Numero 8/9 - 2004

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lungo il margine. I dialoghi possibili dell'urbanista


Angela D'Orazio


 

La riprogettazione funzionale di ambiti periurbani, ricadenti nell’area romana, è materia di studio e di esercitazione per gli allievi del Corso di Tecnica urbanistica della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma La Sapienza. Angela D’Orazio presenta una sperimentazione condotta sul campo, descrivendo il metodo di lavoro seguito e i primi risultati raggiunti

 

 

 

 

Lo svolgimento del Corso di Tecnica urbanistica1, in questi ultimi anni, è stato caratterizzato, da una parte, dal progressivo avvicinamento a tematiche orientate alla definizione di progetti di riqualificazione urbana e ambientale, dall’altra, dalla ricerca di una sempre maggiore integrazione con il complesso dell’offerta formativa che gli allievi ingegneri per l’Ambiente e il Territorio ricevono.

Il progetto è perciò posto al centro dell’attenzione degli studenti, in un’ottica, però, non tanto legata alla definizione morfologica e funzionale dell’oggetto su cui si interviene, quanto alle possibili relazioni che lo compongono e lo determinano e alla sequenza del processo di intervento.

I temi di approfondimento sono proposti in genere illustrando, per ambiti di riferimento e questioni da affrontare, una tesi di lavoro (per esempio l’interpretazione in termini urbanistici del rapporto fra ambiente urbano e ambiente naturale); inoltre sono sempre scelti in virtù della facilità di conoscenza diretta del terreno – quindi localizzati a Roma e agevolmente raggiungibili – ma anche in relazione alla loro significatività urbana nel più ampio contesto metropolitano.

L’approccio metodologico che si è via via sperimentato parte da un ambito urbano, non perimetrato rigidamente a priori, che può essere agevolmente raggiunto ed esplorato in prima battuta in forma immediata, in assenza cioè di indicazioni predeterminate sull’ottica da adottare.

Si vuole così evidenziare la molteplicità delle angolazioni di approccio e di analisi sia per l’urbano sia per l’ambiente, nonché la difficoltà di definizione di un possibile contesto in relazione ai problemi che possono originarsi al suo interno o all’esterno.

Gli allievi sono posti di fronte a una serie di incertezze e indeterminazioni sull’ampiezza e i confini del luogo da raggiungere (dove finisce l’area? dove devo arrivare?), sulle attività da intraprendere (quali strade devo percorrere? devo entrare nei cortili? devo fare fotografie? Segnare il percorso?), sul tipo di sguardo (che cosa devo guardare?).

Gli studenti (che lavorano in piccoli gruppi) sono, quindi, invitati a stendere un piccolo rapporto su “ciò che hanno visto”. A partire dalla discussione collettiva sulle osservazioni fatte, sono affrontate tutta una serie di problematiche tipicamente disciplinari: dalla rappresentazione al linguaggio tecnico, dalla raccolta dei dati ai rapporti con gli interlocutori pubblici e privati, dalla strumentazione urbanistica alle politiche in atto.

Il lavoro, quindi, viene impostato attraverso l’identificazione di alcuni nodi problematici dell’area in questione e i possibili percorsi di approfondimento che potrebbero condurre all’individuazione di proposte progettuali per la loro risoluzione.

È importante sottolineare il fatto che si parte sempre da un’area urbana che funziona (qualcosa di vivo che ha una sua identità) e non da un tema progettuale formulato come ipotesi aprioristica di trasformazione né da un’area libera alla quale attribuire valenze già definite.

Secondo questo schema, dunque, sono state affrontate nel recente passato l’area del Colle Oppio2 ben all’interno della città storica ma con problematiche di margine in relazione al primissimo sviluppo urbano post unitario, e quella di S. Giovanni3 per la quale si è posto al centro il tema del rapporto città storica-città moderna, attraverso la disamina di un luogo considerato centrale ma la cui identità si sfrangia lungo il confine fisico, storico e simbolico delle mura.

Se si considerano gli ambiti urbani affrontati in questi anni, secondo un’ottica per esempio puramente funzionale o morfologica, essi appaiono profondamente diversi e in qualche modo i temi prevalenti che sottendono parrebbero forzatamente giustapposti.

Tuttavia la fertilità dell’approccio è evidente dalla efficacia con la quale anno dopo anno gli studenti comprendono e applicano su un campo diverso in maniera originale un metodo operativo che è in gran parte desunto dallo studio dei lavori di chi li ha preceduti.

L’attenzione sulle singole aree ha avuto, infatti, generalmente cadenza biennale, per permettere una maggiore maturazione delle analisi e il possibile dispiegarsi di diverse esperienze nello studio del territorio.

L’esperienza più recente ha preso le mosse da uno dei temi emersi per l’area di S. Giovanni che, a sud-ovest, si affaccia letteralmente sul Parco regionale dell’Appia Antica, nel settore più vicino al centro storico della città.

L’area di studio è così diventata tutta la fascia di interfaccia fra sequenza dell’edificato e area del Parco e il tema di approfondimento generale ha riguardato proprio la definizione del rapporto ambiente costruito-ambiente naturale.

È da sottolineare che sia la definizione dei termini del rapporto che il loro possibile dialogo sono stati sottoposti a un’ampia disanima critica attraverso approfondimenti teorici: a partire dal concetto di organizzazione del territorio in forme diverse e non necessariamente edificate passando per l’emergere storico della nozione di parco (naturale e urbano).

L’interazione con altri corsi su alcune questioni (ecosistema urbano, reti ecologiche) attraverso seminari comuni, scambio di materiali, interazioni con dottorandi è stata, in questa occasione, particolarmente fertile, permettendo agli studenti un confronto intelligibile, in quanto ancorato a un territorio specifico, tra prospettive scientifiche e disciplinari differenti.

Sono stati sottolineati alcuni aspetti problematici comuni: la definizione dei limiti-confini dell’investigazione, il nodo del tempo, la centralità dell’aspetto relazionale.

In particolare, uno degli sfondi concettuali bagaglio degli studenti è quello alla base della ecologia. In generale, l’applicazione di tale ottica all’ambiente urbano mira a comprendere alcuni fenomeni insiti nel processo di urbanizzazione e ad aiutare a risolverli in forma più interrelata. La città è vista come un ecosistema4, un’unità funzionale nella quale si integrano in forma complessa gli elementi viventi e non viventi dell’ambiente.

L’attenzione è sulla comprensione e rappresentazione dell’insieme delle relazioni che si sviluppano all’interno dei due ambiti visti singolarmente e nelle loro reciprocità, nonché sulle relazioni che l’ecosistema nel suo complesso mantiene con l’ambiente esterno: tali relazioni sono viste in termini dinamici e secondo i loro effetti di organizzazione o di disorganizzazione.

Ci si concentra, quindi, sulla rappresentazione delle dinamiche in corso: non si tratta di rappresentare solo un certo stato (un equilibrio statico: come in qualche modo può essere una zonizzazione da piano regolatore generale) ma i differenti possibili stati del sistema e da questi trarre delle possibili spiegazioni sull’andamento dei fenomeni.

Se la ricerca riguarda la relazione fra ambiente costruito e ambiente naturale, si studieranno gli aspetti di organizzazione dell’ambiente urbano che possono interagire con quelli dell’ambiente naturale e viceversa.

Il carattere specifico dell’approccio disciplinare che pone al centro la nozione di intervento appare così connesso ad approcci disciplinari differenti: il progetto è infatti il complesso delle azioni da determinare come possibile risposta alle problematiche individuate in un certo contesto a partire dall’analisi delle sue caratteristiche intrinseche e di relazione.

Il metodo seguito per sviluppare il tema si basa sulla definizione da parte di ogni gruppo di un possibile iter progettuale declinato in fasi di lavoro concatenate logicamente tra loro: il gruppo lavora per un ipotetico committente, con il fine di produrre un’ipotesi di riqualificazione, sulla base di obiettivi generali che ci si attribuisce come punto di partenza e che vengono attuati perseguendo obiettivi specifici, tramite azioni mirate che vanno a formare una precisa proposta progettuale. I singoli gruppi sono chiamati a produrre, con strumenti informatici, nel breve periodo di un semestre accademico, un lavoro coerente nelle premesse e nello sviluppo, costituito da tavole grafiche contenenti cartografie, documentazione storica e fotografica, dati elaborati ed elementi testuali e a presentarlo in modo convincente davanti ai loro colleghi e alla commissione di esame.

Riguardata da un altro punto di vista l’esperienza didattica si avvicina alle forme dell’instant project, anche se in questo caso sussiste la necessità, peraltro legata ai tempi concentrati del corso, di una, per così dire, alfabetizzazione grafica sui contenuti e sulle tecniche. All’interno dei singoli percorsi progettuali inoltre sono introdotte e discusse le logiche alla base di alcune tecniche di valutazione che possono essere usate, come ad esempio l’analisi Swot, anche in modo speditivo.

Si sottolinea nelle esercitazioni che il carattere logico razionale e non assoluto dell’operazione è messo in evidenza dalla necessità di comunicare il progetto e giustificare in modo trasparente le scelte fatte, davanti al committente, sulla base di un processo ricostruibile.

Tali modalità di impostazione del lavoro (il metodo) non sono presentate come una tecnica positiva risolutiva, applicabile con successo ai problemi territoriali, ma come una necessità operativa che permette di lavorare in gruppo e rendere coerenti diverse intuizioni, prodotte da bagagli formativi e intellettuali differenti, nonché di porsi in relazione con soggetti esterni all’elaborazione progettuale.

Ci è sembrato significativo illustrare qui (anche attraverso alcune tavole del materiale grafico prodotto) uno dei percorsi progettuali, così come è stato sviluppato da un gruppo di studenti5 (relazione e presentazione schematica6) e intitolato significativamente “Dialogo urbanistico lungo il margine: le nuove porte del Parco dell’Appia Antica”7.

 

1. In prima battuta è stata identificata una questione urbanistica concernente il delicato rapporto tra l’ambiente urbano dei quartieri contermini e l’ambiente rurale-naturale del Parco dell’Appia Antica.

In modo particolare è stata analizzata la situazione al margine che divide l’area edificata del tessuto urbano da quella naturale, o poco edificata, del Parco (Schema 1).

Schema 1

 

Il problema consiste nel ricercare soluzioni progettuali che in qualche modo integrino queste due realtà così lontane e che hanno storie urbanistiche recenti basate su spinte diametralmente opposte: da una parte l’espansione edilizia e dall’altra la volontà di fermarla, davanti a un valore archeologico-storico-naturalistico quale quello del Parco dell’Appia Antica.

Infatti, la situazione attuale, caratterizzata dalla presenza di un ente appositamente creato per la tutela del Parco, è frutto di una lunga e faticosa battaglia da parte di architetti, intellettuali, urbanisti, giornalisti, cittadini e associazioni che hanno operato per l’istituzione di un’area protetta.

 

2. L’area oggetto del nostro studio interessa la zona del quartiere Appio-Latino (delimitata dalla linea ferroviaria Fm1 e da un tratto di via Appia Nuova), la zona di via dell’Arco di Travertino e la porzione del Parco delimitata dal quartiere di Tor Marancia, via Ardeatina, via dell’Almone, via C. Metella, via Appia Nuova, il quartiere Appio Latino e la linea ferroviaria Roma-Ostia, oltre all’area delle Tombe Latine. Inoltre, si è tenuto conto della sua posizione nel settore urbano (relazione con il sistema infrastrutturale e con i poli di attrazione di livello metropolitano), in particolare in relazione alla Risorsa Parco (Schema 2 e Figura 1).

Schema 2

 

Figura 1 - Inquadramento generale

 

Il Parco dell’Appia Antica è un’area protetta istituita con Lr 66/1988.

Comprende la vasta porzione di Agro Romano percorsa dai primi 16 Km dell’Appia Antica (da Porta S. Sebastiano fino all’incrocio con l’Appia Nuova), la zona della Valle della Caffarella, il complesso archeologico delle tombe di via Latina, l’area a ridosso della Tuscolana in cui sono presenti numerosi resti di acquedotti romani di epoca repubblicana e imperiale. È un sistema territoriale che integra mirabilmente memorie storico-archeologiche con forti aspetti legati alla naturalità e al paesaggio (Schema 3).

Schema 3

 

Facendo riferimento a tale integrazione sono stati individuati quattro ambiti di interesse: l’area della via Appia Antica e delle Tombe Latine8, la Valle della Caffarella9, l’area degli acquedotti10 e la tenuta di Tor Marancia11 (Schema 4).

Schema 4

 

 

3. Si è posta, quindi, una scelta di carattere generale, che dà l’impronta al progetto e si basa sulla consapevolezza del grande valore (storico, archeologico, naturalistico, paesaggistico, turistico e ambientale) che ha il Parco dell’Appia Antica e sulla necessità di:

- far sentire la presenza di una risorsa, così potenzialmente qualificante per la vita dei romani, anche all’interno del tessuto urbano;

- valorizzarla, renderla fruibile e meglio accessibile a un pubblico differenziato e più ampio di quello attuale.

L’obiettivo generale è cercare di migliorare l’attuale situazione del margine città-parco, attraverso una possibile attenuazione del contrasto riscontrato. L’idea è quella di creare nuove opportunità di scambio e di dialogo lungo il margine, in modo che il Parco venga conosciuto meglio, apprezzato e vissuto in modo sostenibile dalla popolazione residente e non (Schema 5).

Schema 5

 

 

4. Trattandosi di un processo di apprendimento, evidentemente, l’individuazione del metodo e delle fasi di lavoro è frutto di una riflessione a posteriori. Lo studio si è articolato in tre momenti (analisi, sintesi e valutazione di problematiche e ambiti, interventi) anche se tale distinzione non è netta visto che è stato necessario di volta in volta tornare ad analizzare elementi già valutati o approfondire il tema per risolvere questioni incontrate lungo tutto il processo progettuale.

 

5. La prima fase del lavoro ha riguardato una serie di sopralluoghi; parallelamente si è proceduto alla raccolta di informazioni pertinenti, presso alcuni enti (Ente Parco Appia Antica, IX Municipio) e su diversi siti internet di interesse. È stata analizzata:

- la situazione al margine città-parco, evidenziando subito un rapporto a volte caratterizzato da carenza di permeabilità e da scarsa qualità dell’accessibilità esistente (Figura 2);

Figura 2 - Analisi del margine

 

 

- il tessuto urbano edificato nel quartiere Appio Latino e l’area centrata su via dell’Arco di Travertino, il sistema insediativo, il sistema dei trasporti e della mobilità generale, il sistema del verde e degli spazi liberi (Figura 3);

Figura 3 - Tessuti e funzioni

 

 

- il parco dell’Appia Antica, il sistema del verde, l’accessibilità al Parco, la sentieristica, gli usi del territorio e i valori storico-archeologicoambientali contenuti nel Parco (Figura 4).

Figura 4 - Analisi del parco

 

 

Volta per volta si è riportato su carta quanto rilevato in maniera razionale e funzionale al nostro livello di analisi e alla nostra idea di progetto che si è affinata gradualmente (Schema 6 e 7).

Schema 6

 

Schema 7

 

 

6. La seconda fase ha portato a identificare tre diversi ambiti del tessuto urbano, distinti per la propria struttura e funzionalità interna e per come si rapportano al Parco (Figura 5).

Figura 5 - Ambiti di intervento

 

 

Il primo e il secondo ambito sono, considerati unitariamente, delimitati dalla linea ferroviaria che corre lungo via Bitinia e dall’Appia Nuova (asse viario e commerciale di livello metropolitano).

Il terzo ambito si differenzia sostanzialmente dai primi due dal punto di vista della morfologia urbana e della funzione prevalente (Schema 8).

Schema 8

 

A. Il primo ambito, a prevalente uso residenziale, è delimitato dall’asse ferroviario che affianca via Bitinia, dall’Appia Nuova, dal confine con il Parco e da un ideale asse strutturato su Villa Lazzaroni e le attigue aree di servizi lungo via Denina. Esso si configura mediante due assi commerciali di livello locale e la viabilità principale (trasporto pubblico e traffico locale). È caratterizzato da un’accessibilità al Parco ridotta e di scarsa qualità, con alcune realtà (orti abusivi) che impediscono la percezione del Parco in alcuni tratti (Schema 9).

Schema 9

 

B. Il secondo ambito, più strutturato e a prevalente uso residenziale è delimitato dall’Appia Nuova, dal confine con il Parco e dall’asse ideale sopra menzionato (tale asse fa da cerniera tra questo e il primo ambito). È caratterizzato da buona densità di servizi e da un ambito commerciale di livello locale (via Menghini). Si ha un buon rapporto con il Parco, con accessi che lo rendono visibile alla cittadinanza, ma che comunque necessitano di una ristrutturazione (Schema 9).

C. Il terzo ambito è rappresentato dall’area a sud-est del quartiere Appio Latino, compresa tra via dell’Arco di Travertino, un tratto di via Tuscolana, via Demetriade e un tratto di via Appia Nuova. Si rileva una struttura disarticolata e disaggregata centrata sul nodo di scambio, con aree a uso produttivo degradate potenzialmente trasformabili. Non si ha accessibilità al Parco (Schema 10).

Schema 10

 

 

7. La terza fase del lavoro ha mirato a individuare proposte di intervento articolate per ambiti. Gli interventi sono stati differenziati prevedendo:

- un intervento di livello metropolitano per collegare idealmente un patrimonio storico-archeologico del Parco con quello del centro storico di Roma (Ambito C);

- interventi a carattere locale per migliorare il rapporto Parco-tessuto urbano lungo il margine (Ambiti A e B).

In generale, nel definire gli interventi è stata posta particolare attenzione a una migliore accessibilità al Parco e al suo interno (Figura 6).

Figura 6 - Accessibilità al parco

 

 

 

Per ogni ambito la proposta si articola in un’analisi di dettaglio della situazione attuale e in una tavola di progetto (Figure 7 e 8).

 

Figura 7 - Porta del parco: analisi

 

 

Figura 8 - Porta del parco: progetto

 

 

 

8. Descrizione dettagliata degli interventi proposti.

Ambito A:

- piattaforma per la copertura a verde del tratto di linea ferroviaria che costeggia via Bitinia e barriera antirumore nel tratto non coperto all’interno del Parco;

- spazio attrezzato per il ristoro e per la fruizione del paesaggio localizzato sulla piattaforma di copertura;

- scalinata panoramica di accesso al Parco da via Bitinia per valorizzare l’attuale accesso degradato, con l’aggiunta di strutture dedicate alle persone disabili;

- chiusura dell’ingresso di via De Bildt, in quanto vicino a un accesso principale;

- valorizzazione dell’accesso secondario di via Macedonia;

- riqualificazione dei sentieri (progettazione percorsi ciclopedonali) basata sulla rete locale dei sentieri esistenti;

- arredo verde lungo il margine mediante filari alberati ad alto fusto e specie arboree e arbustive tipiche dell’agro romano (pino, roverella, leccio).

Ambito B:

- fascia verde lungo via Latina con funzione di membrana: alberi ad alto fusto (pini, lecci) con cespugli e siepi (specie rinvenute nell’agro romano);

- ristrutturazione dell’accesso di via Menghini (Largo Tacchi Venturi): manutenzione, pulizia, sistemazione delle tabelle informative sul Parco;

- miglioramento della qualità dei sentieri presenti nell’area prospiciente via Latina: sistemazione di nuove panchine, lampioni e rifacimento della sede stradale (piastrellato e tappeto erboso), attenuazione pendenze del terreno per favorire l’accessibilità alle persone disabili;

- accesso via Bartoloni: ristrutturazione e valorizzazione (diventa un accesso principale);

- accesso via Mondaini: ristrutturazione (rimane un accesso secondario);

- interventi sulla mobilità locale: delocalizzazione dei parcheggi lungo via Latina, regolamentazione e controllo del traffico locale (dissuasori, sensi unici) e conseguente trasformazione in area a traffico limitato.

Ambito C:

l’area è stata scelta per attuare l’intervento principale e di più ampio respiro del progetto La Porta del Parco, un ingresso di livello metropolitano al Parco dell’Appia Antica.

Oltre ad aumentare notevolmente la ricettività turistica tale ingresso ha lo scopo di creare l’immaginario del Parco che entra e contemporaneamente si offre alla città.

Il visitatore già prima di entrare deve avere l’idea di un sistema-Parco di grande valore e di grande fascino.

Si prevede l’interramento e l’allargamento del tratto dell’Appia Nuova tra via Demetriade e via dell’Arco di Travertino, con contestuale costruzione di una piattaforma di collegamento tra l’area degradata al di là dell’Appia Nuova (ambito C) e il Parco, nelle immediate vicinanze del Parco delle Tombe Latine.

Tale piattaforma ospita l’ingresso vero e proprio, posto lungo la direttrice di via dell’Arco di Travertino (grande viale contornato da folto verde che dà una visione prospettica sul parco), preceduto e contornato da spazi di raccordo curati e attrezzati ad aiuole, giardini e fontane.

È stata progettata una linea per un servizio di navetta elettrica (con relativo spazio capolinea) dedicato al trasporto dei visitatori dal nodo di scambio all’ingresso del Parco. Due rampe laterali permettono l’accesso alla piattaforma solo per la navetta e i mezzi di soccorso.

Inoltre, sono state prese in considerazione diverse aree all’interno del Parco e dell’ambito C destinato ad accogliere strutture per la valorizzazione e la fruizione del Parco e per la funzionalità dell’ingresso:

- area sosta per pullman turistici;

- parcheggio multipiano interrato;

- strutture destinate all’istruzione scolastica (centro di educazione ambientale, laboratori, biblioteche, ludoteche).

Uno spazio di presunto interesse storico-archeologico è destinato a essere acquisito al patrimonio pubblico e successivamente annesso al Parco delle Tombe Latine.

All’interno del Parco abbiamo previsto spazi per:

- una nuova sede dell’Ente Parco (includente un centro culturale e un centro informazioni), una foresteria, un punto panoramico e di ristoro, un anfiteatro;

- fruizione del paesaggio storico-agricolo (mediante convenzione con i privati): area per nodo bici in prossimità dell’ingresso principale, agriturismo, maneggio per passeggiate a cavallo nel Parco;

- percorsi ciclopedonali basati sulla sentieristica esistente raccordanti i tre ambiti e la creazione di percorsi archeobus e archeobici, segnaletica e tabellazione relativa.

Altri interventi sono rappresentati da:

- valorizzazione e riconfigurazione dell’ingresso al Parco delle Tombe Latine;

- filari alberati ad alto fusto lungo via dell’Arco di Travertino;

- ricostituzione del fronte stradale lungo via dell’Arco di Travertino ove necessario;

- delocalizzazione attività presenti in aree interessate dal progetto.

 

 

Note

 

1 Università di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria, Cattedra di Tecnica Urbanistica: Prof. Giuseppe Imbesi, esercitazioni Ing. Guido Ancona e Ing. Angela D’Orazio.

2 Il Colle Oppio e i suoi dintorni. Rapporto su un’area urbana in silenziosa trasformazione, di cui si è dato conto in A. D’Orazio (2001), Colle Oppio: an urban area in silent transformation, in “Energy, Environment and Technological Innovation. Conferences” from 4th International Congress held in Rome Italy, September 19-24, 1999, Gangemi Editore, Roma.

3 “Dentro e fuori S. Giovanni Pianificazione e gestione urbanistica in un’area urbana consolidata”

4 L’ecosistema è per definizione costituito dalla comunità di organismi viventi (biocenosi), dall’ambiente fisico che la ospita (biotopo) e dalle relazioni che li connettono (flussi di energia, cicli degli elementi chimici).

Questi due oggetti (il biotico e l’abiotico) formano un ecosistema se l’organizzazione dell’uno dipende totalmente o parzialmente dall’organizzazione dell’altro e se l’insieme costituisce un oggetto relativamente autonomo pur essendo immerso in un ambito più vasto con il quale intrattiene delle relazioni. Si tratta di un sistema indipendente (auto organizzato) ma aperto.

5 Corso di Tecnica Urbanistica per Ingegneria dell’Ambiente e del Territorio, Anno Accademico 2002/2003

6 In corsivo sono riportati passi tratti dalla relazione presentata per l’esame, nei riquadri sono riprodotte le indicazioni sintetiche della presentazione in Power Point.

7 Gruppo di lavoro formato da Marco Calussi, Alessandro Conte, Andrea Lolli, Selenia Perrelli, Emiliano Proietti Pannunzi.

8 Una passeggiata lungo l’Appia Antica permette di ammirare il basolato romano ai cui lati sono stati ricostruiti i marciapiedi romani e i muretti che ne definivano i limiti (macere). Lungo tutto il percorso si possono osservare rari esempi di monumenti funerari, torri e lapidi per lo più accompagnati da grandi pini e cipressi, oltre a importanti aree museali. Partendo dalla Porta di S. Sebastiano in successione si notano: la Chiesa del Domine Quo Vadis, le Catacombe di S. Callisto, le Catacombe ebraiche di Vigna Randanini e le Catacombe di S. Sebastiano. Un altro complesso è quello costituito dal Mausoleo di Romolo, il Circo di Massenzio e la Tomba di Cecilia Metella, il sepolcro meglio conservato e più conosciuto dell’Appia Antica. Infine l’ultimo grande complesso museale è costituito dalla Villa dei Quintili. Alla sinistra dell’Appia Nuova, in via dell’Arco di Travertino, si trova l’area delle Tombe Latine in cui sono conservati monumenti funerari di gran pregio e un tratto in basolato dell’antica via Latina.

9 Il suo valore naturalistico non è meno importante della sua rilevanza archeologica. La valle è attraversata dal fiume Almone, sacro ai romani, ed è ricca di sorgenti. I boschi di leccio e roverella si alternano ai campi coltivati e ai pascoli dando luogo al tipico paesaggio della campagna romana. La vocazione agricola emerge da un cospicuo numero di casali medioevali e moderni. La valle si trova in una posizione strategica all’interno del più importante corridoio biologico di Roma.

10 È attraversata da sette acquedotti romani di epoche diverse: Anio Vetus, Anio Novus, Marcio, Tepula, Julia, Claudio e Felice. La maggior parte degli acquedotti non è visibile sia perché sono sotterranei, sia perché sono state sovrapposte strutture recenti. La zona è dominata dai resti dell’acquedotto Felice e Claudio che, insieme ai pini e a ville, subentrano dando una forte impronta al paesaggio dell’Appia Antica.

11 È uno dei tratti di campagna romana meglio conservati a ridosso della città. Il paesaggio è ondulato in un’alternanza di ampie pianure coltivate e fossi boscati che hanno consentito la conservazione di una elevata biodiversità; elemento importante se si considera la pressione antropica dei quartieri vicini. Notevoli sono anche i punti panoramici presenti da cui si possono godere splendidi scorci sull’Appia Antica e la Valle della Caffarella. La tenuta di Tor Marancia è entrata a far parte del Parco dell’Appia Antica nel 2002.

 

 

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