Numero 8/9 - 2004

 

i piani territoriali 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rapporto sullo stato di salute dei lavori del Ptc della Provincia di Napoli


Francesco Domenico Moccia


 

La Provincia di Napoli ha elaborato una prima stesura del piano territoriale di coordinamento al quale sono state prodotte numerose osservazione a valle delle consultazioni avviate con gli enti locali e gli altri soggetti pubblici e privati. Francesco Domenico Moccia, assessore provinciale all’Urbanistica, riavvia il processo di pianificazione improntandolo ai principi di cooperazione, coordinamento e copianificazione

 

 

 

Il ruolo del piano provinciale1

 

Prima di passare ai contenuti di maggior rilievo, debbo sottolineare un tema di fondo su cui è indispensabile appuntare la nostra attenzione per comprendere il senso dello sforzo compiuto in questi pochi mesi. Per introdurre tale argomento devo richiamare un fatto emblematico che lo illustra nella sua reale portata. Attualmente, svolge il suo iter, in commissione parlamentare, la bozza di legge unificata Lupi-Mantini sul governo del territorio. Uno dei punti critici della proposta di legge riguarda il conferimento alle regioni del potere di determinare livelli ed estensione dei piani. Ci si rende allora conto del livello e della portata dell’attacco che viene mosso alle prerogative conferite alla provincia con la legge 142/1980 e confermato nel successivo testo unico sugli enti locali, DLgs 267/2000 in base alle quali si era sviluppata una stagione di esperienze consolidate di piani provinciali.

Infatti, il merito di quelle leggi fu quello non tanto di aver istituito i piani territoriali di coordinamento, essendo già previsti all’art. 5 della legge urbanistica 1150/1942, ma di aver incardinato nelle province tali piani e averne, in tal modo, consentito la diffusione. Fino al 1980, infatti, era quasi esclusivamente il livello comunale quello praticato concretamente.

È anche vero che la loro caratteristica sperimentale e di frontiera ha portato a una forte disomogeneità dei Ptc, ha richiesto aggiornamenti legislativi regionali condotti in corso d’opera, mentre i piani si elaboravano, ha determinato divergenze tra le finalità e i mezzi impiegati da ciascuna provincia, ha fatto registrare gravi difficoltà e vischiosità nell’elaborazione; ma possiamo ritenere che tutti questi limiti si supereranno mano a mano che crescerà l’esperienza e si consolideranno le pratiche di pianificazione provinciale. Allo stesso modo, matureranno, col tempo, i risultati positivi derivanti dalla soluzione dei diversi problemi affrontati e si potranno constatare i benefici effetti sull’ambiente in cui viviamo.

Dato questo attacco in corso al piano provinciale, lo sforzo principale è stato necessariamente quello di difenderlo, per ribadire il potere di questa istituzione a esercitare le funzioni di pianificazione del proprio territorio; di esercitare tale funzione amministrativa in rappresentanza di una comunità che riconosce la propria identità nella Provincia di Napoli e avanza la richiesta che beni pubblici e interessi ben definiti appartenenti a tale collettività, nel suo insieme, siano tutelati e pianificati con strumenti adeguati.

Qual è stata la modalità con cui questo scopo è stato perseguito? Si potrebbe anche dire, quale strategia è stata scelta per ottenere questo obiettivo?

Si è ritenuto di scartare una strategia unilaterale e di principio, con la quale venissero affermate le funzioni rivendicate appellandosi alla norma o a una sua interpretazione, senza preoccuparsi di verificarne la praticabilità nel contesto istituzionale presente. Tale linea di azione risulta minata dalla stessa incompletezza del quadro legislativo dove, come è stato anche ricordato in questo stesso Consiglio nella precedente seduta dedicato al Ptc da parte del consigliere Zolfo, gli obblighi regolamentari regionali non sono stati attuati e la stessa legislazione nazionale continua a essere in evoluzione: ho appena ricordato la proposta Lupi-Mantini, ma il prossimo mese entrerà in vigore anche il Codice Urbani i cui effetti si dispiegheranno sugli aspetti paesistici del piano. Inoltre, quell’approccio induce una reazione di chiusura, a difesa di se stessi, degli enti territoriali e funzionali esterni, i quali sentono minacciati la loro identità e le loro funzioni, come si è potuto constatare nella fase iniziale e come si deduce da una consistente quota delle osservazioni presentate.

Figura 1 - Il quadro tecnico-amministrativo e suddivisione degli ambiti sovracomunali individuati dal Ptc di Napoli

 

 

 

 

Cooperazione, coordinamento e copianificazione

 

In alternativa a questo approccio abbiamo perseguito la strada della cooperazione interistituzionale. Sebbene più promettente per i risultati, non si può ritenere che anche questa strategia sia priva di ostacoli. C’è, in primo luogo, un pregiudizio da superare contribuendo, in tal modo, all’evoluzione dell’organizzazione dello stato, consistente nella visione di rapporti tra le istituzioni in termini gerarchici, da cui discende una parallela concezione della pianificazione a cascata. L’allentamento di questa catena di ordini-esecuzioni procedenti dall’alto verso il basso sempre più temperato dallo sviluppo delle autonomie e dalle autorità indipendenti, come dalla valorizzazione della partecipazione dei cittadini alla vita politica, deve farsi progressivamente strada vincendo abitudini e procedimenti inveterati. Abbiamo sperimentato che, una volta superato questo pregiudizio, si possono aprire due prospettive di lavoro in cui trova spazio il Ptc attraverso la ridefinizione dei rapporti tra i soggetti.

Nel caso del rapporto con gli enti di settore, la cooperazione si basa sul concetto del coordinamento. Prendendo, ad esempio, la protezione del suolo, vediamo come questa funzione è stata attribuita tanto alle autorità di bacino che alla provincia (cfr. art. 20 del Dl 267/2000 e legge 183/1989) e demandata ad apposita pianificazione. Il rapporto tra i due pani può essere interpretato in termini gerarchici: quale dei due è sovraordinato all’altro? Oppure ci si può chiedere: hanno i due piani una diversa natura e scopo? La prima domanda conduce al vicolo cieco dei contrasti irrisolvibili; per la seconda, invece, più fertile, la soluzione è alla portata. Infatti, il legislatore chiarisce che i due piani sono l’uno di settore e l’altro di coordinamento ed è evidente, così, la necessità di entrambi e la funzione che ciascuno di essi deve svolgere. In questo quadro, prende senso concreto come la cooperazione deve svilupparsi e in che cosa essa precisamente consista.

Nel caso del rapporto tra enti territoriali è ancora più difficile eludere la tradizionale domanda sulla gerarchia, ma siamo stati facilitati nel superamento di questa inerzia da una ferma volontà politica ad attuare uno stile di cooperazione che si esplica, nello specifico del settore urbanistico, con il principio della copianificazione. In questo caso, ciò che facilita la copianificazione è l’elaborazione del piano come processo e l’intreccio dello sviluppo di tale processo con l’evoluzione legislativa. Si tratta di uscire da una visione statica e deterministica: tutto è continuamente in evoluzione. Norme e piani debbono assecondare questo continuo processo di cambiamento del territorio con un sistema procedurale che sia in grado di guidarlo seguendone da vicino il suo evolversi. Allo stesso tempo è stato chiaro il legame interscalare tra le decisioni e la sua immediata conseguenza sull’impossibilità di aspettare la redazione delle leggi e dei piani di più vaste dimensioni per poi applicarne le indicazioni in piani di estensione più ristretta.

Questo approccio ha portato la Provincia di Napoli a partecipare alla fase di elaborazione degli indirizzi di pianificazione paesistica elaborati dalla Regione Campania, mentre incomincia a raccogliere sistematicamente le informazioni e ad approfondire la conoscenza degli elementi che consentono di procedere alla verifica e all’adeguamento della strumentazione paesistica ai principi della convenzione europea sul paesaggio e alle conseguenti linee guida regionali. Si è potuto così stabilire, di comune accordo, il percorso e le condizioni che porteranno il Ptc ad assumere valenza paesistica, all’atto della sua approvazione. Tutto ciò si trova nella bozza di intesa con la Regione Campania.

La pratica della copianificazione ha evidenziato un ulteriore vantaggio per gli enti di tutela. Questi ultimi hanno scoperto un ulteriore strumento, quando non lo avevano già praticato, per esercitare le loro funzioni, questa volta in via preventiva. Tale anticipazione rispetto alla verifica ex post delle autorizzazioni è perfettamente consonante con il nuovo codice e dovrebbe ridurre notevolmente tanto i rischi per i proprietari (nel momento in cui intraprendono progetti di trasformazione) quanto l’efficacia della conservazione dei beni culturali e naturali.

Le linee appena riportate negli aspetti più essenziali hanno connotato i rapporti con gli enti per la stipula delle intese. Esse, hanno proceduto a diversa velocità a causa di motivi molto diversi tra di loro: la complessità dei problemi da risolvere, la quantità di lavoro materiale necessario per redigere le tavole e cambiare le norme tecniche di attuazione (Nta), la disponibilità delle risorse umane e di tempo dei vari enti, le difficoltà procedurali e regolamentari (l’attività di copianificazione non è prevista ancora tra le attività di determinati funzionari pubblici e, in genere, rientra solo marginalmente nelle agende di tutti gli enti, dediti prioritariamente ai compiti interni). Abbiamo perciò delle intese sottoscritte, altre concordate.

Le autorità di bacino chiedono il parere del Comitato tecnico e del Comitato istituzionale prioritariamente alla sottoscrizione delle intese, il che porta a tempi più lunghi. L’assessore regionale all’Urbanistica, sebbene abbia condiviso la bozza d’intesa insieme ai suoi funzionari, si trova attualmente all’estero per motivi istituzionali. Alcune intese ne generano altre, con modifiche marginali. La Soprintendenza per i beni archeologici delle Province di Napoli e Caserta ha concordato una intesa che sarà ripresa con poche varianti dovute ad aspetti locali per quella di Pompei, così come quella con l’Autorità di bacino del Sarno potrebbe funzionare da modello per le altre autorità di bacino.

Tutte le intese, pur nel diverso livello di definizione, registrano il posizionamento dei diversi enti partecipanti in un processo di mutuo aggiustamento, con l’assunzione di quote di responsabilità congruenti e compiti specifici per concorre a una più efficace gestione del territorio. Tali compiti, sono rappresentati in una dimensione dinamica, visto che tracciano percorsi per realizzare quello scopo nel quale ciascuno deve svolgere il proprio ruolo. In tal senso, si trovano in queste intese, delineate in modo chiaro, le basi di un programma di lungo periodo, ma con continue tappe di avanzamento.

 

 

Nuovi arricchimenti ai contenuti del piano

 

Non posso richiamare gli obiettivi di fondo del Ptc, già presentati nel mio intervento al Consiglio monotematico a esso dedicato il 16.12.2003. D’altro canto, gli stessi sono presentati nella relazione del Ptc adottata da questo Consiglio e vengono ribaditi nelle controdeduzioni alle osservazioni. Ci limitiamo, pertanto alla seguente domanda: quali sono gli avanzamenti che le intese hanno già apportato nella precisazione del piano provinciale?

1. Si è incominciato a costituire un contesto ambientale dei parchi e delle riserve naturali e marine con il loro inserimento in una rete ecologica provinciale di cui vanno ulteriormente precisati il disegno e le caratteristiche;

2. si sono dettate maggiori precauzioni per facilitare la scoperta, oltre che la protezione dei beni archeologici;

3. si sono precisati i confini dei parchi archeologici, riconosciuta l’importanza della pianificazione dei loro contesti in armonia con essi e incluso, nel piano, la banca dati dei beni archeologici vincolata;

4. si è avviato un analogo lavoro per i beni architettonici e paesaggistici che porterà ad arricchire la medesima banca dati all’interno del Sit della Provincia e disponibile, in futuro, in rete;

5. si è verificato che la protezione del suolo corrispondesse a tutte le esigenze segnalate nei piani stralcio delle Autorità di bacino, estendendo le zone art. 10 e art. 11 delle Nta del Ptc in modo da coprire tutti i territori a rischio di frane e di inondazioni, verificando, nel contempo, come le norme dei suddetti articoli corrispondessero alle prescrizioni per le analoghe zone dei piani stralcio;

6. si sono emendate la zonizzazione e le Nta del Ptc per le aree della penisola sorrentina in modo da lasciare immutato il regime del piano urbanistico territoriale (Put) approvato con Lr 35/1987, nelle more della revisione dello stesso per l’adeguamento alla Convenzione europea del paesaggio secondo le modalità prevista di intesa con la Regione Campania;

7. si è demandato al piano strategico e operativo di cui all’art. 2 della Lr 21/2003 la programmazione del riequilibrio insediativo anche per la mitigazione del rischio Vesuvio, dove è possibile prevedere tale riequilibrio in una dimensione che riguarda l’intero territorio regionale;

8. si sono introdotte norme per salvaguardare gli spazi agricoli e indirizzare il soddisfacimento della domanda di abitazioni e servizi sulle aree già urbanizzate.

 

Tabella 1

 

 

Esame delle osservazioni

 

Nonostante la priorità assegnata alla definizione delle intese non si è trascurato l’esame delle osservazioni. Il gruppo di lavoro coordinato dal prof. Vittorini ha appena consegnato la relazione definitiva nella quale sono state esaminate le 188 osservazioni presentate e suddivise come si evince dalla Tabella 1.

A conclusione dell’esame delle osservazioni presentate, condotte con riferimento ai soggetti presentatori, agli ambiti e alle motivazioni, il gruppo di lavoro ha stabilito che esse possono essere suddivise nelle seguenti categorie:

1. osservazioni superate che decadono in quanto riferite alla mancanza delle intese prescritte dal DLgs 112/1998, art. 57, ormai perfezionate oppure riferite alla coerenza delle disposizioni regionali (Linee guida del Ptr e contenuti paesistici del Ptc), raggiunte d’intesa con i competenti organismi regionali;

2. osservazioni rinviate in quanto attinenti a questioni specifiche e particolari, che richiedono precisazioni a scala notevolmente maggiore di quella delle planimetrie del Ptc. Le eventuali modifiche delle planimetrie del Ptc saranno definite dopo l’approvazione del Ptc, d’intesa tra la provincia e il comune, in sede di impostazione dei Prg di nuova generazione o di adeguamento dei Prg vigenti nella logica di copianificazione e di continuità del processo di piano in applicazione degli artt. 8 e 31 delle Nta. In questa categoria rientrano anche le osservazioni dei privati che chiedono di modificare la disciplina del Ptc nei casi in cui essa modifichi i piani urbanistici vigenti;

3. osservazioni non accoglibili suddivise come segue:

- non sostanziali, in quanto riferite a presunta illegittimità del Ptc per la mancanza della prescritta legge regionale;

- non pertinenti e/o irrilevanti al Ptc, in quanto riferite a prescrizioni stabilite da piani che il Ptc stesso riconduce a unità e coerenza in applicazione del DLgs 112/1998 art. 57, nel rispetto delle intese prescritte, ma che non può modificare;

- in contrasto con le scelte di fondo, stabilite nel rispetto di leggi vigenti e di indirizzi comunitari, nazionali e regionali. In questa categoria rientrano soprattutto i comuni che presentato osservazioni sotto forma di emendamenti alle Nta tendenti a eliminare o a ridurre sostanzialmente le prescrizioni finalizzate alla tutela del corretto uso del territorio, con rivendicazione dell’esclusiva competenza dei comuni in materia;

4. osservazioni accoglibili suddivise come segue:

- come raccomandazione nei casi il loro accoglimento non comporta modificazione delle Nta e/o degli elaborati grafici del Ptc;

- proposta esplicita di modificazione delle Nta;

- proposta esplicita di modificazione elaborati grafici.

Molti degli argomenti sollevati con le osservazioni, ricorrono anche tra i temi trattati con le intese, dove hanno trovato una modalità, per essere affrontati, meglio inserita in una logica di compartecipazione, capace di raggiungere risultati condivisi e soddisfacenti per entrambe le parti. Non si è ritenuto di intraprendere discussioni con il Comune di Napoli, in virtù del fatto che il Prg di Napoli, per effetto della Lr 14/1982, non viene sottoposto a esame e parere della provincia. Pertanto si è ritenuto che il Prg di Napoli, una volta approvato dalla regione, comporti l’automatico adeguamento ad esso del Ptc.

Nel prendere in considerazione le controdeduzioni, bisogna tenere presente il carattere processuale di questo piano. Una volta che il Ptc sarà approvato, produrrà una nuova generazione di piani regolatori comunali nella cui redazione si stabilirà uno scambio con la provincia che porterà alla precisazione e modifica del Ptc su iniziativa dei comuni ed una azione di indirizzo della provincia nei confronti dei comuni, sulla base delle linee del Ptc. Per questo motivo, molte delle osservazioni presentate dai comuni possono essere rimandate a questa fase di ulteriore elaborazione.

 

Figura 2 - Il sistema delle città storiche nell’area napoletana

 

 

Conclusioni

 

Dall’esame presentato delle attività svolte appare che la stipula delle intese non è molto lontana dalla conclusione e i suoi contenuti sono, per la maggior parte, concordati. Per quanto riguarda l’aspetto più delicato del piano, la valenza paesistica, sebbene non sono stati ancora conclusi i contributi conoscitivi e le rielaborazioni normative attivati con le nuove convenzioni, la copianificazione con la Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico di Napoli e provincia è iniziato.

Tutto questo complesso lavoro di relazione e di attenuazione di conflitti è stato affrontato, nonostante presentasse un alto grado di incertezza rispetto ai tempi, per non rinunciare all’obiettivo dichiarato fin dall’inizio di porre la provincia come protagonista principale del governo del territorio. Dagli incontri con le Commissioni Urbanistica e Ambiente e con i gruppi consiliari, in particolar modo con il rappresentante della maggioranza consigliere Cacciola, ho maturato la convinzione che quello fosse un obiettivo politico irrinunciabile.

Soprattutto intorno a questo tema centrale, il Ptc merita un approfondito dibattito in aula, per dare modo al Consiglio di vagliarne attentamente i contenuti fino alla valutazione di tutte le osservazioni, il che richiederebbe tempi superiori a quelli disponibili nella presente consiliatura. Ma la prossima campagna elettorale, penso, possa essere vista come una ulteriore fase che il piano è chiamato ad attraversare. L’utilità di questa informativa e degli ulteriori approfondimenti che i consiglieri vorranno svolgere, anche individualmente, potrà pervenire direttamente ai cittadini ed essere testata dagli elettori, facendo delle tematiche del Ptc contenuto dei programmi elettorali.

Augurando a tutti i consiglieri di continuare a sedere su questi banchi, sono convinto che essi riporteranno in aula la conferma di continuare nell’impegno di conciliare sul territorio la protezione della natura e il miglioramento delle condizioni dell’ambiente con lo sviluppo economico e la ricerca di maggiore occupazione e benessere. Questa è la grande impresa che il piano provinciale si propone e auguro a loro che possano compierla prima nell’urna e poi in Consiglio.

 

 

Tabella 2

 

 

Appendice

 

Estratto dalla relazione sulle controdeduzioni alle osservazioni di M. Vittorini

 

Molte delle osservazioni presentate, soprattutto dai comuni, evidenziano la ormai consolidata consuetudine di rifiutare ogni disciplina urbanistica a scala sovracomunale e di operare per singoli interventi, oppure, nel migliore dei casi, per progetti. Una consuetudine che ormai non può essere più mantenuta per due fondamentali ragioni:

1. perché il futuro sviluppo sociale, economico e territoriale della provincia si basa soprattutto sulla tutela, sul corretto uso e sulla valorizzazione del patrimonio di risorse culturali, ambientali e paesistiche, tuttora straordinariamente ricco, nonostante la degradazione subita nel recente passato;

2. perché a partire dal 2006 i finanziamenti europei saranno concessi sulla base di programmi di sviluppo integrato rispettosi dei ricordati criteri stabiliti dalla Ue (Agenda 21 locale, riferita a ognuno dei 10 ambiti considerati).

Una consuetudine che ha spinto molti comuni al rifiuto, aprioristico e sistematico, delle norme del Ptc, espresso nelle osservazioni con richiesta di emendamenti alle stesse (per lo più privi di motivazione) e non con proposte di modificazione adeguatamente argomentate, nella logica complessiva del piano stesso. Ovviamente le richieste di emendamento, non sempre fra loro coerenti, non possono essere accolte in tutti i casi in cui esse contrastano con le finalità che il Ptc persegue. Tuttavia le esigenze dei comuni potranno essere meglio definite, d’intesa con la provincia, nella successiva fase di formazione della Agenda 21 locale e dei Prg di nuova generazione.

Inoltre molte delle osservazioni presentate trattano questioni di carattere generale, ripetute in maniera sostanzialmente identica (o quanto meno analoga) che si è ritenuto opportuno considerare, in via preliminare, nelle categorie seguenti:

1. richieste di perfezionare le intese prescritte dal DLgs. 112/1998, art. 57: tali osservazioni decadono con il perfezionamento delle intese e con la loro formalizzazione, in appositi protocolli. Comunque occorre tener presente che il Ptc, una volta definite le intese suddette, è il risultato di scelte coerenti e concordate della provincia e degli enti titolari di specifici piani. Pertanto non ha più senso parlare di piani sovra o sotto ordinati, in attuazione o meno del Ptc e possono essere superate le relative contestazioni formali;

2. presunta illegittimità del Ptc per la mancanza della prescritta legge regionale di attuazione delle norme introdotte dalla legge 142/1990 e dalle sue successive modificazioni e integrazioni, con particolare riferimento alla mancata definizione delle procedure di formazione e di consultazione preventiva dei soggetti interessati: si tratta di osservazioni chiaramente formali che appaiono non pertinenti in quanto contrastano con l’assoluta necessità e urgenza del Ptc, riconosciuta dalle leggi nazionali e, soprattutto, dalla situazione drammatica del territorio illustrata nei punti precedenti. Fin dalla entrata in vigore della legge 142/1990 molte province hanno redatto il Ptc e le regioni hanno adeguato la loro legislazione secondo i criteri di sussidiarietà e di concertazione che devono essere seguiti da tutte le pubbliche amministrazioni, concentrando l’attenzione sul processo di pianificazione e di continuo adeguamento delle leggi e dei piani al mutare delle realtà, confermando, in sostanza, il criterio adottato dal Ptc. Comunque il Ptc è coerente con la proposta di Lr approvata in giunta. Con la relativa approvazione il Ptc acquisisce la sua piena efficacia giuridica;

3. presunta illegittimità di una disciplina grafica e normativa del Ptc che abbia valore prescrittivo nei confronti dei comuni e dei soggetti privati. In sostanza il Ptc dovrebbe limitarsi a suggerire indirizzi ai comuni e alle altre autorità pianificanti: si tratta di osservazioni che appaiono non pertinenti perché il Ptc si limita proprio a suggerire indirizzi ai comuni e alle altre autorità pianificanti. Infatti, come è stato ampiamente illustrato nei punti precedenti, le prescrizioni del Ptc in materia di tutela e uso del territorio derivano da norme di legge già vigenti che devono essere soltanto ricondotte a unità e coerenza nel Ptc, in una visione complessiva che ne agevoli la comprensione e l’applicazione da parte dei comuni e dei cittadini, oggi costretti a muoversi nella labirintica complessità dei singoli piani, delle diverse amministrazioni competenti, delle diverse procedure, delle norme spesso poco comprensibili o, addirittura, contrastanti. Le prescrizioni aggiuntive del Ptc riguardano esclusivamente una maggiore tutela del suolo agricolo, dell’ambiente e del paesaggio, in attuazione di norme e indirizzi della regione (peraltro ritenuta inadeguata da alcuni degli osservanti), che chiedono una disciplina più rigida;

4. richieste di precisazioni della disciplina grafica del Ptc, non leggibili nella scala delle planimetrie di piano: la definizione delle osservazioni deve essere necessariamente rinviata. Infatti, in termini generali, è inevitabile che le specificazioni a scala superiore vengano precisate nei piani regolatori comunali, secondo il principio della co-pianificazione e dell’aggiornamento continuo del Ptc. Tuttavia alcune precisazioni necessarie saranno proposte in apposite schede grafiche su carte a scala adeguata. Tale criterio viene già seguito nella rappresentazione delle aree pericolose individuate dai piani di bacino, che talvolta hanno dimensioni molto ridotte. Comunque spetta al Ptc, nella organizzazione sovracomunale proposta, definire la localizzazione e la integrazione funzionale dei servizi di livello sovracomunale, di cui al Dm 1444/1968, tenendo conto della particolare situazione delle isole;

5. richiesta di modificare il Ptc per tener conto di opere in corso, di progetti regolarmente approvati dalle autorità competenti, dei progetti in corso di istruttoria, delle previsioni dei Prg vigenti, nonché di situazioni di fatto leggermente difformi dalla realtà: la definizione delle Osservazioni suddette deve essere, in parte, rinviata. Infatti si precisa che:

- le opere in corso possono essere comunque completate;

- le opere comprese in progetti regolarmente approvati dalle autorità competenti possono essere eseguite;

- le opere previste da progetti in corso di istruttoria devono essere compatibili con la disciplina del Ptc approvato.

Per quanto riguarda le difformità fra il Prg vigente e il Ptc adottato, si precisa che dopo l’approvazione del piano territoriale suddetto saranno definite, secondo il principio di co-pianificazione, d’intesa fra il comune e la provincia, le modifiche da apportare ai Prg vigenti e al Ptc, ai sensi degli articoli 8 comma 3 e 31 comma 5 delle Nta. Le conseguenti modifiche del Ptc saranno approvate con atto di Giunta provinciale;

6. aree di difesa del suolo e di salvaguardia ambientale, richiesta di riclassificazione da 1° livello (art. 10) a 2° livello (art. 11): la definizione delle osservazioni suddette deve essere necessariamente rinviata. Infatti la riclassificazione dovrà derivare da approfondimenti che dovranno essere effettuati d’intesa fra comune e provincia, tenendo conto sia della attenta verifica dello stato di fatto, sia delle intese raggiunte con le amministrazioni di pianificazione e gestione delle aree protette e delle aree in cui si rilevano pericolosità idrografica e vulcanica. Pertanto tale eventuale riclassificazione sarà oggetto, dopo l’approvazione del Ptc, di apposite intese fra comune e provincia, finalizzate alla modifica dello stesso Ptc, secondo quanto stabilito dall’art. 8 e dall’art. 31 delle Nta;

7. estensione alle isole di una disciplina di tutela analoga a quella prescritta per la penisola sorrentina: le osservazioni sono superate dalle prescrizioni della regione;

8. presentazione, come osservazioni, di piani specifici paesistici o di coordinamento, estesi a un singolo comune (come nel caso di Procida) o a più comuni (come nel caso di Ischia): si tratta di lodevoli approfondimenti, indubbiamente preziosi per la formazione dei Prg di nuova generazione. I loro contenuti di tutela e di corretto uso del suolo potranno essere riportati nel piano regolatore (come nel caso di Procida) e nei Prg dei singoli comuni, nonché nella Agenda 21 locale estesa all’intero territorio nel caso dell’Isola di Ischia. Pertanto le osservazioni si ritengono accoglibili come raccomandazioni;

9. presentazione, soprattutto da parte dei comuni, di emendamenti alle Nta che tendono a eliminare o a ridurre sostanzialmente prescrizioni finalizzate alla tutela e al corretto uso del territorio, con rivendicazione dell’esclusiva competenza dei comuni in materia: tali osservazioni non sono accoglibili, perché contrastano con le scelte di fondo del Ptc, stabilite nel rispetto di leggi vigenti e di indirizzi comunitari, nazionali e regionali.

 

Figura 3 - Sintesi dei valori ambientali nell’area napoletana secondo il Ptc

A cura di prof. arch. F. Forte

Con arch. F. Varone, arch. B. Fabozzi, arch. F. Germanò, arch. A. D’Onofrio, arch. C. Intoccia

 

 

Note

 

1 Anche qualora non avessi ricevuto la richiesta del Presidente Pennella, con nota del 6.4.2004 (Prot. 484 pc), di informazioni sullo stato dei lavori intorno al piano territoriale di coordinamento (Ptc) della Provincia di Napoli, avrei comunque sentito la responsabilità di rendere conto a questo Consiglio dell’attività svolta in esecuzione della delega conferita dal Presidente Lamberti.

Presso l’Area pianificazione territoriale – coordinatore G. Parisi, Direzione Ptc e Sit di V. Guerra – si è costituito un gruppo di lavoro composto dai funzionari dell’ufficio M. Rosaria Albano, Luisa Evangelista, M. Rosaria Liguori, Clea Martone, Paola Napolitano, Michele Russo, Marco Soravia, Valeria Vanella, con la consulenza del prof. Marcello Vittorini e la collaborazione di Giuseppe Bruno, Francesco Varone e Annalisa Viati.

Queste persone meritano i ringraziamenti per la mole e la qualità del lavoro che sono riusciti a svolgere nel breve periodo di circa quattro mesi, e che non potrà essere illustrato nei dettagli nel breve tempo disponibile, per cui resta disponibile, presso la Direzione del Ptc, per la consultazione da parte dei consiglieri interessati.

Debbo anche ringraziare i colleghi di giunta per la loro costante disponibilità a collaborare ogni volta che si evidenziavano le numerose sovrapposizioni tra le materie trattate dal Ptc e quelle a loro delegate. Ciò ha riguardato specialmente gli assessorati più prossimi, come quelli di Sommese, Allodi, Giordano, Stamati, Mamone Capria, Gherardelli, Ascione, Cortese, D’Auria e poi via via tutti gli altri.

 

 

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