Le contraddizioni dell’offerta turistica
Secondo l’ultimo Rapporto Italia del Censis,
negli ultimi anni si segnala una ripresa
consistente di un turismo centrato sul
viver bene, sulla riscoperta delle aree
rurali e dell’agriturismo, sul desiderio di
riscoprire ciò che la frettolosa
urbanizzazione e industrializzazione aveva
condotto a rimuovere1. È un
modello che ha radici ottocentesche, legate
ai viaggi del Grand Tour e alla
nascita della villeggiatura. La salubrità
del clima, la bellezza del paesaggio, la
ricchezza artistica rendono l’Italia un
luogo speciale per questo tipo di
visitatori.
Tuttavia, il modello prevalente è un altro,
affermatosi nel secondo dopoguerra, quando
anche le classi medie e popolari – italiane
e straniere – hanno avuto la possibilità di
godere di periodi di riposo, al mare o in
montagna, lontano dal luogo di lavoro.
Essendo un turismo centrato sull’impiego del
tempo libero e sulle possibilità di svago,
le attrezzature per l’intrattenimento e lo
sport hanno acquisito, progressivamente,
sempre più importanza dell’ambiente naturale
e del paesaggio. Questi ultimi costituiscono
una mera cornice, un supporto e – non a caso
– possono essere surrogati, sfruttati e
perfino degradati.
Nelle parole degli amministratori, nei piani
e nei programmi, si fa riferimento
prevalentemente al primo tipo di turismo.
Tuttavia, alle retoriche dello sviluppo
turistico di qualità come rimedio al
conflitto tra insediamenti e ambiente, si
contrappone, con tutta la sua pesante
concretezza, un’offerta ancora largamente
rivolta al turismo di massa e al loisir2.
Anche nella Provincia di Salerno, al momento
della redazione del piano territoriale di
coordinamento (Ptc), si registra la
convivenza dei due modelli sopra descritti,
con larga prevalenza del secondo; la
presenza di forti differenze all’interno del
territorio provinciale e una marcata
caratterizzazione balneare costituiscono i
tratti peculiari del turismo salernitano.
Nella costiera amalfitana, il turismo è una
componente strutturale e ormai antica
dell’economia; i valori storico-culturali
degli insediamenti storici, insieme alle
qualità paesaggistico-ambientali del
contesto, rappresentano fattori di
attrazione dei flussi turistici3.
Lungo il rimanente tratto costiero, a sud di
Salerno, lo sviluppo del turismo è
relativamente recente, assume una
caratterizzazione prettamente balneare e
stagionale; gli insediamenti
turistico-residenziali hanno scarse
relazioni con i centri preesistenti interni.
Relazioni che diventano quasi del tutto
assenti nella Piana del Sele, dove i nastri
di edificazione turistico-residenziale sono
notevolmente distanziati dalle strutture
urbane. Immediata conseguenza di questa
situazione è la desertificazione
delle aree di residenza turistica per gran
parte dell’anno, nei mesi autunnali e
invernali in cui si presentano come
insediamenti fantasma, spopolati e privi di
vita4.
La parte interna della provincia risulta
sostanzialmente esclusa da flussi
consistenti di visitatori. Pochi centri
fortemente caratterizzati (Contursi Terme,
Acerno, Padula) rappresentano vere e proprie
eccezioni e non costituiscono un sistema
alternativo o complementare a quello
costiero.
Difatti sono generalmente carenti le
attrezzature di servizio sia quelle per il
tempo libero che quelle tese alla
qualificazione dell’offerta attraverso la
valorizzazione delle risorse locali, il
coinvolgimento del contesto
naturalistico-ambientale e storico-culturale
nel circuito turistico5.
Dal punto di vista economico appare fuori
discussione l’importanza del settore
turistico, suffragata dai dati relativi ai
flussi turistici, dai quali si evince non
soltanto la grande rilevanza che assume il
fenomeno nella Provincia di Salerno (oltre 7
milioni di presenze nelle strutture
turistiche ufficiali, a cui vanno aggiunti
altri 10 milioni di visitatori che
privilegiano le seconde case e le strutture
ricettive informali), ma anche il fortissimo
trend di crescita registrato nel corso degli
ultimi anni (fra il ’90 e il ’96 le presenze
turistiche ufficiali aumentano
infatti del +30,3%, rispetto ad una media
regionale e nazionale pari rispettivamente a
+26% e +15%)6.
Tuttavia, sono presenti evidenti fattori di
debolezza:
- la prevalente caratterizzazione balneare
del turismo salernitano si abbina
inevitabilmente ad una spiccata stagionalità
dei flussi turistici;
- il turista che si reca nel salernitano è
in genere un turista che si colloca su una
fascia di reddito medio/bassa, che tende a
privilegiare forme di alloggio piuttosto
economiche: l’87,7% opta per altri tipi di
sistemazioni (alberghi a 1 o 2 stelle,
campeggi, alloggi privati)7.
A differenza della costiera amalfitana, le
altre aree balneari della provincia
intercettano una domanda molto più povera
(costituita in parte da persone
residenti nella stessa provincia o nella
stessa regione), non in grado quindi di
incidere in modo significativo sullo
sviluppo dell’economia locale8.
Si produce in questo modo uno sviluppo
urbanistico caotico e disordinato, oltre che
lesivo degli equilibri ambientali e
funzionali del territorio nelle aree
costiere e nei poli di gravitazione locale,
dovuto in parte anche ad una dissennata
politica di sviluppo edilizio in risposta
alla crescente domanda turistica nella
fascia costiera dell’ultimo ventennio9.
I fondamenti del piano
Il Consiglio provinciale di Salerno aveva
inserito, negli indirizzi per la redazione
del piano provinciale, l’obiettivo di
riqualificare e articolare l’offerta
turistica attraverso l’esaltazione della
differenza dei siti e l’assunzione di nuove
strategie per il rafforzamento, la
razionalizzazione e la riconversione
ecologica delle funzioni industriali,
commerciali, turistiche e industriali10.
Nella bozza di piano, l’indirizzo dettato
dal Consiglio viene sviluppato all’interno
di un ragionamento di carattere complessivo
riguardante la grande varietà del sistema
insediativo e del paesaggio provinciale,
contraddistinti da un complesso intreccio di
elementi di forza e debolezza.
A una prima e sintetica lettura il sistema
territoriale della Provincia di Salerno
appare subito caratterizzato da una
molteplicità di situazioni insediative in
cui si riconoscono gli effetti di processi
storici di costruzione del territorio, della
sua economia e del sistema di rapporti
sociali, ma anche le modificazioni
introdotte dalle dinamiche insediative più
recenti e di più rapida evoluzione.
Le differenze emergono sullo sfondo di un
divario storico tra aree più favorite e
ricche di potenzialità e zone interne
marginali: tema privilegiato, fino a qualche
tempo fa, dagli studi e delle politiche
meridionalistiche. Ma quel divario oggi,
nonostante ne siano ancora rinvenibili
consistenti tracce in particolari aree del
territorio meridionale, e in questo caso
salernitano, non si configura più come un
paradigma adeguato a descrivere l’attuale
assetto insediativo, interessato da
dinamiche che si esprimono, per così dire, a
diverse velocità11.
La definizione delle strategie di sviluppo
per la provincia deve quindi declinare in
modo differenziato, alla scala locale,
l’obiettivo generale di riequilibrio
territoriale e di miglioramento della
qualità dell’offerta turistica.
Preliminarmente ad ogni considerazione e
proposta sul futuro della Provincia di
Salerno, si è posta l’esigenza di farsi
carico della ricchezza e della fragilità del
territorio provinciale. Al piano provinciale
è stato quindi affidato il compito
prioritario di garantire la tutela delle
risorse territoriali (il suolo, l’acqua,
la vegetazione e la fauna, il paesaggio, la
storia, i beni culturali e quelli
artistici), la prevenzione dei rischi
derivanti da un loro uso improprio o
eccessivo rispetto alla sua capacità di
sopportazione (carrying capacity), la
valorizzazione delle loro qualità
suscettibili di fruizione collettiva. È
evidente che questo compito spetta in modo
prevalente alla provincia, a causa della
scala, generalmente infraregionale e
sovracomunale, alla quale le risorse
suddette si collocano12.
I capisaldi del sistema di regole definito
dal piano territoriale di coordinamento sono
tre.
Innanzitutto, la tutela dell’integrità
fisica del territorio, ovverosia la
prevenzione dei rischi collegati al dissesto
del suolo. Va ricordato che durante il
periodo di redazione del piano territoriale
si era verificata l’alluvione di Sarno e,
poco tempo dopo, l’inondazione del campeggio
di Soverato in Calabria. La normativa del
Ptc è stata concepita anche per supplire
alle lacune della pianificazione di bacino,
allora inesistente13.
In secondo luogo, la disciplina del
territorio rurale. Il Ptc esclude,
sostanzialmente, la possibilità di nuova
edificazione nel territorio agroforestale,
ad eccezione delle opere pubbliche e, nelle
parti di tale territorio a minori connotati
di naturalità, delle abitazioni e degli
annessi rustici funzionali al settore
primario. Il piano impone una vera e propria
chiusura rispetto all’ulteriore
urbanizzazione sparsa del territorio,
cercando di porre un freno a questa forma
dissennata di insediamento14.
Infine, il prioritario impegno ad una
riqualificazione degli insediamenti
esistenti rispetto ad una loro crescita,
puntando al pieno utilizzo del patrimonio
edilizio esistente e riservando le aree
libere intercluse al soddisfacimento degli
standard minimi relativi alle attrezzature
pubbliche e di interesse pubblico.
L’ulteriore espansione dei centri urbani
viene consentita solamente ove i fabbisogni
dimostrati non possono essere soddisfatti
all’interno delle aree urbanizzate
esistenti. Il Ptc affida questo compito ad
una nuova stagione di piani comunali per i
quali detta direttive vincolanti molto
dettagliate.
I tre capisaldi del piano costituiscono, con
ogni evidenza, anche i fondamenti per una
politica del turismo che effettivamente, e
non solo a parole, voglia orientare
l’offerta verso forme più rispettose
dell’ambiente e più legate alle specificità
dei luoghi, nella convinzione che in tal
modo si producano forme di sviluppo
economico più equilibrate e durature.
Le prospettive
Se l’esigenza è quella di conservare e
recuperare l’eredità che ci è stata
tramandata dal lavoro secolare dell’uomo e
dalla sua interazione con la natura, la
scommessa è quella di trasformare questa
eredità in un pilastro per la promozione
economica e sociale della provincia. Per
governare questo cambiamento di prospettiva,
le due componenti, regolativa e propositiva,
sono entrambe essenziali per la
realizzazione del piano: quest’ultimo non
produrrà l’effetto desiderato né se affiderà
la propria efficacia solamente all’insieme
di regole, né tantomeno se rinuncerà ad
esso, affidandosi alle iniziative che di
volta in volta verranno avvertite come
prioritarie15.
Come accennato in precedenza, la grande
varietà del territorio provinciale ha
suggerito di riferire le proposte ad ambiti
sub-provinciali nei quali promuovere il
coordinamento delle iniziative locali. Nelle
schede programmatiche del piano territoriale
sono indicati gli obiettivi specifici, le
azioni, gli strumenti e i soggetti che
occorre perseguire, porre in essere,
utilizzare e coinvolgere per tradurre gli
obiettivi e le strategie in concrete
trasformazioni del territorio e della
comunità.
Il turismo vi compare molte volte.
Direttamente, laddove si propone il recupero
dell’edilizia storica a fini della fruizione
collettiva, l’organizzazione di itinerari
culturali che mettano in relazione i beni
più noti e quelli da valorizzare, il
potenziamento dell’offerta di musei,
biblioteche e spazi didattico-culturali, il
recupero edilizio degli insediamenti
costieri e la contestuale eliminazione degli
edifici e dei manufatti costruiti
illegalmente. Indirettamente, laddove il
piano promuove interventi sulle
infrastrutture, necessari per migliorare
l’accessibilità16, oppure prevede
la formazione di parchi naturali nelle aree
interne (Monti Picentini, Fiume Sele e
Tanagro) che, assieme al Parco nazionale del
Cilento, possano costituire un presidio
ambientale di area vasta oltre che un
elemento di richiamo turistico, attraendo
verso l’interno della provincia una quota
maggiore di visitatori.
In poche parole, il piano territoriale
agisce per migliorare – ovunque possibile –
le condizioni di contesto, in termini di
accessibilità, qualità urbana e ambientale.
Ovviamente, tali interventi debbono essere
affiancati da altre iniziative, di carattere
prevalentemente immateriale, volte a coprire
un numero crescente di segmenti della
domanda turistica (allungando la stagione,
specializzando l’offerta, qualificando
l’immagine) nonché a migliorare la gestione
dell’offerta (agendo su orari, tariffe,
informazioni, qualità dei prodotti e dei
servizi)17. La Carta europea per
il turismo sostenibile nelle aree protette,
approvata nell’anno 2000, contiene molti
suggerimenti per le politiche settoriali,
validi anche per i territori esterni ai
parchi:
- conoscere, soddisfare e sensibilizzare la
clientela;
- utilizzare una quota delle risorse
economiche attivate dal turismo come
contributo per interventi di protezione e
riqualificazione ambientale;
- incoraggiare l’economia locale e, in
particolare, le giovani imprese orientandole
verso un modello di turismo qualificato e
centrato sulle specificità locali;
- canalizzare e controllare i flussi più
ingenti di visitatori;
- promuovere l’impegno volontario delle
imprese verso la qualità (marchi,
certificazioni Iso).
In conclusione, il piano territoriale compie
un primo sforzo: indicare le strade,
numerose, lungo le quali agire. Va detto,
con onestà, che per fare un piano non è
sufficiente redigere la lista delle cose da
fare. Molte domande ulteriori debbono avere
una risposta: quali sono gli interventi
prioritari, quali interventi ordinari devono
essere promossi? Quali interventi
simbolici possono segnalare che Salerno
si vuole differenziare in positivo? Con
quali risorse e strumenti? Chi si farà
carico di tutto questo?
Se riteniamo che un piano non coincida con
un regolamento, ma sia anche una sequenza di
azioni preordinate per un fine, molto rimane
da fare. Se confidiamo nella pianificazione
come un’attività ciclica e continua e non
come la produzione di documenti statici,
ogni cesura che si verifica tra redazione e
attuazione dei piani deve essere giudicata
in modo negativo18. Il Ptc
adottato dalla Provincia di Salerno deve
quindi essere considerato come il fondamento
di una costruzione ancora indefinita e
affidata alle politiche che la Provincia di
Salerno riesce a promuovere, coordinare,
indirizzare con la propria azione.
Note
1
Tale ripresa è confermata dal forte
incremento delle attività agrituristiche,
del termalismo, dei visitatori nei borghi
storici, delle iniziative legate alle
produzioni agricole di qualità (ad esempio,
le città del vino) o alla qualità ambientale
(ad esempio, le città slow). Dati e
documenti consultabili nel sito del Censis,
http://www.censis.it.
2
Il turismo di massa non deve essere
necessariamente letto in chiave negativa.
Rispetto alla villeggiatura di inizio
secolo, il turismo è diventato un’attività
popolare e questo è sicuramente un bene.
Tuttavia esso ha subito una sostanziale
metamorfosi. Ciò che viene segnalato dal
Censis costituisce un interessante,
ulteriore, cambiamento: una quota crescente
dei turisti dimostra interesse per fattori
di qualità (ambientale e culturale) che fino
ad ora erano stati ignorati o sottovalutati.
Poiché il nostro paese è caratterizzato da
una grande ricchezza e fragilità
dell’ambiente e del paesaggio, tale
mutamento deve essere colto come un
importante segnale positivo.
3
Provincia di Salerno, Documento
preliminare per l’avvio della pianificazione
provinciale, approvato con deliberazione
del Consiglio provinciale n. 177 del
20.12.1997, pag. 23.
4
Ibidem.
5
Ibidem.
6
Provincia di Salerno, Bozza di piano
territoriale di coordinamento, approvato
con deliberazione del Consiglio provinciale
n. 8 del 24.1.2000, Relazione, pag. 146 e
segg.
7
Ibidem.
8
Ibidem.
9
Parco nazionale del Cilento e Vallo di
Diano, Piano territoriale di
coordinamento, Relazione, pag. 140.
10
Provincia di Salerno, Indirizzi per la
redazione del Piano territoriale di
coordinamento, approvati con
deliberazione del Consiglio provinciale n.
330 del 24.10.1995.
11
Provincia di Salerno, Bozza di piano
territoriale di coordinamento, approvato
con deliberazione del Consiglio provinciale
n. 8 del 24.1.2000, Relazione parte III,
pag. 39 e segg.
12
Provincia di Salerno, Piano territoriale
di coordinamento, adottato con delibera
del Consiglio provinciale n. 145 del
18.12.2001, Relazione, pag. 6.
13
Oggi le disposizioni del Ptc andrebbero
armonizzate con quelle emanate dalle diverse
autorità di bacino, promuovendo un lavoro
interistituzionale.
14
Si rimanda per questo punto ad un precedente
articolo, pubblicato su areAVasta n.
6/7-2003, dal titolo Il paesaggio nel
piano territoriale di coordinamento di
Salerno.
15
Provincia di Salerno, Piano territoriale
di coordinamento, adottato con delibera
del Consiglio provinciale n. 145 del
18.12.2001, Relazione, pag. 18.
16
Tra le proposte menzioniamo: l’apertura al
traffico civile dell’aeroporto di
Pontecagnano, a condizione di un suo
collegamento con il sistema stradale e con
il sistema di trasporto collettivo; la
riattivazione della linea
Sicignano-Lagonegro; il potenziamento dei
servizi di autolinea lungo l’asse stradale
costiero; la realizzazione di servizi di
trasporto collettivo via mare integrati con
i servizi su ferro e su gomma e con il
trasporto individuale e il conseguente
adeguamento degli approdi esistenti lungo la
costa; la realizzazione del collegamento
lungo la strada Aversana fino a Capaccio, a
servizio del traffico locale; l’adeguamento
della strada statale della costiera
amalfitana e delle strade extraurbane
principali convergenti su Roccadaspide,
attraverso interventi puntuali di
sistemazione dei punti di maggiore crisi.
17
Si vedano anche le misure previste nell’asse
IV.2 del Por 2000-2006 della Regione
Campania.
18
Non possiamo trascurare il fatto che sono
trascorsi 9 anni dalla definizione degli
indirizzi per la redazione del Ptc e 7 anni
dalla redazione degli studi di settore. Sono
quindi già maturi i tempi per avviare
l’aggiornamento del piano, sebbene quest’ultimo
non sia ancora entrato in vigore. |