“… Sui marciapiedi, avviluppati in tersi
sacchi di plastica, i resti di Leonia d’ieri
aspettano il carro dello spazzaturaio. Non
solo tubi di dentifricio schiacciati,
lampadine fulminate, giornali, contenitori,
materiali d’imballaggio, ma anche
scaldabagni, enciclopedie, pianoforti,
servizi di porcellana: più che dalle cose
che ogni giorno vengono fabbricate vendute
comprate, l’opulenza di Leonia si misura
dalle cose che ogni giorno vengono buttate
via per far posto alle nuove. … Il risultato
è questo: che più Leonia espelle roba più ne
accumula; le squame del suo passato si
saldano in una corazza che non si può
togliere, rinnovandosi ogni giorno la città
conserva tutta se stessa nella sua forma
definitiva: quella delle spazzature d’ieri
che s’ammucchiano sulle spazzature
dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni e
suoi lustri”.
Italo Calvino, Le città invisibili
Organizzazione e gestione della città:
produzione dei rifiuti e crescita economica
I nuovi modelli di assetto del territorio e
i moderni processi e tecniche di
pianificazione esaltano il concetto e il
ruolo della gestione, intesa come
elaborazione continua di un processo di
pianificazione, integrato nei temi, nel
tempo e nello spazio. Via via che la
dimensione urbana aumenta e l’organizzazione
cittadina diviene più complessa, si modifica
il concetto stesso di assetto della città e,
conseguentemente, di pianificazione
urbanistica che implica una visione sempre
più articolata dell’organizzazione della
città stessa.
Una delle conseguenze più evidenti e più
gravi dello sviluppo urbano è la elevata
concentrazione raggiunta, sia per le
residenze sia per le attività urbane. A tal
proposito occorre osservare che se la prima
rivoluzione industriale poteva giustificare
la concentrazione di insediamenti
(abitativi, industriali e terziari), la
seconda rivoluzione industriale, definita
tecnologica, (sviluppo della ferrovia e dei
trasporti urbani, sviluppo della
motorizzazione, scoperta dell’energia
elettrica, del telefono, della radio, della
televisione e degli altri strumenti di
comunicazione, ecc.) avrebbe dovuto favorire
il decentramento, recuperando le maggiori
distanze con l’aumentata facilità e rapidità
a superarle. Contrariamente alle previsioni
di Geddes, il quale coniò il termine di
conurbazione per indicare le nuove
formazioni territoriali urbanizzate, ciò non
avvenne ma, anzi, si intensificò il processo
di accentramento e la formazione delle prime
megalopoli.
La causa principale del processo di
concentrazione urbana disorganizzata sta
nella carenza di una adeguata programmazione
economica e nella mancanza di coordinamento
fra quest’ultima e la pianificazione
urbanistica. Quel che è più grave è che, al
di là dei rari episodi, questa materia non è
ancora entrata nel campo della ricerca e
dello studio applicato, non è ancora entrata
nella scuola. Per far crescere le nostre
città dovremo tornare a sentirci interessati
ad esse e responsabili della loro
costruzione e della loro gestione,
riflettendo su di essa con impegno e
passione.
Per raggiungere questo scopo è necessario
responsabilizzare gli individui, avendo cura
che questa partecipazione avvenga attraverso
un’adeguata informazione e anche una
preparazione ai vari temi che compongono il
complesso quadro della vita urbana.
L’ex presidente del Portogallo Màrio Soare
ha detto che è necessario globalizzare la
solidarietà. La globalizzazione è
un’opportunità ma anche un limite,
l’importante è che non si perda quell’identità
culturale che è anche urbana, elemento
fondamentale della qualità della vita.
Ancora più grandioso sarebbe se progetto e
realizzazione, se capacità di analisi e poi
di sintesi operativa si potessero applicare
a favore delle persone.
Bisogna cominciare facendo principalmente
due cose: usare meno la propria auto e
dividere la propria spazzatura. E se
tutti capissero che si tratta del
raggiungimento di un desiderio comune
(vivere in una città bella), tutti
contribuirebbero a realizzarlo.
La produzione di rifiuti solidi urbani è uno
degli indicatori più utilizzati e rilevanti
circa l’interazione tra le attività umane,
il territorio e l’inquinamento, poiché
analizza uno dei principali fattori di
pressione antropica sull’ambiente. È un
prodotto tipico della civiltà dei consumi di
massa, soprattutto per la parte solida che
ha il suo epicentro nella città. L’altissima
produzione di rifiuti urbani e industriali,
e le difficoltà legate ad un loro corretto e
sicuro smaltimento, rappresenta uno dei
problemi più rilevanti connessi con la
qualità e l’organizzazione della vita
urbana.
Tra le cause principali che provocano
l’aumento della quantità di rifiuti, possono
elencarsi:
- l’aumento della popolazione;
- a parità di popolazione, l’aumento dei
consumi pro capite;
- a parità di consumi pro capite, l’aumento
dei consumi non alimentari;
- l’aumento dei beni di consumo;
- l’aumento complessivo della produzione
industriale.
La somma algebrica delle suddette tendenze
fa sostenere la tesi che la quantità di
rifiuti è direttamente proporzionale alla
massa di consumi e, quindi all’incirca al
prodotto interno lordo (Pil) e, posto
che nessuno può pensare di ridurre il Pil al
solo scopo di produrre meno rifiuti, il
problema resta quello di produrne meno a
parità di Pil (o di reddito pro capite),
altrimenti il carico diventa insostenibile e
rischiano di avverarsi gli apocalittici
scenari di Lynch1 o di Calvino2.
Vi è una forte preoccupazione in Europa, per
il possibile impatto ambientale del continuo
aumento del volume dei rifiuti, in
particolare per i potenziali pericoli dello
smaltimento incontrollato. Malgrado alcuni
paesi europei abbiano introdotto tasse di
discarica, nella gestione dei rifiuti
continua a risultare prevalente il ricorso
all’opzione più economica fra quelle
disponibili, ossia lo smaltimento in
discarica3.
Parallelamente e proporzionalmente ai
consumi, la tendenza attuale mostra una
marcata crescita della produzione annua dei
rifiuti solidi urbani4. In Europa
si è stimato che dal 1975 al 1990 essa sia
aumentata del 50% (in peso). Nei paesi
europei dell’Ocse5, dal 1990 al
1995, l’aumento è stato dell’11%. Nel 1995
la produzione è stata di 420 kg pro capite
l’anno, il che equivale a oltre 1 kg a
persona al giorno. In particolare, nel
periodo 1990-1995 si è verificato, ad
esempio, un incremento del 10% nella
produzione di rifiuti a fronte
dell’incremento del 6,5% del Pil a prezzi
costanti.
L’Unione europea nelle sue direttive
comunitarie impone, da tempo, una
progressiva minimizzazione del ricorso alle
discariche, e l’obiettivo generale fissato
per il 2015 è quello di smaltirvi al massimo
il 15% dei rifiuti prodotti. L’Inghilterra,
la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e
l’Italia smaltiscono in discarica più del
76% dei rifiuti solidi urbani, contro la
Danimarca che vi smaltisce solo il 5% e
l’Olanda il 18%. L’Italia è l’ultima in
Europa per quanto riguarda lo smaltimento
attraverso inceneritori6, pari al
6,6% dei rifiuti, contro il 23% della
Germania, il 44% della Francia, il 62% del
Lussemburgo e l’80% della Danimarca.
Si va così facendo strada la consapevolezza
che la prevenzione e la riduzione al minimo
dei rifiuti rappresentano la soluzione
preferibile dal punto di vista ambientale,
tenendo conto che i siti di discarica
autorizzati si stanno saturando.
Recentemente l’Unione europea e lo Stato
italiano (tramite il Decreto Ronchi) hanno
più volte sottolineato la necessità di
adottare strategie di gestione dei rifiuti
che si basino principalmente sul riciclo e
sul recupero di materiali riutilizzabili,
sull’ottimizzazione dello smaltimento finale
del rifiuto e sulla riduzione della
produzione degli stessi realizzabile
mediante la modifica dei modelli di consumo
e produzione, l’utilizzo di adeguati
incentivi economici e di tecnologie e
prodotti puliti7. Così, tra le
politiche volte a conseguire l’obiettivo di
riduzione della massa di rifiuti solidi
urbani, sempre più peso stanno assumendo le
strategie di raccolta differenziata.
Gli obiettivi da perseguire per il futuro
sono già scritti nei documenti di studio e
in quelli programmatici di enti di governo e
istituzioni, e sono rappresentati:
- da una minore produzione di rifiuti e
dalla produzione di rifiuti meno pericolosi;
- dalla programmazione, ad un’adeguata scala
territoriale, della gestione del ciclo dei
rifiuti;
- dalla promozione del recupero di materia e
di energia dai rifiuti mediante
termodistruzione della frazione combustibile
non riciclabile;
- dalla riduzione dell’impatto inquinante
delle tecniche di smaltimento.
Questi obiettivi possono riassumersi in
quattro parole d’ordine: riduzione,
prossimità, riciclaggio,
smaltimento pulito.
Il raggiungimento di questi obiettivi
generali richiede l’adozione di precise
linee guida, e cioè:
- il principio di prevenzione:
ridurre al minimo ed evitare per quanto sia
possibile la produzione di rifiuti;
- il principio del chi inquina paga:
il costo dello smaltimento deve essere
sostenuto da chi produce i rifiuti;
- il principio di precauzione:
prevedere i problemi potenziali e ridurre
l’impatto inquinante delle tecnologie di
smaltimento finale;
- il principio di prossimità:
smaltire i rifiuti il più vicino possibile
al luogo di produzione.
Lo scenario alternativo va progettato,
generalizzando l’impiego dei sistemi di
riciclaggio, di fitodepurazione, di recupero
energetico dei rifiuti e, soprattutto,
riducendone la produzione alla fonte. Appare
chiara la necessità di individuare possibili
alternative, come predisporre siti ben
progettati e la necessità di professionalità
competenti in materia che sappiano assolvere
alla gestione delle diverse tipologie di
discariche, in relazione al sito di
ubicazione, alla quantità e qualità dei
rifiuti trattati, agli aggiornamenti
legislativi e alle necessità finali di
ripristino e bonifica delle aree utilizzate.
Nonostante alcune visioni apocalittiche, che
enfatizzano la innegabile gravità del
problema dei rifiuti, si ha motivo di
ritenere che le tecniche disponibili oggi e
in futuro saranno in grado di fronteggiare
il problema e di evitare esiti negativi. In
linea generale, il problema è gestibile con
azioni locali; ovvero, il progresso delle
tecniche è indispensabile ma, a parità di
tecniche, è decisiva l’efficienza della
gestione locale.
Figura 1 - Piano gestione rifiuti
nella regione siciliana;
conferimento di Rsu in discariche
operanti prima dell'emergenza |
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Normativa generale di riferimento e il piano
di gestione dei rifiuti in Sicilia
La gestione dei rifiuti è disciplinata dal
DLgs del 5.2.1997, n. 22 “Attuazione delle
direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/6e89/Cee
sui rifiuti pericolosi e 94/62/Cee sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”,
così come modificato e integrato dal DLgs
dell’8.11.1997, n. 389, che:
- impone alle regioni a statuto ordinario di
regolare la materia nel rispetto delle
disposizioni contenute dal succitato
decreto;
- obbliga le regioni a statuto speciale e le
province autonome di adeguare i rispettivi
ordinamenti alle disposizioni di principio
del predetto decreto, in quanto norme di
riforma economico-sociale.
Appare opportuno, inoltre, evidenziare come,
nel rapporto Stato-regioni-enti locali, il
DLgs 22/1997 abbia superato il concetto di
azione amministrativa (ente-regolatore) per
applicare quello di azione pubblica
(ente-funzionale) che chiama al
coinvolgimento tutti i soggetti coinvolti
nell’ambito delle rispettive competenze. In
particolare, allo Stato competono:
- le funzioni di indirizzo e coordinamento
necessarie all’attuazione;
- la definizione dei criteri generali e
delle metodologie per la gestione integrata
dei rifiuti;
- la determinazione dei criteri generali per
l’elaborazione dei piani regionali e il
coordinamento degli stessi;
- l’adozione delle norme tecniche per la
gestione dei rifiuti.
Alle regioni competono:
- la predisposizione, l’adozione e
l’aggiornamento, sentite le province e i
comuni, dei piani regionali di gestione dei
rifiuti di cui all’art. 22;
- la regolamentazione delle attività di
gestione dei rifiuti;
- la delimitazione degli ambiti ottimali per
la gestione dei rifiuti;
- la promozione della gestione integrata dei
rifiuti, intesa come il complesso delle
attività volte a ottimizzare il riutilizzo,
il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento
dei rifiuti;
- la definizione dei criteri per
l’individuazione, da parte delle province,
delle aree non idonee alla localizzazione
degli impianti allo smaltimento e di
recupero dei rifiuti.
Alle province competono:
- le funzioni amministrative concernenti la
programmazione e l’organizzazione dello
smaltimento dei rifiuti a livello
provinciale;
- l’individuazione, sulla base delle
previsioni del piano territoriale di
coordinamento, ove già adottato, delle zone
idonee alla localizzazione degli impianti e
di recupero dei rifiuti urbani.
Ai comuni competono:
- la gestione dei rifiuti urbani e dei
rifiuti assimilati;
- la disciplina della gestione dei rifiuti
urbani con appositi regolamenti.
Nella fattispecie, ai sensi dell’art. 22
comma 7 del DLgs 22/1997, le regioni devono
redigere e approvare il piano regionale di
gestione dei rifiuti che rappresenta lo
strumento regionale, di pianificazione e
operativo, fondamentale per la realizzazione
degli obiettivi perseguiti dal DLgs 22/1997
e smi.
La predisposizione del piano regionale di
gestione dei rifiuti in Sicilia rappresenta
il superamento definitivo della
programmazione d’emergenza, costituita dal
piano di priorità degli interventi per
l’emergenza rifiuti, ed è certamente un
traguardo importante nell’esecuzione degli
adempimenti prescritti nell’ordinanza
ministeriale 2983/1999 e successive
modificazioni e integrazioni. Ciò, in
particolare, perché la sua approvazione
consente di accedere ai finanziamenti
nazionali e comunitari finalizzati alla
realizzazione delle infrastrutture di
settore.
Tale piano va, comunque, inteso come uno
strumento dinamico, flessibile e
integrabile, da sottoporre a periodici
aggiornamenti derivanti sia dalla verifica
della sua valenza ed efficacia operativa,
sia dal necessario recepimento di direttive
comunitarie in tema di smaltimento dei
rifiuti, sia da possibili modifiche della
legislazione nazionale.
Si delinea, in tal modo, un nuovo scenario
di programmazione non più incentrato sui
provvedimenti di emergenza (ordinanza
ministeriale 2983/1999), ma su una
pianificazione a più largo respiro che ha
portato all’adozione di alcuni strumenti di
programmazione, completandosi con la
redazione del piano di gestione dei rifiuti.
Con il piano si è anche provveduto a
coordinare, integrare e completare atti di
pianificazione già approvati: alcuni
importanti piani di settore e precisamente
le linee guida per la raccolta
differenziata, il piano degli inerti, il
piano degli stoccaggi, le linee guida per la
progettazione degli impianti di compostaggio
e il piano degli impianti di rottamazione
dei veicoli a motore.
Figura 2 - Piano gestione rifiuti
nella regione siciliana;
conferimento di Rsu in discariche
operanti al 30 giugno 2002 |
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L’organizzazione dei servizi andrà
progettata in modo da garantire il più
possibile l’unitarietà dell’intervento; ciò
non toglie che potranno essere diversificati
i servizi sulla base delle peculiarità
locali (ad esempio, centri a maggiore o
minore densità abitativa, produzioni
specifiche di rifiuti, ecc). La
predisposizione dei progetti deve avvenire
tenendo conto del contributo che tutti i
soggetti potenzialmente attivabili sul
territorio possono offrire per la piena
riuscita del progetto e per il
raggiungimento degli obiettivi. Pertanto
dovranno essere opportunamente coinvolte
categorie produttive specifiche (utenze
commerciali, di servizio, grande
distribuzione, ristoranti, mense, ecc.)
utenze artigianali e industriali, soggetti
riutilizzatori, operatori del settore e le
cooperative di cui all’art 1, comma 1,
lettera b, legge 381/1991 e associazioni di
volontariato, associazioni ambientali.
Al fine di pervenire nel più breve tempo
possibile, e comunque in tempi programmati,
al raggiungimento degli obiettivi fissati in
termini di raccolta differenziata (15%
frazione organica, 35% frazione secca e 10%
altre frazioni e/o rifiuti da raccogliere in
maniera differenziata), il sistema dovrà
essere spinto in via prioritaria nelle aree
a maggiore densità abitativa. Inoltre,
nell’ambito delle normative vigenti e per
una politica ambientalmente sostenibile
sulla gestione dei rifiuti,
l’amministrazione locale dovrà promuovere
presso gli utenti una serie di strategie
mirate al contenimento della loro
produzione. La creazione di un centro
comunale di raccolta o di un centro
consortile presso un’area baricentrica tra
più abitati o in area Asi è l’altro elemento
strategico della trasformazione del
servizio.
Si intende, pertanto, dare corso ad un piano
di avvio consistente nella realizzazione di
sistemi integrati, da attuarsi in ambiti
territoriali ottimali (Ato) da
delimitare sulla scorta d’entità
demografiche non inferiori a 150mila
abitanti. Tuttavia, in attesa delle
aggregazioni per ambiti ottimali e del
supporto degli impianti di valorizzazione,
si è spinto molto per avviare la selezione e
il riciclaggio delle frazioni secche; e a
tal riguardo si possono citare numerosi
esempi, come i Comuni di Licata, Giarre,
Misterbianco, Pantelleria, Roccapalumba
dove, anche in assenza d’impianti e pur
mancando le aggregazioni per Ato, sono stati
raggiunti risultati di raccolta
differenziata delle frazioni secche
veramente lusinghieri.
Ne emerge l’intrinseco legame esistente tra
i piani di gestione dei rifiuti e il
territorio. Si pensi, ad esempio, alla
redazione dei progetti territoriali di
raccolta differenziata, i quali
costituiscono gli elementi base per la
produzione dei piani comunali di raccolta
differenziata, redatti tenendo conto del
fatto che i loro risultati dovranno
confluire nel piano di ambito cui il comune
appartiene, nonché delle caratteristiche
territoriali delle zone interessate,
suddividendo le aree urbane in almeno tre
livelli territoriali (aree intensive,
semintensive, estensive) e prevedendo e
ubicando delle strutture e infrastrutture
idonee alla raccolta differenziata.
Pertanto, in uno scenario connotato
dall’esigenza di una rapida attivazione
delle iniziative per la massima
intercettazione delle frazioni presenti nei
rifiuti urbani, il piano dovrà valutare:
- le modalità operative intrinseche ai vari
circuiti, come ad esempio la tipologia e la
volumetria dei contenitori di raccolta
distribuiti (contenitore per la frazione
organica) in quanto favoriscono il grado di
purezza merceologica del materiale raccolto;
- la variazione nell’arco dell’anno della
densità abitativa sull’isola sia in
relazione ai residenti che alla dislocazione
dei turisti (si deve considerare la presenza
di flussi turistici che generano una forte
crescita della produzione di rifiuti
prevalentemente da luglio a settembre);
- la distribuzione sul territorio, nell’arco
dell’anno, delle attività (potature,
mercati, ecc.) che producono rifiuti;
- la tipologia degli insediamenti (centro
storico, case con giardino, seconde case).
Di conseguenza, il piano dovrà almeno
prevedere l’elaborazione dei seguenti
elaborati:
a) corografia generale dell’area a scala
opportuna dell’intero territorio comunale;
b) cartografia a scala adeguata dell’intero
territorio comunale (1:10.000-1:5.000) con
la zonizzazione dell’area urbana in almeno
tre tipologie urbanistiche (zona intensiva,
semintensiva, estensiva);
c) cartografia a scala adeguata
(1:5.000-1:2.000) con la ubicazione delle
infrastrutture a servizio della raccolta
differenziata (isole ecologiche, centri
comunali di raccolta, centri comprensoriali
di selezione e valorizzazione, compostaggio,
impianti dell’offerta aggiuntiva del sistema
industriale);
d) cartografia dello strumento urbanistico
vigente e/o in itinere;
e) apposita relazione illustrativa che
contenga i seguenti elementi:
1. rapporto con gli strumenti di
programmazione e pianificazione generali e
di settore (piani paesistici, piani
regolatori generali, piani
particolareggiati, ecc.);
2. stima della produzione quali-quantitativa
dei rifiuti nel bacino urbano di
riferimento;
3. obiettivi di riciclaggio del bacino
comunale e flussi del materiale recuperato
con la raccolta differenziata;
4. i sistemi organizzativi proposti per il
bacino comunale;
5. descrizione dell’incidenza economica
articolata per costi/abitante e/o utente,
costi kg/raccolto, costi/addetto, costi
rifiuti raccolti/addetto e altri parametri;
6. descrizione dei sistemi di controllo di
qualità che si vogliano adottare, nonché le
misure che si adotteranno per il
contenimento della produzione dei rifiuti e
della loro incidenza nel sistema ambientale
del territorio di riferimento.
Esempi di successo sulla raccolta
differenziata e compostaggio nell’Ue
Schema di raccolta differenziata e
compostaggio di Padova (Italia)
Descrizione e ubicazione dello schema
Lo schema copre il distretto del Bacino
Padova 1, con 26 comuni. Questi comuni
gestiscono insieme un certo numero di
servizi (sistema fognario, trattamento delle
acque, raccolta dei rifiuti) per mezzo del
consorzio Tergola, una società di pubblica
utilità finanziata dai comuni, e attraverso
i ricavi ottenuti dal funzionamento dei
servizi. Il distretto ha circa 205.000
abitanti e copre un’area di 57.714 kmq, a
vocazione principalmente rurale.
La quantità stimata di rifiuti raccolta
attraverso lo schema nel 1998 è di circa 110
kg/abitante; il resto è costituito da
rifiuti alimentari e di giardino.
L’impianto e il depuratore per il
trattamento delle acque sono gestiti
direttamente dal consorzio Tergola e sono
situati a Vigenza, vicino Padova.
Gli standard del prodotto finale sono
controllati dalla legge 784/1984.
Scopi dello schema
L’obiettivo dello schema di raccolta è
quello di assistere i comuni nel
raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal
decreto Ronchi 22/1997 sul recupero e il
riciclaggio dei rifiuti.
Piani futuri per lo schema
Potenzialmente, tutte le famiglie possono
partecipare al progetto. Un obiettivo futuro
sarebbe quello di aumentare la percentuale
di raccolta in tutti i comuni coinvolti. Ciò
si potrà ottenere accrescendo la coscienza
pubblica e incrementando la flessibilità
delle tecniche di raccolta.
Per quanto riguarda gli impianti di
trattamento e smaltimento la situazione
nella provincia è in decisa evoluzione in
quanto siamo in presenza di diversi impianti
già autorizzati che sono in fase di
realizzazione o di avvio dei lavori.
Negli attuali quattro bacini della Provincia
di Padova la situazione è la seguente:
1. Bacino Padova 1
Nell’anno 1999, la produzione complessiva di
rifiuti urbani è risultata pari a 73.282,5
t, pari a 354,31 kg/ab. L’incremento
rispetto al 1998 è stato decisamente
sostenuto e pari al 10%.
Per quanto riguarda le raccolte
differenziate, la situazione era la
seguente:
- 26% raccolta differenziata frazione secca
riciclabile;
- 26,33% raccolta differenziata frazione
umida e verde;
- 47,67% secco non riciclabile.
Tutti i comuni stanno attuando la raccolta
differenziata secondo la modalità
secco-umido.
Il sistema di raccolta attuato é il porta a
porta in tutti i comuni ad eccezione del
Comune di Vigonza, nel quale si è optato per
una raccolta con doppio cassonetto stradale.
La quantità di rifiuto avviato a smaltimento
è stata di 34.932,6 t, corrispondenti ad un
conferimento in discarica pari a 113 t/g che
sono state conferite a Campodarsego.
2. Bacino Padova 2
Nell’anno 1999, la produzione complessiva di
rifiuti urbani è risultata pari a 224.876,19
t, pari a 577,84 kg/ab, in questo caso pesa
senza dubbio il ruolo della città di Padova
con i flussi legati alle attività terziarie
e all’università.
L’incremento rispetto al 1998 è stato
sostenuto e pari al 7%.
Per quanto riguarda le raccolte
differenziate, la situazione era la
seguente:
- 10,94% raccolta differenziata frazione
secca riciclabile;
- 6,54% raccolta differenziata frazione
umida e verde;
- 82,52% rifiuto indifferenziato.
Tutti i comuni stanno potenziando la
raccolta differenziata tradizionale (vetro,
carta, plastica, lattine in alluminio),
integrandola con servizi di raccolta del
verde.
La quantità di rifiuto avviato a smaltimento
è stata di 185.562,4 t, corrispondenti ad un
conferimento pari a 598 t/g, delle quali 220
all’impianto di recupero energetico Amniup
di S. Lazzaro, e 430 t/g alla discarica
regionale di S. Urbano.
3. Bacino Padova 3
Nell’anno 1999, la produzione complessiva di
rifiuti urbani è risultata pari a 56.865,17
t, pari a 407,42 kg/ab. Rispetto al 1998 si
è registrata una diminuzione dell’1,5%.
Per quanto riguarda le raccolte
differenziate, la situazione era la
seguente:
- 9,28% raccolta differenziata frazione
secca riciclabile;
- 10,2% raccolta differenziata frazione
umida e verde;
- 80,52% rifiuto indifferenziato e secco non
riciclabile.
La situazione è però in forte evoluzione in
quanto, entro i primi mesi del 2000, tutti i
comuni attueranno la raccolta differenziata
secondo la modalità secco-umido. Il sistema
di raccolta prevalentemente adottato è il
porta a porta.
La quantità di rifiuto avviato a smaltimento
è stata di 45.785,7 t, corrispondenti ad un
conferimento in discarica pari a 147 t/g che
sono state conferite a Este.
4. Bacino Padova 4
Nell’anno 1999, la produzione complessiva di
rifiuti urbani è risultata pari a 41.178,89
t, pari a 376,31 kg/ab. Rispetto al 1998 si
è registrata una diminuzione sensibile, pari
al 4,5%.
Per quanto riguarda le raccolte
differenziate, la situazione era la
seguente:
- 15,46% raccolta differenziata frazione
secca riciclabile;
- 14,27% raccolta differenziata frazione
umida e verde;
- 70,27% rifiuto indifferenziato e secco non
riciclabile.
La situazione è in evoluzione in quanto,
entro i primi mesi del 2000, tutti i comuni
attueranno la raccolta differenziata secondo
la modalità secco-umido. Il sistema di
raccolta prevalentemente adottato è il porta
a porta.
La quantità di rifiuto avviato a smaltimento
è stata di 28.936,3 t, corrispondenti ad un
conferimento in discarica pari a 93 t/g che
sono state conferite a S. Urbano.
Il bilancio dell’operato è davvero notevole,
in dieci anni (1994-2004) sono stati
raggiunti traguardi e risultati insperati.
Studi, sperimentazioni, attività intensa ed
entusiasmo, in stretta collaborazione con
sindaci e cittadini, sono stati sufficienti
per compiere una vera e propria rivoluzione
nel mondo dei rifiuti, raggiungendo livelli
prima inimmaginabili di raccolta
differenziata (64,5% – media di tutto il
bacino) ma, soprattutto, introducendo un
cambiamento radicale nelle abitudini e nella
mentalità dei cittadini, fino a creare un
modello (raccolta porta a porta) ora
esportato e imitato in tutta Italia.
I principali risultati raggiunti riguardano:
l’attivazione della raccolta domiciliare e
gestione della tariffa, raccolta
differenziata al 65%; il contenimento della
produzione dei rifiuti; i livelli economici
dei prezzi applicati ai cittadini
particolarmente contenuti.
Figura 3 - Piano gestione rifiuti
nella regione siciliana;
distribuzione regionale delle isole
ecologiche, situazione attuale |
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Schema di raccolta differenziata e
compostaggio di Barcellona (Spagna)
Descrizione e ubicazione dello schema
Lo schema di raccolta differenziata e
compostaggio dell’area metropolitana a sud
di Barcellona è gestito dall’area
metropolitana de Barcelona Entitat del Medi
Ambient (autorità ambientale dell’area
metropolitana di Barcellona); questa è una
amministrazione sovracomunale, istituita per
legge nel 1987, che fornisce servizi
centralizzati a 33 comuni della Provincia di
Barcellona e delle aree circostanti.
La struttura socio-economica dell’area varia
in funzione dei comuni. Castelldefels è un
comune costiero con un discreto numero di
afflusso di turisti; Gava e Viladecans sono
dedite all’industria, ai servizi e al
turismo; Begues è un comune principalmente
rurale.
L’area attualmente coperta dal progetto è di
113 kmq e include i Comuni di Castelldefels,
Viladecans, Gavà e Begues, per un totale di
137.000 abitanti (55.000 famiglie).
La raccolta differenziata della parte
organica dei rifiuti è resa obbligatoria
dalle leggi catalane per i comuni di più di
5.000 abitanti.
Scopi dello schema
Gli scopi dello schema sono specificati e
sono parte del programma municipale della
gestione dei rifiuti dell’area metropolitana
di Barcellona, approvato nel luglio 1997.
L’obiettivo attuale è quello di recuperare
il 50% dei rifiuti organici prodotti in
Catalogna.
Sia lo schema che gli impianti stessi sono
in una fase di continua evoluzione in
termini di copertura di popolazione e di
capacità dell’impianto.
Anche la pubblicizzazione dello schema è un
impegno e una responsabilità condiviso
dall’area metropolitana e dai comuni
coinvolti; l’esperienza dimostra che
l’entità e la qualità delle campagne
pubblicitarie hanno un effetto diretto sulla
percentuale di partecipazione.
In teoria, i comuni prendono l’iniziativa e
l’autorità dell’area metropolitana li
supporta.
Ragioni del successo e piani futuri per lo
schema
Secondo i gestori, lo schema ha successo per
una combinazione di fattori. Da una parte
c’è il supporto di un organismo
organizzativo, il programma per la gestione
dei rifiuti nell’area metropolitana, che
stabilisce gli obiettivi e i mezzi per
raggiungerli; dall’altra la volontà del
personale dell’area metropolitana di
cooperare con i comuni e il governo
catalano. Sul piano della raccolta, la
popolazione coperta partecipa al progetto
con entusiasmo, grazie all’efficacia delle
campagne pubblicitarie.
Lo schema si sta espandendo rapidamente e i
piani a breve termine prevedono l’aumento
della capacità degli impianti. Questa
espansione assicurerà un incremento della
percentuale di partecipazione da parte di
quei comuni già coinvolti nel progetto e
l’aggiunta di altri, nell’arco temporale di
un anno, portando la popolazione coperta dal
progetto ad un totale di circa 220.000
persone.
Dettagli finanziari
Gli investimenti fatti o programmati
ammontano a un totale di 5,4 milioni di euro
provenienti per il 22% dalla Commissione
europea attraverso il Fesr, per il 56% dal
governo centrale e dai governi locali (area
metropolitana, governo catalano, governo
provinciale di Barcellona); il resto deriva
dai finanziamenti da parte della società
proprietaria dell’impianto.
I costi operativi sono coperti da due fonti:
una è la tassa che ogni comune addebita alle
famiglie per coprire le spese di raccolta e
quelle del trattamento dei rifiuti; le altre
fonti sono la tassa sulla quantità di legno
ricevuto dall’impianto e i ricavi dalla
vendita del compost. Attualmente i ricavi
dalla vendita del prodotto sono di 60.000
euro all’anno.
Il risparmio nel recupero dei rifiuti
organici è ancora marginale, ciò è dovuto ai
bassi costi delle alternative (incenerimento
e discariche). Queste avranno minore
importanza quando il programma dell’area
metropolitana sarà pienamente attuato.
Costi iniziali: 5,4 milioni di euro
Costi operativi: 108 euro/t
Costi pubblicitari: 361.000 euro
Risparmio: marginale
Ricavi: 5,61 euro/t
Figura 4 - Piano gestione rifiuti
nella regione siciliana;
suddivisione in ambiti e sotto
ambiti territoriali ottimali (Ato e
Sub Ato) |
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Schema di raccolta differenziata e
compostaggio di Lipor (Portogallo)
Descrizione e ubicazione dello schema
Lo schema è situato a Ermesinde e a Valongo,
nell’area metropolitana di Porto, nel
nord-ovest del Portogallo. Copre un’area di
637 kmq con circa un milione di persone, e
interessa otto comuni che hanno creato
un’associazione municipale per il
trattamento dei rifiuti di Porto (Lipor),
che è un’entità pubblica finanziata. Lipor è
un’organizzazione con un sistema di gestione
integrato ed è responsabile della gestione,
del trattamento e del miglior utilizzo dei
rifiuti solidi prodotti nell’area. I ricavi
provengono dalla vendita dei servizi.
La struttura socio-economica dell’area
comprende l’industria, il commercio, i
servizi e le località costiere di
villeggiatura.
Scopi dello schema
Lo schema ha come obiettivo quello di
incoraggiare la separazione dei rifiuti e il
loro trattamento in modo sostenibile,
dirottando i rifiuti dalla tradizionale via
di eliminazione tramite discarica.
Ragioni del successo e piani futuri per lo
schema
Lo schema ha superato diversi ostacoli, tra
cui l’individuazione di un mercato per il
prodotto finale, che adesso viene venduto
senza difficoltà. Il trattamento alternativo
permette alla Lipor di risparmiare 830.000
euro all’anno, dato che la messa in
discarica costa 3,75 euro per tonnellata.
Lo schema si sta espandendo rapidamente e i
piani a breve termine prevedono l’aumento
della capacità degli impianti.
Dettagli finanziari
Costi iniziali: 5,4 milioni di euro (costo
di costruzione dell’impianto).
Costi operativi: 8,5 euro/t
Costi pubblicitari: non noti
Costi di smaltimento evitati: 3,75 euro/t
Ricavi: 25 euro/t
Schema di raccolta differenziata e
compostaggio di Castle Morpeth (Inghilterra)
Descrizione e ubicazione dello schema
Lo schema è ubicato nella circoscrizione di
Castle Morpeth, a nord di Newcastle,
nell’Inghilterra nord-orientale, e opera
nelle città di Morpeth e Ponteland, entrambe
aree urbane ricche e densamente popolate.
Lo schema è stato avviato come progetto
pilota diretto ad un complesso edilizio di
468 case. Copre il 25% della popolazione
della circoscrizione, comprendendo 5.000
delle 20.400 famiglie, e serve un’area di
3.000 ettari.
Scopi dello schema
Gli obiettivi dello schema sono quelli di
aiutare Castle Morpeth a soddisfare
l’obiettivo del governo sul riciclaggio.
Ragioni del successo e piani futuri per lo
schema
Il successo dello schema è dovuto alla sua
semplicità e al fatto che non viene
richiesto un grande impegno per la
partecipazione. Lo schema si è avvalso della
crescita nella comunità di una sensibilità
nei confronti dei problemi dei rifiuti, a
seguito delle iniziative volte a coinvolgere
il pubblico, con l’invito a contribuire con
suggerimenti alla strategia sulla gestione
dei rifiuti.
I piani futuri comprendono l’espansione a
rete di famiglie e l’utilizzo delle stesse
per la divulgazione, nonché il trasferimento
dell’impianto di compostaggio in un nuovo
sito.
Dettagli finanziari
Costi iniziali: 225.000 milioni di euro
Costi operativi: 20,52 euro/t
Costi pubblicitari: 3.000 euro
Costi di smaltimento evitati: 15,4 euro/t
Ricavi: 15,2 euro/t
Note
1
K. Lynch (1992), Deperire. Rifiuti e
spreco, a cura di M. Southworth, Cuen,
Napoli.
2
I. Calvino, Le città invisibili,
Einaudi, Torino 1972.
3
Si tratta di un metodo di smaltimento che
consiste nell’ammassare i rifiuti, dopo
averne ridotto il volume di ingombro, in
aree limitate e nel ricoprirli giornalmente,
con strati di terreno, favorendone così il
deterioramento per effetto dell’ossidazione
naturale e della degradazione microbica.
4
In base alla normativa italiana (Dpr
915/1982), è considerato rifiuto qualsiasi
sostanza o oggetto derivante da attività
umane o da cicli naturali abbandonato o
destinato all’abbandono. I rifiuti così
definiti sono stati recentemente
riclassificati nel Decreto Ronchi e, sulla
base della loro origine, si dividono in:
- urbani, si identificano con i rifiuti
provenienti dalle civili abitazioni e dallo
spazzamento delle strade, con quelli
giacenti in aree pubbliche, quelli vegetali
provenienti dai giardini, dai parchi e dalle
aree cimiteriali;
- speciali, corrispondenti a tutti gli altri
rifiuti tra cui quelli provenienti dalle
lavorazioni industriali e attività di
servizio. Sulla base delle caratteristiche
di pericolosità si distinguono in pericolosi
e non pericolosi.
5
Europa Ocse: Francia, Germania, Italia,
Regno Unito, Spagna.
6
L’incenerimento rappresenta una delle
tecniche tradizionali di smaltimento dei
rifiuti. Da decenni si fa ricorso alla
combustione dei rifiuti solidi, anche se
solo di recente si è iniziato a preoccuparsi
del recupero del calore prodotto dalla
combustione ai fini della produzione di
vapore ed energia elettrica.
7
E. Ramieri, La produzione di rifiuti urbani,
Censis, 2000. |