 25/11/94, Dm 15/04/1994 e Dm 16/05/1996.

 

Applicazione del metodo: i risultati

 

L’implementazione del metodo proposto ha permesso di ricavare una serie di risultati utili al governo delle trasformazioni territoriali. In primo luogo, attraverso un’interrogazione formale del Db avvenuta definendo una serie di query in linguaggio SQL, sono stati definiti rispettivamente:

- per le linee di azione implementate dal Ptr e dal Ptcp: i settori più e meno attivati e quelli non attivati affatto; il rapporto tra i due strumenti;

- per le azioni previste dai programmi di sviluppo locale: i settori attivati e non; la percentuale di interventi (im)materiali, ovvero il numero degli interventi spazializzabili per ogni programma; gli interventi non previsti dal Ptr;

- per le azioni previste dai piani di settore: i settori più e meno attivati e quelli non previsti; gli interventi che non seguono le linee di azione previste dal Ptr.

Dalle interrogazioni effettuate è scaturito, ad esempio, che i settori maggiormente attivati in termini di linee di azione del Ptr sono quelli inerenti lo sviluppo locale e l’ambiente. Al contrario, un minor numero di linee di azione sono state definite nel settore di valorizzazione delle risorse storico-culturali. Molti sub settori appartenenti alla sfera dello sviluppo locale non sono affatto contemplati dal Ptcp, probabilmente a causa dei diversi tempi di elaborazione dei due strumenti di pianificazione. Il settore su cui si sofferma maggiormente il sistema di programmi è quello relativo ai beni culturali, giustificando una tipologia di pianificazione che, partendo dal basso, mira a valorizzare le peculiarità del contesto territoriale del Vallo, nonché a risolvere proprio quelle criticità che affliggono l’area9. Operando con la stessa logica, i programmi danno poco rilievo al sub settore relativo all’inquinamento. Nella maggior parte dei casi (il 78% per il Pi Certosa di Padula) gli interventi previsti sono materiali, dunque spazializzabili sul territorio.

Figura 5 - Aree soggette ad esondazioni

Fattori considerati: pendenze modeste della piana, 0.2-0.4%; detriti alluvionali trasportati dagli affluenti del Tanagro; insufficienza degli inghiottitoi naturali di Polla e S. Arsenio.

 

Prese in considerazione entrambe le logiche del pianificatore, ovvero la diversa attribuzione numerica ai coefficienti di criticità (a), l’implementazione del modello valutativo, validato per il Pi Certosa di Padula, ha portato a risultati pressoché simili, sottolineando il peso avuto dal coefficiente di finanziamento nella valutazione globale. Si classificano col massimo punteggio sempre interventi legati allo sviluppo e, nella fattispecie, quelli inerenti la formazione legata alla filiera del turismo culturale e il potenziamento del sistema produttivo nel campo dell’artigianato tradizionale, del restauro e dei servizi turistici. In sintesi, la filiera turistico-produttiva legata ai beni culturali ha la meglio sugli altri interventi.

I risultati ottenuti mostrano in effetti come azioni legate alla formazione e alla specializzazione professionale risultano prioritarie in una logica di sviluppo auto-sostenibile del territorio che garantisca, da una parte, la valorizzazione del paesaggio (culturale, soprattutto), e, dall’altra, utilizzi il paesaggio come una risorsa per attivare nuovi flussi economici, nella fattispecie legati alla filiera turistica.

È possibile affermare che, coerentemente ai bisogni rilevati sul territorio e alle possibilità che lo stesso offre, il Pi Certosa di Padula massimizza interventi che realmente risultano necessari. Dal suo canto, la Regione Campania ha un riscontro sui finanziamenti attribuiti al programma e può attivare un sistema di monitoraggio sugli interventi prioritari.

 

 

Figura 6 - Definizione dei coefficienti di criticità α

 

 

Conclusioni

 

La complessità dei temi inerenti la pianificazione del territorio, oltre la plurisettorialità, implica il coinvolgimento di una molteplicità di attori nella progettazione e gestione delle politiche di trasformazione. La Regione Campania dà al proprio piano territoriale un carattere fortemente processuale e strategico, teso a promuovere e ad accompagnare azioni e progetti locali integrati. L’integrazione, tuttavia, pur essendo una prospettiva strategica imprescindibile, è altrettanto problematica. Di qui la necessità di porre alla base dell’azione di governance alcuni requisiti: in particolare una logica di progetto e di risultato, guidata dall’esigenza di attribuire ai progetti una spiccata interdipendenza, in rapporto alle esigenze di competitività connesse a quelle della coesione. In questo quadro di innovazione, è opportuna una fase di controllo e gestione delle trasformazioni del territorio.

Il lavoro presentato vuol essere un contributo per la valutazione dei progetti, uno strumento utile al fine di coordinare e gestire al meglio le trasformazioni territoriali. Esso è basato su un principio valutativo di coerenza degli interventi rispetto ad un sistema di obiettivi ed un sistema di preferenze pre-determinati. Perseguendo l’efficienza nella gestione e nello sviluppo di importanti decisioni trasformative, il metodo proposto vuol essere uno strumento tecnico di supporto alle decisioni da prendere in un ambiente condiviso e integrato. Infatti, attraverso l’identificazione delle problematiche più rilevanti e delle aree critiche, l’analisi di impatto degli interventi programmati sulle criticità del territorio e la stima complessiva delle azioni pianificate si forniscono indicazioni utili all’attività di valutazione e selezione dei progetti locali e si consente di individuare specifiche prescrizioni e raccomandazioni per la gestione delle trasformazioni territoriali, nonché di definire priorità e opportunità per il monitoraggio delle stesse.

 

 

Note

 

1 Lo studio è stato condotto nell’ambito della tesi di Master di II livello in “Nuovi strumenti di governo e gestione del territorio” organizzato dalla Università degli Studi della Basilicata.

2 Tra i piani quadro si annoverano: Linee guida per la pianificazione territoriale regionale, Proposta di Ptr e programma operativo regionale. Appartengono alla famiglia dei piani territoriali di area vasta: piano territoriale di coordinamento provinciale di Salerno e piano del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Ci sono, poi, una serie di piani di settore (piano stralcio per l’assetto idrogeologico redatto dall’Autorità di bacino inter-regionale Sele, piano straordinario per l’assetto idrogeologico redatto dall’Autorità di bacino Sinistra Sele, piano di sviluppo socio-economico della Comunità montana Vallo di Diano, piano provinciale dei trasporti) e programmi di promozione dello sviluppo locale (Prusst “Ospitalità diffusa”; Pit “Certosa di Padula” – Asse II; Pit “Parco nazionale Cilento e Vallo di Diano” – Asse I; Pit “Filiera Termale” solo per il Comune di Montesano; patto territoriale tematico agricoltura e pesca Vallo di Diano; patto territoriale Bussento-Vallo di Diano).

3 Le entità rappresentano classi di oggetti che hanno proprietà comuni e che possono essere distintamente identificate, ovvero hanno una propria individualità e sono rilevanti per il sistema implementato. In uno schema, ogni entità ha un nome che la identifica univocamente e viene rappresentata graficamente attraverso un rettangolo con il nome dell’entità all’interno.

4 Le relazioni descrivono i legami logici, significativi per l’applicazione di interesse, tra le diverse entità. In uno schema E-R, ogni relazione ha un nome che la identifica univocamente e viene rappresentata graficamente mediante un rombo, con il nome delle relazione all’interno, e da linee che connettono la relazione con ciascuna delle sue componenti.

5 Gli attributi rappresentano le proprietà elementari delle entità o delle relazioni che sono di interesse ai fini dell’applicazione. Graficamente vengono rappresentati attraverso un cerchietto ed una linea di connessione alla componente cui si riferiscono; quando il cerchietto viene campito vuol dire che l’attributo rappresenta, nell’implementazione fisica del DB, una chiave primaria (identificatore). Talvolta risulta agevole raggruppare attributi di una medesima entità o relazione che presentano affinità nel loro significato o uso: questo insieme di attributi viene definito attributo composto. Esso, graficamente, si rappresenta attraverso un’ellisse, con il nome dell’attributo composto all’interno, e da una linea di connessione alla componente cui si riferisce. All’attributo composto saranno associati due o più attributi semplici.

6 Gli identificatori descrivono i concetti (attributi e/o entità) dello schema e permettono di identificare le occorrenze delle entità. Quando, come nel caso in esame, l’identificazione di un’entità (un intervento, nella fattispecie) è ottenuta utilizzando altre entità si parla di identificatore esterno.

7 Le 7 aree tematiche di riferimento sono state individuate a partire dagli obiettivi generali strategici sintetizzati nelle schede tecniche dei piani. Queste, nello schema concettuale, rappresentano un attributo degli obiettivi generali. In sintesi, sono stati definiti, attraverso la lettura del set completo di obiettivi strategici, alcuni settori tematici cui i piani o programmi si riferiscono per l’implementazione delle rispettive strategie. Fondamentali, in tal senso, sono stati gli assi previsti dal Por Campania e le linee strategiche individuate dal Ptr. Per ognuna di dette aree, sono stati poi individuati dei sub-settori (38 sub-area) che meglio specificano le aree stesse.

8 La metodologia adottata per la valutazione dei programmi in relazione al test di conformità e alle criticità del territorio è stata mutuata dalla definizione e validazione della Vas applicata in maniera preventiva al Complemento di programmazione dalla Regione Piemonte.

9 La criticità media relativa alla valorizzazione dei beni culturali si attesta per l’intero Vallo a 3,4 punti, ovvero in una fascia medio-alta.

 

 

Bibliografia

 

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Atzeni P., Ceri S., Paraboschi S., Torlone R. (2002), Basi di dati. Modelli e linguaggi di interrogazione, McGraw-Hill.

Gatti F. (1994), Territorio e sviluppo del locale. Il microsistema territoriale, in “Il territorio dell’abitare”, FrancoAngeli Editore.

Las Casas G. (1992), Presupposti teorici ed elementi tecnici per lo sviluppo del processo di valutazione nel processo di piano, FrancoAngeli.

Petroncelli E. (2005), Pianificazione Territoriale. Principi e fondamenti, Liguori, Napoli.

Travaglino M., Ravarini A., Sciuto D. (2003), Sistemi per la gestione dell’informazione, Apogeo Editore, Milano.

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