Numero 10/11 - 2005

 

I sistemi informativi territoriali  

 

Area Vasta n. 10/11 Luglio 2004 - Giugno 2005 Anno 6

numero 10/11  anno  2005

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In copertina Lello Lopez,

Da lontano, 2004

acrilico su tela, cm 40x30.

Fotografia di Vince Gargiulo

 

ISSN 1825-7526

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Applicazioni del Clc 2000 e project Gis dell'Oltrepò pavese


Anna Rosa Candura

Agata Lo Tauro


 

La cartografia di uso del suolo rappresenta la base dati più utilizzata per identificare la struttura spaziale del mosaico paesistico. Attraverso la cartografia Clc è possibile costruire la progressione informativa di riferimento per la sua rappresentazione. Anna Rosa Candura e Agata Lo Tauro presentano, nel caso dell’Oltrepò pavese, un confronto fra il layout della Clc 2000 e uno stralcio della Carta dell’utilizzazione del suolo d’Italia risalente al 1965

 

 

Da Colamonico al Corine: uso del suolo e usi della cartografia

 

Date le note caratteristiche di Clc, non pare azzardato l’aggancio storico alla celebre Carta della utilizzazione del suolo d’Italia (Colamonico, 1956-1963)1, base di grande utilità, fra le altre cose, anche per un collegamento didattico fra il cartaceo e il Gis. La Carta, infatti, si compone di 26 fogli corredati di 21 simboli a colori, 19 dei quali relativi all’uso agricolo e uno all’uso urbano. La sua base di costruzione è una carta stradale del Tci al 200.000, scala confacente al contenimento di costi e numero di fogli, ma abbastanza grande da riportare adeguati dettagli del paesaggio agrario italiano (Manzi, 1999). La storia della costruzione della Carta, illustrata congiuntamente a quella del Corine Land Cover, fornisce molti spunti di riflessione intorno ai differenti tempi e modi di lavorazione del cartaceo e del Gis; in altri termini la vicenda stessa dei due prodotti è un caso di studio. Il project costruito con Clc non consente di scendere grandemente nel dettaglio, come dimostra la scarsità di poligoni relativi ai cambiamenti (basti osservare, ad esempio, l’uso urbano); inoltre rimane insoluto il problema della visibilità delle infrastrutture2. Tuttavia, nel caso proposto (l’Oltrepò pavese), si presenta un paragone fra il layout della Clc 2000 e uno stralcio del foglio 6 (1965) della Carta.

 

 

Classificazione del paesaggio

 

La storia dei tentativi di classificazione e misurazione del paesaggio è uno dei temi ampiamente analizzati in letteratura; la disamina riportata da Vallega (1978), in uno dei suoi molti lavori in materia, fornisce un quadro sintetico di alcune riflessioni del Novecento. In svariate letterature si annoverano tentativi di imbrigliare quella struttura composita, definita paesaggio, in sistemi di analisi e classificazione più o meno rigidi, dai sistematici studi di geografia del paesaggio terrestre (Biasutti, 1947) ai singolari tecnicismi del Physiognomic landscape mapping, della scuola olandese (si vedano le riflessioni della Zerbi, 1993, pp. 153-183, passim). La presenza e la persistenza di tanti lodevoli sforzi tassonomici hanno sortito l’effetto di sottolineare la necessità di non trascurare alcun aspetto della questione. È opportuno considerare tutti i dati che segnalino sensibili variazioni nell’uso del suolo (dalle quali, notoriamente, discendono i mutamenti del paesaggio antropizzato).

Il problema classificazione delle cartografie e della loro generalizzazione è stato inoltre il topic centrale di un progetto internazionale di ricerca presso la European commission awards fun-ding to map generalisation software project; il progetto Agent (Automated generalisation new technology, 1997). Tale progetto ha visto coinvolti tra i partners l’Institut géographique national (Francia), la Laser-Scan Ltd (Uk), l’Institut national polytechnique de Grenoble (Francia), l’Università di Edimburgo (Uk) e l’Università di Zurigo (Svizzera). Lo scopo del progetto Agent è stato quello di produrre un nuovo software (basato su una tecnologia multi-fattore) per il disegno automatico di mappe, che tenga conto congiuntamente dei tematismi presenti nella cartografia e della scala di rappresentazione necessaria a soddisfare le esigenze dell’utente. Anche Lucc, Jrc-Bea e la IV Commissione della International society for photogrammetry and remote sensing (www.isprs.org/) e i Technical reports Bea e Jrc hanno focalizzato l’attenzione sul progetto I&Clc2000 e sul progetto Image 2000 (image2000.jrc.it/) implementando studi, nel quadro della generalizzazione delle cartografie e dei data base geografici, sulle informazioni spaziali e mappe digitali. Tale palinsesto risulta un utile stating point del presente lavoro al fine di proporre un’applicazione specifica al territorio dell’Oltrepò pavese attraverso il progetto Clc.

 

Figura 1 - Clc 2000 e Carta della utilizzazione del suolo d'Italia (foglio 6, 1965): un esempio nell'Oltrepò pavese

 

La struttura composita della carta dell’uso del suolo

 

La cartografia di uso del suolo rappresenta la base dati più comunemente utilizzata per rappresentare la struttura spaziale del mosaico paesistico (dimensione, forma e relazioni spaziali tra gli elementi costitutivi). Attraverso la cartografia Corine land cover (Clc) è stato pertanto possibile costruire lo strato informativo di riferimento per la rappresentazione del mosaico paesistico a scala provinciale da mettere a confronto con la superficie urbanizzata. Prendendo in esame l’area dell’Oltrepò pavese, che si estende per una superficie di oltre 109.000 ettari, il mosaico paesistico aumenta di complessità all’aumentare del livello gerarchico (ad esempio il Clc 1.1). In questo caso la tipologia strutturale della cartografia appare caratterizzata da tessere strutturate a poligoni appartenenti a varie classi di uso e copertura del suolo giustapposte come in un puzzle.

La costruzione del database di riferimento utilizzato per la delimitazione del paesaggio dell’Oltrepò pavese ha preso a prestito diverse fonti.

Il modello matrice-macchie è stato classificato attraverso i seguenti tematismi:

1. caratterizzazione della connettività della rete infrastrutturale;

2. caratterizzazione della matrice alla superficie urbanizzata;

3. calcolo di profili di diversità paesistica e ambientale (vegetazione, qualità arboree, ecc.);

4. identificazione delle classi di uso e coperta del suolo che maggiormente caratterizzano il mosaico paesistico;

5. tipizzazione socio-economica, attraverso indicatori socio-economici e indici di sintesi, elaborati a partire da dati Istat.

La dominante dell’iter metodologico della caratterizzazione delle unità di paesaggio (UdP) dell’area dell’Oltrepò pavese è stato il database Clc 2000 al primo livello di classificazione, ovvero il Clc1, corrispondente alle seguenti classi:

1. superfici artificiali;

2. aree agricole;

3. boschi e ambienti semi-naturali;

4. aree umide;

5. acque superficiali.

Per identificare tali classi è stato inoltre possibile in ciascuna UdP, o patch del poligono, calcolare la metrica Cohesion attraverso il software Fragstat (McGarigal e Marks, 1995). I dati cartografici riguardanti il territorio sono stati successivamente integrati in ambiente Gis (ArcWiew).

Benché non sia stato possibile scendere grandemente nel dettaglio, quindi analizzare con precisione piccole porzioni di territorio caratterizzanti i singoli poligoni, attraverso Clc 2000 è stato possibile procedere ad una scelta di casi di studio che evidenzino le macroscopiche variazioni dell’uso del suolo. Per l’Oltrepò pavese, dopo aver effettuato un’overlaying con i limiti comunali, si può constatare come le variazioni siano individuate da Clc solo nell’ambito dei Comuni di Casei Gerola, Corana, Voghera, Cervesina, Bastida Pancarana, Bressana Bottarone, Bagnaria, Romagnese e Santa Margherita di Staffora.

Le variazioni (peraltro scarse) si concentrano nell’area nord-ovest dell’Oltrepò, dunque le indagini effettuate in situ (attività di surveyng, campagne fotografiche, ecc.) sono state incentrate in questa zona ed hanno anche permesso di verificare l’accuratezza delle indicazioni del geodatabase.

Nel Comune di Bagnaria, il passaggio dell’1,6% del territorio comunale (corrispondente a circa 264.000 metri quadrati) dal codice 3.2.4 (aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione) al 3.3.3 (aree con vegetazione rada) potrebbe dipendere da un ripensamento nella classificazione del poligono; ciò sarebbe comprensibile poiché si tratta di un’area golenale che nel layout non risulta, così come non è presente il torrente Staffora. D’altra parte, è noto come molti corsi d’acqua siano riportati da Clc come aree a vegetazione boschiva o arbustiva, essendo, tuttavia, piuttosto semplice individuarli.

Potrebbe sembrare un caso simile quello del Comune di Bastida Pancarana, ove i quattro poligoni del cambiamento si trovano lungo le rive del Po; in questo caso, si tratta di un territorio fortemente interessato dalle piene del fiume, pertanto i poligoni sono stati classificati come corsi d’acqua o sabbie a seconda delle piene in atto al momento della rilevazione. Infatti, uno di questi poligoni (2,2% del territorio, equivalente a oltre 300.000 metri quadrati) passa dal codice 3.3.1 (spiagge, dune e sabbie) al 5.1.1 (corsi d’acqua, canali e idrovie); due attestano il passaggio inverso, cioè, ovviamente, da 5.1.1 a 3.3.1, (2% e 2,2%, entrambi corrispondenti a circa 30.000 metri quadrati); infine, si nota un passaggio da 3.1.1 (boschi di latifoglie) a 2.1.1 (seminativi in aree non irrigue) del 3% di superficie (circa 41.000 metri quadrati) individuata da un poligono che confina col Po solo lungo il suo lato minore.

Eguale indagine è stata effettuata per i Comuni di Cervesina (dove l’1%, circa 130.000 metri quadrati passa da 5.1.1 a 3.3.1) e Corana (0,6%, circa 86.000 metri quadrati, da 5.1.1 a 3.3.1), fortemente interessati dai capricci del Po.

Per chiarire la posizione reciproca dei cambiamenti e del Po, sono stati inseriti nella view anche i codici dei corpi idrici (da 5.1.1 a 5.2.3), pertanto non si può fare a meno di notare un grosso poligono 5.1.2 nel Comune di Castelletto di Branduzzo; si tratta, in realtà, di un gruppo di specchi d’acqua, dovuti ad attività estrattive, frammisti ad aree estrattive non più attive.

Appare davvero singolare il passaggio da 3.2.1 (aree a pascolo naturale e praterie) a 2.4.3 (aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti) di un’ingente percentuale (4,2%, corrispondente a oltre 1.250.000 metri quadrati) nel territorio di Romagnese. Nel citato comune, effettivamente, esiste un’area (il Giardino alpino di Pietra Corva) che, pur non essendo propriamente uno spazio naturale, è certamente da definirsi importante; tuttavia, misura solo tre ettari ed esiste dal 1967, il che induce a ritenere che, anche in questo caso, una siffatta variazione debba, nel complesso, considerarsi come un ripensamento nell’assegnazione dei codici. Infine, a Santa Margherita di Staffora, lo 0,4% di territorio che passa da 3.2.4 a 3.1.1 sembra una normale evoluzione dell’area.

 

Figura 2 - Clc 2000: variazioni dell'uso del suolo nell'Oltrepò pavese

 

Vegetazione naturale e distribuzione dell’urbanizzato

 

Le unità ambientali, individuate attraverso l’analisi della classificazione gerarchica del territorio dell’Oltrepò pavese, strutturate in patch secondo il modello Clc, tendono ad individuare ambiti territoriali omogenei, se con omogenei intendiamo definire quelle caratteristiche comuni nei fattori naturali e antropici. Sulla base dei dati raccolti sono state analizzate le aree urbanizzate con la vegetazione naturale (Vn) e antropica (seminativi, aree coltivate, ecc.). In particolare, l’impiego della vegetazione naturale potenziale (Vnp di Blasi et al, 2000a), se pur inteso come datum non facilmente quantificabile, è risultato essere un modello di riferimento per analizzare e valutare la disposizione spaziale delle diverse fisionomie e dei diversi usi del suolo caratterizzanti il mosaico dei poligoni presenti nella porzione di territorio preso in esame, al fine di misurare, attraverso indici espressi in percentuale, l’eterogeneità del territorio dell’Oltrepò pavese.

A livello di tipologia di Vnp si è analizzato il mosaico di copertura del suolo nell’insieme degli ambiti di distribuzione di ogni serie di vegetazione (Vnp) e a livello di poligono di Vnp si è analizzata la copertura reale delle fisionomie e uso del suolo in ogni singolo ambito di distribuzione della serie di vegetazione.

In particolare, attraverso l’analisi per tipologie di Vnp, ottenuta dall’integrazione della carta della copertura del suolo con quella relativa alla distribuzione della Vnp (ambiti di pertinenza delle diverse serie di vegetazione) ed elaborata in ambiente ArcWiew, è stato possibile computare l’estensione relativa della vegetazione reale coerenti con la tipologia di Vnp, ovvero la copertura percentuale dello stadio di vegetazione matura (Vm), per ciascuna tipologia di Vnp. Si è, quindi, computato il contributo percentuale che ogni serie di vegetazione fornisce alla copertura della Vm nell’Oltrepò pavese.

È bene comunque affermare che dal project si può dedurre la prevalenza e la tipicità degli usi del suolo, anche se non si possono ricavare dati precisi dalle tabelle degli attributi. In realtà, per dimostrare quest’affermazione, è sufficiente osservare la quantità e la distribuzione dell’urbanizzato per notare come in diversi comuni dell’Oltrepò pavese addirittura non siano rilevati insediamenti. In particolare, fra i casi di studio qui considerati, il Comune di Bagnaria e quello di Santa Margherita di Staffora sarebbero, secondo Clc, privi di uso urbano, il che è, ovviamente, falso.

Le superfici artificiali (dal codice 1.1.1 al 1.4.2) appaiono, dunque, palesemente inferiori al reale anche senza un diretto confronto con un geodatabase più dettagliato. Peraltro sarà bene precisare come la definizione superfici artificiali a intendere quelle urbane e infrastrutturali, sia scorretta poiché anche le superfici agricole, benché verdi, sono da considerarsi assolutamente artificiali (in apparente contraddizione, il verde urbano è compreso nella categoria superfici artificiali).

Le variazioni delle superfici artificiali individuate da Clc nell’Oltepò pavese riguardano tre comuni: Bressana Bottarone, dove l’1,8% del territorio, 230.000 metri quadrati, passa da 2.1.1 a 1.1.2 (zone residenziali a tessuto discontinuo e rado); Casei Gerola, dove lo 0,2%, 58.000 metri quadrati, passa da 2.1.1 a 1.2.1 (aree industriali, commerciali e dei servizi pubblici e privati) e lo 0,4%, circa 100.000 metri quadrati, passa da 2.1.1 a 1.3.1 (aree estrattive); Voghera dove vi è un passaggio da 2.1.1 a 1.2.1 dello 0,1% di superficie che, trattandosi di un comune di grandi dimensioni, corrisponde a 69.000 metri quadrati. Effettivamente, fra i comuni interessati alle variazioni secondo Clc, questi ultimi tre sono quelli maggiormente dotati di superficie urbanizzata, anche stando ai dati Istat (Candura, 1997-1998). Tuttavia, solo Bressana Bottarone (da 9,58% nel 1991 a 16,4% nel 2000) e Casei Gerola (da 5,44% a 10,6%) hanno dati Clc 2000 compatibili con quelli Istat 1991, mentre Voghera, secondo Clc, avrebbe nel 2000 solo il 13,4% di superficie urbanizzata, pur avendo, già nel 1991, il 14,4%. Medesima sorte tocca a Bastida Pancarana (da 2,9% a 2,5%) e Romagnese (da 3,9% a 0,8%).

 

 

Vari stadi di utilizzo di Clc per lo studio del paesaggio oltrepadano

 

Si propone, pertanto, una visione generale dell’uso del suolo dell’Oltrepò pavese secondo Clc 2000, con due dettagli dell’area Voghera-Casteggio, in una presentazione congiunta di Clc 2000 e Carta (1965); questo serve, ovviamente, a caratterizzare uno dei principali tipi del paesaggio oltrepadano (la coltivazione della vite), provando quanto sia semplice estrarre questa informazione dalle carte dell’uso del suolo. Peraltro, si introduce l’efficacia della trans-scalarità (Landini, 1999) nell’analisi del paesaggio.

Viene, poi, visualizzato un layer relativo ai cambiamenti con un dettaglio dell’area a maggiore concentrazione di poligoni; in questo caso, va sottolineato come lo studio, pur prevedendo continui ingrandimenti, non sia certo a grande scala, ma abbia semplicemente lo scopo di individuare le variazioni macroscopiche (prevalentemente legate, nella fattispecie, alle piene del Po).

Poiché, date le informazioni del suddetto layer, si evincono, oltre a quello della viticoltura, almeno altri due paesaggi oltrepadani altrettanto tipici, ma ben meno noti, l’ultimo stadio di trans-scalarità sarà ancora un ingrandimento che presenti il paesaggio golenale e l’urbanizzazione, attraverso le immagini cartografiche e fotografiche. La collocazione dell’hot link (per l’inserimento delle fotografie) nell’uno o nell’altro record deve essere funzionale alla semplicità espositiva, ma deve anche individuare la particolare densità di un certo aspetto paesaggistico.

La ricerca fotografica della tipicità è più semplice per l’uso urbano, qui abbastanza caratteristicamente discontinuo; l’individuazione dell’area indicata dal grosso poligono 1.1.2 in frazione Bottarone non è stata difficile. Egualmente semplice è stato individuare il 2.1.1 nel Comune di Bastida Pancarana. Anche in tutti gli altri casi, il problema non è stato individuare le aree, né verificare l’accuratezza della loro collocazione nell’ambito dei confini comunali; piuttosto, trovandosi all’interno di un’area, il problema è rappresentato dalla scelta fotografica che dia una precisa idea di quale sia l’aspetto di un’area golenale massimamente variabile quale questa.

 

Figura 3 - Clc 2000: variazioni dell'uso del suolo nel Comune di Bastida Pancarana

 

Le carte prodotte e le relazioni topologiche

 

La prima cartografia prodotta per il project-Gis è stata l’uso del suolo in scala 1:10.000. A partire dall’uso del suolo in scala 1:10.000 è stata inoltre ottenuta la carta in scala 1:25.0003, mantenendo un maggior dettaglio per le classi 1.1 e 1.2.

Infine sono state derivate la carta in scala 1:100.000 e un esempio di carta forestale al 100.000 al 3° livello.

Si è pertanto proceduto a effettuare analisi statistiche su dati derivanti da operazioni Gis effettuate sulla carta in scala 1:10.000 relativa alla zona in esame. Queste operazioni sono state eseguite su elementi vettoriali di tipo poligonale, in cui è stata verificata la coerenza topologica; ogni poligono della carta è definito da un opportuno codice della legenda.

In particolare sono state analizzate, dopo averle importate nel database di tipo relazionale, le relazioni di adiacenza tra i poligoni, esplicitando con ciò informazioni di per sé già presenti nel Gis.

Il software di tipo Gis che opera in modo topologico immagazzina in opportune tabelle le proprietà topologiche dei poligoni; in queste tabelle vengono riportati: l’identificativo del poligono corrente, l’identificativo del poligono adiacente, l’identificativo dell’arco che li separa. Importando nel database relazionale anche le informazioni relative ai poligoni (l’identificativo, l’area e il codice della legenda) e agli archi che li delimitano (l’identificativo e la lunghezza), si dispone di tutta l’informazione per analizzare i casi di inclusioni e di adiacenze con opportune query.

 

 

Futuri sviluppi della ricerca

 

La tecnologia orientata agli oggetti ha pertanto aperto nuovi orizzonti per la classificazione e generalizzazione del database Clc, in quanto l’utente può più liberamente decidere come utilizzare i dati di cui può disporre, eventualmente producendo diverse visualizzazioni degli stessi dati. Con questa tecnologia ogni utente ha una versione fissa dell’insieme dei dati; ogni cambiamento effettuato dall’utilizzatore verrà conservato nella versione fissa del dataset dell’utilizzatore. Solamente i cambiamenti effettuati dall’utente saranno salvati nella versione fissa, mentre gli oggetti non modificati sono accessibili dalla versione precedente.

La produzione cartografica è stata pertanto legata alla ricerca e implementazione di dati necessari al raggiungimento degli obiettivi di progetto, ovvero la classificazione del paesaggio, non utilizzando software grafici, in quanto spesso tali procedure hanno prodotto dei problemi (scarsità di poligoni relativi ai cambiamenti, come ad esempio, dell’uso urbano e il problema della visibilità delle infrastrutture), ma implementando la ricerca verso l’adozione del database Clc capace di trovare risposte sempre più confacenti all’esigenze della committenza.

Sulla base di tali premesse è stato pertanto possibile implementare il database geografico capace di gestire in maniera flessibile e dinamica un’ampia gamma di descrittori: struttura paesistica, usi e coperture del suolo componenti la struttura paesistica, profili di diversità paesistica, percentuale di aree verdi, aree urbanizzate. Il database, caratterizzante il principale prodotto delle attività di progetto, contiene un complesso di informazioni interrogabili attraverso query e utilizzabili per analisi spaziali e overlay.

Gestire il tema dell’uso del suolo in un sistema informativo di questo tipo ha richiesto di definire una coerenza di base tra i vari elementi che compongono il concetto di scala di riferimento. Il passaggio dalla scala nominale alla scala di riferimento rimanda infatti al problema dell’accuratezza e della precisione geometrica, ma anche all’approfondimento tematico e alle fonti dei dati. In particolare, è stato necessario accoppiare il livello di definizione tematico (concretamente espresso dal sistema di nomenclatura adottato nella legenda) con la definizione geometrica (concretamente espressa dall’unità minima cartografabile) e utilizzare a ciascun livello le corrette fonti di dati. Bisogna comunque ricordare che l’unità minima cartografabile, alle varie scale, è pari ad un quadrato di 4 mm di lato o ad un poligono di altra forma, purché con linee distanti non meno di 2 mm (ad esempio, nel caso di forma rettangolare il lato minore non dovrà essere di lunghezza inferiore a 2 mm).

Pur riconoscendo il limite di definizione di carta dell’uso del suolo, ovvero una carta generica che può avere un dettaglio tematico e una precisione geometrica più o meno spinti a seconda dei requisiti posti dalla committenza, la stessa però diventa una carta specialistica se si sceglie di approfondire unicamente un settore di studio del territorio (cartografia legata allo sviluppo di aree urbanizzate, di aree agricole o di aree forestali), così come nel nostro case-study.

In una fase successiva di analisi si potrà procedere con la acquisizione dei dati, funzionale alla struttura definita (che nel caso della cartografia di uso e copertura del suolo sarà basata sull’interpretazione di immagini satellitari e/o foto aeree in visione stereoscopica, appoggiata a supporti ortocorretti con l’ausilio di sistemi di elaborazione di immagini).

Il modello concettuale di un sistema informativo multilivello e multiscala prevede, infatti, la coesistenza di diverse rappresentazioni delle stesse informazioni: in particolare analizza l’esistenza di meccanismi di derivazione, in base ai quali sia possibile soddisfare le richieste di tutti i livelli di utenza, a partire dallo stesso lavoro di redazione iniziale (fotointerpretazione e controllo in campo).

È bene comunque evidenziare che sino ad oggi solo un modesto lavoro di ricerca è stato svolto per stabilire algoritmi che valutino la qualità4 dei risultati prodotti (il problema della mancanza di una procedura automatica per la valutazione dei risultati prodotti esiste ancora). L’implementazione di tali studi diventa pertanto un tema centrale per sviluppare la ricerca verso nuove soluzioni efficaci ed efficienti.

 

Figura 4 - Clc 2000: variazioni dell'uso del suolo nel Comune di Bressana Bottarone

 

Note

 

1 D’ora in poi, Carta.

2 Sarebbe auspicabile, in questo senso, l’inserimento di un layer che riporti strade e ferrovie, magari in forma di elementi lineari.

3 La Carta delle unità di paesaggio in scala 1:250.000 prodotta dal Dipartimento per i servizi tecnici nazionali per il progetto Carta della natura; la Carta identifica sul territorio nazionale 2.142 UdP, che corrispondono ad ambiti territoriali impropriamente definiti omogenei.

4 La qualità va intesa in senso di consistenza, completezza, localizzazione e accuratezza degli attributi. Lo sviluppo di algoritmi specifici deve essere infatti testato per garantire comunque una buona qualità dei dati e soprattutto garantire coerenza nella loro localizzazione. Il processo di generalizzazione consta fondamentalmente di tre passi: analisi, sintesi e valutazione. È pertanto necessario stabilire un metodo di analisi del contenuto della mappa e valutare la struttura esistente fra gli elementi geografici; data l’analisi, sarà poi possibile stabilire un metodo di generalizzazione (sintesi) che dia la possibilità di manipolare gli oggetti all’interno della carta, al fine di determinare soluzioni ad hoc; per di garantire una coerenza fra i dati di origine e quelli di sintesi, bisognerà testare i risultati raggiunti attraverso una fase di valutazione.

 

 

I paragrafi “Da Colamonico al Corine: uso del suolo e usi della cartografia”, “Classificazione del paesaggio” e “Vari stadi di utilizzo di Clc per lo studio del paesaggio oltrepadano” sono da attribuirsi ad A. R. Candura; i paragrafi “La struttura composita della carta dell’uso del suolo”, “Vegetazione naturale e distribuzione dell’urbanizzato”, “Le carte prodotte e le relazioni topologiche” e “Futuri sviluppi della ricerca” sono da attribuirsi ad A. Lo Tauro.

 

 

Bibliografia

 

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