Numero 10/11 - 2005

 

Il territorio rifiutato  

 

Area Vasta n. 10/11 Luglio 2004 - Giugno 2005 Anno 6

numero 10/11  anno  2005

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In copertina Lello Lopez,

Da lontano, 2004

acrilico su tela, cm 40x30.

Fotografia di Vince Gargiulo

 

ISSN 1825-7526

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dissipare, sprecare forse


Luciano De Bonis


 

Il rifiuto del rifiuto si manifesta sia nei sistemi di organizzazione e gestione delle attività produttive sia nelle reazioni popolari alla localizzazione dei relativi impianti. un caso significativo di rapporto tra un’entità rifiutabile e territorio è quello rappresentato dalla centrale nucleare dismessa di Latina. Luciano De Bonis, individuandolo quale stimolante tema disciplinare, cerca di verificare, alla luce degli approfondimenti già eseguiti, quali possibilità esistano affinchè la progettazione territoriale eviti che la dissipazione si traduca in semplice spreco

 

 

Sebbene i processi ecologici possano in generale essere visti come processi di natura neg-entropica, ovvero come processi che tendono a incrementare l’ordine, l’organizzazione e la complessità, anche degrado, deperimento ed entropia ne fanno parte integrante1. Si può anzi dire che non può esistere afflato vitale senza una precedente – e collegata – degradazione o dissipazione. Come sostiene K. Lynch nel suo ultimo e postumo lavoro2 “la vita si ciba di questi passaggi …”.

Si tratta di una verità elementare quanto normalmente trascurata, o meglio rifiutata, forse a causa dell’evidenza della necessità della morte – compresa la nostra morte – che essa porta con sé.

Anche in campo territoriale e urbano il rifiuto del rifiuto si manifesta in molti modi, riscontrabili, a ben vedere, sia nei sistemi di organizzazione e di gestione delle attività produttive in generale e di smaltimento dei rifiuti in particolare, sia nelle reazioni popolari che seguono gli annunci relativi alla localizzazione dei relativi impianti, per lo più troppo sbrigativamente attribuite alla cosiddetta sindrome nimby (not in my backyard).

Un caso significativo, quanto particolare, di rapporto tra un’entità diciamo così facilmente rifiutabile e territorio è quello della centrale nucleare dismessa di Latina, attorno a cui si sono svolte attività di ricerca e didattiche della sede pontina della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “La Sapienza”, corso di laurea in Ambiente e Territorio3.

La particolarità sta nel fatto che, a causa del suo attuale stato di non operatività, la centrale sembra essere stata rimossa dalla coscienza dagli abitanti del luogo4, come se il problema delle scorie radioattive, normalmente percepito come il più grave dai residenti delle aree limitrofe alle centrali nucleari, si fosse eliminato da sé con lo spegnimento dell’impianto.

Nel frattempo vanno avanti le ipotesi di (ri)uso dell’area della centrale, a cominciare da quella ufficiale della società che gestisce l’impianto, che prevede la restituzione del terreno in condizioni di cosiddetto greenfield, cioè libero da qualsiasi residuo della passata attività. Naturalmente tale ipotesi si fonda sulla pre-condizione di aver reperito il sito nazionale unico (o i siti unici) di smaltimento delle scorie radioattive, senza cui non è evidentemente possibile liberare del tutto l’area della centrale dai depositi temporanei di scorie prodotte durante gli anni di funzionamento a regime. Ma a parte le notevoli implicazioni legate al suddetto reperimento, assurte agli onori della cronaca non molto tempo fa col caso Scanzano Jonico, l’ipotesi del greenfield si intreccia sia con altre ipotesi d’uso produttivo formulate dalla stessa società di gestione o da altri soggetti, sia con le previsioni e le prescrizioni degli strumenti di pianificazione urbanistica, territoriale e paesistica, che si incentrano sui valori naturalistici e sulle potenzialità turistico-ricreative dell’area e dei suoi immediati dintorni.

Di fronte a questa situazione sembra lecito chiedersi come evitare che la dissipazione dell’insediamento energetico si traduca in un semplice spreco, dove la differenza tra l’una e l’altro consiste, sempre secondo Lynch5, proprio nella capacità della prima di sostenere l’evoluzione vitale, che viceversa lo spreco non riesce ad alimentare.

In termini più disciplinari la domanda riguarda le possibilità, per la progettazione territoriale, di affrontare un tale caso – e una tale questione, con tutte le sue vaste implicazioni – contribuendo alla dissipazione vitale anziché allo spreco mortifero.

Possibilità, credo, legate anzitutto al riconoscimento della citata indissolubilità fra dissipazione e vita, che comporta anche il riconoscimento che l’unico modo per il vivente di trarre un vantaggio co-evolutivo dall’inevitabile tendenza all’aumento generale di entropia, ovvero dall’inevitabile processo di dissipazione, è costituito dalla capacità di costruirsi immagini o mappe di orientamento del proprio ambiente6.

Ciò costituisce evidentemente un fatto di grande rilevanza per la pianificazione e la progettazione territoriale, da sempre attività costruttrici di immagini. Ma la questione centrale è che l’immagine costruita con il progetto di territorio non può essere interpretata come fosse quasi un elemento accessorio del piano/progetto. In un’ottica ambientale, al contrario, il piano/progetto territoriale non può far altro che tendere a coincidere con l’immagine stessa, cioè con quella struttura orientativa di relazioni che si genera e rigenera continuamente nel corso dell’interazione tra uomo e ambiente.

Le immagini-piano (e le immagini-progetto) dovrebbero quindi tendere a costituire, piuttosto che un testo prescrittivo, un con-testo entro cui diversi soggetti sociali possano assumere autonomamente decisioni riguardanti il territorio con cui interagiscono.

In altre parole, il riconosciuto valore implicitamente progettuale di qualsiasi immagine di territorio7 non può non accompagnarsi con il riconoscimento della valenza fondamentalmente immaginativa, e non è certo poco, di qualunque progetto di territorio. Solo se il progetto si dà come un’immagine contestuale può infatti contribuire ai processi di co-evoluzione – basati proprio sulla continua generazione e rigenerazione di immagini volte a favorire l’interazione tra organismi e tra organismi e ambiente – e può pertanto collaborare a trarre vantaggio dalla inevitabile dissipazione. Altrimenti diviene puro spreco …

Ma quali elementi di immagine si possono tratteggiare, nel caso specifico, per non sprecare la centrale …? E come tratteggiarli?

Intanto, è bene tener presente che un sito ha sempre una lunga storia e un lungo futuro, ed una trasformazione è solo un episodio dell’interazione continua tra uomo e spazio che presto o tardi sarà sostituita da un altro ciclo di adattamento8.

Per tratteggiare un’immagine evolutivamente dissipativa del sito della centrale, quindi, non dovremmo trascurare il fatto che esso ha ospitato per anni un impianto di produzione di energia elettrica. Considerare il passato energetico del sito, d’altra parte, non significa certo perorare necessariamente la causa del mantenimento di una sua destinazione omogeneamente e imperituramente produttiva – essendo magari mossi da una qualche nostalgia filonuclearista – né corrisponde all’attaccamento ad un passato che non può essere più. Non una volta, infatti, ma ora permangono, in quello stesso sito, oltre alle strutture dimesse della centrale, le infrastrutture di una stazione elettrica in pieno esercizio che costituisce uno dei nodi principali del sistema di trasmissione dell’energia elettrica lungo la dorsale tirrenica.

Se partissimo da questo passato-presente energetico del sito dovremmo tener conto che ogni eventuale ipotesi di sua prosecuzione, in qualsiasi forma, andrebbe inquadrata nei principali elementi di politica energetica comunitaria, nazionale e regionale.

A scala sovranazionale si dovrebbero considerare i seguenti obiettivi:

- inserire la politica energetica nelle finalità generali della politica economica comunitaria, basata sull’integrazione del mercato, la deregolamentazione, la limitazione dell’intervento pubblico allo stretto necessario per tutelare l’interesse e il benessere dei cittadini, lo sviluppo sostenibile, la tutela dei consumatori e la coesione economica e sociale (Libro bianco sulla politica energetica dell’Unione europea);

- gestire le imprese elettriche nella prospettiva di conseguire un mercato dell’energia elettrica concorrenziale (Direttiva 96/92/Ce in materia di mercato interno dell’energia elettrica);

- aumentare la quota di gas naturale e di fonti di energia rinnovabile nel bilancio energetico (Programma quadro pluriennale di azioni nel settore dell’energia e misure connesse).

A scala nazionale si tratterebbe di:

- perseguire degli obiettivi del vecchio piano energetico nazionale (1991), ancora considerabili d’attualità alla luce del programma nazionale per il contenimento delle emissioni di anidride carbonica, relativi a risparmio d’energia, protezione dell’ambiente, diversificazione delle fonti e delle provenienze geopolitiche, competitività del sistema produttivo, da conseguire tramite le strategie operative relative a copertura della domanda futura, riduzione delle emissioni e limitazione del numero delle nuove centrali attraverso interventi di ammodernamento e di ripotenziamento del parco esistente.

A scala regionale si dovrebbe tener conto della necessità di:

- perseguire gli obiettivi formulati dal piano energetico regionale (Per) del Lazio, riconducibili agli indirizzi principali relativi a competitività, flessibilità e sicurezza del sistema energetico e produttivo e all’uso razionale e sostenibile delle risorse, nell’ambito dei quali si inquadrano gli obiettivi relativi a tutela dell’ambiente, sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e risparmio energetico;

- attuare gli interventi settoriali per lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili previsti dallo stesso Per, tra cui è contemplato l’utilizzo dell’energia da biomasse vegetali nelle aree territoriali – come la Provincia di Latina – a elevata concentrazione di residui utilizzabili per fini energetici.

Alla considerazione delle politiche energetiche andrebbe inoltre affiancata la più generale considerazione delle politiche produttive e di servizio locali, così riassumibili:

- perseguimento della finalità generale dello schema di piano territoriale generale regionale (Ptgr) volta alla ridistribuzione territoriale e all’interconnessione delle funzioni centrali (grandi servizi) nel territorio, così da realizzare, in luogo di un insieme di poli isolati, una rete regionale, diffusa e interdipendente di aree di centralità urbana che innervi e unifichi funzionalmente la struttura insediativa regionale;

- attuazione, in relazione alla suddetta finalità, di un modello di assetto generale di Ptgr articolato in tre sistemi funzionali – ambientale, insediativo e relazionale – e in sei sottosistemi localizzativi, unificati dal reticolo continuo delle riserve e dei parchi, coincidenti con le cinque province (Latina inclusa) più la Città metropolitana;

- localizzazione, per realizzare il modello di assetto proposto, di medie e grandi strutture di servizio e attività strategiche di livello sovracomunale interconnesse da efficienti collegamenti viari e di trasporto per determinare un sistema con margini di autonomia sempre più consistenti rispetto a Roma;

- perseguimento, per l’attuazione dello stesso modello di assetto, dell’obiettivo generale di indirizzare e sostenere sul territorio regionale i processi in corso di rilocalizzazione, ristrutturazione e modernizzazione delle sedi industriali e delle relative reti di trasporto;

- perseguimento del suddetto obiettivo generale tramite il perseguimento dell’obiettivo specifico di riorganizzare, aggregare e qualificare i comprensori produttivi regionali con interventi differenziati in rapporto alle esigenze; nel caso specifico si tratta precisamente del Parco nord pontino (Aprilia, Anzio, Latina) che, per quanto riguarda Latina, si incardina sull’asse della Ss 148 Pontina ed è attualmente rappresentato, nell’area più prossima alla centrale, dagli insediamenti produttivi attestati lungo la Pontina intorno allo svincolo con la strada Ninfina II, tra il Canale della Acque Alte a est e la zona di Castelverde a ovest;

- perseguimento di un complementare obiettivo generale, volto a indirizzare e sostenere i processi di decentramento e sviluppo locale delle funzioni superiori in tutto il territorio regionale, perseguendo anche, tra l’altro, l’obiettivo specifico di dilatare spazialmente il nucleo delle funzioni di eccellenza, anche tramite la riorganizzazione dell’offerta ad esse relativa, in dieci sistemi integrati di centralità urbane strategiche, tra cui quella dell’area pontina (Latina), nonché l’obiettivo specifico di integrare in una rete regionale unitaria di centralità urbane le funzioni rare (di livello regionale), oltreché superiori (di livello provinciale) e intermedie (di livello sub-provinciale).

Un’attività di progettazione immaginativa del sito della centrale non potrebbe, infine, tralasciare la considerazione delle altre politiche territoriali, quelle meno strettamente legate al suo passato-presente produttivo, ma fortemente riferibili alle valenze ambientali di un’area adiacente ad uno dei canali principali di bonifica (Canale delle Acque Alte) e appena dietro il tratto di litorale compreso tra il Canale stesso e la foce del fiume Astura.

Sotto il profilo paesistico tali politiche prevedono, in sintesi:

- la protezione e valorizzazione dell’insieme dei valori paesistici, naturali e archeologici vincolati e come tali disciplinati dal piano territoriale paesistico (Ptp) n. 10 Latina, tra cui ricadono ope legis, per ciò che interessa più da vicino la centrale, il Canale delle Acque Alte e una fascia di profondità di 150 m per lato a partire dalle sponde o dal piede degli argini – nonché l’intera area della centrale, individuata dal Ptp come zona boscata (benché in realtà l’area boscata occupi solo una parte marginale del sito) e una zona di interesse archeologico nella parte nord-est dell’area;

- la tutela integrale del tratto di litorale a ovest della foce del Canale delle Acque Alte in cui la conservazione dello stato dei luoghi e delle risorse naturali va perseguita come fine primario e prioritario rispetto a qualsiasi altro intervento;

- la conservazione dello stato dei luoghi di un’area più interna – in cui si ritiene opportuno un alto livello di tutela ambientale contestuale ad una fruizione maggiore rispetto alle aree di tutela integrale – che in prossimità della foce dell’Astura si fonde con la suddetta area di tutela integrale, andando così a comprendere tutta la zona di Torre Astura e il suo retroterra fino a Nettuno;

- il controllo, tramite diverse categorie di tutela, dell’immagine complessiva nella zona di vincolo paesaggistico del Lido di Latina, cioè tra la sponda est della zona di foce del Canale delle Acque Alte (Fosso del Moscatello) – in asse con il retrostante Borgo Sabotino – e il limite del Parco nazionale del Circeo che dista di lì circa 5 km e coincide con la sponda ovest del Lago di Fogliano e con l’antistante litorale di Capo Portiere.

Le politiche territoriali riguardano:

- l’identificazione del Canale delle Acque Alte, del fiume Astura e del litorale con altrettanti elementi naturali (sistemi idro-morfologico-vegetazionali) del reticolo ambientale individuato dallo schema di Ptgr (Sistema ambientale) per perseguire l’obiettivo specifico di proteggere i reticoli ambientali e al fine di perseguire l’obiettivo generale di proteggere il patrimonio ambientale, naturale, culturale;

- l’utilizzo del reticolo ambientale di Ptgr per la definizione della rete e dei circuiti turistici, con l’obiettivo specifico di incentivare la fruizione turistica delle aree e dei beni di interesse ambientale, funzionale all’obiettivo generale volto a valorizzare il turismo, sostenere lo sviluppo economico e incentivare la fruizione sociale;

- il completamento dell’iter dei piani paesistici e del piano dei parchi e delle riserve – principale azione finalizzata al riordino e coordinamento della pianificazione di settore nel sistema ambiente di Ptgr – teso a realizzare l’integrazione tra tutela e valorizzazione ambientale, promozione sociale e sviluppo ambientale;

- la protezione del patrimonio ambientale, naturale, culturale dell’insieme territoriale di interesse ambientale n. 6 – litorale pontino e gaetano – comprendente, oltre alla fascia litoranea e al retroterra di Torre Astura, il promontorio del Circeo, la Piana di Fondi e i primi rilievi costieri alle spalle di Gaeta;

- la trattazione omogenea del comprensorio di Torre Astura e del Parco del Circeo anche da parte dello schema di Ptgr, che inserisce il parco nell’insieme territoriale di interesse ambientale n. 6 di cui si è detto sopra (litorale pontino e gaetano compreso tra Nettuno e lo sbocco del Liri Garigliano);

- l’identificazione, all’interno del Parco nazionale del Circeo, dell’ambito naturalistico di specifico e rilevante interesse ambientale costituito dai laghi di Fogliano, Monaci, Caprolace, Paola e Dune costiere, e comprendente quindi i siti di importanza comunitaria (Sic) dei laghi di Fogliano, Monaci, Caprolace e Pantani dell’Interno, del lago di Sabaudia, dei laghi costieri del Parco nazionale del Circeo (costituenti anche una zona di protezione speciale – Zps) e delle Dune del Circeo, come una delle componenti più preziose del patrimonio ambientale;

- l’inserimento nel reticolo ambientale principale degli ulteriori Sic dei fondali tra Torre Astura e Capo Portiere e tra Capo Portiere e Lago di Caprolace.

A scala urbana le politiche pertinenti si identificano essenzialmente con:

- la destinazione ad arenile pubblico (piano regolatore generale di Latina) della suddetta fascia di tutela integrale di Ptp compresa tra le foci del Canale delle Acque Alte e del fiume Astura, e a verde attrezzato (sportivo) della zona immediatamente retrostante – già interessata da insediamenti residenziali spontanei – che separa l’area della centrale esistente, con le sue pertinenze e le sue immediate adiacenze rurali, dalla fascia litoranea;

- la stessa tutela integrale prevista dal Ptp nell’area del Parco nazionale del Circeo per il comprensorio di Torre Astura, con bordature verso l’entroterra classificate come aree a verde per uso collettivo e a verde attrezzato.

In un’ottica progettuale volta a rendere proficua l’innegabile tendenza alla dissoluzione di quello che Lynch definirebbe un episodio (l’uso energetico nucleare) dell’interazione continua tra uomo e uno specifico sito, le politiche riguardanti l’area della centrale desumibili dagli strumenti di programmazione e pianificazione settoriale, paesistico-territoriale e urbanistica, sopra sommariamente riassunte, non possono essere interpretate alla stregua di ordini da eseguire, anche quando si danno come tali. Una progettazione immaginativa richiede l’interpretazione immaginativa di ogni altra forma di pianificazione e progettazione concorrente. E del resto una tale interpretazione è resa oramai possibile dalle forme concertative e negoziali che oggi affiancano, sebbene in modo spesso ancora spurio e contraddittorio, il sistema di pianificazione tradizionale. Se la progettazione territoriale immaginativa si dà come contesto di altre azioni progettuali e realizzative, anche le azioni di piano e progetto che l’hanno preceduta non possono che essere interpretate come contesti di riferimento. O come spunti immaginativi. Che, nel caso specifico, possono contribuire a tratteggiare una prima immagine evolutivamente dissipativa del sito, basata sui seguenti, fondamentali elementi di integrazione tra aspetti ambientali, produttivi, infrastrutturali e di servizio:

- considerato il grado di infrastrutturazione specifica e la politica ancora perseguibile di limitazione del numero delle nuove centrali attraverso interventi di ammodernamento e di ripotenziamento del parco esistente, l’area dell’attuale centrale potrebbe tuttora essere destinata, almeno in parte, ad un eventuale nuovo insediamento energetico volto a corrispondere all’esigenza di concorrere a coprire il crescente fabbisogno nazionale di energia elettrica e, a livello regionale, sia a sopperire ai crescenti fabbisogni di energia stimati nel Per Lazio, sia ad attenuare la pressoché totale dipendenza energetica regionale dall’esterno, nonché a diversificare le fonti di energia primaria ridimensionando la forte dipendenza regionale dai prodotti petroliferi, proprio nel settore – quello della produzione di energia elettrica – che maggiormente la determina;

- è chiara la preferibilità, per un sito come quello in questione, di modalità alternative di produzione energetica, che non è detto coincidano con l’utilizzo della biomassa vegetale indicato dal Per Lazio per la Provincia di Latina, ma che potrebbero invece consistere nell’adozione di tecnologie ancora più dolci;

- in ogni caso, l’eventuale adozione di una tecnologia tradizionale di produzione energetica si giustificherebbe solo a condizione che il suo carattere fosse programmaticamente transitorio, cioè a condizione di prevedere, già in sede di proposta, un ciclo di vita più possibile breve e volto alla sostituzione con un impianto destinato all’utilizzo di una fonte rinnovabile;

- il carattere dolce della tecnologia di produzione energetica da adottare si sposerebbe bene non solo con le valenze ambientali del sito e dei suoi dintorni (Figura 1),

Figura 1 - La centrale e il tratto di costa antistante dalla spiaggia di Torre Astura

ma soprattutto con l’opportunità di fornire l’energia necessaria ad un utilizzo delle potenzialità turistico-ricreative del comprensorio (Figura 2), con i connessi forti picchi stagionali di fabbisogno;

Figura 2 - La centrale e la costa dalla pineta di Torre Astura

 

- la zona in questione, infatti, potrebbe costituire – anche in relazione a quanto previsto dal piano regolatore generale di Latina – il segmento di litorale relativamente più antropizzato e di servizio rispetto ai tratti di eccezionale valore paesistico-ambientale di Torre Astura (Figura 3) e del Parco del Circeo, senza per questo giungere al grado di intenso sfruttamento raggiunto dal limitrofo Lido di Latina, la cui attenta valorizzazione e riqualificazione, peraltro, potrebbe comunque contribuire a configurare un sub-insieme di ambiti litoranei distinti ma collaboranti, sia in senso funzionale che ambientale, di quell’insieme di interesse ambientale regionale individuato dal Ptgr nel litorale pontino e gaetano;

Figura 3 - La pineta di Torre Astura

 

- tale sub-insieme coordinato di ambiti litoranei, inoltre, potrebbe a sua volta collaborare, anche tramite l’assetto del sito stesso della centrale, con l’attuazione delle politiche di Ptgr relative alla tutela e all’utilizzo del reticolo ambientale per l’incentivazione della fruizione turistica delle aree interne;

- in altre parole, il sito e i suoi dintorni potrebbero essere utilizzati per realizzare, in armonia col Ptgr, forme di riconnessione fisica e funzionale dell’area costiera con la zona di monte, ovverosia di connessione tra una porzione dell’insieme di interesse ambientale litorale pontino e gaetano – coincidente con il tratto di costa prossimo alla centrale compreso tra Foce Verde e Torre Astura – e l’insieme di interesse ambientale Montagna costiera, costituito dalla dorsale Lepini-Ausoni-Aurunci;

- contemporaneamente, la capacità di produzione energetica del nuovo impianto non solo si porrebbe a servizio anche delle utenze industriali del distretto di Latina – che secondo il Ptgr vanno riorganizzate, aggregate e qualificate nel parco di attività produttive Nord Pontino localizzato poco distante dalla centrale – ma lo stesso insediamento potrebbe essere visto come una propaggine del parco o meglio come un nodo di quella rete di funzioni superiori di cui “sostenere i processi di decentramento e sviluppo locale in tutto il territorio regionale”, anche al fine di “integrare in una rete regionale unitaria di centralità urbane le funzioni rare” (Ptgr);

- tale carattere nodale e urbano risulterebbe ulteriormente rafforzato se concepito in modo integrato con il riutilizzo per funzioni di ricerca della centrale nucleare Cirene, adiacente a quella dimessa e mai attivata in seguito al referendum del 1987.

Naturalmente l’embrione di immagine appena tratteggiato è fortemente condizionato – non necessariamente solo in senso negativo – dalla questione scorie, o meglio dalla permanenza o meno in sito di tutte o parte delle scorie prodotte durante il ciclo di funzionamento della centrale. Ho già detto che tale condizionamento risente della mancata quanto problematica individuazione, almeno finora, del sito nazionale unico di smaltimento, senza la quale non sarebbe possibile attuare l’ipotesi di greenfield attualmente perseguita dalla società che gestisce l’impianto.

Ma il greenfield non è evidentemente l’unica ipotesi di assetto dell’area della centrale, così come il reperimento del sito unico di smaltimento non è l’unica politica ipotizzabile per lo smaltimento delle scorie già prodotte dai quattro impianti di energia nucleare che sono stati eserciti in Italia (Latina, Garigliano, Trino e Caorso) e, non dimentichiamolo, ancora prodotte per altri scopi non energetici (ad esempio scorie a bassa e media radioattività derivanti dell’uso dei radioisotopi in campo industriale, ospedaliero e nella ricerca).

Si tratta certo di questioni sulle quali non può incidere direttamente una progettazione territoriale di sito. Essa, tuttavia, in una situazione così incerta, dovrebbe essere tanto flessibile da incorporare diverse possibili evoluzioni, compresa quella della sistemazione in posto delle scorie già prodotte, o per lo meno della loro permanenza in sito per lungo tempo.

Riepilogando, un’immagine evolutivamente dissipativa dell’area della centrale nucleare dismessa dovrebbe coinvolgere, a partire dall’ambito di stretta pertinenza dell’impianto, gli ambiti plurimi a cui inevitabilmente si estenderebbe l’interazione tra attività ipotizzabili e intorno ambientale e territoriale.

In un’ottica ecologica non-dualistica, inoltre, una tale immagine dovrebbe perseguire l’integrazione tra aspetti ambientali e aspetti tecnologici tramite due ulteriori forme di integrazione: tra scale di intervento e tra ipotesi progettuali e previsioni di piano. Quest’ultima forma di integrazione comporta necessariamente l’interpretazione della pianificazione sovraordinata come semplice cornice di riferimento per il processo di piano, cosa del resto consentita dalle attuali forme concertative e negoziali di piano e programma. D’altra parte tale funzione di cornice all’azione di autonomi soggetti decisionali non dovrebbe essere riservata alle altre forme di piano, ma dovrebbe essere assunta come carattere precipuo della stessa immagine co-evolutiva, necessitando comunque sempre le ipotesi progettuali di ulteriori evoluzioni e del concorso di differenti attori per la loro eventuale realizzazione.

 

 

Note

 

1 Per una trattazione più estesa di questo argomento mi permetto di rimandare a De Bonis L. (2001), Mappe coevolutive, in Scandurra E., Cellamare C., Bottaro P., “Labirinti della città contemporanea”, Meltemi, Roma.

2 Lynch K. (1990), Wasting away, Sierra Club Books, San Francisco, trad. it. Deperire. Rifiuti e spreco nella vita di uomini e città, a cura di M. Southworth e V. Andriello, Cuen, Napoli, 1992, p. 213.

3 Analisi territoriali e ambientali per i quadri di riferimento programmatico e ambientale dello studio di impatto ambientale del progetto di decommissioning della centrale nucleare di Borgo Sabotino – Latina, Convenzione tra Sogin spa e Dipartimento di Architettura e Urbanistica per l’ingegneria dell’Università di Roma “La Sapienza”, responsabile scientifico Prof. Alberto Budoni, gruppo di lavoro: Prof. Alberto Budoni, Arch. Luciano De Bonis, Ing. Patrick Maurelli (coordinamento), Arch. Carlo Buccheri, Dott. Alessandro Cinnirella, Dott.ssa Roberta D’Achille, Dott. Marco Lestini, Ing. Federica Pala, Ing. Gualtiero Poso, Prof. Maurizio Quoiani, Prof. Franco Squicciarini, Dott. Luca Squicciarini.

4 Ibidem, Rapporto finale, in part. cap. 3a “Definizione del quadro di riferimento degli attori del contesto socio-decisionale”, a cura di D’Achille R. e Squicciarini L., 2003.

5 Lynch K., cit., pp. 213-215.

6 De Bonis L., cit.

7 Dematteis G., Progetto implicito. Il contributo della geografia umana alle scienze del territorio, Franco Angeli, Milano, 1995.

8 Lynch K. and Hack G., Site planning, MIT Press, Cambridge, Mass., 1984.

 

 

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