La visione
Il lavoro del Dipartimento di Pianificazione
e scienza del territorio di Napoli (DiPiST)
è stato orientato, in primo luogo, a
ripensare sia in termini disciplinari che
tecnici al ruolo che la pianificazione
intermedia, in quanto strumento di governo
delle trasformazioni alla scala vasta, può
assumere nei processi di armonizzazione
delle politiche di sviluppo locale. A
fronte, quindi, della auspicata quanto
necessaria sussidiarietà tra poteri locali,
si è inteso ripensare in termini nuovi a
ruoli, strategie e strumenti degli enti
intermedi che rischiano di essere
schiacciati tra il potere forte, per quanto
limitato ad ambiti definiti, del Governo
centrale e/o regionale e l’autonomia delle
realtà locali che, a giusta ragione,
rivendicano forme di
partecipazione/decisione in chiave autonoma
e in qualche caso autoreferenziata.
Nell’attuale contesto le province sono
chiamate a scegliere fra un ruolo di
semplice soggetto notarile che, prendendo
atto delle decisioni locali, ne propone, a
posteriori, improbabili forme di
integrazione e un ruolo di indirizzo
strategico che, a valle della programmazione
regionale, definisce idee forza, strategie e
vincoli che siano in grado di guidare
le trasformazioni delle singole realtà
locali in un contesto di decisioni
strategiche condivise e, quindi, di consenso
partecipato e diffuso.
A questa seconda visione dei compiti
e dei ruoli della pianificazione provinciale
si ispira il preliminare di Ptc della
Provincia di Avellino.
Lo sviluppo della pianificazione urbanistica
regionale ha tentato di dare soluzioni ai
problemi della pianificazione in chiave di
sussidiarietà tra i soggetti coinvolti,
separando spesso le scelte (piano
strutturale) dalle regole (piano operativo).
Un contributo significativo in questa
direzione sembra essere stato apportato
dalla pianificazione territoriale
strategica, in termini di approccio, più che
di strumenti e tecniche, maggiormente
coerente con la natura complessa dei
problemi di sviluppo/trasformazione
territoriale.
L’efficacia delle procedure con l’approccio
della pianificazione strategica risulta
ancora più significativa alla scala
territoriale (area metropolitana/provincia),
ovvero ad una scala che consente di
orientare e coordinare le scelte di lungo
periodo dei piani locali per armonizzarle in
termini di evoluzione dei sistemi antropici
e naturali in chiave di sviluppo
sostenibile.
Emerge, infatti, con forza la necessità di
un quadro di riferimento territoriale (più
che un disegno di piano) ed una regia
strategica sopralocale (intesa come governo
delle trasformazioni), per garantire
coerenza e compatibilità alle scelte
insediative di microscala.
E ciò è tanto più vero per costruire il
consenso attraverso forme adeguate di
mitigazione e/o compensazione per le realtà
locali indisponibili all’insediamento di
attività giudicate penalizzanti o per
garantire che, su questioni non negoziabili
per la loro rilevanza collettiva, le scelte
locali siano compatibili con l’interesse
generale.
Un elemento di debolezza che condiziona
tutt’oggi l’esperienza italiana, a
differenza di altri paesi che già dagli anni
’70 hanno provveduto a riorganizzare lo
stato giuridico e tecnico della
pianificazione di inquadramento di scala
sovracomunale attraverso piani di struttura
o documenti direttori, è individuabile nella
scarsa considerazione del ruolo di
coordinamento e di regia attiva che le
province possono svolgere nel favorire e
guidare lo sviluppo locale. L’Italia sconta,
in questo senso, l’assenza di una
consolidata tradizione di pianificazione di
livello intermedio.
È anche per tale ragione che nella
definizione del preliminare di Ptc della
Provincia di Avellino si è inteso
privilegiare, nei modi e nelle forme
consentite dalla normativa vigente, un
approccio di tipo strategico.
La pianificazione strategica, infatti,
soprattutto nel settore della pianificazione
di area vasta, può dar luogo ad un modello
innovativo sia nella fase della conoscenza,
che nella selezione delle priorità di
intervento, che nella costruzione di nuovi
strumenti per la individuazione e
valorizzazione delle risorse e degli
assetti; in sintesi una nuova filosofia
del governo delle trasformazioni urbane
e territoriali come precondizione necessaria
per favorire lo sviluppo fisico, sociale ed
economico del sistema territoriale.
In questo quadro possiamo affermare che
l’approccio strategico può contribuire alla
definizione di una nuova cultura della
pianificazione di area vasta, intesa più
come processo ciclico e biunivoco di governo
delle trasformazioni territoriali che come
semplice fase di formulazione di scelte
irreversibili e in una logica di
sovraordinazione dei poteri che
fortunatamente, anche nel nostro paese,
sembra avviata ad una rapida e definitiva
estinzione.
Pur non tralasciando una elaborazione
conoscitiva di tipo tradizionale,
l’interpretazione dei risultati della
conoscenza alla luce dell’approccio
strategico ha consentito, già in fase di
preliminare, la definizione di visioni,
strategie e obiettivi cui indirizzare
l’azione di governo e agevolerà, in fase di
predisposizione del Ptcp, la definizione
delle singole azioni e, con esse, delle
priorità di intervento.
La scelta di applicare un approccio
strategico, quindi tecniche, strumenti e
procedure derivate dalla
pianificazione strategica, scaturisce dalla
intenzione di mettere in campo, già dal
momento di definizione del preliminare di
piano, gli strumenti maggiormente idonei a
cogliere e affrontare i problemi dello
sviluppo.
L’obiettivo di interpretare gli orientamenti
dei singoli sottosistemi territoriali locali
(comuni, comunità montane); cercare gli
opportuni coordinamenti tra l’agire dei
singoli enti che a vario titolo operano sul
territorio provinciale; definire strategie
socio-economiche e territoriali comuni e
condivise ma risolutive delle problematiche
particolari; gestire i potenziali conflitti
locali; evitare la parcellizzazione dei
problemi e affrontarli, invece, in chiave
sistemica; organizzare la corretta
competizione tra settori e aree, ha reso
necessario il ricorso, nel rispetto delle
procedure normative, alle tecniche
maggiormente innovative già in questa fase
di predisposizione del preliminare.
Il momento più qualificante di questo lavoro
è stato infatti definire, per quanto
possibile, l’impianto strategico del Ptcp,
al fine di predisporre uno strumento che
individuasse le linee guida su cui poter poi
lavorare in modo più approfondito nella fase
di redazione del piano di coordinamento.
Figura 1 - Procedura per la
redazione del Preliminare del Ptcp
di Avellino |
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Un’impostazione tra sostenibilità,
solidarietà e sviluppo
Le visioni e le linee strategiche del
preliminare di Ptcp della Provincia di
Avellino sono improntate ad una duplice
finalità: delineare le strategie per lo
sviluppo del territorio sia in chiave
competitiva, attraverso azioni mirate a
sostenere e incentivare lo sviluppo delle
risorse e dei settori strategici; formulare
ipotesi di intervento in chiave di
solidarietà territoriale, che partendo dai
bisogni e dalle esigenze delle fasce più
deboli della collettività, possa ridurre il
divario tra le diverse velocità di sviluppo
del territorio.
Le indagini condotte (Provincia di Avellino,
2004) hanno messo in luce numerose carenze
ma anche alcuni punti di forza del sistema
provinciale avellinese: la posizione
strategica del territorio nei sistemi
territoriali di contesto (Italia
meridionale, area mediterranea), il suo
potenziale ruolo di cerniera tra i due mari,
le risorse e le vocazioni (il ricco
patrimonio di risorse naturali, agricole e
paesaggistiche, la qualità diffusa su tutto
il territorio della provincia, gli elementi
di pregio storico e artistico, le strutture
di eccellenza in alcuni settori di punta
della ricerca scientifica), la
programmazione e la progettualità cui è
improntata negli ultimi anni l’azione delle
amministrazioni locali, insieme alla
ricchezza di proposte definite nell’ambito
della concertazione negoziata, i discreti
livelli dei piani di sviluppo delle comunità
montane della provincia, costituiscono degli
indubbi punti di forza intorno ai quali
costruire il futuro del territorio. Va,
tuttavia, sottolineato che questi punti di
forza si innestano su un tessuto connotato
da fenomeni di parziale marginalità che
favorisce condizioni di squilibrio tra
territori all’interno della stessa
provincia.
La scelta di sostenere e incentivare il
decollo della provincia in quanto unicum
territoriale è fondata sulla consapevolezza
che il successo competitivo può essere
conseguito anche attraverso azioni basate su
principi di solidarietà territoriale, e che
un reale e duraturo vantaggio competitivo
può essere raggiunto attraverso la
costruzione di condizioni diffuse di
equilibrio territoriale basato sulla
sostenibilità delle azioni di governo dello
sviluppo socio-economico e con esso delle
trasformazioni territoriali.
La definizione delle 3 visioni, delle 5
linee strategiche e dei 35 obiettivi è
avvenuta utilizzando come input le
indicazioni contenute nel documento di
Indirizzi programmatici della Provincia di
Avellino (2001), le Linee guida per la
pianificazione territoriale regionale
(2002), le scelte formulate all’interno dei
piani di area vasta già redatti per il
territorio provinciale, tra cui i piani di
sviluppo socio-economico delle comunità
montane, le iniziative individuate negli
strumenti di programmazione negoziata e di
concertazione, e come base di partenza i
risultati della fase conoscitiva
precedentemente sviluppata.
L’iter conoscitivo e interpretativo si è
articolato, più in dettaglio, in lettura,
integrazione, interpretazione di sei sistemi
di indagine principali:
1. sistema delle risorse insediative
con il duplice obiettivo di definire le
criticità che connotano il sistema
insediativo nei suoi diversi aspetti
(socio-antropico, fisico e funzionale) e di
individuare potenzialità, vocazioni e
risorse;
2. sistema delle risorse naturali,
paesistiche e agricole con il duplice
obiettivo di individuare le unità
paesistiche in cui risulta articolabile il
territorio provinciale e elaborare gli
indirizzi per la definizione degli usi
compatibili, in ragione delle
caratteristiche di ciascun sistema;
3. sistema delle risorse
storico-architettonico-archeologiche e
ricettive con l’obiettivo di individuare
le risorse del territorio che posseggono le
potenzialità per attrarre turismo, a partire
da quelle del patrimonio storico
architettonico e archeologico;
4. sistema delle risorse industriali e
artigianali con l’obiettivo di delineare
opportunità di sviluppo economico che
tuttavia contemperassero lo sviluppo
sostenibile del territorio;
5. sistema dei servizi con
l’obiettivo di individuare le dotazioni
esistenti per consentire di sviluppare,
specializzare e innalzare i livelli di
competitività e attrattività del territorio
della Provincia di Avellino;
6. sistema delle comunicazioni con
l’obiettivo di individuare le principali
aree di origine e destinazione degli
spostamenti sia all’interno che all’esterno
della provincia, i principali corridoi del
trasporto provinciale e di articolare il
territorio in ragione del grado di
accessibilità.
Dopo la conoscenza per singolo sistema, si è
proceduto a elaborare la lettura
integrata delle informazioni relative a
ciascun sistema di indagine attraverso gli
strumenti propri dell’approccio strategico.
Attraverso l’analisi Swot si sono, quindi,
riorganizzate le informazioni derivanti
dalla lettura di tipo tradizionale,
effettuata nella prima fase, in punti di
forza e di debolezza del sistema
territoriale e minacce e opportunità da cui
questo risulta condizionato.
La individuazione delle vocazioni e delle
risorse strategiche del territorio – nel suo
complesso e nelle singole parti – e la
individuazione dei diversi gradi di
trasformabilità delle aree del territorio
provinciale hanno rappresentato il supporto
per la definizione delle visioni e delle
linee strategiche di trasformazione e delle
relative Carte.
Perché le visioni e le linee strategiche
rispondessero alle reali esigenze del
territorio ci si è avvalsi dei suggerimenti
e delle indicazioni emerse nella proficua
fase di confronto/partecipazione che la
Provincia di Avellino ha promosso e
organizzato attraverso una serie di incontri
e riunioni con enti e attori che operano sul
territorio provinciale ma anche dei
molteplici spunti contenuti negli indirizzi
programmatici dell’amministrazione
provinciale (2001) e delle previsioni
contenute nei piani di sviluppo
socio-economico delle comunità montane.
I criteri e le strategie
I criteri che informano tutta l’attività di
governo delle trasformazioni della Provincia
di Avellino rappresentano la griglia di
specificazione delle 5 linee strategiche e
dei 35 obiettivi, che potranno essere
oggetto specifico di un successivo
contributo in questa rivista. Essi sono
contemporaneamente a monte e alla base delle
scelte elaborate per lo sviluppo compatibile
del territorio e sono contestualmente
riferibili alle azioni operative di
trasformazione che gli enti locali, cui è
demandato tale compito, nel prossimo futuro
dovranno affrontare.
Il primo, Salvaguardia attiva e
valorizzazione delle risorse, fa
riferimento sia alla ridefinizione del
concetto di paesaggio e alla conseguente
revisione dei tradizionali strumenti
interpretativi che all’evoluzione del modo
di considerare le testimonianze storiche,
architettoniche e artistiche.
Superando la contrapposizione uomo-natura,
tra eventi naturali e azione antropica, il
paesaggio viene oggi inteso come sistema
di sistemi viventi, naturali e
antropici, in cui l’evoluzione dei cicli
naturali si integra con gli effetti
dell’azione dell’uomo. Considerare la
ricerca di una condizione di equilibrio
dinamico tra attività antropiche e ambiente
naturale, di cui il paesaggio costituisce la
manifestazione sensibile, quale questione
centrale nel governo del territorio non
significa però scegliere, tout court,
la via della conservazione: tale
ricerca va intesa come esplicitazione dei
diversi gradi di trasformabilità del
territorio, sulla base di valutazioni
espresse secondo principi di trasparenza e
definiti con la partecipazione delle
collettività locali.
A tal fine, è necessario che i parametri
paesistico-ambientali non costituiscano
esclusivamente elementi vincolistici, ma
possano contribuire a definire occasioni per
lo sviluppo di nuove potenzialità. Il piano
diventa occasione per la proposizione di
ventagli di possibili traiettorie di
evoluzione del sistema territorio,
all’interno di un quadro di mutua
compatibilità tra attività antropiche e
dinamiche naturali (Convenzione europea del
paesaggio, 2000; DLgs 42/2004). Inoltre,
superando un’ottica vincolistica, il piano è
volto a perseguire una tutela finalizzata
alla valorizzazione dell’intero territorio
provinciale, incentivando il potenziale
economico e produttivo del patrimonio di
risorse esistenti e garantendone,
contemporaneamente, la tutela. Infatti, tra
i principali obiettivi individuati, vi è sia
lo sviluppo ecocompatibile di ambiti
rilevanti del territorio provinciale inclusi
nella rete ecologica regionale, sia
la valorizzazione del patrimonio culturale e
del paesaggio che si articola intorno ad una
serie di micro-attrattori da valorizzare
attraverso la creazione di una filiera
turismo-ambiente-beni culturali. Il sistema
paesaggio, inteso come risultante della
trama di relazioni tra ambiente naturale e
attività antropica (tra cui va considerata
l’attività agricola) è frutto dei molteplici
ed eterogenei paesaggi della Provincia di
Avellino, per i quali sono definiti
strategie e indirizzi per la loro
manutenzione, riqualificazione,
trasformazione. Tra i paesaggi che connotano
il territorio provinciale sono compresi,
quindi, anche quelli caratterizzati da
elevati o discreti livelli di pregio
storico-artistico del costruito e quelli
privi di qualità, fortemente alterati da
attività incompatibili o dall’eccessiva
pressione antropica, che fortunatamente
hanno una limitata estensione.
Il secondo criterio, Qualità diffusa e
promozione turistica, ha spinto a
considerare la vocazione turistica di
un’area a partire dagli elementi che
concorrono alla costruzione dell’immagine di
un territorio e alla predisposizione dei
luoghi a essere mete di turismo. In altri
termini, si sono considerate le condizioni
che possono rendere una località una meta
turistica. Su questo argomento le
opinioni sembrano convergere verso una
comune considerazione: la capacità di un
luogo a trasmettere un messaggio
significativo ad una potenziale utenza è
la condizione necessaria perché questo
diventi meta turistica. Questa
considerazione consente di affermare che
mete turistiche possono essere non solo i
luoghi con forti attrattori
storico-artistici, bensì tutte le località
in grado di trasmettere un forte valore
evocativo nell’immaginario collettivo anche
in ragione di un significato storico o
collettivo radicato. La vocazione turistica
di un territorio può essere rinvenuta,
quindi, sulla base di un’idea portante
attorno alla quale comporre gli scenari di
sviluppo turistico del territorio stesso. In
base a ciò le strategie adottate sono
finalizzate al miglioramento del grado di
attrazione del territorio senza dimenticare
il rispetto dei principi della sostenibilità
territoriale e, più in generale, ambientale.
Il territorio irpino, se è caratterizzato
dalla mancanza di grandi attrattori di
flussi turistici di notevole dimensione, è
dotato però di considerevoli pregi quali la
bassa pressione antropica, la diffusa
qualità dell’ambiente e dell’habitat, la
molteplicità di itinerari (che vanno da
quelli storico-architettonici a quelli
enogastronomici, da quelli naturalistici a
quelli archeologici, da quelli artigianali a
quelli agricoli) che possono integrare una
serie di medi e piccoli attrattori di
tipologia diversificata. Naturalmente uno
dei presupposti è garantire i livelli più
elevati di qualità diffusa attraverso la
cura e l’attenzione al territorio,
interventi di tutela, di restauro
architettonico e ambientale e politiche di
promozione da programmare nel tempo.
Il terzo criterio, Sviluppo equilibrato
del territorio, trova la sua espressione
completa in tre principali obiettivi: il
recupero e la riqualificazione dell’habitat
antropizzato, in un’ottica di sostenibilità
dello sviluppo e come necessaria premessa a
tutte le politiche di rilancio
(economico-produttivo, culturale, turistico)
del territorio provinciale; la
riorganizzazione secondo un modello a
rete dei centri piccoli e medi omogenei
in relazione a caratteristiche di tipo
geografico-naturalistiche, storico-culturali,
paesaggistiche, funzionali e
economico-sociali; l’innalzamento dei
livelli competitivi del territorio anche
attraverso interventi rivolti a colmare le
carenze infrastrutturali, a realizzare aree
per servizi a valenza sovracomunale, ad
aumentare la capacità produttiva nei settori
industriale, artigianale, terziario e
agricolo.
Più in dettaglio, il secondo obiettivo si
sostanzia in strategie aggregative dei
centri della provincia, come sistemi di
città medio-piccole. Secondo tale ipotesi,
le città medio-piccole si presentano
insieme come sistemi locali di governo
con possibilità maggiori di risolvere
problemi che le grandi polarizzazioni non
riescono a risolvere; esse si pongono in
linea con gli indirizzi dell’Unione europea
che incoraggia l’organizzazione a rete
di città.
Il quarto criterio, Sviluppo compatibile
delle attività produttive, trova il suo
presupposto nel settore industriale e
artigianale che, radicatosi con lentezza tra
gli anni ’60-’70, si è via via rafforzato
anche con gli insediamenti Fiat di Flumeri e
Pratola Serra. Gli insediamenti produttivi,
e soprattutto le grandi concentrazioni
industriali, rappresentano indubbiamente una
rilevante risorsa in termini di occupazione
per la provincia ma pongono, nel contempo,
rilevanti problemi di impatto ambientale, in
aperto contrasto con l’obiettivo di
promuovere uno sviluppo in chiave di
sostenibilità, anche ambientale, del
territorio provinciale. In sintesi, rispetto
al settore delle attività industriali e
artigianali, ci si propone di delineare le
possibili strategie per lo sviluppo di tali
settori nel rispetto dell’obiettivo primario
della promozione di uno sviluppo sostenibile
del territorio, necessaria premessa a tutte
le politiche di rilancio del territorio
provinciale.
Il quinto criterio, Accessibilità diffusa
al territorio, se da un lato tiene conto
della forte correlazione tra fattori di
accessibilità e indicatori di benessere,
dall’altro non sottovaluta la circostanza
che un’eccessiva concentrazione di domanda e
offerta di mobilità può divenire fonte di
situazioni di degrado, in relazione sia
all’ingente consumo di suolo che le
infrastrutture di trasporto determinano, sia
ai problemi di inquinamento e di
congestione. Uno dei nodi centrali del
problema è la continua crescita dell’uso del
mezzo privato, nonostante le numerose
incentivazioni degli ultimi anni orientate a
invertire tale tendenza. Un altro problema,
che si ripropone con crescente intensità, è
quello della sicurezza stradale in costante
decremento anche a causa della crescente
innovazione dei mezzi di trasporto, che
viaggiano a velocità sempre più elevate su
reti che furono progettate per mezzi con
caratteristiche e prestazioni diverse.
La mobilità è, quindi, legata ad una
pluralità di tematiche strettamente
interrelate tra loro. La presenza di
infrastrutture di trasporto rappresenta uno
dei più consistenti fattori di sviluppo
territoriale ed una matrice di riferimento
dello sviluppo insediativo. Nel contempo,
viadotti, superstrade, svincoli, autostrade,
rilevati ferroviari costituiscono eventi
spaziali di grande portata che irrompono
violentemente nel paesaggio portandosi
dietro problemi quali l’inquinamento
acustico e atmosferico, l’abbandono e il
degrado delle aree circostanti. Pertanto, le
misure volte a ridurre i problemi legati al
sistema della mobilità si basano su un piano
integrato.
Inoltre, nel considerare i problemi relativi
al miglioramento della rete si è tenuto
presente il sistema delle polarità
funzionali e produttive e i diversi modi in
cui lo sviluppo, la razionalizzazione e la
riqualificazione del sistema
infrastrutturale può essere utilmente
coniugato con lo sviluppo e la
riqualificazione del sistema insediativo e
del sistema ambientale.
Note
1
Questo articolo ha l’obiettivo di descrivere
sinteticamente l’impostazione di metodo
utilizzata per la redazione del preliminare
di piano territoriale di coordinamento
(Ptcp) della Provincia di Avellino;
lavoro di consulenza scientifica richiesto
al Dipartimento di Pianificazione e scienza
del territorio dell’Università di Napoli
Federico II dalla Provincia di Avellino
come supporto alla redazione del Ptcp; piano
approvato il 22 aprile 2004 in Consiglio
provinciale quasi all’unanimità (14 voti
favorevoli e 3 astenuti). |