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                                    Tre sono le novità di rilievo che 
                                    condizioneranno fortemente i destini del 
                                    territorio e del suo ordinato sviluppo 
                                    emerse tra la fine del 2003 e l’inizio del 
                                    2004: la rinnovata edizione del condono 
                                    edilizio; il cammino parlamentare della 
                                    riforma urbanistica; il nuovo Codice dei 
                                    beni culturali e del paesaggio. 
                                    
                                    Solo il terzo è ascrivibile al novero delle 
                                    disposizioni normative certe che 
                                    concorreranno alla gestione del territorio 
                                    per il prossimo futuro. 
                                    
                                    Incerto è, infatti il percorso della riforma 
                                    urbanistica, più volte tentata nelle 
                                    precedenti legislature, purtroppo senza il 
                                    successo conclusivo della definitiva 
                                    approvazione, come appena nel 2000 accadde 
                                    all’ottimo disegno di legge recante “norme 
                                    per il governo del territorio”, tenacemente 
                                    portato avanti dalla VIII Commissione 
                                    parlamentare della Camera dei deputati.
                                     
                                    
                                    Come incerto è l’esito della terza edizione 
                                    del condono edilizio, dopo l’esperienza non 
                                    felice del 1985, confermata ancora più in 
                                    negativo con la replica del 1993. 
                                    
                                    Ciò non perché il Governo Berlusconi, 
                                    artefice anche del precedente condono, con 
                                    la già sperimentata inclusione nella legge 
                                    finanziaria dello Stato, non lo abbia 
                                    elevato a dignità di legge, ma perché ben 
                                    otto regioni hanno sollevato questioni di 
                                    costituzionalità dinanzi alla suprema corte 
                                    e lo stesso Governo ha impugnato le numerose 
                                    leggi regionali che, indipendentemente 
                                    dall’appartenenza politica delle 
                                    amministrazioni elette, hanno diffusamente 
                                    teso a vanificarne gli effetti, in tutto o 
                                    in parte, o, comunque, a rendere di gran 
                                    lunga più strette le maglie della potenziale
                                    perdonabilità. 
                                    
                                    Rimandando, quindi, il commento di areAVasta 
                                    su tali vicende ai loro esiti conclusivi, 
                                    appare doveroso concentrarsi sul Codice 
                                    dei beni culturali e del paesaggio, il 
                                    cui testo è stato approvato in via 
                                    definitiva dal Consiglio dei ministri il 16 
                                    gennaio 2004, nella forma di DLgs 22 gennaio 
                                    2002, n. 42.  
                                    
                                    Esso è andato a sostituire, abrogandolo 
                                    totalmente, il pur recente DLgs 490/1999, 
                                    riguardante il Testo unico delle 
                                    disposizioni legislative in materia di beni 
                                    culturali e ambientali, a norma 
                                    dell’art. 1 della legge 352/1997. 
                                    
                                    Con esso il governo era stato “delegato ad 
                                    emanare, ... , un decreto legislativo 
                                    recante un testo unico nel quale siano 
                                    riunite e coordinate tutte le disposizioni 
                                    legislative vigenti in materia di beni 
                                    culturali e ambientali …” ed autorizzato ad 
                                    “inserite nel testo unico le disposizioni 
                                    legislative vigenti …”, potendo apportare 
                                    “esclusivamente le modificazioni necessarie 
                                    per il loro coordinamento formale e 
                                    sostanziale, nonché per assicurare il 
                                    riordino e la semplificazione dei 
                                    procedimenti”.  
                                    
                                    Con il successivo art. 10 della legge 
                                    137/2002 il Governo è “delegato ad adottare 
                                    ... uno o più decreti legislativi per il 
                                    riassetto e ... la codificazione delle 
                                    disposizioni legislative in materia di: beni 
                                    culturali e ambientali …”. 
                                    
                                    I suddetti decreti legislativi, “senza 
                                    determinare nuovi o maggiori oneri per il 
                                    bilancio dello Stato”, si sarebbero dovuti 
                                    attenere agli articoli 117 e 118 della 
                                    Costituzione; adeguare “alla normativa 
                                    comunitaria e agli accordi internazionali”; 
                                    favorire il “miglioramento dell’efficacia 
                                    degli interventi concernenti i beni e le 
                                    attività culturali, anche allo scopo di 
                                    conseguire l’ottimizzazione delle risorse 
                                    assegnate e l’incremento delle entrate”; ed 
                                    indicare le “… politiche pubbliche di 
                                    settore, anche ai fini di una significativa 
                                    e trasparente impostazione del bilancio …” e 
                                    lo “… snellimento e abbreviazione dei 
                                    procedimenti; adeguamento delle procedure 
                                    alle nuove tecnologie informatiche …”.
                                     
                                    
                                    Inoltre, avrebbero dovuto “… aggiornare gli 
                                    strumenti di individuazione, conservazione e 
                                    protezione dei beni culturali e ambientali, 
                                    anche attraverso la costituzione di 
                                    fondazioni aperte alla partecipazione di 
                                    regioni, enti locali, fondazioni bancarie, 
                                    soggetti pubblici e privati, senza 
                                    determinare ulteriori restrizioni alla 
                                    proprietà privata, né l’abrogazione degli 
                                    strumenti attuali e, comunque, conformandosi 
                                    al puntuale rispetto degli accordi 
                                    internazionali, soprattutto in materia di 
                                    circolazione dei beni culturali; 
                                    riorganizzare i servizi offerti anche 
                                    attraverso la concessione a soggetti diversi 
                                    dallo Stato mediante la costituzione di 
                                    fondazioni aperte alla partecipazione di 
                                    regioni, enti locali, fondazioni bancarie, 
                                    soggetti pubblici e privati, in linea con le 
                                    disposizioni di cui alla lettera b-bis) del 
                                    comma 1 dell’articolo 10 del decreto 
                                    legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, e 
                                    successive modificazioni; adeguare la 
                                    disciplina degli appalti di lavori pubblici 
                                    concernenti i beni culturali, modificando le 
                                    soglie per il ricorso alle diverse procedure 
                                    di individuazione del contraente in maniera 
                                    da consentire anche la partecipazione di 
                                    imprese artigiane di comprovata 
                                    specializzazione ed esperienza, ridefinendo 
                                    i livelli di progettazione necessari per 
                                    l’affidamento dei lavori, definendo i 
                                    criteri di aggiudicazione e prevedendo la 
                                    possibilità di varianti oltre i limiti 
                                    percentuali ordinariamente previsti, in 
                                    relazione alle caratteristiche oggettive e 
                                    alle esigenze di tutela e conservazione dei 
                                    beni; ridefinire le modalità di costituzione 
                                    e funzionamento degli organismi consultivi 
                                    che intervengono nelle procedure per la 
                                    concessione di contributi e agevolazioni in 
                                    favore di enti ed istituti culturali, al 
                                    fine di una precisa definizione delle 
                                    responsabilità degli organi tecnici, secondo 
                                    princìpi di separazione fra amministrazione 
                                    e politica e con particolare attenzione ai 
                                    profili di incompatibilità; individuare 
                                    forme di collaborazione, in sede 
                                    procedimentale, tra le amministrazioni per i 
                                    beni e le attività culturali e della difesa, 
                                    per la realizzazione di opere destinate alla 
                                    difesa militare …”. 
                                    
                                    In sostanza, il Governo è stato autorizzato 
                                    a legiferare nel modo più ampio possibile, 
                                    essendo improbabile, a meno di risultati 
                                    eclatanti, la formulazione di una qualsiasi 
                                    norma che possa, in un modo o nell’altro, 
                                    dirsi non ascrivibile al dettagliato ed 
                                    omnicomprensivo elenco degli obiettivi 
                                    delineati dalla legge 137/2002.  
                                    
                                    Da soli, i 184 articoli del Codice dei 
                                    beni culturali e del paesaggio (Cbcp), 
                                    rispetto ai 166 del DLgs 490/1999 (Tu), 
                                    tenderebbero a denotare una maggiore 
                                    articolazione e specificazione nella 
                                    trattazione della materia nel suo complesso. 
                                    
                                    La Parte III - Beni paesaggistici 
                                    si compone, viceversa, di 29 articoli (da 
                                    131 a 159), rispetto ai 25 (da 138 a 162) 
                                    del testo abrogato. 
                                    
                                    Veniamo, quindi, alle novità introdotte dal 
                                    Cbcp, limitando il commento alle questioni 
                                    afferenti ai suddetti beni paesaggistici 
                                    che perdono la connotazione di ambientali, 
                                    introdotta nel Tu. 
                                      
                                        
                                          | 
                                             |  
                                          | 
                                            
                                            1. Bitonto |    
                                    
                                      
                                    
                                    
                                    Le disposizioni generali 
                                    
                                      
                                    
                                    La denominazione della Parte III del 
                                    Cbcp fa, infatti, riferimento al paesaggio e 
                                    non più anche all’ambiente, quindi, 
                                    all’insieme dello spazio “considerato con 
                                    tutte o con la maggior parte delle sue 
                                    caratteristiche”1.  
                                    
                                    Con il termine paesaggio si fa, viceversa, 
                                    riferimento ad una “porzione di territorio 
                                    considerata dal punto di vista prospettico o 
                                    descrittivo, per lo più con un senso 
                                    affettivo cui può più o meno associarsi 
                                    anche un’esigenza di ordine artistico ed 
                                    estetico”2, definizione che 
                                    concettualmente coincide con quella data 
                                    dallo stesso Cbcp, che precisa come “per 
                                    paesaggio di intende una parte omogenea di 
                                    territorio i cui caratteri derivano dalla 
                                    natura, dalla storia umana o dalle 
                                    reciproche interrelazioni”. 
                                    
                                    Si è messo a confronto la suddetta 
                                    definizione normativa di paesaggio con 
                                    quella estratta da un dizionario di 
                                    italiano, quindi, con caratteri di 
                                    semplicità e stabilità linguistica, per 
                                    sgombrare il campo da ipotesi di approcci 
                                    innovatori che il Cbcp avrebbe praticato. 
                                    
                                    Già dalle denominazioni utilizzate, emerge 
                                    come si tratti di un testo che non solo non 
                                    recepisce una visione in evoluzione del 
                                    paesaggio, ma opera un arretramento rispetto 
                                    alla stessa legge 431/1985, nota come 
                                    legge Galasso dal nome del 
                                    sottosegretario ai beni culturali e 
                                    ambientali dell’epoca che la ideò, 
                                    riposizionando la nozione di paesaggio nella 
                                    consolidata tradizione valoriale delle 
                                    origini, così come da sempre interpretata 
                                    dalle Soprintendenze. 
                                    
                                    Coerentemente, i beni paesaggistici 
                                    sono oggetto di tutela e valorizzazione 
                                    operata dai piani paesaggistici che 
                                    sostituiscono i piani territoriali 
                                    paesistici introdotti dalla legge 
                                    fondativa 1497/1939. 
                                    
                                    Vero è che i piani paesaggistici possono 
                                    trovare un’alternativa nei “piani 
                                    urbanistico-territoriali con specifica 
                                    considerazione dei valori paesaggistici” 
                                    (art. 35, comma 1), ma il messaggio 
                                    culturale e politico che emerge è il 
                                    ridimensionamento della visione territoriale 
                                    del paesaggio. 
                                    
                                    Una visione derivante da un approccio che, 
                                    sin dalle origini, senza tuttavia 
                                    svilupparlo compiutamente, apriva il 
                                    concetto di paesaggio all’area vasta 
                                    e che, successivamente, avrebbe consentito 
                                    di maturare l’idea contemporanea di 
                                    ambiente, quale insieme indivisibile di una 
                                    pluralità di elementi e relazioni fra essi 
                                    intercorrenti, nello spazio e nel tempo. 
                                    
                                    Paradossalmente, essendo i piani 
                                    paesaggistici “concernenti l’intero 
                                    territorio regionale” (art. 35, comma 1), si 
                                    potrebbe avanzare l’ipotesi che le regioni, 
                                    che sono confermate nella competenza di 
                                    formarli, siano impegnate nell’assoggettarvi 
                                    esaustivamente il proprio ambito geografico, 
                                    collidendo con altre forme di pianificazione 
                                    territoriale, ora attribuite formalmente 
                                    alle province. 
                                    
                                    Tale ipotesi, discutibile per via di una sua 
                                    rigidità e pesantezza 
                                    tecnico-amministrativa, non sarebbe, 
                                    tuttavia, priva di suggestioni 
                                    politico-culturali. 
                                    
                                    La tanto spesso giustamente enfatizzata 
                                    coincidenza dell’intero territorio nazionale 
                                    con un solo ed indivisibile bene culturale e 
                                    ambientale avrebbe così sortito una prima 
                                    ricaduta operativa e fornito una strumento 
                                    concreto. 
                                    
                                    A ben vedere, la ricaduta, come sarà più 
                                    chiaro nel seguito, rischia di essere 
                                    diametralmente opposta. 
                                    
                                    Le regioni assoggettano ai piani 
                                    paesaggistici porzioni di suolo che 
                                    concernono il – leggi ricadono nel 
                                    – territorio di competenza e, quindi, 
                                    possono deciderne l’estensione, anche 
                                    revisionando i perimetri delle aree 
                                    assoggettato a vincoli paesistici imposti 
                                    dalle normative previgenti. 
                                      
                                        
                                          | 
                                             |  
                                          | 
                                            
                                            2. Roma Centocelle |    
                                    
                                      
                                    
                                    
                                    L’individuazione dei beni paesaggistici 
                                    
                                      
                                    
                                    Se le caratteristiche degli immobili e delle 
                                    aree da ritenere di notevole interesse 
                                    pubblico rimangono pressoché identiche a 
                                    quelle già descritte nel Tu, che le 
                                    riprendeva pedissequamente, sia nella 
                                    sostanza che nel lessico, dalla legge 
                                    1497/1939, dimostrando una 
                                    pietrificazione scientifico-culturale 
                                    forte di 65 anni di vita, una novità 
                                    rilevante deriva dalla soppressione dei 
                                    cosiddetti vincoli ambientali di natura 
                                    tipologica, introdotti dalla legge 431/1985. 
                                    
                                    Essi avevano avuto diversi meriti: 
                                    
                                    - avevano semplificato le procedure di 
                                    individuazione delle aree sensibili, 
                                    classificandole contestualmente ed in 
                                    maniera certa; 
                                    
                                    - avevano aperto la strada della transizione 
                                    concettuale tra paesaggio ed ambiente; 
                                    
                                    - avevano condotto sotto tutela paesistica 
                                    quasi la metà del territorio nazionale - 
                                    intorno al 47%. 
                                    
                                    L’attenzione a tali territori dovrà essere 
                                    riconfermata, pena la successiva decadenza, 
                                    a seguito della specifica inclusione dei 
                                    relativi territori nel piano paesaggistico 
                                    di iniziativa regionale, cui il Cbcp fa 
                                    riferimento al singolare, ma che sarà 
                                    conformato a macchie di leopardo. 
                                    
                                    In particolare, fiumi, torrenti e corsi 
                                    d’acqua, anche prima dell’approvazione del 
                                    piano paesaggistico, potranno essere 
                                    sottratti alla precedente tutela qualora, 
                                    “in tutto o in parte, siano ritenuti 
                                    irrilevanti ai fini paesaggistici e pertanto 
                                    inclusi in un apposito elenco redatto e reso 
                                    pubblico dalla regione competente” (art. 
                                    142, comma 3). 
                                    
                                    Ma come si può verificare che un fiume possa 
                                    non essere annoverato, per definizione, fra 
                                    quegli habitat in cui componenti della più 
                                    varia natura interagiscono conferendogli 
                                    pregi di indiscutibile valore paesaggistico, 
                                    oltre che ambientale? 
                                    
                                    Anche i fiumi più inquinati - ricorre sempre 
                                    a tal proposito il nome del Sarno in 
                                    Campania - sono da risarcire delle 
                                    perdite di valore paesaggistico subite negli 
                                    anni e, quindi, dovrebbero continuare ad 
                                    essere tutelati, possibilmente in modo più 
                                    efficace. 
                                    
                                    Invece, alcuni di essi si pensa di 
                                    declassarli quali figli di una natura 
                                    minore. 
                                    
                                    Volendo praticare una forma di cinico 
                                    realistico ambientale, si potrebbe anche 
                                    concludere per la irrecuperabilità di alcuni 
                                    episodi, almeno nel breve-medio periodo, ma 
                                    la disposizione del Cbcp, con tutta 
                                    probabilità, non sarà chiamato solo a 
                                    verificare le sorti terminali di alcune aste 
                                    fluviali, bensì scatenerà una pressione 
                                    permanente dei proprietari degli immobili 
                                    limitrofi all’ampio reticolo idrografico 
                                    superficiale che pervade capillarmente il 
                                    paese, al fine di sottrarre i propri suoli 
                                    alle tutele previgenti. 
                                    
                                    Il soggetto abilitato a gestire la 
                                    individuazione dei beni pesistici è la 
                                    commissione provinciale, nella quale i 
                                    sindaci sono esclusi rispetto al Tu, 
                                    rimanendo l’obbligo della loro audizione. 
                                    
                                    Non è dato di essere certi se la suddetta 
                                    commissione provinciale abbia facoltà 
                                    nel proporre sia la individuazione sia la 
                                    rimozione della tutela paesaggistica estesa 
                                    a determinati suoli o immobili, né è 
                                    chiarita la sua durata in carica. 
                                    
                                    Ciò perché il Cbcp appare, complessivamente, 
                                    di contorta lettura e denso di riferimenti a 
                                    sé stesso, non mancando comma di articolo 
                                    che non subordini effetti alle 
                                    determinazioni di altri, a loro volta 
                                    rimandanti a catene di commi sparsi 
                                    nell’intero articolato normativo. 
                                      
                                        
                                          | 
                                             |  
                                          | 
                                            
                                            3. Amsterdam |    
                                    
                                      
                                    
                                    
                                    La pianificazione paesaggistica 
                                    
                                      
                                    
                                    Anche nell’inquadramento della forma di 
                                    piano preposto alla tutela paesaggistica, il 
                                    Cbcp appare sufficientemente contorto, 
                                    miscelando azioni, livelli e controlli in 
                                    modo da renderne disagevole la comprensione. 
                                    
                                    Esso ripartisce il territorio in ambiti 
                                    omogenei, per livelli differenziati di 
                                    pregio paesaggistico, nei quali detta, fra 
                                    l’altro, “la previsione di linee di sviluppo 
                                    urbanistico ed edilizio” (art. 143, comma 2, 
                                    lett. b) e individua “le misure necessarie 
                                    al corretto inserimento degli interventi di 
                                    trasformazione del territorio nel contesto 
                                    paesaggistico” (art. 143, comma 3, lett. g). 
                                    
                                    Come si può vedere, il piano paesaggistico 
                                    non pone in modo residuale il tema delle 
                                    trasformazioni edilizie ed urbanistiche in 
                                    aree assoggettate a tutela, anzi finisce 
                                    per  evidenziarne il ruolo baricentrico 
                                    nella nuova politica di gestione del 
                                    territorio. 
                                    
                                    È la risposta che, nell’attuale fase 
                                    politica, il Governo dà al problema reale 
                                    dello sviluppo economico del paese, 
                                    pervasivamente disseminato di beni culturali 
                                    e paesaggistici per buona parte della sua 
                                    estensione geografica. 
                                    
                                    Lo stesso codice fa riferimento alle “azioni 
                                    e … investimenti finalizzati allo sviluppo 
                                    sostenibile delle aree interessate” (art. 
                                    143, comma 3, lett. g). 
                                    
                                    È evidente che la sostenibilità dello 
                                    sviluppo in aree di pregio paesaggistico non 
                                    attiene alle modalità di trasformazione 
                                    fisica, se non in forma minimale e con 
                                    connotati di necessità estrema, come nel 
                                    caso di alcune importanti infrastrutture – 
                                    non facendo qui assolutamente riferimento al 
                                    ponte sullo Stretto di Messina - quanto alle 
                                    forme di uso e di riconversione d’uso che si 
                                    possono favorire nei preesistenti 
                                    insediamenti urbani, che in tutto il 
                                    territorio italiano e, in particolare, nelle 
                                    sue aree di maggiore valore naturalistico e 
                                    ambientale, si sono massicciamente diffusi 
                                    ed accresciuti negli ultimi 50 anni. 
                                    
                                    Per quanto attiene ai territori che il piano 
                                    paesaggistico deve obbligatoriamente 
                                    ricomprendere, sono da includervi le aree 
                                    assoggettate a tutela con atto 
                                    amministrativo esplicito, gli ambiti 
                                    tipologici già individuati dalla legge 
                                    431/1985 che si riterrà di considerare 
                                    meritevoli di tutela, altre aree “da 
                                    sottoporre a specifiche misure di 
                                    salvaguardia e utilizzazione” (art. 143, 
                                    comma 3, lett. c). 
                                    
                                    È stato sottolineato, da più parti, come un 
                                    successo il fatto che il piano paesaggistico 
                                    possa estendere la propria efficacia anche a 
                                    territori non formalmente assoggettati a 
                                    tutela, mentre il vecchio piano territoriale 
                                    paesistico, almeno così si riteneva non 
                                    essendo chiara la norma di riferimento, 
                                    poteva riguardare solo i territori oggetto 
                                    di vincolo. 
                                    
                                    Ma quali potranno essere tutte quelle aree 
                                    sfuggite ai decreti paesistici imposti 
                                    nell’ultimo secolo dallo Stato nè inclusi 
                                    fra i territori tipologicamente vincolati 
                                    dalla legge 431/1985? 
                                    
                                    In effetti, è come se il Cbcp avesse 
                                    aggiunto una marcia in più al motore della 
                                    riforma, ma ne avesse drasticamente ridotto 
                                    la potenza. 
                                    
                                    Un punto di evidente arretramento e di 
                                    aumento della confusione generati dal Cbcp 
                                    sta nel “coordinamento della pianificazione 
                                    paesaggistica con altri strumenti di 
                                    pianificazione” (art. 145). 
                                    
                                    Il DLgs 112/1998 aveva avviato il processo 
                                    di integrazione e di reductio ad unum 
                                    delle varie forme di pianificazione 
                                    territoriale - le cosiddette 
                                    pianificazioni separate - in anni 
                                    recenti invocato da più parti, dagli enti 
                                    locali alle forze sociali ed 
                                    imprenditoriali. 
                                    
                                    All’art. 57, concernente “pianificazione 
                                    territoriale di coordinamento e 
                                    pianificazioni di settore”, si disponeva che 
                                    “La regione, con legge regionale, prevede 
                                    che il piano territoriale di coordinamento 
                                    provinciale di cui all’articolo 15 della 
                                    legge 8 giugno 1990, n. 142, assuma il 
                                    valore e gli effetti dei piani di tutela nei 
                                    settori della protezione della natura, della 
                                    tutela dell’ambiente, delle acque e della 
                                    difesa del suolo e della tutela delle 
                                    bellezze naturali, sempre ché la definizione 
                                    delle relative disposizioni avvenga nella 
                                    forma di intese fra la provincia e le 
                                    amministrazioni, anche statali, competenti. 
                                    In mancanza dell’intesa di cui al comma 1, i 
                                    piani di tutela di settore conservano il 
                                    valore e gli effetti ad essi assegnati dalla 
                                    rispettiva normativa nazionale e regionale.” 
                                    
                                    Il Cbcp, viceversa, dispone che “le 
                                    previsioni dei piani paesaggistici … sono 
                                    cogenti per gli strumenti urbanistici dei 
                                    comuni, delle città metropolitane e delle 
                                    province, sono immediatamente prevalenti 
                                    sulle disposizioni difformi eventualmente 
                                    contenute negli strumenti urbanistici, 
                                    stabiliscono norme di salvaguardia 
                                    applicabili in attesa dell’adeguamento degli 
                                    strumenti urbanistici e sono altresì 
                                    vincolanti per gli interventi settoriali. 
                                    Per quanto attiene alla tutela del 
                                    paesaggio, le disposizioni dei piani 
                                    paesaggistici sono comunque prevalenti sulle 
                                    disposizioni contenute negli atti di 
                                    pianificazione”. 
                                    
                                    È palese come si contrappongano due 
                                    filosofie di governo del territorio: l’una, 
                                    basata sulla preminenza della pianificazione 
                                    territoriale di coordinamento di competenza 
                                    provinciale, orientata a ricomprendere la 
                                    tutela e la valorizzazione del paesaggio e, 
                                    più in generale, dell’ambiente, quale 
                                    momento ordinario ed intrinseco alle scelte 
                                    di tutela ed uso del suolo; l’altra, 
                                    aggrappata ai meccanismi di 
                                    sovraordinazione fra differenti 
                                    previsioni di assetto territoriale, tesa a 
                                    ritagliarsi una nicchia di territori 
                                    paesaggisticamente pregiati all’interno del 
                                    perimetro regionale, per i quali decidere 
                                    sulla sostenibilità di trasformazioni, 
                                    finalizzate ad uno “sviluppo urbanistico ed 
                                    edilizio compatibili con i diversi livelli 
                                    di valore riconosciuti e tali da non fare 
                                    diminuire il pregio paesaggistico del 
                                    territorio, …” (art. 142, comma 2, lett. b). 
                                    
                                    Le contraddizioni diventano ancora più 
                                    stridenti solo a ricordare anche l’art. 25 
                                    della legge quadro sulle aree protette 
                                    394/1991, allorquando dispone che “Il piano 
                                    per il parco … ha valore anche di piano 
                                    paesistico e di piano urbanistico e 
                                    sostituisce i piani paesistici e i piani 
                                    territoriali o urbanistici di qualsiasi 
                                    livello”. 
                                    
                                    Per altro, nel caso di parchi regionali la 
                                    competenza apparterrebbe al medesimo ente 
                                    titolare della pianificazione paesaggistica, 
                                    mentre, nel caso di parchi nazionali, si 
                                    fronteggerebbero competenze statali e 
                                    regionali. 
                                    
                                    Il Cbcp non provvede ad abrogare nessuna 
                                    delle norme evidenziate. 
                                    
                                    In definitiva, per le ricadute sul governo 
                                    del territorio, esso contribuisce a frenare 
                                    in tema di pianificazione di area vasta, 
                                    quale strumento organico della 
                                    programmazione economica e dello sviluppo 
                                    locale, ambientalmente sostenibile ovunque e 
                                    non solo nelle più limitate che nel passato 
                                    zone assoggettate a tutela paesistica. 
                                    
                                    Fermo restando le perplessità, prima 
                                    evidenziate, in merito al carattere dei 
                                    contenuti sui quali il Cbcp poggia il 
                                    ricongiungimento fra tutela e sviluppo. 
                                    
                                    Vera e più avanzata riforma dei beni 
                                    paesaggistici sarebbe stata se si fosse 
                                    previsto il definitivo superamento della 
                                    pianificazione territoriale paesistica e la 
                                    sua stabile ed organica integrazione con la 
                                    pianificazione territoriale di 
                                    coordinamento, affidandola all’attuale ente 
                                    intermedio e riferita all’interezza 
                                    dell’ambito provinciale, tale da essere così 
                                    esaustiva dell’intero territorio nazionale. 
                                    
                                    Si sarebbe così perseguita l’idea di un 
                                    paesaggio non più estetizzante e rinvenibile 
                                    episodicamente per scorci e punti di vista, 
                                    ma coincidente con il territorio nel suo 
                                    complesso; un paesaggio urbano, periubano ed 
                                    axtraurbano; naturale ed antropizzato; 
                                    agrario ed industriale; di pianura, 
                                    collinare e montano; costiero e interno. 
                                    
                                    Un paesaggio da riprogrammare con 
                                    modalità sapientemente articolate, ma da 
                                    migliorare ovunque, sia nelle aree meno 
                                    contaminate sia nei luoghi della 
                                    frantumazione insediativa tipica dell’ultima 
                                    metà del ‘900. 
                                      
                                        
                                          | 
                                             |  
                                          | 
                                            
                                            4. Edimburgo |  
                                    
                                       
                                    
                                        
                                    
                                    
                                    1 
                                    Devoto G, Oli G. C., Il dizionario della 
                                    lingua italiana, Le Monnier, 2000, 
                                    Firenze. 
                                    
                                    
                                    2 
                                    Idem. 
                                    
                                      
                                    
                                      
                                    
                                    Il titolo dell’editoriale si ispira ad una 
                                    battuta di Ennio Flaiano, “Certo, certissimo 
                                    … anzi probabile”, divenuta famosa dopo 
                                    essere stata utilizzata per lanciare, nel 
                                    1969, un film di Marcello Fondato, tratto 
                                    dal racconto Diario di una telefonista 
                                    di Dacia Maraini. 
                                    
                                      
                                    
                                      
                                    
                                    1. Bitonto 
                                    
                                    2. Roma Centocelle 
                                    
                                    3. Amsterdam 
                                    
                                    4. Edimburgo 
                                    
                                    Le immagini sono tratte da Albrecht B., 
                                    Benevolo L. (1994), I confini del paesaggio 
                                    umano, Editori Laterza, Bari  |