Numero 10/11 - 2005

 

      

 

Area Vasta n. 10/11 Luglio 2004 - Giugno 2005 Anno 6

numero 10/11  anno  2005

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In copertina Lello Lopez,

Da lontano, 2004

acrilico su tela, cm 40x30.

Fotografia di Vince Gargiulo

 

ISSN 1825-7526

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Enrico Soprano

Alessandro De Angelis


 

Fra le ultime nel panorama nazionale, anche la Campania approda ad una propria legge organica sul governo del territorio. Enrico Soprano e Alessandro De Angelis ripercorrono i contenuti delle Lr 16/2004, soffermandosi sugli aspetti procedurali e operativi, cogliendone gli elementi fondativi e il contributo di innovazione alla produzione di strumenti urbanistici ai diversi livelli di pianificazione

 

 

Con la Lr 16/2004 si è per certi versi chiuso il cerchio dell’intensa attività normativa in materia edilizia e urbanistica che ha contrassegnato l’intero arco della legislatura regionale appena conclusa.

Le tappe più significative di tale iter sono rappresentate dalla Lr 19/2001, sul procedimento per il rilascio dei titoli abilitanti l’attività edilizia, che ha precorso – soprattutto in ordine alla denuncia di inizio attività – il testo unico approvato con Dpr 380/2001 (ed entrato in vigore soltanto nel 2003); dalla Lr 26/2002, sulla salvaguardia dei centri storici; dalla Lr 21/2003, che ha vietato l’edificazione a fini residenziali nella cosiddetta zona rossa dell’area vesuviana; e dalla Lr 10/2004, con la quale si è disciplinato il condono introdotto con il Dl 269/2003.

Ma la pressante priorità restava, comunque, la legge urbanistica – la prima e organica legge urbanistica – licenziata dalla Giunta regionale nel 2001 e approvata a stragrande maggioranza (un solo voto contrario) dal Consiglio regionale dopo quattro anni di intensa attività concertativa con enti locali, associazioni, ordini professionali e forze politiche.

La legge prende le mosse da un quadro di fatto disastroso: secondo una recente ricerca condotta dall’Università di Salerno1, soltanto 370 (su 551) comuni della regione sono dotati di Prg, 124 sono provvisti di programma di fabbricazione e 57 (quasi il 10%) non posseggono alcuno strumento urbanistico.

Non meno incoraggiante l’attività pianificatoria delle province campane, nessuna delle quali è dotata di un piano di coordinamento territoriale (Ptc) approvato; dato, quest’ultimo, che non sorprende più di tanto, a fronte di un contesto normativo regionale – quello vigente fino al dicembre 2004 – formatosi in un’epoca in cui la pianificazione di area vasta veniva praticamente ignorata.

Occorreva, dunque, ripensare i ruoli e i compiti dei singoli enti coinvolti nella pianificazione territoriale, anche e soprattutto a fronte della riforma del Titolo V della Costituzione, e attribuire contenuti e tempi certi ai processi di formazione dei singoli piani.

Per far fronte a queste esigenze, quindi, la Lr 16/2004, ha anzitutto attribuito elasticità ai 3 livelli (regionale, provinciale e comunale) in cui si articolano le funzioni pianificatorie: è stato così previsto, da un lato, che il piano territoriale regionale (Ptr, la cui proposta è già stata approvata dalla Giunta regionale) e il Ptc siano sottoposti a verifica quinquennale, in modo da essere continuamente aggiornati rispetto alle mutevoli esigenze del territorio, e dall’altro che mediante la formazione del Ptc o del piano urbanistico comunale (Puc), ciascun comune o provincia possa proporre, in attuazione del principio di flessibilità, modifiche sostanziali dei rispettivi atti di pianificazione sovraordinata.

In coerenza con gli stessi obiettivi – che imponevano l’accorpamento dei contenuti di più piani in un unico modulo – la provincia è diventata il principale attore della pianificazione di area vasta, e al Ptc sono stati attribuiti valore e portata di piano paesaggistico, di piano di bacino, di piano territoriale del parco e di piano Asi, in modo tale da offrire ai comuni in procinto di adottare e/o di variare un Puc un unico parametro di riferimento, comprensivo di tutte le prescrizioni di tutela che la previgente disciplina ripartiva tra più atti.

Ma le novità più significative non potevano non riguardare gli strumenti urbanistici, fino ad oggi ingessati all’interno di schemi procedurali e contenutistici troppo rigidi: basti pensare, ad esempio, ai tempi di formazione e approvazione dei Prg, che hanno spesso sfiorato (se non superato) il decennio – anche grazie alle frequenti restituzioni dei piani per la modifica sostanziale degli stessi – o al controllo di conformità, che appesantiva il procedimento di formazione dei Prg, riducendone oltremodo la spinta innovatrice.

Sentenze

 

Sul punto la Lr 16/2004 ha, anzitutto, innovato la ripartizione delle competenze tra Consigli e Giunte comunali: queste ultime promuovono la proposta di Puc e approvano i piani urbanistici attuativi (Pua) ad essi conformi – e che, in quanto tali, non necessitano più del controllo di conformità provinciale, che risulterebbe un’inutile duplicazione dell’istruttoria già svolta dalla provincia in sede di approvazione del Puc – mentre i Consigli adottano il Puc e approvano il regolamento edilizio urbanistico comunale (Ruec) e gli atti di programmazione degli interventi (che hanno durata triennale, disciplinano la nuova edificazione e la riqualificazione dell’edificato esistente e individuano le opere pubbliche o di interesse pubblico, nonché le opere di urbanizzazione da realizzare nel predetto arco temporale), conservando quindi il ruolo di organo responsabile dell’attività di pianificazione comunale.

Ancora, mentre nel regime previgente il Consiglio comunale era tenuto, con due diverse delibere, ad adottare il Prg e a controdedurre alle osservazioni presentate dalla cittadinanza, la Lr 16/2004 accorpa tale duplice fase in un unico passaggio procedimentale, mediante il quale il Consiglio controdeduce alle osservazioni presentate, adotta il Puc e lo trasmette alla provincia per l’approvazione.

Attraverso tale meccanismo procedimentale, peraltro, i cittadini non formulano più le proprie osservazioni su di un piano già adottato, e quindi cristallizzato dalla volontà politica del Consiglio, ma hanno la reale possibilità di contribuire attivamente alla fase di adozione dello strumento urbanistico generale proponendone la modifica.

Infine il Puc, trasmesso alla provincia per la verifica di conformità con la normativa statale e regionale vigente, e di compatibilità con gli strumenti di pianificazione sovracomunale, diviene oggetto, in caso di esito negativo di tale verifica, di una conferenza di pianificazione (presente anche nel procedimento di approvazione del Ptr e del Ptc), a cui partecipano organi provinciali e comunali.

Nel corso della conferenza il piano viene direttamente modificato – evitando così correzioni unilaterali da parte del comune soggette ad un’ulteriore istruttoria provinciale – per poter essere approvato (dal Presidente dell’amministrazione provinciale previa semplice delibera di Giunta) dopo la conclusione della stessa ed entrare, quindi, in vigore.

I medesimi principi di partecipazione e semplificazione ispirano anche l’istituto degli accordi di programma, i cui effetti producono, per espressa previsione di legge, la modifica degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, ivi inclusi, ad esempio, i piani paesistici (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, Sentenza n. 25/2001).

Proprio in virtù degli ampi riflessi urbanistico-territoriali prodotti dagli accordi di programma, è stato stabilito che al procedimento preordinato alla stipula dell’accordo partecipano sia i proprietari delle aree interessate dai relativi interventi (a cui è data peraltro la possibilità di formulare osservazioni a seguito della pubblicazione della documentazione occorrente alla stipula dell’accordo medesimo), sia le organizzazioni portatrici di interessi diffusi.

Inoltre, allo scopo di assicurare il costante aggiornamento delle modifiche apportate dagli accordi di programma sugli atti di pianificazione, è stato istituito presso la Giunta regionale un apposito settore, incaricato di esprimere il parere della regione nel corso delle conferenze di servizi all’uopo convocate.

Tale settore ha anche il compito di gestire il sistema informativo territoriale, chiamato a costituire e a gestire la banca dati cartografica e normativa, aperta alla consultazione di tutti gli enti locali, in cui affluiscono tutti gli atti di pianificazione territoriale e urbanistica.

Quanto alle modalità di attuazione della pianificazione comunale, la legge dà ampio spazio, oltre ai Pua di cui si è detto, alla perequazione urbanistica – che ha lo scopo di distribuire equamente, tra i proprietari di immobili interessati dalle trasformazioni previste dal Puc e dagli atti di programmazione degli interventi, diritti edificatori e obblighi nei confronti del comune o di altri enti pubblici, e che si attua mediante l’attribuzione di quote edificatorie, liberamente commerciabili, a ciascun proprietario – e alle società di trasformazione: alle tradizionali società di trasformazione urbana (introdotte dall’art. 120 del DLgs 267/2000) sono state affiancate le società di trasformazione territoriale (Stt), chiamate a realizzare interventi a carattere sovracomunale (è già in corso lo studio di fattibilità per la creazione della prima Stt in Italia avente a oggetto l’area vesuviana).

È stato poi affrontato l’annoso problema della decadenza dei vincoli urbanistici, la cui reiterazione, in conformità al costante insegnamento della Corte costituzionale, è ammessa soltanto a condizione che la stessa sia motivata e accompagnata dalla previsione di un equo indennizzo, calcolato ai sensi del Dpr 327/2001, in favore dei proprietari incisi dai medesimi vincoli.

Infine, allo scopo di garantire l’effettività del nuovo sistema della pianificazione, la legge regionale assicura supporti tecnici e finanziari per la predisposizione degli strumenti urbanistici a favore dei comuni che ne facciano richiesta – primi fra tutti quelli sprovvisti di strumenti urbanistici – e sanziona l’inerzia di Comuni e province con la previsione di interventi sostitutivi esercitati, entro termini perentori, dagli enti sovraordinati (a seconda dei casi, provincia o regione).

 

 

Note

 

1 Cfr. Edilizia e Territorio, 10 gennaio 2005, pag. 5.

 

 

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