Numero 10/11 - 2005

 

Il territorio rifiutato  

 

Area Vasta n. 10/11 Luglio 2004 - Giugno 2005 Anno 6

numero 10/11  anno  2005

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In copertina Lello Lopez,

Da lontano, 2004

acrilico su tela, cm 40x30.

Fotografia di Vince Gargiulo

 

ISSN 1825-7526

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Così vicini così lontani. Cronache e progetti dai paesaggi rifiutati


Gruppo Studi Heliopolis


 

Un percorso di pianificazione maturo e responsabile, segno dell’attenzione che un’amministrazione pone alla disciplina di uso e tutela del suolo, dovrebbe svolgersi secondo un processo continuo di conoscenza e progetto, nonché essere il risultato di scelte condivise da tutti gli attori. Processi di pianificazione, quindi, che stimolano e sono stimolati dall’impegno e dalle esperienze progettuali. Il Gruppo Studi Heliopolis presenta tre casi in cui l’esperienza di progetto è divenuta un laboratorio di paesaggio, per innescare approcci più generali di riflessione e progetto sull’insieme del territorio

 

 

Una questione metodologica

 

Nel dicembre 2004, in un incontro presso la Provincia di Salerno gli architetti hanno incontrato l’assessore regionale Di Lello per discutere sulla normativa in materia di condono; la Regione Campania, in attesa di esprimersi con una riforma urbanistica, ha rincorso l’opposizione alle leggi statali sul condono degli abusi, che, a loro volta assieme alle deroghe, sono apparse ai tecnici come lo strumento ordinario di intervento sul territorio.

L’urbanistica in Campania, a più di vent’anni dalla legge 14/1982, si confrontava ormai soltanto con l’ordinarietà delle reazioni popolari, delle deroghe, delle sentenze del Tar, degli interessi dei grandi gruppi industriali, mentre alcuni progetti strategici come Bagnoli stentavano a decollare e la scarsa lungimiranza delle istituzioni alimentava forti lacerazioni sociali, come le barricate di Acerra.

Al varo della attesa riforma urbanistica, si può considerare che le reazioni popolari al progetto del termovalorizzatore rappresentavano la richiesta di un diritto di cittadinanza al proprio territorio, a cui ancora non si intendeva rispondere con la cultura del piano e del progetto; la localizzazione dell’impianto ad Acerra è stata prerogativa del concessionario e sulla costiera amalfitana, nonostante gli strali contro il terzo condono, si è inteso derogare dal piano urbanistico territoriale (Put) in nome dell’estetica dell’auditorium di Niemeyer.

Un percorso di pianificazione maturo e responsabile, invece, segno dell’attenzione che un’amministrazione pubblica pone alla disciplina di uso e tutela del suolo, dovrebbe svolgersi secondo un processo continuo di conoscenza e progetto, nonché garantire una riflessione trasparente in merito alle criticità intercorrenti tra gli attori.

In molti paesi europei, progetti come quelli dei grandi impianti sono alla fine il risultato di scelte condivise non tanto per l’onestà delle tecnologie utilizzate, ma per la coscienza territoriale che contestualizza il progetto: processi di pianificazione che stimolano e sono stimolati dall’impegno e dalle esperienze progettuali.

La qualità dei processi e delle trasformazioni sono il riflesso di una società che investe nell’ordinarietà degli strumenti e nella quotidianità delle regole.

La città di Parigi, per esempio, sta sperimentando una nuova grande fase di urbanizzazione che dovrebbe ricucirla con la storica banlieue. La strategia si compone di piccoli interventi e grandi progetti, all’interno di una pianificazione concertata per due mesi con i cittadini, e dimostra che la qualità della vita sociale ed economica passa attraverso la pianificazione di una nuova dimensione urbana e intercomunale.

In Toscana, inoltre, dove accanto alla pianificazione ordinaria si sperimentano anche gli strumenti della nuova programmazione, il Prusst Terre Senesi per esempio è partecipe della pianificazione di coordinamento provinciale.

In Campania, invece, mentre i processi di pianificazione rincorrono le pratiche di concertazione, si sono registrate esperienze sul campo imposte per legge o per deroga a qualsiasi strumento di piano.

Una esclusiva pratica partecipativa non garantisce, tuttavia, l’efficacia dei risultati, come anche a Parigi è accaduto con il concorso per la sistemazione delle Halles, dove l’opinione pubblica sembra aver premiato il progetto meno innovativo; è doverosa perciò una responsabilità dei tecnici e della classe politica che riconosca la necessità di investire quotidianamente sulla pianificazione del territorio.

In questo senso la Convenzione europea del paesaggio ha introdotto, a parer nostro, una grande innovazione culturale, sostenendo il carattere comprensivo del paesaggio, e dunque prima risorsa territoriale da tutelare e/o ri-creare con atti territorializzanti1 (sensi generali per i luoghi e identità per le comunità locali).

Riconosciuta ormai l’illusione di frammentare il territorio in isole naturalistiche e isole produttive, si riscopre il senso della continuità, ponendo una comune questione metodologica, ad esempio, sia per l’auditorium di Niemeyer che per il termovalorizzatore di Acerra: sono entrambi progetti nel paesaggio da far rientrare in un maturo processo di pianificazione che li possa legittimare o modificare.

Come sostiene Anna Lombroso, per ridisegnare le regole e gli strumenti del piano è necessaria una dimensione sia operativa che trasversale dei contenuti ambientali rispetto a tutte le politiche: ad esempio, invertendo il principio cardine dell’ambientalismo e, dunque, pensare localmente agire globalmente, per maturare riflessioni generali attraverso sperimentazioni in ambiti locali.

Con questo spirito il Gruppo studi Heliopolis presenta tre casi (luoghi e temi generalmente rifiutati) in cui l’esperienza di progetto è divenuta quotidianamente un laboratorio di paesaggio, per innescare metodologie più generali di riflessione e progetto sul resto del territorio, convinti che soltanto una quotidiana ricerca di una cultura del piano e del progetto può contribuire, in maniera incrementale, ad una innovativa riforma urbanistica.

 

 

Pensare localmente, agire globalmente

 

Il progetto Wetland

 

Promosso dal Ministero dell’ambiente e dalla Regione Campania e attuato dalla Provincia di Caserta, in partenariato con l’Autorità di bacino Liri-Garigliano e Volturno, l’Arpa Campania e il Comune di Capriati a Volturno (Ce), nella parte alta della media valle del fiume Volturno, il progetto prevede la ricostruzione di un’area umida in ambito perifluviale. Un progetto pilota sul confine territoriale Molise/Campania che contribuisce a riqualificare un’area destinata alla difesa degli argini, ma di cui il fiume si sta progressivamente riappropriando, in parte utilizzata a discarica e in parte già riconquistata dalla popolazione locale a fini ricreativi. Il fiume che riconquista il suo territorio, una comunità che riconquista il suo fiume.

Il progetto rientra nell’esperienza più ampia dello Studio e progettazione per la conservazione delle aree umide lungo il fiume Volturno, che ha individuato quattro aree specifiche di progetto. Tra queste vi è l’oasi delle Mortine presso Capriati a Volturno, dove il progetto Wetland ha permesso di approfondire la riflessione tra pianificazione settoriale di area vasta e implementazione alla scala locale.

Figura 1 - Progetto Wetland: ortofotocarta dell'area di progetto e del corso attuale del Fiume Volturno (1998)

 

La ricostruzione di un habitat umido è funzionale al miglioramento della qualità delle acque e al ripristino di valenze naturali ed ecosistemiche degli habitat fluviali. L’intervento consiste nello scavo dell’area fino al raggiungimento della falda freatica, il consolidamento dei versanti creatisi, la piantagione di vegetazione ripariale, igrofila e la presenza di aree vegetate a phragmiteto e di aree nude interne emerse. Queste zone vegetate rispondono a più funzioni, quali risorsa alimentare, riparo e nidificazione per gli uccelli, effetto tampone e connessione tra ecosistema fluviale e terrestre. Le aree perifluviali diventano habitat specifici per gli anfibi, per gli uccelli e per la fauna terrestre.

L’esperienza progettuale rappresenta un primo esempio di realizzazione di un’area umida, costruita in fascia fluviale del Volturno con lo scopo di studiarne, nel tempo, l’evoluzione geomorfologica, la sua incidenza sulle piene, la crescita della vegetazione e della popolazione faunistica sia terrestre che avicola e il monitoraggio dell’influenza della vegetazione sulla qualità delle acque di falda.

Il progetto è teso, inoltre, a valorizzare la fruizione dell’intera area, già frequentata dalla comunità locale principalmente nel periodo estivo, favorendo l’interesse didattico per l’area umida.

Con la collaborazione del Centro italiano per la riqualificazione fluviale e dell’Autorità di bacino Liri-Garigliano e Volturno si è cercato di costruire una valida metodologia di progetto, da verificare successivamente in altre aree dello stesso fiume Volturno o in altri contesti fluviali.

Questo nuovo approccio delle istituzioni al governo delle risorse naturalistiche e del rischio idraulico coltiva il senso della pianificazione di bacino e costituisce un primo passo per il progetto più ampio del parco fluviale del Volturno, teso a coordinare la pianificazione provinciale intorno alla gestione dell’importante risorsa territoriale.

 

Upo’, peri’, dia’: nuove modalità di percorrenza tra il Vomero e i Camaldoli

 

La tesi di laurea dal titolo: Upo’, peri’, dia’: nuove modalità di percorrenza tra il Vomero e i Camaldoli, professore relatore C. Gasparrini, docente di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli “Federico II”, affronta il tema della progettazione di nuove modalità di percorrenza, come costruzione di un rinnovato sistema di accessibilità, di connessioni e di centralità al di sotto, intorno e attraverso i viadotti della tangenziale di Napoli, nell’ambito urbano (facente parte dell’unità morfologica n. 32, individuata nel piano regolatore generale – Prg) compreso tra le uscite Vomero e Camaldoli della stessa. Ambito incluso nella perimetrazione del recente, per istituzione (10 giugno 2004 – con deliberazione della Giunta regionale n. 855), Parco regionale metropolitano delle Colline di Napoli.

Le finalità che il parco ha perseguito consistono nel preservare le aree collinari lasciate libere dall’espansione urbana, nel proiettarsi verso il centro storico e nell’aprirsi alla città con numerose porte di ingresso in prossimità di nodalità quali stazioni e caselli autostradali.

Questo lavoro di tesi ha accolto e implementato le indicazioni contenute nella documentazione di indirizzo e definizione degli obiettivi primari del Parco delle Colline.

Le strategie progettuali messe a punto hanno mirato alla conoscenza e alla interpretazione della complessità e della rilevante frammentazione caratterizzante i differenti paesaggi conformanti tale ambito urbano: il paesaggio collinare dei Camaldoli, quello infrastrutturale della tangenziale (insieme all’intricato sistema degli svincoli) e il margine urbano costituito dai quartieri Vomero e Arenella.

Questi tre luoghi caratterizzati da una forte contiguità, interferenza, intersezione ma, al contempo, privi di dialogo, si configurano come vere e proprie periferie interne al tessuto urbano. Aree interstiziali, marginali, residuali, luoghi destinati ad un abbandono progressivo e all’isolamento, ad un allontanamento dagli attuali percorsi di fruizione e dai centri di vita della civitas locale e metropolitana.

La collina dei Camaldoli si connota come un paesaggio morbido, ricco di risorse naturalistiche e ambientali, storicamente consolidato, caratterizzato da dinamiche evolutive lente, come un luogo di importanti aperture visive verso grandi componenti del paesaggio antropico e naturale.

Il paesaggio infrastrutturale, invece, si caratterizza per la sua dinamicità, velocità, per i suoi spazi marginali di scorrimento e attraversamento, per la sua linearità.

I quartieri Vomero e Arenella con i loro margini duri, la loro forte densità edilizia e con la peculiarità di un’edilizia aggrappata al suolo per mezzo di palafitte in cemento armato, un’immagine purtroppo nota, costituiscono oggi memoria e icona della speculazione edilizia degli anni ’60 e ’70 realizzata a Napoli.

La complessa struttura dei materiali e delle relazioni conformanti tali paesaggi ha reso necessarie strategie specifiche ma ad un tempo integrate tra loro, attraverso la costruzione e, in alcuni luoghi, il recupero di una maglia di connessioni e relazioni morfologiche, funzionali, ecologiche e ambientali talvolta perdute o inesistenti.

Nell’ambito infrastrutturale le scelte strategiche hanno mirato principalmente alla integrazione dell’infrastruttura all’interno del processo di riqualificazione e trasformazione del territorio da essa attraversato, essendone il principale attore e soprattutto costituendo un’importante occasione di ripensamento e di riammagliamento dei luoghi ad essa marginali, privi di qualità morfologiche e di usi compatibili. È stato perseguito un atteggiamento di cura, di estrema attenzione alle potenzialità intrinseche, talvolta recondite che un’infrastruttura viaria cittadina può offrire al territorio urbano da essa attraversato.

L’infrastruttura è stata considerata, nel suo essere barriera tra parti urbane, come un valido supporto alla progettazione di nuove modalità di attraversamento del parco da una parte all’altra. Atteggiamento progettuale seguito anche nei confronti del margine duro, nelle aree prossime ai quartieri Vomero e Arenella, dove la presenza di strutture in cemento armato, fondazioni lasciate a vista ricadenti nel vallone S. Antonio, sono divenuti, nelle prefigurazioni progettuali, potenziali cavalletti ospitanti installazioni artistiche lungo percorrenze d’arte, progettate all’interno del parco.

Figura 2 - Area compresa tra le uscite della tangenziale di Napoli Camaldoli e Vomero: stato di fatto e prefigurazioni progettuali

 

Ancora in linea con tale strategia è stata progettata una nuova linea su ferro leggero, people mover, posizionata sulla rampa di accesso alla via Cilea dai caselli della tangenziale, dall’uscita Vomero. In questo caso, la presenza del sistema degli svincoli e il relativo insieme di spazi aperti, da questi interclusi, ha suggerito la possibilità del recupero di un loro uso, attraverso la progettazione di un nodo di interscambio modale che vede la realizzazione di un grande parcheggio (previsto già nelle Specificazioni del Prg) posto tra l’uscita dalla tangenziale Vomero e i quartieri intorno alle vie Cilea e Caldieri, scambio modale reso possibile dalla intersezione della linea su ferro, già esistente, Circumflegrea, il parcheggio e la linea su ferro leggero, people mover, di collegamento tra il quartiere Vomero e la nuova area di progetto.

Tale lavoro ha cercato di descrivere, ascoltare, interpretare la complessità di un ambito urbano odierno mirando alla integrazione tra le parti e alla creazione di centralità che potessero dialogare con la scala locale come con quella metropolitana soprattutto grazie alla presenza di grandi infrastrutture ambientali, come il Parco delle Colline, e stradali, come la tangenziale, ritenute fondamentali opportunità per una ri-significazione di un territorio urbano come questo e per una ri-funzionalizzazione intesa come recupero e innovazione di relazioni e materiali del paesaggio antropico e naturale.

 

L’esperienza del disciplinare di regolamentazione delle attività agro-forestali e naturali per il Comune di Conversano (Ba)

 

L’esperienza del Disciplinare di regolamentazione delle attività agro-forestali e naturali per il Comune di Conversano (Ba) ha avuto origine con la consulenza prestata all’amministrazione comunale nell’ambito del progetto integrato formazione ambiente – Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio – Formez 2002 – finalizzata alla gestione delle dieci doline carsiche (perimetrate in qualità di aree protette su proposta della Lr 19/1997) definite Laghi di Conversano, distribuite a macchia di leopardo sull’intera area, a cui si aggiungono episodi di naturalità interstiziale e residuale inserita e incastonata all’interno di un paesaggio agrario ad alta produttività.

L’esigenza gestionale prima, e la presenza delle suddette aree protette poi, sono quindi diventate le due formidabili occasioni di definizione di una ri-orditura della naturalità e una rilettura dei rapporti tra gli attori (agricoltori, residenti e la stessa naturalità) territoriali operanti, soggetti di una triangolare azione di reciproca invasione di uno spazio in via di progressiva plastificazione, causata da un logorante abuso di suolo, sottratto alla naturalità oppressa da coltivazioni e serre di cellophane, e di aria, sottratta ai residenti dall’uso massiccio di prodotti per la difesa antiparassitaria e fitosanitaria.

Figura 3 - Area compresa tra le uscite della tangenziale di Napoli Camaldoli e Vomero: planovolumetrico ed esemplificazioni progettuali delle nuove centralità

 

Successivamente, un tavolo tecnico, istituito con l’intento di cogliere i contenuti emersi dalla precedente fase, è giunto a individuare un’idea forza posta a base normativa del regolamento, reticolarmente imbrigliato in un atteggiamento ecologicamente orientato verso regole diffuse, dove le abitudinarie pratiche agricole si reinventino in qualità di best-practices locali, per sottrarre questo paesaggio ai suoi paradossali conquistatori e ridarlo ai legittimi abitanti di un vero e proprio luogo di frontiera, dove lo scambio tra istanze differenti è la dinamica dominante e l’intolleranza2 il valore fondativo da interpretare e governare.

Qui infatti lo sviluppo di particolari pratiche colturali ha implicato profonde trasformazioni del territorio, che ha finito col perdere in riconoscibilità paesistica e col monofunzionalizzarsi.

L’obiettivo è stato pertanto quello di realizzare un disciplinare in ausilio al Prg, volto a gestire il conflitto in atto, favorendo forme di attività utili a garantire la coesistenza tra produzione e abitabilità degli spazi riorganizzandoli in un contesto di ritrovato equilibrio territoriale e paesistico3, puntando sulla conservazione della naturalità e del patrimonio storico-culturale e sulla promozione dell’agriturismo e del turismo rurale.

Si è, inoltre, basato sui seguenti principi:

lungimiranza: il regolamento risulterà uno strumento ex ante per esaltare la sostenibilità delle scelte condotte in sede di redazione del Prg, di fronte alla successiva valutazione di incidenza, obbligatoria in relazione alle aree lacustri (SICp);

efficacia: capacità di intervenire nell’area di riferimento, attraverso prescrizioni condivisibili, strumentalmente riconoscibili e gestibili da parte dell’ente;

economicità: utilizzazione di studi e ricerche già condotte e rappresentative delle condizioni di interesse, limitando nuove indagini, su aspetti indispensabili o inesplorati;

sussidiarietà: utilizzazione delle perimetrazioni previste dalla pianificazione/normativa nazionale/regionale in materia di naturalità, attività agricole, uso del suolo – SICp, Putt, Prae ecc. – e regolamenti/normative europee, nazionali e regionali in materia di buone pratiche agricole – Psl;

perequazione: contemplazione di misure compensative e incentivi per l’attivazione di prescrizioni penalizzanti;

continuità naturale: da ottenere attraverso la realizzazione di flussi di naturalità a livello locale e di area vasta;

compatibilità: rispetto delle biocenosi interne alle aree protette codificando norme specifiche di conduzione agricola e collocando aree cuscinetto o aree tampone.

Di qui la scelta della rete ecologica comunale (Rec) come strumento necessario alla redazione di un disciplinare che guardasse all’agricoltura come virtuosa infrastruttura vivente, interposta tra uomo e natura, con il chiaro scopo di riconsiderare il vuoto come positività e non più come negatività dell’abitare, provando così a de-formare non una campagna urbanizzata, ma piuttosto una città4 ruralizzata.

Figura 4 - Il territorio di Conversano (Ba), oggetto del disciplinare di regolamentazione/pianificazione delle attività agro-forestali e naturali

 

Partendo quindi dall’assegnazione di un valore numerico ad ognuno degli strumenti di piano già vigenti sull’area (Putt, SICp e aree protette regionali) e loro successiva sovrapposizione, si sono riportate delle porzioni territoriali (P), in relazione a cui è stato definito un range valutativo decrescente (Z), indicatore del livello di naturalità contenuto all’interno di ciascuna P, la quale è stata così assimilata ad un corrispondente elemento della Rec.

Attraverso tale processo di assimilazione, ogni porzione territoriale ha successivamente assunto la configurazione di una specifica area omogenea (A, B, C o D), ognuna caratterizzata da proprie regole interne corrispondenti alle peculiarità di ciascun elemento della Rec, la quale in tal modo, è diventata lo strumento non di un didascalico disciplinare di regolamentazione, ma di un vero e proprio piano di gestione del conflitto.

Figura 5 - Regolamentazione delle attività agro-forestali e naturali nel Comune di Conversano: aspetti relazionali

 

In seguito a tale processo di definizione degli elementi del piano, ad ogni area si è pertanto giunti a riferire:

- prescrizioni per le attività di gestione delle colture, per cui si è prospettata l’introduzione di misure5 finalizzate al riequilibrio tra chi è penalizzato dal vincolo d’uso e chi è avvantaggiato dall’applicazione delle norme del piano;

- consigli/regole per una buona pratica agricola rispettosa dell’ambiente, delle attività antropiche limitrofe, del consumatore, dei caratteri di riconoscibilità di un paesaggio locale che sta tentando di costruire una visione di sé attraverso l’introduzione di:

a) aree C, fasce tampone boscate (direttrici), intese come fattori ricostituenti di quel quantitativo d’aria sottratto ai residenti, siepi frangi-vento, per la cui realizzazione è stata prevista la presenza in egual misura di essenze autoctone non produttive ed essenze produttive e aree D (aree libere);

b) norme e regole di un’agricoltura biologica, finalizzata ad un intervento di de-plastificazione della piana, incentivandola e controllandola solo nelle aree B (aree di transizione e nodi), poste a ridosso delle aree A (ambiti sorgente) dove la naturalità dovrà essere integralmente protetta attraverso un atteggiamento di assoluta inflessibilità prescrittiva.

Si è, quindi, voluta proporre la costruzione di un sistema plurale di valori d’uso, finalizzati alla rivitalizzazione di una città/territorio proiettata verso una concreta alleanza tra risorse ambientali e abitabilità degli spazi, attraverso la condivisione del disciplinare tra tutti i soggetti coinvolti nella nuova orditura relazionale prospettata dal piano, il cui iter di definizione non ancora concluso, s’appresta rapidamente a culminare verso la definitiva approvazione del Consiglio comunale della città di Conversano.

 

 

Credere nella riforma urbanistica

 

Per molto tempo in Campania si è assistito ad una programmazione senza piano e capace di dialogare con il progetto soltanto attraverso il ricorso all’accordo di programma: finalmente il 17 dicembre 2004 il Consiglio regionale ha approvato la riforma urbanistica. Riteniamo che, a fronte della responsabilità delle istituzioni, è forse un falso problema quello delle reazioni popolari di fronte all’insediamento di grandi impianti, quando invece nel regno dell’intervento straordinario si dovrebbe militare per coltivare approcci e metodologie inclusive tra le discipline e tra i territori, ovvero per la cultura del piano e del progetto.

Prima di approfondire la riflessione sull’innovazione legislativa introdotta con la riforma, ci preme sottolineare che, stante la gravità della situazione sociale ed economica nella regione, è necessario credere nella nuova legge urbanistica, per riaffermare il primato di politiche costruttive e strumenti ordinari di trasformazione, rispetto alla gestione del territorio come mantenimento dell’ordine pubblico.

Se la cultura del progetto saprà abbandonare il provincialismo che ha imbalsamato l’innovazione e la frontiera per questa regione, allora in-surgeranno moti progettuali che riavvicineranno partecipanti e partecipati, invece che legittime reazioni popolari, e la ricerca del consenso sarà matura per confrontarsi per esempio su Bagnoli, i parchi, la Città metropolitana di Napoli, la gestione dei rifiuti, il Put e l’auditorium di Niemeyer.

L’innovazione di senso e di metodo che la Convenzione europea del paesaggio contribuisce ad alimentare è un primo passo per investire nel senso comprensivo dell’agire e del pensare in urbanistica. Se si riconosce il significato complesso di paesaggio, che abolisce ottiche restrittive dell’azione di tutela e rimanda all’inclusività necessaria di territori e caratteri sociali, si rimettono al centro le relazioni degli abitanti coi luoghi: “sostituire il termine abitabilità a quello più ampio e astratto di qualità è un modo per sollecitare una rinnovata attenzione alla spazializzazione delle politiche” (Gabellino P.).

La ricerca militante per i paesaggi da creare o da ri-significare impone la responsabilità di una classe politica e tecnica accecata dalla programmazione dei fondi europei e chiamata oggi a costruire innovazioni e frontiere sul valore del piano e del progetto, come processo sociale quotidiano ovvero nella società/per la società, proprio a partire dalla implementazione della riforma urbanistica.

 

“… Passerà l’insopportabile clamore

e forse per un po’ sarà silenzio:

poi si ricomincerà a progettare”.

(De Carlo G.)

 

 

Note

 

1 “L’approccio territorialista interpreta il degrado ambientale (e l’insostenibilità del modello di sviluppo che lo produce) come conseguenza di un sistematico processo di deterritorializzazione che caratterizza la forma metropoli contemporanea; ovvero di destrutturazione delle relazioni e proporzioni fra ambiente fisico, costruito e antropico; ricerca perciò la soluzione al problema della sostenibilità nella promozione di atti territorializzanti che ricostruiscano, in forme nuove, queste relazioni” (Magnaghi, 2000).

2 Intolleranza intesa nel senso di un civile e costruttivo valore di non tolleranza (non isolamento). Uno spazio strutturato sulla base di logiche tolleranti infatti, non potrebbe essere abitato, ma solamente riempito da sterili soggetti monadici incapaci di relazionarsi gli uni con gli altri e pertanto connaturatamente volti, insieme all’intero territorio, a morire entro i propri rispettivi confini, in quanto non in grado di considerare le implicazioni delle singole realtà con l’altro, soggetto quest’ultimo da cui non si può prescindere, se si vuol tendere a favorire tutte quelle dinamiche abitative di attraversamento degli spazi, necessarie alla realizzazione di un’istanza di territorialità (Dematteis), finalizzata al tentativo di andare a costruire nuovi e interessanti luoghi pieni di vita, denominati città.

3 … Solo se è buono da mangiare, un paesaggio, è anche bello da vedere …

4 Da civitas (comunità di cives) = forma di vita civile (civiltà), pertanto città intesa non come agglomerato, ma come desiderabile forma di una differente cultura del vivere ... (nel caso specifico) una porzione di territorio coltivata e abitata secondo un uso disciplinato dell’agricoltura.

5 Tali misure compensative sono state prese in relazione alla necessità di portare avanti e applicare i principi strutturali proposti dal piano, inscrivendoli all’interno di un disegno di redistribuzione di economie ed energie sul territorio, fondata su un atteggiamento di tipo perequativo (rimanendo quindi fuori dai consueti circuiti delle politiche ufficiali basate sulla regola dell’esproprio) che ha preso forma sulla base di un ridimensionamento programmatico di alcuni provvedimenti relativi all’imposizione fiscale comunale quali Ici e tassa Rsu.

Le misure introdotte nel caso specifico sono state:

- esenzione o riduzione (in un intervallo che va dal 25% al 50%) dell’Ici;

- esenzione o riduzione (in un intervallo che va dal 25% al 50%) della tassa Rsu per la prima residenza di proprietà o in utilizzo.

 

 

Il contributo sul Progetto Wetland è stato curato da Rocco Lafratta, Monica Guarino, Francesco Ruocco e Brigitta Ieva; il contributo sulla Tesi di laurea è stato curato da Elena Arcopinto, Corrado Lentini e Marco Tatafiore; il contributo sul Disciplinare per Conversano è stato curato da Mauro Iacoviello e Pasquale Manella.

 

 

Bibliografia e Webgrafia

 

De Carlo G., Buncùga F. (2000), Conversazioni con Giancarlo De Carlo – Architettura e Libertà, Editrice A coop. Sezione Elèuthera, Milano.

Lombroso A. (2004), Vincolo o opportunità?, Gea – Gestione ed Economia dell’Ambiente n. 5/2004, Maggioli Editore, Rimini.

Magnaghi A. (2000), Il progetto locale, Bollati Borlinghieri, Torino.

Merlo A. M. (2004), Mangin nel ventre di Parigi, il Manifesto 16 dicembre 2004.

 

Sul Progetto Wetland:

Autorità di bacino Liri-Garigliano e Volturno (1999), Piano stralcio di difesa dalle alluvioni, Napoli.

Autorità di bacino Liri-Garigliano e Volturno (2003), Piano stralcio di tutela ambientale – Conservazione zone umide area pilota le Mortine, Napoli.

Centro italiano di riqualificazione fluviale (2001), Manuale di riqualificazione fluviale, Mazzanti Editori, Venezia.

Dal Cin L., Bendoricchio G., Coffaro G. (2002), Linee guida per la ricostruzione di aree umide per il trattamento di acque superficiali, Anpa – Manuali e Linee Guida, Roma.

Di Fidio M. (1990), Architettura del Paesaggio, Pirola Editore, Milano.

www.cirf.org

 

Sulla Tesi di laurea:

Belfiore P., Gravagnuolo B. (1994), Napoli, architettura ed urbanistica nel Novecento, Editori Laterza, Bari.

Corsi E., Popoli. E. (1992), Napoli l’autostrada della città, Sergio Civita Editore, Napoli.

De Lucia V., Iannello A. (1976), L’urbanistica a Napoli dal dopoguerra ad oggi: note e documenti, in “Urbanistica” n. 65.

Di Gennaro A. (2002) (a cura di), I sistemi di terre della Campania, Risorsa srl – Regione Campania, Napoli.

Gasparrini C. (2003), Passeggeri e viaggiatori, Meltemi Editore, Roma.

Regione Campania – Giunta regionale (2003), Perimetrazione ed articolazione zonale provvisorie del Parco regionale metropolitano delle Colline di Napoli, Legge regionale della Campania 7 ottobre 2003, n. 17, Napoli.

Comune di Napoli – Giunta comunale (2001), Variante generale al Prg della città di Napoli - Norme di attuazione e Scheda di ambito n. 32 Camaldoli, delibera di adozione n. 35 del 21 febbraio 2001 e Dpgr di approvazione n. 323 dell’11 giugno 2004, Napoli.

Sul Disciplinare di regolamentazione delle attività agroforestali e naturali nel Comune di Conversano:

Bobbio R. (1997), A proposito di aree agricole: opportunità di un rinnovato interesse, in “Urbanistica Informazioni” n. 152, Inu.

Cassano F. (1998), Il Pensiero Meridiano, Ed. Gius. Laterza & Figli, Bari.

Forte F., Fusco Girard L. (1998), Valutazioni per lo Sviluppo Sostenibile e Perequazione Urbanistica, Clean Edizioni, Napoli.

Zanini P. (1997), Significati del confine, Ed. Scolastiche Bruno Mondadori, Milano.

Viesti G. in http://www.cittaplurale.it/Pub/

 

 

 

Gruppo studi Heliopolis

dott. Elena Arcopinto; arch. Monica Guarino; arch. Mauro Iacoviello; arch. Brigitta Ieva; geol. Rocco Lafratta; dott. Corrado Lentini; arch. Pasquale Manella; arch. Marcello Naimoli; arch. Francesco Ruocco; dott. Marco Tatafiore; Luisa Califano

 

 

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