Il ruolo del piano provinciale1
Prima di passare ai contenuti di maggior
rilievo, debbo sottolineare un tema di fondo
su cui è indispensabile appuntare la nostra
attenzione per comprendere il senso dello
sforzo compiuto in questi pochi mesi. Per
introdurre tale argomento devo richiamare un
fatto emblematico che lo illustra nella sua
reale portata. Attualmente, svolge il suo
iter, in commissione parlamentare, la bozza
di legge unificata Lupi-Mantini sul governo
del territorio. Uno dei punti critici della
proposta di legge riguarda il conferimento
alle regioni del potere di determinare
livelli ed estensione dei piani. Ci si rende
allora conto del livello e della portata
dell’attacco che viene mosso alle
prerogative conferite alla provincia con la
legge 142/1980 e confermato nel successivo
testo unico sugli enti locali, DLgs 267/2000
in base alle quali si era sviluppata una
stagione di esperienze consolidate di piani
provinciali.
Infatti, il merito di quelle leggi fu quello
non tanto di aver istituito i piani
territoriali di coordinamento, essendo già
previsti all’art. 5 della legge urbanistica
1150/1942, ma di aver incardinato nelle
province tali piani e averne, in tal modo,
consentito la diffusione. Fino al 1980,
infatti, era quasi esclusivamente il livello
comunale quello praticato concretamente.
È anche vero che la loro caratteristica
sperimentale e di frontiera ha portato a una
forte disomogeneità dei Ptc, ha richiesto
aggiornamenti legislativi regionali condotti
in corso d’opera, mentre i piani si
elaboravano, ha determinato divergenze tra
le finalità e i mezzi impiegati da ciascuna
provincia, ha fatto registrare gravi
difficoltà e vischiosità nell’elaborazione;
ma possiamo ritenere che tutti questi limiti
si supereranno mano a mano che crescerà
l’esperienza e si consolideranno le pratiche
di pianificazione provinciale. Allo stesso
modo, matureranno, col tempo, i risultati
positivi derivanti dalla soluzione dei
diversi problemi affrontati e si potranno
constatare i benefici effetti sull’ambiente
in cui viviamo.
Dato questo attacco in corso al piano
provinciale, lo sforzo principale è stato
necessariamente quello di difenderlo, per
ribadire il potere di questa istituzione a
esercitare le funzioni di pianificazione del
proprio territorio; di esercitare tale
funzione amministrativa in rappresentanza di
una comunità che riconosce la propria
identità nella Provincia di Napoli e avanza
la richiesta che beni pubblici e interessi
ben definiti appartenenti a tale
collettività, nel suo insieme, siano
tutelati e pianificati con strumenti
adeguati.
Qual è stata la modalità con cui questo
scopo è stato perseguito? Si potrebbe anche
dire, quale strategia è stata scelta per
ottenere questo obiettivo?
Si è ritenuto di scartare una strategia
unilaterale e di principio, con la quale
venissero affermate le funzioni rivendicate
appellandosi alla norma o a una sua
interpretazione, senza preoccuparsi di
verificarne la praticabilità nel contesto
istituzionale presente. Tale linea di azione
risulta minata dalla stessa incompletezza
del quadro legislativo dove, come è stato
anche ricordato in questo stesso Consiglio
nella precedente seduta dedicato al Ptc da
parte del consigliere Zolfo, gli obblighi
regolamentari regionali non sono stati
attuati e la stessa legislazione nazionale
continua a essere in evoluzione: ho appena
ricordato la proposta Lupi-Mantini, ma il
prossimo mese entrerà in vigore anche il
Codice Urbani i cui effetti si
dispiegheranno sugli aspetti paesistici del
piano. Inoltre, quell’approccio induce una
reazione di chiusura, a difesa di se stessi,
degli enti territoriali e funzionali
esterni, i quali sentono minacciati la loro
identità e le loro funzioni, come si è
potuto constatare nella fase iniziale e come
si deduce da una consistente quota delle
osservazioni presentate.
Figura 1 - Il quadro
tecnico-amministrativo e
suddivisione degli ambiti
sovracomunali individuati dal Ptc di
Napoli |
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Cooperazione, coordinamento e
copianificazione
In alternativa a questo approccio abbiamo
perseguito la strada della cooperazione
interistituzionale. Sebbene più promettente
per i risultati, non si può ritenere che
anche questa strategia sia priva di
ostacoli. C’è, in primo luogo, un
pregiudizio da superare contribuendo, in tal
modo, all’evoluzione dell’organizzazione
dello stato, consistente nella visione di
rapporti tra le istituzioni in termini
gerarchici, da cui discende una parallela
concezione della pianificazione a cascata.
L’allentamento di questa catena di
ordini-esecuzioni procedenti dall’alto verso
il basso sempre più temperato dallo sviluppo
delle autonomie e dalle autorità
indipendenti, come dalla valorizzazione
della partecipazione dei cittadini alla vita
politica, deve farsi progressivamente strada
vincendo abitudini e procedimenti
inveterati. Abbiamo sperimentato che, una
volta superato questo pregiudizio, si
possono aprire due prospettive di lavoro in
cui trova spazio il Ptc attraverso la
ridefinizione dei rapporti tra i soggetti.
Nel caso del rapporto con gli enti di
settore, la cooperazione si basa sul
concetto del coordinamento. Prendendo, ad
esempio, la protezione del suolo, vediamo
come questa funzione è stata attribuita
tanto alle autorità di bacino che alla
provincia (cfr. art. 20 del Dl 267/2000 e
legge 183/1989) e demandata ad apposita
pianificazione. Il rapporto tra i due pani
può essere interpretato in termini
gerarchici: quale dei due è sovraordinato
all’altro? Oppure ci si può chiedere: hanno
i due piani una diversa natura e scopo? La
prima domanda conduce al vicolo cieco dei
contrasti irrisolvibili; per la seconda,
invece, più fertile, la soluzione è alla
portata. Infatti, il legislatore chiarisce
che i due piani sono l’uno di settore e
l’altro di coordinamento ed è evidente,
così, la necessità di entrambi e la funzione
che ciascuno di essi deve svolgere. In
questo quadro, prende senso concreto come la
cooperazione deve svilupparsi e in che cosa
essa precisamente consista.
Nel caso del rapporto tra enti territoriali
è ancora più difficile eludere la
tradizionale domanda sulla gerarchia, ma
siamo stati facilitati nel superamento di
questa inerzia da una ferma volontà politica
ad attuare uno stile di cooperazione che si
esplica, nello specifico del settore
urbanistico, con il principio della
copianificazione. In questo caso, ciò che
facilita la copianificazione è
l’elaborazione del piano come processo e
l’intreccio dello sviluppo di tale processo
con l’evoluzione legislativa. Si tratta di
uscire da una visione statica e
deterministica: tutto è continuamente in
evoluzione. Norme e piani debbono
assecondare questo continuo processo di
cambiamento del territorio con un sistema
procedurale che sia in grado di guidarlo
seguendone da vicino il suo evolversi. Allo
stesso tempo è stato chiaro il legame
interscalare tra le decisioni e la sua
immediata conseguenza sull’impossibilità di
aspettare la redazione delle leggi e dei
piani di più vaste dimensioni per poi
applicarne le indicazioni in piani di
estensione più ristretta.
Questo approccio ha portato la Provincia di
Napoli a partecipare alla fase di
elaborazione degli indirizzi di
pianificazione paesistica elaborati dalla
Regione Campania, mentre incomincia a
raccogliere sistematicamente le informazioni
e ad approfondire la conoscenza degli
elementi che consentono di procedere alla
verifica e all’adeguamento della
strumentazione paesistica ai principi della
convenzione europea sul paesaggio e alle
conseguenti linee guida regionali. Si è
potuto così stabilire, di comune accordo, il
percorso e le condizioni che porteranno il
Ptc ad assumere valenza paesistica, all’atto
della sua approvazione. Tutto ciò si trova
nella bozza di intesa con la Regione
Campania.
La pratica della copianificazione ha
evidenziato un ulteriore vantaggio per gli
enti di tutela. Questi ultimi hanno
scoperto un ulteriore strumento, quando
non lo avevano già praticato, per esercitare
le loro funzioni, questa volta in via
preventiva. Tale anticipazione rispetto alla
verifica ex post delle autorizzazioni
è perfettamente consonante con il nuovo
codice e dovrebbe ridurre notevolmente tanto
i rischi per i proprietari (nel momento in
cui intraprendono progetti di
trasformazione) quanto l’efficacia della
conservazione dei beni culturali e naturali.
Le linee appena riportate negli aspetti più
essenziali hanno connotato i rapporti con
gli enti per la stipula delle intese. Esse,
hanno proceduto a diversa velocità a causa
di motivi molto diversi tra di loro: la
complessità dei problemi da risolvere, la
quantità di lavoro materiale necessario per
redigere le tavole e cambiare le norme
tecniche di attuazione (Nta), la
disponibilità delle risorse umane e di tempo
dei vari enti, le difficoltà procedurali e
regolamentari (l’attività di
copianificazione non è prevista ancora tra
le attività di determinati funzionari
pubblici e, in genere, rientra solo
marginalmente nelle agende di tutti gli
enti, dediti prioritariamente ai compiti
interni). Abbiamo perciò delle intese
sottoscritte, altre concordate.
Le autorità di bacino chiedono il parere del
Comitato tecnico e del Comitato
istituzionale prioritariamente alla
sottoscrizione delle intese, il che porta a
tempi più lunghi. L’assessore regionale
all’Urbanistica, sebbene abbia condiviso la
bozza d’intesa insieme ai suoi funzionari,
si trova attualmente all’estero per motivi
istituzionali. Alcune intese ne generano
altre, con modifiche marginali. La
Soprintendenza per i beni archeologici delle
Province di Napoli e Caserta ha concordato
una intesa che sarà ripresa con poche
varianti dovute ad aspetti locali per quella
di Pompei, così come quella con l’Autorità
di bacino del Sarno potrebbe funzionare da
modello per le altre autorità di bacino.
Tutte le intese, pur nel diverso livello di
definizione, registrano il posizionamento
dei diversi enti partecipanti in un processo
di mutuo aggiustamento, con l’assunzione di
quote di responsabilità congruenti e compiti
specifici per concorre a una più efficace
gestione del territorio. Tali compiti, sono
rappresentati in una dimensione dinamica,
visto che tracciano percorsi per realizzare
quello scopo nel quale ciascuno deve
svolgere il proprio ruolo. In tal senso, si
trovano in queste intese, delineate in modo
chiaro, le basi di un programma di lungo
periodo, ma con continue tappe di
avanzamento.
Nuovi arricchimenti ai contenuti del piano
Non posso richiamare gli obiettivi di fondo
del Ptc, già presentati nel mio intervento
al Consiglio monotematico a esso dedicato il
16.12.2003. D’altro canto, gli stessi sono
presentati nella relazione del Ptc adottata
da questo Consiglio e vengono ribaditi nelle
controdeduzioni alle osservazioni. Ci
limitiamo, pertanto alla seguente domanda:
quali sono gli avanzamenti che le intese
hanno già apportato nella precisazione del
piano provinciale?
1. Si è incominciato a costituire un
contesto ambientale dei parchi e delle
riserve naturali e marine con il loro
inserimento in una rete ecologica
provinciale di cui vanno ulteriormente
precisati il disegno e le caratteristiche;
2. si sono dettate maggiori precauzioni per
facilitare la scoperta, oltre che la
protezione dei beni archeologici;
3. si sono precisati i confini dei parchi
archeologici, riconosciuta l’importanza
della pianificazione dei loro contesti in
armonia con essi e incluso, nel piano, la
banca dati dei beni archeologici vincolata;
4. si è avviato un analogo lavoro per i beni
architettonici e paesaggistici che porterà
ad arricchire la medesima banca dati
all’interno del Sit della Provincia e
disponibile, in futuro, in rete;
5. si è verificato che la protezione del
suolo corrispondesse a tutte le esigenze
segnalate nei piani stralcio delle Autorità
di bacino, estendendo le zone art. 10 e art.
11 delle Nta del Ptc in modo da coprire
tutti i territori a rischio di frane e di
inondazioni, verificando, nel contempo, come
le norme dei suddetti articoli
corrispondessero alle prescrizioni per le
analoghe zone dei piani stralcio;
6. si sono emendate la zonizzazione e le Nta
del Ptc per le aree della penisola
sorrentina in modo da lasciare immutato il
regime del piano urbanistico territoriale
(Put) approvato con Lr 35/1987, nelle
more della revisione dello stesso per
l’adeguamento alla Convenzione europea del
paesaggio secondo le modalità prevista di
intesa con la Regione Campania;
7. si è demandato al piano strategico e
operativo di cui all’art. 2 della Lr 21/2003
la programmazione del riequilibrio
insediativo anche per la mitigazione del
rischio Vesuvio, dove è possibile prevedere
tale riequilibrio in una dimensione che
riguarda l’intero territorio regionale;
8. si sono introdotte norme per
salvaguardare gli spazi agricoli e
indirizzare il soddisfacimento della domanda
di abitazioni e servizi sulle aree già
urbanizzate.
Esame delle osservazioni
Nonostante la priorità assegnata alla
definizione delle intese non si è trascurato
l’esame delle osservazioni. Il gruppo di
lavoro coordinato dal prof. Vittorini ha
appena consegnato la relazione definitiva
nella quale sono state esaminate le 188
osservazioni presentate e suddivise come si
evince dalla Tabella 1.
A conclusione dell’esame delle osservazioni
presentate, condotte con riferimento ai
soggetti presentatori, agli ambiti e alle
motivazioni, il gruppo di lavoro ha
stabilito che esse possono essere suddivise
nelle seguenti categorie:
1. osservazioni superate che decadono
in quanto riferite alla mancanza delle
intese prescritte dal DLgs 112/1998, art.
57, ormai perfezionate oppure riferite alla
coerenza delle disposizioni regionali (Linee
guida del Ptr e contenuti paesistici del Ptc),
raggiunte d’intesa con i competenti
organismi regionali;
2. osservazioni rinviate in quanto
attinenti a questioni specifiche e
particolari, che richiedono precisazioni a
scala notevolmente maggiore di quella delle
planimetrie del Ptc. Le eventuali modifiche
delle planimetrie del Ptc saranno definite
dopo l’approvazione del Ptc, d’intesa tra la
provincia e il comune, in sede di
impostazione dei Prg di nuova generazione
o di adeguamento dei Prg vigenti nella
logica di copianificazione e di continuità
del processo di piano in applicazione degli
artt. 8 e 31 delle Nta. In questa categoria
rientrano anche le osservazioni dei privati
che chiedono di modificare la disciplina del
Ptc nei casi in cui essa modifichi i piani
urbanistici vigenti;
3. osservazioni non accoglibili
suddivise come segue:
- non sostanziali, in quanto riferite
a presunta illegittimità del Ptc per la
mancanza della prescritta legge regionale;
- non pertinenti e/o irrilevanti al Ptc,
in quanto riferite a prescrizioni stabilite
da piani che il Ptc stesso riconduce a unità
e coerenza in applicazione del DLgs 112/1998
art. 57, nel rispetto delle intese
prescritte, ma che non può modificare;
- in contrasto con le scelte di fondo,
stabilite nel rispetto di leggi vigenti e di
indirizzi comunitari, nazionali e regionali.
In questa categoria rientrano soprattutto i
comuni che presentato osservazioni sotto
forma di emendamenti alle Nta tendenti a
eliminare o a ridurre sostanzialmente le
prescrizioni finalizzate alla tutela del
corretto uso del territorio, con
rivendicazione dell’esclusiva competenza dei
comuni in materia;
4. osservazioni accoglibili suddivise
come segue:
- come raccomandazione nei casi il
loro accoglimento non comporta modificazione
delle Nta e/o degli elaborati grafici del
Ptc;
- proposta esplicita di modificazione
delle Nta;
- proposta esplicita di modificazione
elaborati grafici.
Molti degli argomenti sollevati con le
osservazioni, ricorrono anche tra i temi
trattati con le intese, dove hanno trovato
una modalità, per essere affrontati, meglio
inserita in una logica di compartecipazione,
capace di raggiungere risultati condivisi e
soddisfacenti per entrambe le parti. Non si
è ritenuto di intraprendere discussioni con
il Comune di Napoli, in virtù del fatto che
il Prg di Napoli, per effetto della Lr
14/1982, non viene sottoposto a esame e
parere della provincia. Pertanto si è
ritenuto che il Prg di Napoli, una volta
approvato dalla regione, comporti
l’automatico adeguamento ad esso del Ptc.
Nel prendere in considerazione le
controdeduzioni, bisogna tenere presente il
carattere processuale di questo piano. Una
volta che il Ptc sarà approvato, produrrà
una nuova generazione di piani regolatori
comunali nella cui redazione si stabilirà
uno scambio con la provincia che porterà
alla precisazione e modifica del Ptc su
iniziativa dei comuni ed una azione di
indirizzo della provincia nei confronti dei
comuni, sulla base delle linee del Ptc. Per
questo motivo, molte delle osservazioni
presentate dai comuni possono essere
rimandate a questa fase di ulteriore
elaborazione.
Figura 2 - Il sistema delle città
storiche nell’area napoletana |
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Conclusioni
Dall’esame presentato delle attività svolte
appare che la stipula delle intese non è
molto lontana dalla conclusione e i suoi
contenuti sono, per la maggior parte,
concordati. Per quanto riguarda l’aspetto
più delicato del piano, la valenza
paesistica, sebbene non sono stati ancora
conclusi i contributi conoscitivi e le
rielaborazioni normative attivati con le
nuove convenzioni, la copianificazione con
la Soprintendenza per i beni architettonici
e il paesaggio e per il patrimonio storico,
artistico e demoetnoantropologico di Napoli
e provincia è iniziato.
Tutto questo complesso lavoro di relazione e
di attenuazione di conflitti è stato
affrontato, nonostante presentasse un alto
grado di incertezza rispetto ai tempi, per
non rinunciare all’obiettivo dichiarato fin
dall’inizio di porre la provincia come
protagonista principale del governo del
territorio. Dagli incontri con le
Commissioni Urbanistica e Ambiente e con i
gruppi consiliari, in particolar modo con il
rappresentante della maggioranza consigliere
Cacciola, ho maturato la convinzione che
quello fosse un obiettivo politico
irrinunciabile.
Soprattutto intorno a questo tema centrale,
il Ptc merita un approfondito dibattito in
aula, per dare modo al Consiglio di
vagliarne attentamente i contenuti fino alla
valutazione di tutte le osservazioni, il che
richiederebbe tempi superiori a quelli
disponibili nella presente consiliatura. Ma
la prossima campagna elettorale, penso,
possa essere vista come una ulteriore fase
che il piano è chiamato ad attraversare.
L’utilità di questa informativa e degli
ulteriori approfondimenti che i consiglieri
vorranno svolgere, anche individualmente,
potrà pervenire direttamente ai cittadini ed
essere testata dagli elettori, facendo delle
tematiche del Ptc contenuto dei programmi
elettorali.
Augurando a tutti i consiglieri di
continuare a sedere su questi banchi, sono
convinto che essi riporteranno in aula la
conferma di continuare nell’impegno di
conciliare sul territorio la protezione
della natura e il miglioramento delle
condizioni dell’ambiente con lo sviluppo
economico e la ricerca di maggiore
occupazione e benessere. Questa è la grande
impresa che il piano provinciale si propone
e auguro a loro che possano compierla prima
nell’urna e poi in Consiglio.
Appendice
Estratto dalla relazione sulle
controdeduzioni alle osservazioni di M.
Vittorini
Molte delle osservazioni presentate,
soprattutto dai comuni, evidenziano la ormai
consolidata consuetudine di rifiutare ogni
disciplina urbanistica a scala sovracomunale
e di operare per singoli interventi, oppure,
nel migliore dei casi, per progetti. Una
consuetudine che ormai non può essere più
mantenuta per due fondamentali ragioni:
1. perché il futuro sviluppo sociale,
economico e territoriale della provincia si
basa soprattutto sulla tutela, sul corretto
uso e sulla valorizzazione del patrimonio di
risorse culturali, ambientali e paesistiche,
tuttora straordinariamente ricco, nonostante
la degradazione subita nel recente passato;
2. perché a partire dal 2006 i finanziamenti
europei saranno concessi sulla base di
programmi di sviluppo integrato
rispettosi dei ricordati criteri stabiliti
dalla Ue (Agenda 21 locale, riferita a
ognuno dei 10 ambiti considerati).
Una consuetudine che ha spinto molti comuni
al rifiuto, aprioristico e sistematico,
delle norme del Ptc, espresso nelle
osservazioni con richiesta di emendamenti
alle stesse (per lo più privi di
motivazione) e non con proposte di
modificazione adeguatamente argomentate,
nella logica complessiva del piano stesso.
Ovviamente le richieste di emendamento, non
sempre fra loro coerenti, non possono essere
accolte in tutti i casi in cui esse
contrastano con le finalità che il Ptc
persegue. Tuttavia le esigenze dei comuni
potranno essere meglio definite, d’intesa
con la provincia, nella successiva fase di
formazione della Agenda 21 locale e dei Prg
di nuova generazione.
Inoltre molte delle osservazioni presentate
trattano questioni di carattere generale,
ripetute in maniera sostanzialmente identica
(o quanto meno analoga) che si è ritenuto
opportuno considerare, in via preliminare,
nelle categorie seguenti:
1. richieste di perfezionare le intese
prescritte dal DLgs. 112/1998, art. 57:
tali osservazioni decadono con il
perfezionamento delle intese e con la loro
formalizzazione, in appositi protocolli.
Comunque occorre tener presente che il Ptc,
una volta definite le intese suddette, è il
risultato di scelte coerenti e concordate
della provincia e degli enti titolari di
specifici piani. Pertanto non ha più senso
parlare di piani sovra o sotto ordinati,
in attuazione o meno del Ptc e possono
essere superate le relative contestazioni
formali;
2. presunta illegittimità del Ptc per la
mancanza della prescritta legge regionale di
attuazione delle norme introdotte dalla
legge 142/1990 e dalle sue successive
modificazioni e integrazioni, con
particolare riferimento alla mancata
definizione delle procedure di formazione e
di consultazione preventiva dei soggetti
interessati: si tratta di osservazioni
chiaramente formali che appaiono
non pertinenti in quanto contrastano con
l’assoluta necessità e urgenza del Ptc,
riconosciuta dalle leggi nazionali e,
soprattutto, dalla situazione drammatica del
territorio illustrata nei punti precedenti.
Fin dalla entrata in vigore della legge
142/1990 molte province hanno redatto il Ptc
e le regioni hanno adeguato la loro
legislazione secondo i criteri di
sussidiarietà e di concertazione che devono
essere seguiti da tutte le pubbliche
amministrazioni, concentrando l’attenzione
sul processo di pianificazione e di
continuo adeguamento delle leggi e dei piani
al mutare delle realtà, confermando, in
sostanza, il criterio adottato dal Ptc.
Comunque il Ptc è coerente con la proposta
di Lr approvata in giunta. Con la relativa
approvazione il Ptc acquisisce la sua piena
efficacia giuridica;
3. presunta illegittimità di una
disciplina grafica e normativa del Ptc che
abbia valore prescrittivo nei confronti dei
comuni e dei soggetti privati. In sostanza
il Ptc dovrebbe limitarsi a suggerire
indirizzi ai comuni e alle altre autorità
pianificanti: si tratta di osservazioni
che appaiono non pertinenti perché il
Ptc si limita proprio a suggerire
indirizzi ai comuni e alle altre autorità
pianificanti. Infatti, come è stato
ampiamente illustrato nei punti precedenti,
le prescrizioni del Ptc in materia di
tutela e uso del territorio derivano da
norme di legge già vigenti che devono essere
soltanto ricondotte a unità e coerenza nel
Ptc, in una visione complessiva che ne
agevoli la comprensione e l’applicazione da
parte dei comuni e dei cittadini, oggi
costretti a muoversi nella labirintica
complessità dei singoli piani, delle diverse
amministrazioni competenti, delle diverse
procedure, delle norme spesso poco
comprensibili o, addirittura, contrastanti.
Le prescrizioni aggiuntive del Ptc
riguardano esclusivamente una maggiore
tutela del suolo agricolo, dell’ambiente e
del paesaggio, in attuazione di norme e
indirizzi della regione (peraltro ritenuta
inadeguata da alcuni degli osservanti), che
chiedono una disciplina più rigida;
4. richieste di precisazioni della
disciplina grafica del Ptc, non leggibili
nella scala delle planimetrie di piano:
la definizione delle osservazioni deve
essere necessariamente rinviata. Infatti, in
termini generali, è inevitabile che le
specificazioni a scala superiore vengano
precisate nei piani regolatori comunali,
secondo il principio della co-pianificazione
e dell’aggiornamento continuo del Ptc.
Tuttavia alcune precisazioni necessarie
saranno proposte in apposite schede
grafiche su carte a scala adeguata. Tale
criterio viene già seguito nella
rappresentazione delle aree pericolose
individuate dai piani di bacino, che
talvolta hanno dimensioni molto ridotte.
Comunque spetta al Ptc, nella organizzazione
sovracomunale proposta, definire la
localizzazione e la integrazione funzionale
dei servizi di livello sovracomunale, di cui
al Dm 1444/1968, tenendo conto della
particolare situazione delle isole;
5. richiesta di modificare il Ptc per
tener conto di opere in corso, di progetti
regolarmente approvati dalle autorità
competenti, dei progetti in corso di
istruttoria, delle previsioni dei Prg
vigenti, nonché di situazioni di fatto
leggermente difformi dalla realtà: la
definizione delle Osservazioni suddette deve
essere, in parte, rinviata. Infatti si
precisa che:
- le opere in corso possono essere comunque
completate;
- le opere comprese in progetti regolarmente
approvati dalle autorità competenti possono
essere eseguite;
- le opere previste da progetti in corso di
istruttoria devono essere compatibili con la
disciplina del Ptc approvato.
Per quanto riguarda le difformità fra il Prg
vigente e il Ptc adottato, si precisa che
dopo l’approvazione del piano territoriale
suddetto saranno definite, secondo il
principio di co-pianificazione, d’intesa fra
il comune e la provincia, le modifiche da
apportare ai Prg vigenti e al Ptc, ai sensi
degli articoli 8 comma 3 e 31 comma 5 delle
Nta. Le conseguenti modifiche del Ptc
saranno approvate con atto di Giunta
provinciale;
6. aree di difesa del suolo e di
salvaguardia ambientale, richiesta di
riclassificazione da 1° livello (art. 10) a
2° livello (art. 11): la definizione
delle osservazioni suddette deve essere
necessariamente rinviata. Infatti la
riclassificazione dovrà derivare da
approfondimenti che dovranno essere
effettuati d’intesa fra comune e provincia,
tenendo conto sia della attenta verifica
dello stato di fatto, sia delle intese
raggiunte con le amministrazioni di
pianificazione e gestione delle aree
protette e delle aree in cui si rilevano
pericolosità idrografica e vulcanica.
Pertanto tale eventuale riclassificazione
sarà oggetto, dopo l’approvazione del Ptc,
di apposite intese fra comune e provincia,
finalizzate alla modifica dello stesso Ptc,
secondo quanto stabilito dall’art. 8 e
dall’art. 31 delle Nta;
7. estensione alle isole di una
disciplina di tutela analoga a quella
prescritta per la penisola sorrentina:
le osservazioni sono superate dalle
prescrizioni della regione;
8. presentazione, come osservazioni, di
piani specifici paesistici o di
coordinamento, estesi a un singolo comune
(come nel caso di Procida) o a più comuni
(come nel caso di Ischia): si tratta di
lodevoli approfondimenti, indubbiamente
preziosi per la formazione dei Prg di nuova
generazione. I loro contenuti di tutela e di
corretto uso del suolo potranno essere
riportati nel piano regolatore (come nel
caso di Procida) e nei Prg dei singoli
comuni, nonché nella Agenda 21 locale estesa
all’intero territorio nel caso dell’Isola di
Ischia. Pertanto le osservazioni si
ritengono accoglibili come
raccomandazioni;
9. presentazione, soprattutto da parte
dei comuni, di emendamenti alle Nta che
tendono a eliminare o a ridurre
sostanzialmente prescrizioni finalizzate
alla tutela e al corretto uso del
territorio, con rivendicazione
dell’esclusiva competenza dei comuni in
materia: tali osservazioni non sono
accoglibili, perché contrastano con le
scelte di fondo del Ptc, stabilite nel
rispetto di leggi vigenti e di indirizzi
comunitari, nazionali e regionali.
Figura 3 - Sintesi dei valori
ambientali nell’area napoletana
secondo il Ptc |
|
A cura di prof. arch. F. Forte
Con arch. F. Varone, arch. B.
Fabozzi, arch. F. Germanò, arch. A.
D’Onofrio, arch. C. Intoccia |
Note
1
Anche qualora non avessi ricevuto la
richiesta del Presidente Pennella, con nota
del 6.4.2004 (Prot. 484 pc), di informazioni
sullo stato dei lavori intorno al piano
territoriale di coordinamento (Ptc)
della Provincia di Napoli, avrei comunque
sentito la responsabilità di rendere conto a
questo Consiglio dell’attività svolta in
esecuzione della delega conferita dal
Presidente Lamberti.
Presso l’Area pianificazione territoriale –
coordinatore G. Parisi, Direzione Ptc e Sit
di V. Guerra – si è costituito un gruppo di
lavoro composto dai funzionari dell’ufficio
M. Rosaria Albano, Luisa Evangelista, M.
Rosaria Liguori, Clea Martone, Paola
Napolitano, Michele Russo, Marco Soravia,
Valeria Vanella, con la consulenza del prof.
Marcello Vittorini e la collaborazione di
Giuseppe Bruno, Francesco Varone e Annalisa
Viati.
Queste persone meritano i ringraziamenti per
la mole e la qualità del lavoro che sono
riusciti a svolgere nel breve periodo di
circa quattro mesi, e che non potrà essere
illustrato nei dettagli nel breve tempo
disponibile, per cui resta disponibile,
presso la Direzione del Ptc, per la
consultazione da parte dei consiglieri
interessati.
Debbo anche ringraziare i colleghi di giunta
per la loro costante disponibilità a
collaborare ogni volta che si evidenziavano
le numerose sovrapposizioni tra le materie
trattate dal Ptc e quelle a loro delegate.
Ciò ha riguardato specialmente gli
assessorati più prossimi, come quelli di
Sommese, Allodi, Giordano, Stamati, Mamone
Capria, Gherardelli, Ascione, Cortese, D’Auria
e poi via via tutti gli altri. |