Da Colamonico al Corine: uso del suolo e usi
della cartografia
Date le note caratteristiche di Clc, non
pare azzardato l’aggancio storico alla
celebre Carta della utilizzazione del suolo
d’Italia (Colamonico, 1956-1963)1,
base di grande utilità, fra le altre cose,
anche per un collegamento didattico fra il
cartaceo e il Gis. La Carta, infatti, si
compone di 26 fogli corredati di 21 simboli
a colori, 19 dei quali relativi all’uso
agricolo e uno all’uso urbano. La sua base
di costruzione è una carta stradale del Tci
al 200.000, scala confacente al contenimento
di costi e numero di fogli, ma abbastanza
grande da riportare adeguati dettagli del
paesaggio agrario italiano (Manzi, 1999). La
storia della costruzione della Carta,
illustrata congiuntamente a quella del
Corine Land Cover, fornisce molti spunti
di riflessione intorno ai differenti tempi e
modi di lavorazione del cartaceo e del Gis;
in altri termini la vicenda stessa dei due
prodotti è un caso di studio. Il project
costruito con Clc non consente di scendere
grandemente nel dettaglio, come dimostra la
scarsità di poligoni relativi ai cambiamenti
(basti osservare, ad esempio, l’uso urbano);
inoltre rimane insoluto il problema della
visibilità delle infrastrutture2.
Tuttavia, nel caso proposto (l’Oltrepò
pavese), si presenta un paragone fra il
layout della Clc 2000 e uno stralcio del
foglio 6 (1965) della Carta.
Classificazione del paesaggio
La storia dei tentativi di classificazione e
misurazione del paesaggio è uno dei temi
ampiamente analizzati in letteratura; la
disamina riportata da Vallega (1978), in uno
dei suoi molti lavori in materia, fornisce
un quadro sintetico di alcune riflessioni
del Novecento. In svariate letterature si
annoverano tentativi di imbrigliare quella
struttura composita, definita paesaggio,
in sistemi di analisi e classificazione più
o meno rigidi, dai sistematici studi di
geografia del paesaggio terrestre (Biasutti,
1947) ai singolari tecnicismi del
Physiognomic landscape mapping, della
scuola olandese (si vedano le riflessioni
della Zerbi, 1993, pp. 153-183, passim).
La presenza e la persistenza di tanti
lodevoli sforzi tassonomici hanno sortito
l’effetto di sottolineare la necessità di
non trascurare alcun aspetto della
questione. È opportuno considerare tutti i
dati che segnalino sensibili variazioni
nell’uso del suolo (dalle quali,
notoriamente, discendono i mutamenti del
paesaggio antropizzato).
Il problema classificazione delle
cartografie e della loro generalizzazione è
stato inoltre il topic centrale di un
progetto internazionale di ricerca presso la
European commission awards fun-ding to
map generalisation software project; il
progetto Agent (Automated generalisation new
technology, 1997). Tale progetto ha visto
coinvolti tra i partners l’Institut
géographique national (Francia), la
Laser-Scan Ltd (Uk), l’Institut national
polytechnique de Grenoble (Francia),
l’Università di Edimburgo (Uk) e
l’Università di Zurigo (Svizzera). Lo scopo
del progetto Agent è stato quello di
produrre un nuovo software (basato su una
tecnologia multi-fattore) per il disegno
automatico di mappe, che tenga conto
congiuntamente dei tematismi presenti nella
cartografia e della scala di
rappresentazione necessaria a soddisfare le
esigenze dell’utente. Anche Lucc, Jrc-Bea e
la IV Commissione della International
society for photogrammetry and remote
sensing (www.isprs.org/) e i
Technical reports Bea e Jrc hanno
focalizzato l’attenzione sul progetto
I&Clc2000 e sul progetto Image 2000
(image2000.jrc.it/) implementando studi, nel
quadro della generalizzazione delle
cartografie e dei data base geografici,
sulle informazioni spaziali e mappe
digitali. Tale palinsesto risulta un utile
stating point del presente lavoro al
fine di proporre un’applicazione specifica
al territorio dell’Oltrepò pavese attraverso
il progetto Clc.
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Figura 1 - Clc 2000 e Carta della
utilizzazione del suolo d'Italia
(foglio 6, 1965): un esempio nell'Oltrepò
pavese |
La struttura composita della carta dell’uso
del suolo
La cartografia di uso del suolo rappresenta
la base dati più comunemente utilizzata per
rappresentare la struttura spaziale del
mosaico paesistico (dimensione, forma e
relazioni spaziali tra gli elementi
costitutivi). Attraverso la cartografia
Corine land cover (Clc) è stato pertanto
possibile costruire lo strato informativo di
riferimento per la rappresentazione del
mosaico paesistico a scala provinciale da
mettere a confronto con la superficie
urbanizzata. Prendendo in esame l’area dell’Oltrepò
pavese, che si estende per una superficie di
oltre 109.000 ettari, il mosaico paesistico
aumenta di complessità all’aumentare del
livello gerarchico (ad esempio il Clc 1.1).
In questo caso la tipologia strutturale
della cartografia appare caratterizzata da
tessere strutturate a poligoni appartenenti
a varie classi di uso e copertura del suolo
giustapposte come in un puzzle.
La costruzione del database di riferimento
utilizzato per la delimitazione del
paesaggio dell’Oltrepò pavese ha preso a
prestito diverse fonti.
Il modello matrice-macchie è stato
classificato attraverso i seguenti tematismi:
1. caratterizzazione della connettività
della rete infrastrutturale;
2. caratterizzazione della matrice alla
superficie urbanizzata;
3. calcolo di profili di diversità
paesistica e ambientale (vegetazione,
qualità arboree, ecc.);
4. identificazione delle classi di uso e
coperta del suolo che maggiormente
caratterizzano il mosaico paesistico;
5. tipizzazione socio-economica, attraverso
indicatori socio-economici e indici di
sintesi, elaborati a partire da dati Istat.
La dominante dell’iter metodologico della
caratterizzazione delle unità di
paesaggio (UdP) dell’area dell’Oltrepò
pavese è stato il database Clc 2000 al primo
livello di classificazione, ovvero il Clc1,
corrispondente alle seguenti classi:
1. superfici artificiali;
2. aree agricole;
3. boschi e ambienti semi-naturali;
4. aree umide;
5. acque superficiali.
Per identificare tali classi è stato inoltre
possibile in ciascuna UdP, o patch
del poligono, calcolare la metrica
Cohesion attraverso il software Fragstat
(McGarigal e Marks, 1995). I dati
cartografici riguardanti il territorio sono
stati successivamente integrati in ambiente
Gis (ArcWiew).
Benché non sia stato possibile scendere
grandemente nel dettaglio, quindi analizzare
con precisione piccole porzioni di
territorio caratterizzanti i singoli
poligoni, attraverso Clc 2000 è stato
possibile procedere ad una scelta di casi di
studio che evidenzino le macroscopiche
variazioni dell’uso del suolo. Per l’Oltrepò
pavese, dopo aver effettuato un’overlaying
con i limiti comunali, si può constatare
come le variazioni siano individuate da Clc
solo nell’ambito dei Comuni di Casei Gerola,
Corana, Voghera, Cervesina, Bastida
Pancarana, Bressana Bottarone, Bagnaria,
Romagnese e Santa Margherita di Staffora.
Le variazioni (peraltro scarse) si
concentrano nell’area nord-ovest dell’Oltrepò,
dunque le indagini effettuate in situ
(attività di surveyng, campagne
fotografiche, ecc.) sono state incentrate in
questa zona ed hanno anche permesso di
verificare l’accuratezza delle indicazioni
del geodatabase.
Nel Comune di Bagnaria, il passaggio
dell’1,6% del territorio comunale
(corrispondente a circa 264.000 metri
quadrati) dal codice 3.2.4 (aree a
vegetazione boschiva e arbustiva in
evoluzione) al 3.3.3 (aree con vegetazione
rada) potrebbe dipendere da un ripensamento
nella classificazione del poligono; ciò
sarebbe comprensibile poiché si tratta di
un’area golenale che nel layout non
risulta, così come non è presente il
torrente Staffora. D’altra parte, è noto
come molti corsi d’acqua siano riportati da
Clc come aree a vegetazione boschiva o
arbustiva, essendo, tuttavia, piuttosto
semplice individuarli.
Potrebbe sembrare un caso simile quello del
Comune di Bastida Pancarana, ove i quattro
poligoni del cambiamento si trovano lungo le
rive del Po; in questo caso, si tratta di un
territorio fortemente interessato dalle
piene del fiume, pertanto i poligoni sono
stati classificati come corsi d’acqua o
sabbie a seconda delle piene in atto al
momento della rilevazione. Infatti, uno di
questi poligoni (2,2% del territorio,
equivalente a oltre 300.000 metri quadrati)
passa dal codice 3.3.1 (spiagge, dune e
sabbie) al 5.1.1 (corsi d’acqua, canali e
idrovie); due attestano il passaggio
inverso, cioè, ovviamente, da 5.1.1 a 3.3.1,
(2% e 2,2%, entrambi corrispondenti a circa
30.000 metri quadrati); infine, si nota un
passaggio da 3.1.1 (boschi di latifoglie) a
2.1.1 (seminativi in aree non irrigue) del
3% di superficie (circa 41.000 metri
quadrati) individuata da un poligono che
confina col Po solo lungo il suo lato
minore.
Eguale indagine è stata effettuata per i
Comuni di Cervesina (dove l’1%, circa
130.000 metri quadrati passa da 5.1.1 a
3.3.1) e Corana (0,6%, circa 86.000 metri
quadrati, da 5.1.1 a 3.3.1), fortemente
interessati dai capricci del Po.
Per chiarire la posizione reciproca dei
cambiamenti e del Po, sono stati inseriti
nella view anche i codici dei corpi
idrici (da 5.1.1 a 5.2.3), pertanto non si
può fare a meno di notare un grosso poligono
5.1.2 nel Comune di Castelletto di Branduzzo;
si tratta, in realtà, di un gruppo di
specchi d’acqua, dovuti ad attività
estrattive, frammisti ad aree estrattive non
più attive.
Appare davvero singolare il passaggio da
3.2.1 (aree a pascolo naturale e praterie) a
2.4.3 (aree prevalentemente occupate da
colture agrarie con presenza di spazi
naturali importanti) di un’ingente
percentuale (4,2%, corrispondente a oltre
1.250.000 metri quadrati) nel territorio di
Romagnese. Nel citato comune,
effettivamente, esiste un’area (il Giardino
alpino di Pietra Corva) che, pur non essendo
propriamente uno spazio naturale, è
certamente da definirsi importante;
tuttavia, misura solo tre ettari ed esiste
dal 1967, il che induce a ritenere che,
anche in questo caso, una siffatta
variazione debba, nel complesso,
considerarsi come un ripensamento
nell’assegnazione dei codici. Infine, a
Santa Margherita di Staffora, lo 0,4% di
territorio che passa da 3.2.4 a 3.1.1 sembra
una normale evoluzione dell’area.
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Figura 2 - Clc 2000: variazioni
dell'uso del suolo nell'Oltrepò
pavese |
Vegetazione naturale e distribuzione
dell’urbanizzato
Le unità ambientali, individuate attraverso
l’analisi della classificazione gerarchica
del territorio dell’Oltrepò pavese,
strutturate in patch secondo il
modello Clc, tendono ad individuare ambiti
territoriali omogenei, se con
omogenei intendiamo definire quelle
caratteristiche comuni nei fattori naturali
e antropici. Sulla base dei dati raccolti
sono state analizzate le aree urbanizzate
con la vegetazione naturale (Vn) e
antropica (seminativi, aree coltivate,
ecc.). In particolare, l’impiego della
vegetazione naturale potenziale (Vnp di
Blasi et al, 2000a), se pur inteso come
datum non facilmente quantificabile, è
risultato essere un modello di riferimento
per analizzare e valutare la disposizione
spaziale delle diverse fisionomie e dei
diversi usi del suolo caratterizzanti il
mosaico dei poligoni presenti nella porzione
di territorio preso in esame, al fine di
misurare, attraverso indici espressi in
percentuale, l’eterogeneità del territorio
dell’Oltrepò pavese.
A livello di tipologia di Vnp si è
analizzato il mosaico di copertura del suolo
nell’insieme degli ambiti di distribuzione
di ogni serie di vegetazione (Vnp) e a
livello di poligono di Vnp si è analizzata
la copertura reale delle fisionomie e uso
del suolo in ogni singolo ambito di
distribuzione della serie di vegetazione.
In particolare, attraverso l’analisi per
tipologie di Vnp, ottenuta dall’integrazione
della carta della copertura del suolo con
quella relativa alla distribuzione della Vnp
(ambiti di pertinenza delle diverse serie di
vegetazione) ed elaborata in ambiente
ArcWiew, è stato possibile computare
l’estensione relativa della vegetazione
reale coerenti con la tipologia di Vnp,
ovvero la copertura percentuale dello stadio
di vegetazione matura (Vm), per
ciascuna tipologia di Vnp. Si è, quindi,
computato il contributo percentuale che ogni
serie di vegetazione fornisce alla copertura
della Vm nell’Oltrepò pavese.
È bene comunque affermare che dal project
si può dedurre la prevalenza e la tipicità
degli usi del suolo, anche se non si possono
ricavare dati precisi dalle tabelle degli
attributi. In realtà, per dimostrare quest’affermazione,
è sufficiente osservare la quantità e la
distribuzione dell’urbanizzato per notare
come in diversi comuni dell’Oltrepò pavese
addirittura non siano rilevati insediamenti.
In particolare, fra i casi di studio qui
considerati, il Comune di Bagnaria e quello
di Santa Margherita di Staffora sarebbero,
secondo Clc, privi di uso urbano, il che è,
ovviamente, falso.
Le superfici artificiali (dal codice 1.1.1
al 1.4.2) appaiono, dunque, palesemente
inferiori al reale anche senza un diretto
confronto con un geodatabase più
dettagliato. Peraltro sarà bene precisare
come la definizione superfici artificiali
a intendere quelle urbane e infrastrutturali,
sia scorretta poiché anche le superfici
agricole, benché verdi, sono da
considerarsi assolutamente artificiali (in
apparente contraddizione, il verde urbano è
compreso nella categoria superfici
artificiali).
Le variazioni delle superfici artificiali
individuate da Clc nell’Oltepò pavese
riguardano tre comuni: Bressana Bottarone,
dove l’1,8% del territorio, 230.000 metri
quadrati, passa da 2.1.1 a 1.1.2 (zone
residenziali a tessuto discontinuo e rado);
Casei Gerola, dove lo 0,2%, 58.000 metri
quadrati, passa da 2.1.1 a 1.2.1 (aree
industriali, commerciali e dei servizi
pubblici e privati) e lo 0,4%, circa 100.000
metri quadrati, passa da 2.1.1 a 1.3.1 (aree
estrattive); Voghera dove vi è un passaggio
da 2.1.1 a 1.2.1 dello 0,1% di superficie
che, trattandosi di un comune di grandi
dimensioni, corrisponde a 69.000 metri
quadrati. Effettivamente, fra i comuni
interessati alle variazioni secondo Clc,
questi ultimi tre sono quelli maggiormente
dotati di superficie urbanizzata, anche
stando ai dati Istat (Candura, 1997-1998).
Tuttavia, solo Bressana Bottarone (da 9,58%
nel 1991 a 16,4% nel 2000) e Casei Gerola
(da 5,44% a 10,6%) hanno dati Clc 2000
compatibili con quelli Istat 1991, mentre
Voghera, secondo Clc, avrebbe nel 2000 solo
il 13,4% di superficie urbanizzata, pur
avendo, già nel 1991, il 14,4%. Medesima
sorte tocca a Bastida Pancarana (da 2,9% a
2,5%) e Romagnese (da 3,9% a 0,8%).
Vari stadi di utilizzo di Clc per lo studio
del paesaggio oltrepadano
Si propone, pertanto, una visione generale
dell’uso del suolo dell’Oltrepò pavese
secondo Clc 2000, con due dettagli dell’area
Voghera-Casteggio, in una presentazione
congiunta di Clc 2000 e Carta (1965); questo
serve, ovviamente, a caratterizzare uno dei
principali tipi del paesaggio oltrepadano
(la coltivazione della vite), provando
quanto sia semplice estrarre questa
informazione dalle carte dell’uso del suolo.
Peraltro, si introduce l’efficacia della
trans-scalarità (Landini, 1999) nell’analisi
del paesaggio.
Viene, poi, visualizzato un layer
relativo ai cambiamenti con un dettaglio
dell’area a maggiore concentrazione di
poligoni; in questo caso, va sottolineato
come lo studio, pur prevedendo continui
ingrandimenti, non sia certo a grande scala,
ma abbia semplicemente lo scopo di
individuare le variazioni macroscopiche
(prevalentemente legate, nella fattispecie,
alle piene del Po).
Poiché, date le informazioni del suddetto
layer, si evincono, oltre a quello della
viticoltura, almeno altri due paesaggi
oltrepadani altrettanto tipici, ma ben meno
noti, l’ultimo stadio di trans-scalarità
sarà ancora un ingrandimento che presenti il
paesaggio golenale e l’urbanizzazione,
attraverso le immagini cartografiche e
fotografiche. La collocazione dell’hot
link (per l’inserimento delle
fotografie) nell’uno o nell’altro record
deve essere funzionale alla semplicità
espositiva, ma deve anche individuare la
particolare densità di un certo
aspetto paesaggistico.
La ricerca fotografica della tipicità è più
semplice per l’uso urbano, qui abbastanza
caratteristicamente discontinuo;
l’individuazione dell’area indicata dal
grosso poligono 1.1.2 in frazione Bottarone
non è stata difficile. Egualmente semplice è
stato individuare il 2.1.1 nel Comune di
Bastida Pancarana. Anche in tutti gli altri
casi, il problema non è stato individuare le
aree, né verificare l’accuratezza della loro
collocazione nell’ambito dei confini
comunali; piuttosto, trovandosi all’interno
di un’area, il problema è rappresentato
dalla scelta fotografica che dia una precisa
idea di quale sia l’aspetto di un’area
golenale massimamente variabile quale
questa.
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Figura 3 - Clc 2000: variazioni
dell'uso del suolo nel Comune di
Bastida Pancarana |
Le carte prodotte e le relazioni topologiche
La prima cartografia prodotta per il
project-Gis è stata l’uso del suolo in
scala 1:10.000. A partire dall’uso del suolo
in scala 1:10.000 è stata inoltre ottenuta
la carta in scala 1:25.0003,
mantenendo un maggior dettaglio per le
classi 1.1 e 1.2.
Infine sono state derivate la carta in scala
1:100.000 e un esempio di carta forestale al
100.000 al 3° livello.
Si è pertanto proceduto a effettuare analisi
statistiche su dati derivanti da operazioni
Gis effettuate sulla carta in scala 1:10.000
relativa alla zona in esame. Queste
operazioni sono state eseguite su elementi
vettoriali di tipo poligonale, in cui è
stata verificata la coerenza topologica;
ogni poligono della carta è definito da un
opportuno codice della legenda.
In particolare sono state analizzate, dopo
averle importate nel database di tipo
relazionale, le relazioni di adiacenza
tra i poligoni, esplicitando con ciò
informazioni di per sé già presenti nel Gis.
Il software di tipo Gis che opera in modo
topologico immagazzina in opportune tabelle
le proprietà topologiche dei poligoni; in
queste tabelle vengono riportati:
l’identificativo del poligono corrente,
l’identificativo del poligono adiacente,
l’identificativo dell’arco che li separa.
Importando nel database relazionale anche le
informazioni relative ai poligoni
(l’identificativo, l’area e il codice della
legenda) e agli archi che li delimitano
(l’identificativo e la lunghezza), si
dispone di tutta l’informazione per
analizzare i casi di inclusioni e di
adiacenze con opportune query.
Futuri sviluppi della ricerca
La tecnologia orientata agli oggetti
ha pertanto aperto nuovi orizzonti per la
classificazione e generalizzazione del
database Clc, in quanto l’utente può più
liberamente decidere come utilizzare i dati
di cui può disporre, eventualmente
producendo diverse visualizzazioni degli
stessi dati. Con questa tecnologia ogni
utente ha una versione fissa
dell’insieme dei dati; ogni cambiamento
effettuato dall’utilizzatore verrà
conservato nella versione fissa del
dataset dell’utilizzatore. Solamente
i cambiamenti effettuati dall’utente saranno
salvati nella versione fissa, mentre
gli oggetti non modificati sono accessibili
dalla versione precedente.
La produzione cartografica è stata pertanto
legata alla ricerca e implementazione di
dati necessari al raggiungimento degli
obiettivi di progetto, ovvero la
classificazione del paesaggio, non
utilizzando software grafici, in quanto
spesso tali procedure hanno prodotto dei
problemi (scarsità di poligoni relativi ai
cambiamenti, come ad esempio, dell’uso
urbano e il problema della visibilità delle
infrastrutture), ma implementando la ricerca
verso l’adozione del database Clc capace di
trovare risposte sempre più confacenti
all’esigenze della committenza.
Sulla base di tali premesse è stato pertanto
possibile implementare il database
geografico capace di gestire in maniera
flessibile e dinamica un’ampia gamma di
descrittori: struttura paesistica, usi e
coperture del suolo componenti la struttura
paesistica, profili di diversità paesistica,
percentuale di aree verdi, aree urbanizzate.
Il database, caratterizzante il
principale prodotto delle attività di
progetto, contiene un complesso di
informazioni interrogabili attraverso query
e utilizzabili per analisi spaziali e
overlay.
Gestire il tema dell’uso del suolo in un
sistema informativo di questo tipo ha
richiesto di definire una coerenza di base
tra i vari elementi che compongono il
concetto di scala di riferimento. Il
passaggio dalla scala nominale alla scala di
riferimento rimanda infatti al problema
dell’accuratezza e della precisione
geometrica, ma anche all’approfondimento
tematico e alle fonti dei dati. In
particolare, è stato necessario accoppiare
il livello di definizione tematico
(concretamente espresso dal sistema di
nomenclatura adottato nella legenda) con la
definizione geometrica (concretamente
espressa dall’unità minima cartografabile) e
utilizzare a ciascun livello le corrette
fonti di dati. Bisogna comunque ricordare
che l’unità minima cartografabile, alle
varie scale, è pari ad un quadrato di 4 mm
di lato o ad un poligono di altra forma,
purché con linee distanti non meno di 2 mm
(ad esempio, nel caso di forma rettangolare
il lato minore non dovrà essere di lunghezza
inferiore a 2 mm).
Pur riconoscendo il limite di definizione di
carta dell’uso del suolo, ovvero una carta
generica che può avere un dettaglio tematico
e una precisione geometrica più o meno
spinti a seconda dei requisiti posti dalla
committenza, la stessa però diventa una
carta specialistica se si sceglie di
approfondire unicamente un settore di studio
del territorio (cartografia legata allo
sviluppo di aree urbanizzate, di aree
agricole o di aree forestali), così come nel
nostro case-study.
In una fase successiva di analisi si potrà
procedere con la acquisizione dei dati,
funzionale alla struttura definita (che nel
caso della cartografia di uso e copertura
del suolo sarà basata sull’interpretazione
di immagini satellitari e/o foto aeree in
visione stereoscopica, appoggiata a supporti
ortocorretti con l’ausilio di sistemi di
elaborazione di immagini).
Il modello concettuale di un sistema
informativo multilivello e
multiscala prevede, infatti, la
coesistenza di diverse rappresentazioni
delle stesse informazioni: in particolare
analizza l’esistenza di meccanismi di
derivazione, in base ai quali sia
possibile soddisfare le richieste di tutti i
livelli di utenza, a partire dallo stesso
lavoro di redazione iniziale (fotointerpretazione
e controllo in campo).
È bene comunque evidenziare che sino ad oggi
solo un modesto lavoro di ricerca è stato
svolto per stabilire algoritmi che valutino
la qualità4 dei risultati
prodotti (il problema della mancanza di una
procedura automatica per la valutazione dei
risultati prodotti esiste ancora).
L’implementazione di tali studi diventa
pertanto un tema centrale per sviluppare la
ricerca verso nuove soluzioni efficaci ed
efficienti.
|
Figura 4 - Clc 2000: variazioni
dell'uso del suolo nel Comune di
Bressana Bottarone |
Note
1
D’ora in poi, Carta.
2
Sarebbe auspicabile, in questo senso,
l’inserimento di un layer che riporti
strade e ferrovie, magari in forma di
elementi lineari.
3
La Carta delle unità di paesaggio in
scala 1:250.000 prodotta dal Dipartimento
per i servizi tecnici nazionali per il
progetto Carta della natura; la Carta
identifica sul territorio nazionale 2.142
UdP, che corrispondono ad ambiti
territoriali impropriamente definiti
omogenei.
4
La qualità va intesa in senso di
consistenza, completezza, localizzazione e
accuratezza degli attributi. Lo sviluppo di
algoritmi specifici deve essere infatti
testato per garantire comunque una buona
qualità dei dati e soprattutto garantire
coerenza nella loro localizzazione. Il
processo di generalizzazione consta
fondamentalmente di tre passi: analisi,
sintesi e valutazione. È pertanto necessario
stabilire un metodo di analisi del contenuto
della mappa e valutare la struttura
esistente fra gli elementi geografici; data
l’analisi, sarà poi possibile stabilire un
metodo di generalizzazione (sintesi) che dia
la possibilità di manipolare gli oggetti
all’interno della carta, al fine di
determinare soluzioni ad hoc; per di
garantire una coerenza fra i dati di origine
e quelli di sintesi, bisognerà testare i
risultati raggiunti attraverso una fase di
valutazione.
I paragrafi “Da Colamonico al Corine: uso
del suolo e usi della cartografia”,
“Classificazione del paesaggio” e “Vari
stadi di utilizzo di Clc per lo studio del
paesaggio oltrepadano” sono da attribuirsi
ad A. R. Candura; i paragrafi “La struttura
composita della carta dell’uso del suolo”,
“Vegetazione naturale e distribuzione
dell’urbanizzato”, “Le carte prodotte e le
relazioni topologiche” e “Futuri sviluppi
della ricerca” sono da attribuirsi ad A. Lo
Tauro.
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