Numero 6/7 - 2003

 

l'ambiente della mobilità  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sicurezza nel progetto stradale


Gianluca Dell'Acqua

Renato Lamberti


 

La Provincia di Salerno, con il sostegno della Regione Campania, ha organizzato un master in Progettazione stradale e sicurezza della circolazione. Gianluca Dell’Acqua* e Renato Lamberti, autori dei moduli didattici, si soffermano sulle principali disposizioni normative in materia

 

 

* consulente Ptc della Provincia di Salerno per l’area mobilità

 

 

Il primo master in Progettazione stradale e sicurezza della circolazione è stato organizzato dalla Provincia di Salerno con il sostegno della Regione Campania. I contenuti dei moduli didattici sono stati definiti dagli autori del presente contributo.

Le tematiche trattate nel corso degli incontri formativi sono state rivolte all’approfondimento:

- delle problematiche generali di progettazione stradale alla luce delle nuove norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade;

- della gestione dei sistemi informativi stradali;

- delle modalità di istituzione e aggiornamento del catasto delle strade;

- degli studi di incidentalità ed analisi di sicurezza di tronchi stradali a rischio;

- della definizione di interventi per il miglioramento della sicurezza;

- della redazione di piani del traffico;

- della valutazione economica degli interventi in materia di trasporto stradale.

I docenti, provenienti dalle Università di Napoli Federico II, Salerno, Trento, della Calabria e da aziende del settore, sono stati individuati tra i principali studiosi e specialisti delle discipline trattate. Le attività didattiche hanno avuto inizio nel gennaio 2003 e si sono concluse nel mese di maggio u.s. per una durata complessiva di 160 ore di formazione in aula. Degli oltre 130 allievi iscritti al corso, selezionati tra i dipendenti ed i funzionari di enti locali del salernitano, circa 100 hanno conseguito i requisiti minimi per l’ottenimento dell’attestato di partecipazione.

 

 

Il Progetto delle strade

 

Come è certamente noto, la legge quadro per i lavori pubblici del 19.2.1994, n. 109, modificata ed aggiornata dalle successive leggi del 2.6.1995, n. 216, e del 18.11.1998, n. 415, nonché il suo regolamento di attuazione (Dpr 554/1999) hanno articolato il processo progettuale in tre successive fasi: progetto preliminare, definitivo, esecutivo. La disposizione è sostanzialmente innovativa rispetto alla precedente norma (che risaliva al 1865, per la legge fondamentale, ed al 1895, per il regolamento) che ne prevedeva solo due: progetto di massima ed esecutivo.

Inoltre, la legge del 17.5.1999, n. 144, per dare attuazione alla potestà programmatoria delle regioni in materia territoriale, ha istituito nuclei regionali di valutazione (Nrv), assegnando ad essi, fra gli altri, il compito di validare gli studi di fattibilità (SdiF), anche se redatti da enti territoriali sott’ordinati (province e comuni, comunità montane, consorzi di bonifica) ovvero settoriali (Anas, società autostradali, società di gestione di servizi pubblici e aziende speciali, ecc.); la certificazione di validità degli SdiF è condizione indispensabile per l’accesso al fondo rotativo per la progettazione (anticipazione dei costi del progetto, da recuperare sull’aliquota per spese tecniche del finanziamento dell’opera) ed è (art. 4) “strumento ordinario preliminare ai fini dell’assunzione delle decisioni di investimento da parte delle amministrazioni pubbliche, per opere di costo complessivo superiore a 20 miliardi di lire (circa 10.3 milioni di euro, ndr), ed obbligatorio per quelle con un costo superiore a 100 miliardi di lire (circa 51.6 milioni di euro, ndr)”; la stessa legge dichiara che le sopra riportate soglie d’importo sono sperimentali, aggiornabili e modificabili dal Ministro del tesoro-economia.

Lo SdiF, per conseguire correttamente il proposito di porre gli organismi decisori in condizione di accertare che le proposte infrastrutturali formulate costituiscano una risposta tecnica adeguata alle esigenze di mobilità e garantiscano, nel contempo, al territorio uno sviluppo sostenibile, deve fornire risposte non equivoche sui seguenti argomenti:

- se le infrastrutture complessivamente programmate per la mobilità nell’ambito del piano siano funzionali agli indirizzi generali della politica di sviluppo, nonché coerenti con le risorse economiche disponibili, con gli strumenti amministrativi di controllo ed indirizzo, con i vincoli territoriali esistenti;

- che gli input di progetto e la concezione tecnica delle singole opere componenti il piano assicurino le sinergie proprie di un processo pianificato e che i costi economici ed ambientali di ciascuna di esse siano sostenuti da benefici corrispondenti ed irrinunciabili.

Per fornire risposte esaustive alle sopra esposte problematiche, essi debbono avere una struttura di base articolata come segue; questa fra l’altro li pone in condizione (a termini del decreto di attuazione della legge 144/1999) di superare l’esame per la validazione dei Nrv:

1. analisi propedeutiche e alternative di progetto;

2. verifica di compatibilità ambientale;

3. studi di fattibilità tecnica;

4. esame della sostenibilità finanziaria;

5. valutazioni di convenienza economico-sociale;

6. verifica procedurale;

7. analisi di rischio e di sensitività.

Per essere compiutamente fruibili, gli SdiF debbono essere estesi alle opere nella loro interezza, anche se ne è prevista la realizzazione per stralci o lotti funzionali; anzi proprio dai loro esiti può emergere la possibilità o l’opportunità di graduare nel tempo l’esecuzione dell’opera a cui si riferiscono, secondo un programma che renda compatibile l’investimento con i budgets che saranno progressivamente resi disponibili e secondo la sequenza che garantisca il più elevato beneficio intermedio dell’impegno finanziario.

L’art. 15 del Dpr 554/1999 stabilisce che l’avvio del processo progettuale sia preceduto dalla redazione di un documento preliminare da parte del responsabile unico del procedimento (Rup); questo elaborato documenta l’inserimento dell’opera nel programma triennale dell’amministrazione proponente, redatto e deliberato nei modi e nei tempi prescritti dall’art. 13 commi 1...3.

Nel comma 5 dello stesso art. 15 sono dettagliati i contenuti del predetto documento, che si elencano di seguito, avvertendo tuttavia che essi possono essere graduati (in riduzione) per opere di minore importanza ed impegno:

a) situazione iniziale;

b) obiettivi generali da perseguire e strategie per raggiungerli;

c) esigenze e bisogni da soddisfare;

d) regole e norme tecniche da rispettare;

e) vincoli di legge relativi al contesto in cui l’intervento è previsto;

f) funzioni che dovrà svolgere l’intervento;

g) requisiti tecnici che dovrà rispettare;

h) impatti dell’opera sulle componenti ambientali;

i) fasi della progettazione da sviluppare e loro sequenza logica, nonché tempi di svolgimento della prestazione professionale;

j) livelli di progettazione ed elaborati grafici e descrittivi da redigere;

k) limiti finanziari da rispettare e criteri di stima dei costi, fonti di finanziamento;

l) sistema di realizzazione da impiegare.

La maggior parte delle suddette informazioni possono essere tratte dagli esiti dello SdiF.

Al progetto preliminare di infrastrutture di trasporto sono affidati i compiti di:

a) individuare la soluzione tecnica dell’opera, in planimetria e profilo longitudinale, raffrontandola ad altre eventualmente prese in considerazione e chiarendo i motivi della preferenza, anche in aderenza alle prescrizioni impartite dal Rup nel documento d’indirizzi;

b) porre in relazione l’opera con i vincoli di carattere urbanistico (evidenziando l’eventuale esigenza di variazioni o adeguamenti dei piani vigenti), territoriale, geologico-geotecnico, idraulico, storico-archeologico, paesaggistico e di qualsiasi altra natura, che abbiano condizionato la scelta;

c) accertare la disponibilità delle aree e degli immobili coinvolti, individuando modalità e procedure per la loro acquisizione;

d) selezionare i principali fattori di sensibilità ambientale;

e) fissare il cronoprogramma delle fasi operative delle attività di progettazione, approvazione, affidamento, esecuzione e collaudo (eventualmente prefigurando la ripartizione dell’intervento in lotti funzionali);

f) calcolare sommariamente ed in forma parametrica la spesa necessaria per la realizzazione dell’opera, distinguendo i corrispettivi per i lavori dalle somme a disposizione dell’amministrazione.

Gli artt. 18...24 del Dpr 554/1999 elencano i documenti che fanno parte di questo elaborato, precisandone i contenuti:

a) relazione tecnica;

b) relazione illustrativa;

c) studio di prefattibilità ambientale;

d) planimetria generale e schemi grafici;

e) calcolo sommario della spesa.

In ogni caso sono fatte salve le determinazioni del Rup, che può dettagliarli adattandoli al caso di specie, nonché graduarli in aumento o in diminuzione secondo le circostanze e la complessità dell’intervento: l’elaborazione può essere, ad esempio, ragionevolmente semplificata per le infrastrutture dal minore impatto territoriale, quali le strade locali, urbane ed extraurbane, ovvero a destinazione particolare (militari, agricole, forestali, consortili e simili).

Di norma, l’approvazione del progetto preliminare espressa dall’amministrazione proponente viene confermata in conferenza di servizi (CdiS), convocata e condotta secondo le formalità previste dalla legge: ad essa partecipano (attraverso rappresentanti muniti di adeguati poteri decisionali) tutti gli enti che vantano interessi legittimi in relazione all’opera; il suo esito positivo produce gli effetti urbanistico-amministrativi che possono conseguire alla scelta del tracciato, con la definizione delle aree d’ingombro del manufatto e di quelle marginali asservite; principalmente:

a) la variante nella loro destinazione d’uso (quale era prevista dal piano regolatore vigente, se l’opera non vi era inclusa) e conseguente vincolo di inedificabilità;

b) l’inserimento dell’infrastruttura nel piano settoriale della rete a cui afferisce.

I partecipanti alla CdiS possono in quella sede esprimere prescrizioni e raccomandazioni per le fasi successive di progettazione e realizzazione dell’opera, purché non suscettibili di incidere significativamente sulle scelte di tracciato.

L’approvazione del progetto preliminare consente all’amministrazione proponente di inserire l’opera, ovvero un suo lotto funzionale, nell’elenco di cui al comma 4 dell’art. 13 del Dpr 554/1999. Quanto sopra costituisce presupposto indispensabile per l’avvio di gara d’appalto-concorso o di concessione di lavori pubblici, qualora si sia prescelta (e sia stata autorizzata, in relazione alla natura dell’opera) una di queste forme di affidamento dei lavori; in caso contrario il progetto approvato è la base per gli sviluppi successivi dell’iter progettuale dell’amministrazione proponente, secondo la successione stabilita dal Rup. Per completezza d’informazione si ricorda che la recente legge obiettivo ha destinato all’affidamento in concessione a General Contractors l’esecuzione ed in alcuni casi la gestione delle opere pubbliche giudicate dal Cipe di interesse strategico nazionale (fra le quali numerosi e qualificanti tronchi stradali).

Il progetto definitivo, aderendo agli esiti del progetto preliminare ed alle eventuali prescrizioni impartite all’atto della sua approvazione, ha le funzioni di:

a) precisare, illustrandone prestazioni e vantaggi (in ordine a sicurezza, funzionalità ed economia di costruzione e/o gestione), le soluzioni tecniche e tecnologiche adottate per l’opera e le sue componenti, eventualmente a raffronto con altre scelte possibili;

b) analizzare i risultati degli approfondimenti topografici, geotecnici, idraulici ed ambientali in genere, evidenziando conferme e scostamenti dal progetto preliminare (giustificando analiticamente questi ultimi);

c) proporzionare, attraverso calcoli preliminari, strutture ed impianti;

d) programmare le fasi transitorie (esecuzione dei lavori), individuando le esigenze del cantiere e degli approvvigionamenti (con particolare riferimento al bilancio delle terre e degli inerti ed alla connessa necessità di cave di prestito e di deposito, nonché al trasporto dei materiali e delle componenti prefabbricate);

e) definire, con la maggiore affidabilità consentita dall’approfondimento progettuale, la consistenza delle aree e degli immobili interessati dall’infrastruttura (redigendone piano particellare grafico e descrittivo), nonché i costi di realizzazione e gestione delle opere, suffragati da computi metrico-estimativi;

f) individuare, prefigurandone la risoluzione, le interferenze del progetto con reti di servizi, aeree e sotterranee, presenti sul territorio;

g) quantificare e comparare, attraverso l’implementazione di modelli previsionali, l’evoluzione dei fattori ambientali in assenza dell’opera progettata ed in presenza della stessa.

La finalità amministrativa del progetto definitivo è l’ottenimento di tutti i pareri ed i permessi per la realizzazione dell’opera, inclusa la pronuncia della compatibilità ambientale, nei modi e nei termini di legge, che saranno chiariti nel seguito. Anche in questo caso l’approvazione da parte di tutti i soggetti coinvolti può essere raccolta in CdiS: l’esito positivo di questa (o eventualmente del diverso iter di approvazione stabilito dal Rup) è subordinato alla pronuncia, da parte degli aventi diritto, di pareri incondizionatamente positivi sul progetto, ovvero, al più, di prescrizioni e raccomandazioni a cui si possa ottemperare nell’ambito dei ristretti margini tecnici assegnati alla fase successiva della progettazione esecutiva ed alla esecuzione.

Gli artt. 25...34 del Dpr 554/1999 elencano i documenti che fanno parte di questo elaborato, precisandone i contenuti:

a) relazione descrittiva;

b) relazioni geologica, geotecnica, idrologica, idraulica, sismica;

c) relazioni tecniche specialistiche;

d) rilievi plano-altimetrici e studio di inserimento urbanistico;

e) elaborati grafici;

f) studio d’impatto ambientale, ove previsto dalle vigenti normative, ovvero studio di fattibilità ambientale;

g) calcoli preliminari delle strutture e degli impianti;

h) disciplinare descrittivo e prestazionale degli elementi tecnici;

i) piano particellare di esproprio;

j) computo metrico-estimativo;

k) quadro economico.

Alla stregua della legge dell’8.7.1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente, e del Dpcm del 10.8.1988, n. 377 (successivamente emendato con legge del 15.3.1997, n. 59 - Bassanini - e relativo decreto attuativo DLgs del 31.3.1998, n. 112), la procedura per la valutazione di impatto ambientale (Via) di livello nazionale (affidata ai Ministeri dell’ambiente e dei beni culturali) è resa obbligatoria per i progetti definitivi di alcune categorie di opere particolarmente a rischio per gli equilibri ambientali, fra cui, nel campo delle infrastrutture di trasporto: autostrade e vie di rapida comunicazione definite ai sensi dell’accordo europeo sulle grandi strade di traffico internazionale del 15.11.1975 (a carreggiate separate); tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di decollo e di atterraggio lunghe almeno 1500 metri.

La procedura prevede che lo studio di cui al comma f) dell’elenco elaborati del progetto definitivo sia redatto dallo stesso soggetto proponente l’opera, secondo uno schema contenutistico fissato nel Dpcm del 21.12.1988.

Questo include anche una verifica della sicurezza offerta alle percorrenze, di particolare interesse del tema qui trattato.

Attraverso un complesso iter, il parere finale viene rilasciato dal Ministero dell’ambiente.

Nondimeno la legge Bassanini 59/1997 ha delegato alle regioni l’obbligo di verifica delle compatibilità delle opere di più modesta, ancorché rilevante, valenza ambientale: fra queste sono incluse la maggior parte delle strade extraurbane ed anche una parte consistente di quelle urbane.

Tabella 1

 

Lo studio da produrre a corredo del relativo progetto definitivo non differisce per struttura da quello richiesto dalla procedura di livello nazionale.

Il progetto esecutivo deve, sulla scorta delle risultanze del progetto definitivo e delle decisioni e prescrizioni assunte in sede di approvazione di questo, definire tutti gli elementi progettuali necessari per la effettiva realizzazione dell’opera (definiti nella norma ingegnerizzazione). Esso è corredato anche di allegati amministrativi per l’appalto, di piano di sicurezza e di programma di manutenzione dell’opera finita.

Gli artt. 35...45 del Dpr 554/1999 elencano i documenti che fanno parte di questo elaborato, precisandone i contenuti.

L’approvazione del progetto esecutivo, in genere pronunciata direttamente dall’amministrazione proponente, può essere subordinata dal Rup alla verifica dello stesso da parte degli enti che avessero espresso prescrizioni sul progetto definitivo, ovvero che siano interessati all’esame di variazioni introdotte nell’ultima e definitiva fase di sviluppo del progetto: l’approvazione suddetta è presupposto indispensabile, unitamente alla disponibilità per l’amministrazione proponente dell’intera somma risultante dal quadro economico del progetto, per l’inizio della procedura d’appalto dell’opera (salvo il caso, già richiamato, che si sia proceduto per appalto-concorso o concessione).

L’iter progettuale a questo punto è esaurito (salvo verifiche statiche che l’esecutore esegue in corso d’opera, per assumere, a termini di legge, la responsabilità del prodotto, nonché la revisione as built dei grafici, per registrarvi le piccole variazioni, rispetto al progetto esecutivo, autorizzate dal direttore dei lavori); in effetti, conformemente alla pratica corrente da tempo sul piano internazionale, la recente legislazione italiana non ammette ulteriori sviluppi progettuali, in relazione al grado di definizione richiesto al progetto esecutivo per l’approvazione e l’appalto, alla bassissima autonomia di proposta consentita all’esecutore ed ai margini ristretti per il Dl di accettazione di varianti.

In Italia, fino ad un recente passato, in fase esecutiva (a valle, quindi, dell’appalto) il progetto veniva più o meno profondamente rimaneggiato, per aderire alle effettive condizioni locali (evidentemente sottovalutate in fase di redazione ed approvazione del progetto esecutivo) e per renderlo più consono alle esigenze costruttive del realizzatore (anche grazie ad un regime di appalti e di gestione dei lavori, che tollerava iniziative in questo senso). Il progetto costruttivo o cantierabile si traduceva in una o più perizie di variante in corso d’opera, spesso suppletive per la spesa, che costringevano a ripercorrere l’iter di approvazione e finanziamento; era, quindi, fra i principali responsabili delle lievitazioni di costo delle opere, del prolungamento (talvolta multidecennale) dei tempi esecutivi, della rinuncia (temporanea o definitiva) al completamento di alcuni lavori, giunti anche a livelli avanzati ma non ancora fruibili.

L’intervenuta legislazione contiene norme molto restrittive per contrastare efficacemente detta tendenza. A termine dell’art. 25 della legge quadro dei lavori pubblici sono ammesse varianti significative in corso d’opera, rispetto al progetto esecutivo approvato, solo per ben definite motivazioni, tutte riconducibili a fatti giustificatamente ignoti all’atto della redazione del progetto esecutivo, ovvero rispondenti ad interessi prevalenti della committenza. Al di fuori dei casi previsti, le varianti che si rendessero comunque necessarie configurano carenze progettuali, di cui il professionista è chiamato a rispondere civilmente e patrimonialmente. A questo scopo il progetto esecutivo deve essere coperto da polizza di responsabilità a favore della pubblica amministrazione (Pa), che assicuri il ristoro del danno derivante da errori progettuali (art. 30 della legge 109/1994 e successive modificazioni).

Ciò nonostante non è difficile ritrovare ancora, fra le imprese e gli stessi professionisti, autorevoli sostenitori dell’utilità della rielaborazione dei progetti in fase esecutiva; a questa posizione si associa (copiandone, in certo modo, la filosofia di fondo) quella di alcune amministrazioni e di settori della pubblica opinione organizzata, che teorizzano che sia lecito porre in ogni momento in discussione il progetto (perfino nei fondamenti della sua utilità sociale), ancorché questo sia stato definitivamente approvato e magari sia in avanzata fase di realizzazione: è il caso delle battaglie delle opposizioni politiche e dei più svariati comitati di cittadini contro realizzazioni volute, approvate e finanziate dalle maggioranze.

Ambedue i sopra richiamati atteggiamenti sono figli della sfiducia nel progetto ed in particolare nelle capacità dei progettisti e dei responsabili tecnici della Pa di raggiungere, nel confronto dialettico, un risultato credibilmente equilibrato, nonché dei rappresentanti degli enti coinvolti di valutare correttamente, sull’elaborato disponibile, i reali impatti dell’opera; il fondamento oggettivo della suddetta sfiducia risiede nella ristrettezza dei tempi e delle risorse di norma assegnate al progetto in Italia: la correzione culturale in favore del progetto (solo parzialmente conseguibile con strumenti legislativi e regolamentari, come fino ad oggi si è lodevolmente tentato) è assolutamente necessaria se si vuole prendere il passo dell’Europa nella realizzazione delle infrastrutture e nella modernizzazione del territorio; nondimeno si deve accompagnare ad una pratica disponibilità della Pa a dedicare alla fase progettuale più risorse economiche, maggiore qualificazione professionale del proprio personale, più adeguata frazione del tempo complessivo della realizzazione.

A norma dell’art. 17 della citata legge quadro le prestazioni relative alla progettazione, in ogni grado del suo sviluppo, vengono affidate in via preferenziale agli uffici delle stazioni appaltanti ovvero, in via graduata, ad altri organismi tecnici della Pa. Solo ove sia accertata la carenza di risorse o di specifica competenza, in rapporto alla complessità del problema o ai tempi disponibili, la prestazione può essere affidata, per contratto, a professionisti singoli, a società di ingegneria o ad associazioni (anche temporanee) di questi soggetti.

La discrezionalità nella scelta del contraente professionale risulta limitata (in forza del Dl del 17.3.1995, n. 157) per le amministrazioni dello Stato, le regioni, gli enti pubblici territoriali (province, comuni, comunità montane, ecc.), gli enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico (università, enti di sviluppo agricolo, istituzioni di assistenza, ecc.) ed i privati che beneficiano di contributi pubblici all’investimento in misura superiore al 50%; la disciplina limitativa si estende (in forza del Dl 158/1995 di pari data), con alcune modificazioni non rilevanti per la presente informazione, agli enti erogatori di pubblici servizi (nel settore delle infrastrutture di trasporto: i gestori strade a pedaggio, di impianti ferroviari o di terminali, quali porti, aeroporti, ecc.).

L’affidamento, da parte dei suddetti soggetti, di servizi d’ingegneria ed architettura (inclusa la progettazione), per cui si prevedono corrispettivi superiori a 40.000 euro, presuppone una procedura concorsuale.

Il Titolo IV del “Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici - Dpr 554/1999” impartisce norme obbligatorie per l’espletamento delle gare, distinguendo i casi di servizi dal corrispettivo inferiore a 200.000 euro (130.000 per gli organi ministeriali), che seguono canali nazionali, da quelli di importo superiore a tale limite, aperte al mercato comunitario senza discriminazione alcuna. Alle gare, per le quali sono prescritte precise forme di pubblicità, possono partecipare, da singoli o in associazione, professionisti e società d’ingegneria, che rispondano a particolari requisiti e non incorrano in motivi di esclusione (attinenti a garanzie personali e professionali). La gara può assumere la forma di pubblico incanto o di licitazione privata: nel primo caso è aperta a tutti i soggetti che intendano parteciparvi, purché in possesso di ben precisati requisiti (commisurati all’entità dell’appalto e dimostrabili con i precorsi fatturati generali e specifici, con il numero di dipendenti e di collaboratori continuativi, ecc.), da autocertificare contestualmente all’offerta e dimostrare documentalmente in caso di successo; nel secondo caso l’invito viene ristretto ad un congruo numero di soggetti, selezionati preventivamente (in base ad analoghi requisiti dimensionali ed oggettivi) fra quelli che abbiano manifestato interesse alla partecipazione ed abbiano adeguatamente documentato le proprie capacità nella fase di preselezione.

Per la selezione dell’aggiudicatario la stazione appaltante deve attenersi ai criteri esposti dettagliatamente nel bando di gara:

a) criteri puramente tecnici (concorsi di progettazione);

b) verifica di una molteplicità di elementi che consentano la individuazione dell’offerta più vantaggiosa per l’amministrazione.

 

 

La sicurezza delle infrastrutture viarie

 

Delle verifiche ambientali in senso stretto, a cura del ministero e delle regioni, si è già fatto cenno in precedenza; s’intende aggiungere qualche ulteriore considerazione sui controlli in sede di progetto della sicurezza intrinseca offerta dall’infrastruttura.

È noto che la sicurezza dell’esercizio di una strada discende dal conseguimento di un conveniente equilibrio fra i tre fattori interagenti che la determinano: veicolo, uomo, infrastruttura; è altresì evidente che l’obiettivo del conseguimento in ogni attività (dal progetto all’esercizio delle infrastrutture) delle migliori condizioni di sicurezza sia socialmente assai rilevante: la stessa Ue lo ha posto all’attenzione dei governi, in forma misurabile (riduzione del 40% delle conseguenze dannose del traffico entro il 2010).

Esso si persegue con un approccio che inizia dalla concezione dell’opera: all’uopo occorre stabilire criteri per riconoscere e valutare, sulla base del progetto nelle varie fasi del suo sviluppo, eventuali condizioni di rischio per l’utenza (automobilisti, motociclisti, ciclisti, pedoni, anziani, bambini, portatori di handicap, ecc.) implicite nelle scelte adottate dal suo autore.

Alla sua emanazione il nuovo codice della strada (Ncs), nel proporre come prioritario l’obiettivo sicurezza, affidò (art. 13) all’Ispettorato generale per la circolazione ed il traffico stradale, istituito presso il Ministero dei lavori pubblici (oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), il compito di curare la formazione di un’adeguata ed articolata normativa stradale. L’ispettorato ha adempiuto al suo compito, affidando per contratto alle diverse strutture universitarie ed al Cnr il compito di stesura dei documenti; il lavoro è stato in parte svolto e ne daremo conto nelle conclusioni. Tuttavia, la riorganizzazione degli uffici ministeriali, recentemente avviata, ha abolito l’ispettorato come ufficio autonomo e non ne ha ancora attribuito i compiti ad altri uffici: il completamento del corpo regolamentare è, quindi, al momento sospeso.

Occorre, tuttavia, precisare che il rispetto delle prescrizioni regolamentari è presupposto necessario, ma non sempre sufficiente, della sicurezza.

Le analisi di sicurezza dei progetti (denominate in campo internazionale road safety audit) sono condotte da un gruppo di specialisti, terzi rispetto al gruppo di progettazione, che si pongono dal punto visuale dell’utente: tendono ad individuare situazioni potenzialmente rischiose per la percorrenza.

Il processo è rapido, di semplice esecuzione (non prevede rilievi né complessi sviluppi modellistici o statistici) ma richiede ai suoi esecutori una professionalità marcata ed un’esperienza consolidata: si sostanzia in una collaborazione alla progettazione, consistente nell’individuazione di provvedimenti per migliorare le caratteristiche di sicurezza del tracciato in esame; nel triangolo tecnica-economia-ambiente, in cui ogni progetto si colloca come punto ottimale di equilibrio, il team responsabile del road safety audit opera come tutore di una rilevante componente dell’ambiente (salute umana).

La procedura di controllo di sicurezza dei progetti non è stata resa obbligatoria fin qui in Italia, a differenza di altri paesi di cultura anglosassone (Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda); questi paesi, grazie anche all’estensione della pratica ai piani di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente, hanno registrato una significativa riduzione nel numero di incidenti stradali, nonostante l’incremento del parco veicolare e della mobilità. è certo che il positivo risultato abbia indotto anche altri governi (Canada, Stati Uniti, Danimarca, Sud Africa, Malesia, Singapore) ad avviarsi decisamente verso l’introduzione dell’obbligo; in Italia è stato compilato, nell’ambito dell’attività già svolta dall’ispettorato, ed approvato dal Cnr un documento d’indirizzi in proposito.

Dal suddetto elaborato si deduce che i principali aspetti da controllare riguardano:

- condizioni di rischio che possono determinarsi a seguito della mutata ripartizione della domanda, individuando quelle situazioni che dovranno essere oggetto di uno specifico approfondimento nelle fasi successive della progettazione;

- compatibilità della tipologia di strada prescelta con la funzione territoriale assegnata, nonché con il tipo di traffico da servire;

- rispondenza dei criteri adottati per la composizione della piattaforma e per l’organizzazione degli spazi ricadenti nella fascia di pertinenza alle diverse funzioni di traffico previste;

- possibili interazioni (o eventuali conflitti) tra le diverse componenti di traffico ammesse;

- interferenze con la viabilità esistente e con l’ambiente attraversato, con particolare riferimento agli insediamenti ed alle attività presenti o programmate nelle aree ad accessibilità diretta;

- adeguatezza delle soluzioni adottate per il controllo degli accessi ed in specie per le intersezioni, sia per quanto riguarda la tipologia e la numerosità, sia sotto il profilo della coerenza generale allo standard progettuale;

- efficacia di eventuali provvedimenti (regolamentari o costruttivi) previsti per la soluzione di specifiche criticità evidenziate nel corso della progettazione, ovvero di eventuali misure a tutela di utenti particolarmente vulnerabili;

- effetti sulla sicurezza dell’andamento plano-altimetrico dell’asse.

Il team di audit è presieduto da una figura professionale dalle capacità e dall’esperienza confrontabili a quelle del responsabile del progetto ed incorpora competenze non diverse da quelle che compongono il gruppo di progettazione (è sconsigliato, tuttavia, il coinvolgimento di più di quattro esperti); è fondamentale, inoltre, che sia distinto ed assolutamente indipendente dal prestatore di servizi progettuali, come pure dal committente: deve cioè avere carattere di terzietà.

La prestazione deve assumere carattere di continuità (non escludendo sopralluoghi indipendenti e/o congiunti con il progettista) e deve puntare alla massima sinergia, lungo tutta l’elaborazione progettuale.

Per conferire obiettività all’analisi, il team di audit può avvalersi di liste di controllo precompilate, nelle quali vengano riportati, con specifico riferimento al caso in esame, i principali fattori di rischio diretto e/o indiretto di eventuali futuri incidenti.

Le liste di controllo rappresentano uno strumento utile per aiutare il gruppo di analisi nel riconoscere i problemi di sicurezza. Tuttavia esse non possono essere esaustive di tutti gli aspetti da considerare nella verifica di un progetto e non possono sostituirsi all’esperienza e alla competenza necessarie per affrontare ed effettuare una verifica, ma sono solo d’aiuto agli analisti per mettere a frutto le loro conoscenze tecniche e applicare la loro competenza, ricordando degli aspetti che potrebbero essere stati trascurati.

Nel documento formalizzato dall’ispettorato esse sono state esemplificativamente allegate per l’impiego ai diversi controlli previsti, secondo il prospetto mostrato nella Tabella 1.

L’analisi del rischio si conclude con la stima della frequenza e severità residue degli incidenti prevedibili per il progetto licenziato nelle differenti situazioni di traffico, eventualmente a confronto con le altre ipotesi infrastrutturali formulate.

La frequenza è espressa come probabilità per il singolo veicolo circolante sulla strada di subire un incidente: di norma, con riferimento ad una ripartizione dell’infrastruttura in settori omogenei, è anche tradotta in un indice numerico di settore, pari rispettivamente a 3, 2 e 1 se si stima che ivi l’incidente abbia significativa probabilità di verificarsi più di una volta all’anno, una volta ogni 1-5 anni o meno di una volta ogni 5 anni.

La severità è una misura della gravità delle conseguenze prevedibili dell’incidente; anche ad essa si assegna un indice: mortale o con feriti gravi (indice di rischio pari a 3), con feriti lievi (indice di rischio pari a 2), con soli danni materiali (indice di rischio pari a 1).

Il prodotto degli indici di frequenza e severità in una tratta e la somma di questi prodotti estesa a tutti i settori in cui si è suddiviso il progetto rappresentano una stima indiretta rispettivamente dell’incidentalità in una singola localizzazione e sull’intera infrastruttura. Questo indice globale può anche giustificare la scelta dell’ipotesi progettuale presentata, a raffronto con le altre alternative esaminate ed anche con quelle abbandonate, proprio a seguito dei risultati dell’audit.

Nondimeno la conclusione della verifica può evidenziare anche problemi per i quali non è stato possibile individuare specifiche soluzioni correttive; in relazione a queste situazioni difficili, che tuttavia non possono essere accantonate, l’audit deve formulare prescrizioni per ulteriori e specifiche indagini, nonché linee d’indirizzo per approfondimenti tecnici nelle successive fasi della progettazione.

 

 

Conclusioni

 

A conclusione della presente nota e rinviando per l’approfondimento al materiale didattico predisposto dalla Provincia di Salerno, che è stato distribuito su supporto informatico, si rammenta che il Cnr ha approvato un complesso apparato di documenti regolamentari nell’ambito del piano della sicurezza stradale promosso dall’ispettorato in ottemperanza all’art. 13 del Ncs. Fra questi i primi due sono stati perfezionati e completati: hanno fatto oggetto, come previsto per l’intero corpo normativo, di decreti ministeriali, che li hanno resi cogenti. Tutti gli altri sono allo stato al livello di studio prenormativo ed attendono una successiva elaborazione: possono tuttavia essere assunti come indirizzo non obbligatorio.

 

 

* consulente Ptc della Provincia di Salerno per l’area mobilità

 

 

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