Numero 10/11 - 2005

 

Il governo del territorio  

 

Area Vasta n. 10/11 Luglio 2004 - Giugno 2005 Anno 6

numero 10/11  anno  2005

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In copertina Lello Lopez,

Da lontano, 2004

acrilico su tela, cm 40x30.

Fotografia di Vince Gargiulo

 

ISSN 1825-7526

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pianificazione e programmazione in Toscana


Giuseppe De Luca

Marco Gamberini


 

La Regione Toscana ha concluso, con la Lr 1/2005, il processo di sistematizzazione delle norme e degli strumenti che attengono al governo del territorio, inteso come risorsa collettiva che esprime un proprio carattere in quanto risultato di azioni sociali di lungo periodo. Giuseppe De Luca e Marco Gamberini descrivono le novità introdotte dalla legge regionale il cui scopo fondamentale è stabilire legami stretti tra la programmazione dello sviluppo e le forme di governo del territorio, raccogliendo sul tema l’opinione dell’Assessore all’urbanistica Riccardo Conti

 

 

Il processo di sistematizzazione delle norme e degli strumenti per il governo del territorio – dopo quasi dieci anni di prove innovative legate alla Lr 5/1995 e a tre anni dalle modifiche della Costituzione del 2001 – si è concluso. Con la Lr 61/2004 sono state approvate modifiche e integrazioni alle Norme sulla programmazione regionale e con la Lr 1/2005 sono state emanate le nuove Norme del governo del territorio. Quest’ultima legge ha assunto anche la forma di un vero e proprio compendio, con un riordino e una sincronizzazione delle diverse norme disperse in tutte quelle materie che direttamente o indirettamente attengono al governo del territorio (dal recupero del patrimonio edilizio esistente agli interventi di trasformazione nelle zone a prevalente funzione agricola, dalla normativa edilizia alla disciplina paesaggistica, dalla mobilità alla gestione dei tempi, ai porti e approdi turistici, fino a giungere alla bioarchitettura e alla difesa del suolo, nonché ai temi collegati). Un dispositivo normativo imponente di 210 articoli.

Il modello Toscana ha trovato così una più stabile organizzazione con una scelta radicale: stabilire dei legami stretti e non formali tra la programmazione dello sviluppo e le forme del governo del territorio. Ciò ha portato a ripensare al rapporto tra gli enti istituzionali e anche a ridefinire contenuti, ruolo ed efficacia della tecnica degli strumenti dell’azione istituzionale.

Nel modello Toscana il governo del territorio è inteso come “l’insieme delle attività relative all’uso del territorio, con riferimento sia agli aspetti conoscitivi che a quelli normativi e gestionali, riguardanti la tutela, la valorizzazione e le trasformazioni delle risorse territoriali e ambientali”. Da ciò emerge la nozione di territorio come risorsa collettiva, che esprime un proprio carattere in quanto risultato di un’azione sociale di lungo periodo. Proprio per questo qualsiasi progetto di trasformazione o forma di governo necessita di una collaborazione interistituzionale degli enti, che di fatto hanno la competenza in materia, e il coinvolgimento delle comunità insediate; e al contempo deve assicurare il coordinamento delle politiche e la sinergia delle intenzionalità di tutti i settori e di tutti i soggetti che incidono sulle risorse stesse.

Il governo del territorio è, quindi, il mezzo in mano alle istituzioni pubbliche per rendere coerente l’intenzionalità dei programmi politici con le politiche del territorio e con quelle della programmazione, e questa con i programmi di sviluppo e i soggetti locali.

Come si manifesta concretamente questo collegamento? Prima di tutto dividendo in due la forma del piano: una che contiene il cosiddetto statuto del territorio; l’altra che contiene obiettivi, indirizzi e azioni progettuali strategiche. Secondariamente affidando ad un unico procedimento amministrativo il compito di formalizzare i piani, o i programmi nel caso delle politiche settoriali.

Figura 1 - Interdipendenza nei processi di pianificazione e programmazione in Toscana

 

Lo snodo intorno al quale ruota il riordino è, quindi, lo statuto e il procedimento unificato. Mentre il secondo ha una organizzazione di natura procedurale e di rapporti tra gli enti, il primo ha a che fare con il nucleo fondativo della pianificazione territoriale e urbanistica.

Perché è importante lo statuto nel riordino operato in Toscana? Perché esso contiene le invarianti strutturali – la principale innovazione introdotta con la precedente Lr 5/1995, ora abrogata in quanto assorbita nella nuova legge – cioè le risorse, i beni e le regole relative all’uso, nonché i livelli di qualità e le relative prestazioni minime che si intendono sottoporre a tutela per garantirne nel tempo il beneficio che la società ricava dal loro uso.

Lo statuto, dunque, comprende gli “elementi cardine dell’identità dei luoghi” e la sua costruzione deve portare a “percorsi di democrazia partecipata delle regole di insediamento e di trasformazione del territorio interessato”.

Lo statuto del territorio – obbligatorio per tutti i livelli della pianificazione – dettaglia, dunque, i principi della territorialità, rappresentativa di tutti gli elementi fisici, morfologici, culturali, ecc., da rispettare nel lungo periodo sia dagli atti di pianificazione che dagli atti di programmazione; al contempo è la griglia delle regole non negoziabili del territorio: i principi per l’utilizzazione e per le prestazioni delle risorse e le regole evolutive del paesaggio. Proprio per questo contiene anche il piano paesaggistico, così come identificato dal recente Codice Urbani, rappresentando, quindi, una sorta di proiezione al futuro delle regole non negoziabili.

In virtù di questa sua funzione di contenitore delle regole è anche lo strumento di valutazione per tutta l’intenzionalità istituzionale a tutti i livelli: è la matrice prima che misura la sostenibilità delle azioni di trasformazione, perché contiene tutto ciò che non può essere negoziato.

L’impostazione tecnica e la scelta di politica amministrativa è stata recepita prima di tutto nel riordino della normativa sulla programmazione regionale (la già citata Lr 61/2004). Si dispone, infatti, la dipendenza degli effetti territoriali delle strategie contenute nel programma regionale di sviluppo (Prs) dallo statuto del territorio del piano di indirizzo territoriale della regione1, che è lo strumento principale della filiera individuata dalla nuova legge.

Legge regionale Toscana 1/2005

 

Quali sono gli attrezzi dell’agire istituzionale?

Anche qui un profondo riordino con una sottolineatura, che farà certamente discutere: il governo del territorio è perseguito mediante gli strumenti della pianificazione territoriale (il piano di indirizzo territoriale regionale, il piano territoriale di coordinamento provinciale, il piano strutturale comunale) e anche attraverso gli atti del governo del territorio (regolamento urbanistico comunale, piani complessi di intervento, piani attuativi degli strumenti della pianificazione territoriale, e qualora incidano sull’assetto costituito dagli strumenti della pianificazione territoriale in vigore, anche i piani e i programmi di settore, accordi di programma e gli altri atti della programmazione negoziata comunque denominati).

La doppia distinzione tra strumenti e atti è un altro tassello del riordino normativo introdotto per cercare di adattare le forme dell’azione amministrativa alla contemporaneità del veloce mutamento delle relazioni sociali, economiche e culturali da cui prende forma il territorio attuale. Le nuove dimensioni di riferimento del mercato innescano, infatti, competizioni estese – quasi sempre sganciate da regolazioni nazionali o regionali – e fanno emergere forme locali di sviluppo e di organizzazione che, per competere nella tendenza all’omologazione del mercato globale, hanno bisogno di valorizzare le proprie specificità socio-economiche, ma soprattutto territoriali.

Ma ritorniamo alla forma del piano.

Tutti gli strumenti della pianificazione territoriale, accanto alla parte statutaria devono contenere anche una parte strategica. Essa racchiude ed esplicita gli aspetti operativi e gestionali attraverso delle azioni e dei progetti, in connessione con la programmazione economica nel medio periodo (eventualmente anche legata all’arco di una legislatura). L’idea di fondo è duplice: prima di tutto spostare l’attenzione dei piani dal sistema della pura e semplice regolazione a quello della progettualità concreta e possibile; secondariamente a dare una sponda normativa ai piani strategici, così come questi hanno preso corpo nell’esperienza italiana, o, come direbbero i cultori anglosassoni, riportare la governance territoriale nel government ordinario.

Proprio per questa ulteriore sottolineatura i principi del governo del territorio – così come specificati prima – sono affermati anche per le azioni di settore. Spariscono dalle norme regionali relative i procedimenti ora previsti per la formazione e l’approvazione dei diversi piani e programmi, sostituiti dalla definizione di uno schema di procedimento unificato.

Vengono, così, ricondotti ai principi del governo del territorio i procedimenti di settore, il cui esito operativo induce effetti sul territorio e che, ad oggi, rispondono a criteri in varia misura separati, estranei, e talvolta conflittuali.

Come?

Affidando al soggetto titolare del procedimento la responsabilità della perfetta legittimità del piano o del programma e del relativo procedimento, non essendoci alcun soggetto sovraordinato che approva: assunto già presente nella precedente Lr 5/1995 e ora rafforzato eliminando le residue ambiguità. La nuova legge si colloca, infatti, sulla linea delle “intese” e della “leale collaborazione”, così come definite dalla sentenza 303/2003 della Corte costituzionale.

L’avvio del procedimento è il momento in cui il soggetto titolare provoca l’incontro e la sinergia di tutti i soggetti dai quali si attende un apporto di conoscenze, regole e obiettivi, e di quelli che per competenza sono tenuti a esprimersi. I soggetti interessati all’avvio non saranno solo i livelli istituzionali, ma tutti quei soggetti, pubblici e privati, la cui partecipazione il titolare del procedimento ritenga utili. Nel corso dell’iter il soggetto titolare del procedimento può attuare verifiche per la correttezza dello sviluppo progettuale e per eventuali correttivi. Elaborato il progetto, la sua legittimità e la compatibilità e coerenza con gli strumenti di riferimento viene certificata formalmente dalle strutture tecniche responsabili del procedimento (autocertificazione). Tutto avviene prima che l’organo politico istituzionale assuma le proprie determinazioni. Sono esclusi dall’obbligo di seguire tutti i passaggi del procedimento unificato (salvo che per l’autocertificazione) gli atti gestionali che sviluppino i propri effetti nell’ambito esclusivo delle competenze di un unico soggetto.

Per evitare patologie nei rapporti interistituzionali si è previsto un sistema di warning precoce (durante il procedimento unificato chi intende tutelare le proprie competenze viene interessato ordinariamente all’avvio del procedimento e prima dell’adozione dell’atto, e comunque ha facoltà di presentare osservazioni). In caso di divergenze si deve ricorrere ad un soggetto terzo (sino a oggi il giudice amministrativo) rappresentativo di tutti i livelli istituzionali. Nella Lr 1/2005 si è prevista una Commissione paritetica tra regione, province e comuni, alla quale si potrà rivolgere il soggetto che riterrà violate le proprie competenze, le prescrizioni del proprio strumento di pianificazione o la stessa legge. Il ricorso produrrà l’automatica sospensione dell’atto fino alle determinazioni del comitato. Sono peraltro previste misure di salvaguardia e poteri sostitutivi a tutela delle competenze di ciascun soggetto istituzionale.

Il procedimento unificato facilita – almeno nelle intenzioni del legislatore regionale – anche l’applicazione del sistema delle valutazioni integrate degli effetti ambientali/territoriali, economici, sanitari e sociali indotti dalle trasformazioni del territorio, dando attuazione robusta e ampia alla Direttiva 2001/42/Cee. Le valutazioni saranno effettuate prima dell’adozione. Quindi, passaggio da un modello di politiche settoriali, organizzate sul territorio regionale secondo logiche autoreferenziate, a modelli di politiche integrate e coerenti che facciano perno sull’intersettorialità, sul partenariato e sul radicamento con le specificità e territorialità di singoli e ben definiti spazi regionali.

In conclusione tutto l’impianto della nuova legge fa appello a un assunto di politica amministrativa: alle istituzioni pubbliche il compito di garantire le regole e i criteri per conservare il patrimonio collettivo e al rapporto pubblico/privato quello di elaborare progetti per lo sviluppo. La prima componente è legata allo statuto del territorio; la seconda alle azioni strategiche.

 

Intervista a Riccardo Conti, assessore all’urbanistica della Regione Toscana

 

 

Note

 

1 Così recita l’articolo 5 bis (Raccordo con la pianificazione del territorio) della Lr 61/2004: “1. Il Prs individua le strategie dello sviluppo territoriale, nel rispetto di quanto disposto dallo Statuto del territorio del Piano di indirizzo territoriale della Regione. 2. Le prescrizioni relative alle risorse essenziali del territorio, contenute negli atti di programmazione settoriale e intersettoriale, sono sottoposte ad accertamento di conformità e compatibilità con gli strumenti della pianificazione territoriale, secondo modalità e procedure definite dalla normativa regionale vigente in materia di governo del territorio”.

 

 

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