Numero 6/7 - 2003

 

l'impatto ambientale  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Misura dell'esposizione alle radiazioni non ionizzanti e scelte localizzative


Lucio Ippolito

Pierluigi Siano


 

Il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico, pur costituendo un motivo di preoccupazione per tutti gli Sati membri, non ha prodotto una linea comune di ricerca e ha determinato, viceversa, l’adozione di politiche nettamente distinte e divergenti tra loro. In tale caos legislativo, scientifico e sociale, Lucio Ippolito e Pierluigi Siano, dopo un breve accenno al panorama legislativo italiano, suggerisce alcuni indicatori ambientali per la valutazione della pressione elettromagnetica e le azioni da intraprendere per un idoneo controllo del territorio

 

 

 

 

Come conseguenza del progresso tecnologico, negli ultimi anni si è assistito al progressivo innalzamento del fondo elettromagnetico naturale a causa dei campi elettromagnetici prodotti dalle sorgenti legate ad attività antropiche.

La crescita esponenziale delle reti per la telefonia cellulare e il potenziamento del sistema elettrico nazionale, del resto ancora da completare, hanno portato alla ribalta in maniera preponderante il problema delle esposizioni alle radiazioni non ionizzanti, comprese nel campo di frequenza 0-300 GHz, dovute a tali sorgenti.

Termini come inquinamento elettromagnetico o elettrosmog sono entrati, pertanto, nell’uso comune per indicare la presenza nell’ambiente di sorgenti artificiali di radiazioni non ionizzanti.

In effetti, si tratta di una terminologia impropria, che potrebbe dar luogo ad interpretazioni erronee. Al termine inquinamento sono, infatti, normalmente associati almeno tre elementi distintivi del tutto assenti nel caso dei campi elettromagnetici: la dispersione nell’ambiente di sostanze inquinanti indipendente dalla sorgente, l’imprevedibilità delle modalità di diffusione degli inquinanti stessi ed infine l’esistenza di meccanismi di accumulo degli agenti indesiderati all’interno di organismi biologici di qualunque livello nella scala evolutiva. Il campo elettromagnetico intorno ad una sorgente sussiste, invece, fino a quando la sorgente stessa è accesa e scompare pressoché immediatamente non appena essa viene spenta; la sua distribuzione nello spazio è, con ragionevole accuratezza, prevedibile; non esiste, infine, alcun meccanismo, a oggi noto, di accumulo di campi elettromagnetici negli organismi biologici.

Ciò nonostante, la presenza di campi elettromagnetici nell’ambiente è un fenomeno percepito sempre più dall’opinione pubblica come un grave pericolo per la salute, trasformando le possibili conseguenze sanitarie dovute all’esposizione ai campi elettromagnetici in un vero e proprio allarme sociale e in un diffuso contenzioso sul territorio.

Nella spiegazione del fenomeno, se da un lato è possibile ritenere che le componenti personali, psicologiche e cognitive contribuiscano ai meccanismi di amplificazione della percezione del rischio elettromagnetico, dall’altro bisogna tenere conto che all’interno del paesaggio italiano sono collocate oltre cinquantamila antenne in cinquemila siti diversi, senza contare le cinquantacinquemila antenne in fase di installazione per il sistema di telefoni cellulari Umts, unitamente all’oltre un milione di chilometri di linee elettriche aeree esterne.

Proprio lo sviluppo, in alcuni casi abnorme, di tali sistemi e l’adozione da parte delle istituzioni di un comportamento comunicativo poco chiaro hanno alimentato la preoccupazione generale nei confronti di un fenomeno che, oltre ad essere stato incluso dall’organizzazione mondiale della sanità tra le quattro principali emergenze mondiali, desta preoccupazione in tutti i paesi industrializzati.

Pur non esistendo, al momento, prove universalmente accettate in merito al danno nei confronti dell’uomo, episodi recenti e meno recenti hanno evidenziato una labile connessione tra l’introduzione di tali radiazioni nell’ambiente e l’insorgere di patologie mediche. Occorre, pertanto, non sottovalutare il fenomeno.

Purtroppo, in assenza di ricerche coordinate in ambito europeo, si è demandato ad ogni singolo paese membro la possibilità di attivare una propria individuale ricerca, pervenendo a risultati contrastanti e, talvolta, poco attendibili. Ciò ha determinato l’insorgenza di una situazione di caos a livello legislativo, giurisprudenziale, scientifico e sociale.

Proprio la situazione caotica venutasi a determinare ha portato i governi dei vari Stati membri ad adottare politiche nettamente distinte e, in taluni casi, divergenti, la qual cosa comporta, inevitabilmente, difficoltà sia di fissare limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici che risultino coerenti dal punto di vista sanitario e credibili dal punto di vista dei cittadini, sia di stabilire politiche ambientali compatibili con lo sviluppo delle infrastrutture elettriche e di telecomunicazione, sia di definire procedure di misura adeguate per il monitoraggio del territorio.

Pertanto, al fine di portare un contributo costruttivo alla discussione del problema nel seguito, dopo un breve accenno allo scenario legislativo italiano, vengono suggeriti alcuni indicatori ambientali per la valutazione delle cause primarie, della pressione elettromagnetica, di stato e di risposta, suggerendo, infine, le azioni da intraprendere per un idoneo controllo del territorio.

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Il panorama legislativo italiano

 

Il vero punto di svolta nell’orientamento del legislatore verso la normazione e la protezione dalle esposizioni a campi elettromagnetici si è attuato con il decreto 10 settembre 1998, n. 381 - adottato dal Ministero dell’ambiente d’intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle comunicazioni. Tale provvedimento ha il merito di introdurre nello scenario legislativo e nel dibattito giuridico il cosiddetto principio di precauzione, avendo adottato i concetti di limiti di esposizione, misure di cautela e obiettivi di qualità. In particolare, all’art. 4, comma 1, il decreto prescrive che: “… la progettazione e la realizzazione dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz e l’adeguamento di quelle preesistenti, deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più bassi possibili, compatibilmente con la qualità del servizio svolto dal sistema stesso al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione”.

In armonia con quanto delineatosi a livello di Unione europea, il principio di precauzione trova applicazione in tutti i casi in cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indichi che vi sono ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani possano essere incompatibili con il livello di protezione prescelto dalla comunità.

Tale processo di cambiamento si è sviluppato e rafforzato con l’emanazione della legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36, “sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, entrata in vigore per dare una risposta all’incalzante e sempre più diffusa preoccupazione da parte del tessuto sociale e dell’opinione pubblica.

Tra gli obiettivi fondamentali della legge che, nella sua essenza, vuole tutelare la salute dei lavoratori e di tutta la popolazione dagli effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, nell’osservanza di quanto disposto dall’art. 32 della Costituzione italiana, vi sono sia la promozione di ricerche scientifiche per la valutazione degli effetti a lungo termine, sia l’attivazione di misure di cautela da applicare in conformità al principio di precauzione espresso dall’art. 174, paragrafo 2, del Trattato istitutivo dell’Unione europea.

Oltre a quanto prima evidenziato, la legge in esame ha l’innegabile merito di concentrare l’attenzione sul settore dell’ambiente che, dopo anni di disinteresse legislativo, ritorna prepotentemente di moda grazie anche ad una visione sociale che, sempre più, propende per un ricongiungimento ed una alleanza tra progresso economico e tutela delle risorse offerte dal pianeta che, se attinte in maniera inconsapevole ed irresponsabile, porterebbero sicuramente al collasso globale.

Le competenze spettanti allo Stato, alle regioni, alle province ed ai comuni sono contenute negli artt. 4 (competenze dello Stato) ed 8 (competenze delle regioni, delle province e dei comuni).

2

 

Nello specifico, lo Stato ha il compito di:

- promuovere l’attività di ricerca e di sperimentazione in merito al fenomeno, unitamente al coordinamento/raccolta/diffusione dei dati ottenuti;

- fissare limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alla tutela della salute;

- istituire il catasto nazionale delle sorgenti fisse e delle aree interessate dall’emissione delle stesse;

- stabilire i criteri per l’elaborazione dei piani di risanamento indicando tempi, priorità di intervento, modalità di coordinamento delle attività coinvolgenti più regioni, nonché le migliori tecnologie disponibili;

- stabilire le tecniche di misurazione;

- attivare accordi di programma con i gestori o proprietari di elettrodotti o di reti di trasmissione, nonché con gli esercenti di impianti radiodiffusione audio e video e di telefonia mobile al fine di sviluppare le migliori tecnologie possibili per minimizzare le emissioni e tutelare il paesaggio;

- istituire un comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’intensità dei campi elettromagnetici, presieduto dal Ministro dell’ambiente;

- definire i tracciati degli elettrodotti con tensione superiore a 150kV e determinare i parametri per la previsione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti all’interno delle quali non è consentita alcuna destinazione di edifici ad uso residenziale, scolastico, sanitario ovvero ad uso che comporti una permanenza non inferiore a quattro ore;

- stabilire una nuova disciplina per le autorizzazioni e l’esercizio di elettrodotti con tensione superiore a 150kV.

Per quanto riguarda le regioni, le province ed i comuni, i compiti sono:

- esercitare le funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e all’autorizzazione all’installazione degli impianti fissi per la telefonia mobile, impianti radioelettrici e impianti fissi per radiodiffusione;

- definire i tracciati degli elettrodotti con tensione non superiore a 150kV e le relative fasce di rispetto;

- definire le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti di competenza regionale;

- realizzare il catasto regionale in stretto coordinamento con quello nazionale;

- concorrere alla individuazione degli strumenti e delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità;

- concorrere all’approfondimento delle conoscenze scientifiche relative agli effetti sulla salute derivanti dall’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.

Un ruolo, quello delle regioni, giustamente importante, se è vero che proprio i provvedimenti legislativi a livello regionale hanno per primi cercato di affrontare il problema dell’esposizione alle radiazioni non ionizzanti.

3

 

 

Decreti di attuazione della legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36

 

Sebbene arrivino con grave ritardo, i due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che contengono le tanto attese regole a tutela della salute umana approdano sulla Gazzetta ufficiale n. 199 del 28.8.2003 e n. 200 del 29.8.2003.

Con i decreti attuativi della legge quadro 36/2001 si conferisce al testo legislativo la piena operatività e si dà finalmente avvio alla fase di adeguamento di elettrodotti e apparecchi di radiotrasmissione ai nuovi valori limite.

In particolare, per la frequenza industriale (50 Hz) il Dpcm riallinea, in qualche misura, la situazione nazionale alla raccomandazione europea del luglio 1999 relativa alla popolazione in generale, stabilendo 100 microtesla quale limite di esposizione e fissando il valore di attenzione a 10 microtesla, limite dieci volte inferiore a quello adottato dai paesi dell’Ue. Questo limite deve essere osservato negli ambienti abitativi, nelle aree gioco per l’infanzia, nelle scuole e in tutti quei luoghi dove si soggiorna per più di 4 ore al giorno. Il decreto individua, inoltre, l’obiettivo di qualità in 3 microtesla. Questo obiettivo deve essere rispettato nella progettazione di nuovi elettrodotti. Per gli elettrodotti esistenti questo limite deve essere raggiunto nei tempi e nei modi stabiliti nei piani di risanamento, prevedendo tra le priorità le aree gioco per l’infanzia e cominciando ad intervenire nelle situazioni caratterizzate dai maggiori livelli di esposizione.

Per gli impianti ad alta frequenza, il nuovo Dpcm lascia inalterati i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità già a suo tempo stabiliti dal decreto 381/1998.

 

 

Indicatori ambientali per l’emissione di campi elettromagnetici

 

Come prima evidenziato, le emissioni di campi elettromagnetici riguardano fonti ambientali tra loro molto diverse, principalmente linee elettriche (altissima, alta e media tensione), impianti per l’emittenza radio televisiva e stazioni radio base per la telefonia cellulare.

Nella regione delle frequenze molto basse (tra i 50 e 60 Hz) si trovano le emissioni degli elettrodotti indicate comunemente con l’acronimo Elf (extremely low frequency); nel campo delle radiofrequenze (Rf) si trovano le emissioni radiotelevisive (tra 0,4 e 870 MHz) e le microonde utilizzate per la telefonia cellulare (900-1800 MHz).

Già da una prima parziale analisi è evidente come negli ultimi anni tutte queste sorgenti si siano diffuse capillarmente sul territorio, conquistandone larghe fasce e determinando il progressivo incremento della loro pressione sul territorio.

Proprio l’attuale consistenza e diffusione delle sorgenti di campi elettromagnetici rende necessaria la definizione e caratterizzazione di indici e indicatori ambientali idonei alla corretta valutazione delle cause primarie e della pressione elettromagnetica esercitata dalle sorgenti nelle rispettive bande di frequenza. Tali indicatori, scelti anche in base allo scopo che si vuole raggiungere e al messaggio che si vuole comunicare, devono avere almeno le funzioni di:

- ridurre il numero di misurazioni e di parametri che normalmente sono richiesti per fornire un quadro esatto della situazione indagata;

- semplificare il processo di comunicazione attraverso il quale i risultati delle indagini vengono forniti all’utilizzatore.

D’altro canto, poiché relativamente alle radiazioni non ionizzanti si registra la quasi totale assenza di indicatori accreditati in ambito internazionale, per la loro individuazione occorre far riferimento agli indici e ai parametri più significativi riportati in letteratura scientifica. In particolare, per individuare gli indicatori ambientali idonei alla rappresentazione sintetica dell’ambiente, relativamente alla tematica delle emissioni di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, è possibile far riferimento a una serie di indicatori basati sul modello Dpsir (determinante - pressione - stato - impatto - risposta).

Adottando il Dpsir per le radiazioni non ionizzanti, gli indicatori ambientali di cause primarie, di pressione, di stato e di risposta possono essere quelli indicati in Tabella 1.

 

Tabella 1

 

 

Valutazione degli indicatori ambientali per l’emissione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici relativamente alla Regione Campania

 

In base agli indicatori prima definiti è possibile effettuare la valutazione delle cause primarie e della pressione elettromagnetica esercitata dalle sorgenti sul territorio campano, con particolare rilievo alla Provincia di Salerno.

Nelle Tabelle 2, 3 e 4 viene delineato per la Regione Campania un primo quadro del numero, assoluto, normalizzato agli abitanti e normalizzato alla superficie territoriale, delle stazioni radio-base (Srb) e degli impianti radiotelevisivi (Rtv). I principali risultati sono riportati anche graficamente nelle Figure 1...4.

Tabella 2

 

 

Tabella 3

 

 

Tabella 4

 

 

Figura 1 - Densità impianti Rtv per 10000 abitanti

 

Figura 2 - Densità impianti Srb per 10000 abitanti

 

Figura 3 - Densità impianti Rtv per km2

 

Figura 4 - Densità impianti Srb per km2

 

L’analisi dei dati raccolti sul territorio evidenzia come la Regione Campania, in linea con quanto accade in altre regioni ad elevata densità abitativa, risulti particolarmente esposta. In Campania sono installati, ad oggi, circa 2625 impianti per le teleradiocomunicazioni.

In particolare, analizzando il dato a livello provinciale si osserva come il numero di impianti normalizzato agli abitanti tenda ad essere più elevato nelle province a bassa densità di popolazione a fronte di un numero assoluto relativamente alto di impianti. In controtendenza risulta, invece, il dato della Provincia di Salerno, dove a causa di un numero estremamente elevato di impianti installati, la pressione elettromagnetica sale a valori tra i più elevati in Campania.

Dall’analisi dei dati raccolti, riferiti alla potenza complessiva degli impianti, circa 2000 kW complessivi, emerge chiaramente che la pressione elettromagnetica è esercitata maggiormente dagli impianti radiotelevisivi piuttosto che dalle Srb.

Relativamente, poi, alle infrastrutture elettriche sul territorio nazionale, un fattore di pressione particolarmente indicativo è costituito dalla presenza sul territorio di linee elettriche aeree esterne. In particolare sulla Campania insistono circa 1251 km di linee ad altissima tensione (380 kV, 220 kV) e circa 1800 km di linee ad alta tensione (150 kV, 132 kV, 120 kV), alle quali vanno aggiunte alcune centinaia di chilometri di linee elettriche ad alta tensione di proprietà della Rete ferroviaria italiana spa. Ciò porta la Campania ad essere una delle prime regioni del paese per densità di km di linee elettriche per km2 di superficie regionale.

In definitiva, in relazione alle diverse tipologie di sorgenti individuate per la Regione Campania si evidenzia quanto segue:

- le sorgenti Elf sono largamente rappresentate dalla maglia della rete a media tensione (20 kV) che interessa tutto il territorio regionale; i restanti impianti (altissima e alta tensione), vocati in parte alla trasmissione e in parte alla distribuzione, hanno una estensione più limitata e concentrata in prossimità dei centri o utenze più importanti, interessando comunque porzioni urbanizzate del territorio. Inoltre, si evidenzia che la rete di distribuzione dei capoluoghi di provincia è sviluppata mediante linee interrate che collegano le diverse cabine primarie dislocate nei centri urbani. Particolare rilievo, sia per occupazione territoriale sia per l’impatto paesaggistico, assumono le stazioni primarie ubicate in adiacenza ai grandi centri e lungo i tracciati della rete di trasmissione nazionale, che consentono la trasformazione dell’energia dalla tensione di trasporto (380 kV) a quella delle reti di distribuzione ad alta tensione (Figura 5);

Figura 5 - Corografia riportante i tracciati delle linee da 30 a 150 kV

 

- gli impianti per l’emittenza radio-televisiva evidenziano una distribuzione disomogenea sui singoli territori provinciali, in quanto sono concentrati soprattutto in corrispondenza dei rilievi e nei principali centri;

- le stazioni radio-base si concentrano soprattutto nei centri urbani o nel loro intorno, ove si ha una maggiore concentrazione della popolazione e pertanto degli utenti che usufruiscono del servizio di telefonia.

La valutazione degli indicatori di cause primarie e di pressione, prima riportata, mostra con chiarezza che la pressione elettromagnetica in Campania non può e non deve essere sottostimata. Vanno, pertanto, ricercate le azioni adeguate da attuare per governare, controllare e monitorare il territorio in ottemperanza alla legislazione vigente.

 

 

Piani di localizzazione, controllo e risanamento

 

Le principali azioni da intraprendere si possono articolare seguendo tre fondamentali attività: la localizzazione, il controllo e il risanamento per i nuovi impianti e per quelli già esistenti.

Per quanto attiene al piano di localizzazione, redatto su base provinciale, esso dovrà orientarsi al conseguimento di obiettivi specifici riferiti a problematiche temporalmente distinte; si pongono esigenze diverse di localizzazione di siti, diversamente affrontabili in relazione a diversi orizzonti temporali. Le esigenze possono essere:

- immediate, per rispondere con soluzioni localizzative idonee e rapidamente praticabili per attuare la fase del risanamento dei siti che già oggi risultano inevitabilmente da rilocalizzare;

- a medio termine, per definire i criteri di rilocalizzazione delle sorgenti provenienti dai siti con proroga temporanea della permanenza;

- a medio e lungo termine, per la gestione routinaria delle nuove autorizzazioni, quali ad esempio quelle relative ai piani nazionali di assegnazione delle frequenze delle emittenti radio Tv digitali e per la rete Umts.

Il piano di localizzazione deve individuare un numero sufficiente di aree per le esigenze immediate, nelle quali possano essere realizzati impianti che rispondano contestualmente a requisiti di minima compromissione dell’ambiente, di tutela della salute e di idoneità per la regolare attività dei gestori delle infrastrutture.

Per le esigenze immediate sarà fondamentale pervenire ad una individuazione sufficientemente precisa di aree idonee dove rilocalizzare le installazioni delle emittenti non compatibili con le norme vigenti, in modo tale da consentire ai comuni una rapida messa in campo delle procedure previste dalla legge: adeguamento degli strumenti urbanistici, acquisizione delle aree, anche attraverso esproprio, assegnazione ai gestori in diritto di superficie.

Sia per la definizione del piano di localizzazione sia per la sua successiva attuazione, occorre potenziare le funzioni di controllo e risanamento. Occorre, principalmente, dare impulso alla formazione di personale qualificato ad effettuare le misure ambientali ed i controlli locali. Occorre diffondere presso i soggetti preposti ai controlli i moderni protocolli di misura al fine di poter disporre di misure attendibili e ripetibili.

I protocolli prevedono, infatti, due fasi di misura distinte che si differenziano essenzialmente per la strumentazione usata e per il diverso tipo di indagine che si vuole effettuare. La prima fase consiste nell’individuare la presenza di eventuali hot spots, cioè di punti in cui si ha una significativa intensità del campo elettromagnetico in riferimento ai limiti stabiliti dalla legge, ottenendo una valutazione d’insieme pur mantenendo una totale ignoranza sull’entità dei singoli contributi che determinano il valore del campo rivelato (Figura 6).

Una volta individuata la presenza e la localizzazione degli hot spots è necessario determinare con più accuratezza l’intensità del campo elettromagnetico e discriminare tutte le sue componenti, permettendo di verificare l’eventuale superamento e la sua origine. Si passa cioè alla misura in banda stretta, effettuata mediante set di antenne selettive collegate ad un analizzatore di spettro che è in grado di scomporre il segnale captato nelle sue componenti spettrali. Quest’ultima è una fase molto delicata che richiede un alto livello di preparazione da parte dell’operatore. Molti sono infatti i parametri in gioco che causano inevitabilmente lunghi tempi di misura associati spesso ad errate valutazioni finali.

Sicuramente, una situazione reale che presenta tutte le possibili problematiche della moderna misura di campi elettromagnetici in campo aperto, è data dai siti complessi. In essi coesistono, in un’area abitata, numerose antenne distribuite in ordine sparso e che emettono segnali radio, Tv e per telefonia mobile. Le difficoltà che l’operatore affronta, in questa particolare situazione, sono da iscriversi essenzialmente alla presenza di:

- numerose sorgenti che irradiano entro gamme di frequenza diversificate;

- zone in cui coesistono contributi, con diverse proprietà fisiche, più emettitori (campo vicino per qualcuno, campo lontano per altri);

- riflessioni dovute alle diverse componenti urbane (suolo, edifici ecc.);

- accoppiamenti dei campi con gli strumenti di misura;

- segnali con codifiche differenti (modulazioni analogiche e digitali).

Sono, quindi, siti in cui ci si trova immersi in campi elettromagnetici ad alta frequenza estremamente complicati, la cui misura richiede particolare cura e tempo e per questo motivo costituiscono ancora oggi un vero e proprio problema di difficile risoluzione. È proprio in questo particolare tipo di situazione, infatti, che emergono tutti i limiti derivanti dall’utilizzo della tradizionale catena strumentale a banda stretta.

In un sito complesso, come in una qualsiasi misura di campi elettromagnetici, è di fondamentale importanza riuscire ad effettuare una misura precisa, con errori contenuti, che dia una reale valutazione delle intensità delle radiazioni in gioco e che riduca sensibilmente i tempi di misura, ancora troppo lunghi.

Solo grazie a misure efficienti e precise è possibile correlare le sorgenti elettromagnetiche alle informazioni di tipo geografico, individuando i ricettori e le aree sensibili. Grazie a tali indagini strumentali le aree idonee all’installazione degli impianti possono essere individuate. Successivamente, a valle del riconoscimento urbanistico delle aree medesime, mediante l’adozione di una appropriata disciplina normativa, il coordinamento degli impianti sul territorio potrà essere effettuato nello spirito della legislazione nazionale e regionale. La sovrapposizione dei dati di misura con quelli di tipo geografico potranno consentire, inoltre, di valutare eventuali situazioni di criticità che necessitano di risanamento.

Figura 6 - Hot spot individuato a Salerno (Quartiere Pastena)

 

 

 

Conclusioni

 

Da quanto esposto nelle sezioni precedenti emerge la necessità di disporre di un piano di tutela concreto per la valutazione, pianificazione e gestione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz. Nelle more, bisogna adottare misure di cautela per la salvaguardia della salute della popolazione nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità fissati dalla legislazione vigente.

D’altro canto, la corretta valutazione del fenomeno richiede competenze scientifiche, prima ancora che di tipo tecnico. Solo la valutazione degli indici ambientali, prima citati, può consentire di evidenziare la criticità del fenomeno in relazione al particolare contesto ambientale, territoriale e sociale in esame. Proprio in relazione alle eventuali criticità evidenziate sarà possibile sviluppare un complesso di azioni atte a identificare nuovi siti presso cui localizzare o rilocalizzare le diverse sorgenti, contribuendo da un lato alla diminuzione della pressione elettromagnetica sul territorio, coinvolgendo nuove settori territoriali, dall’altro alla semplificazione e accelerazione della realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del paese.

Grazie ad una pianificazione territoriale ambientale, fondata sulle conoscenze acquisite attraverso l’attività di controllo che incorpori, nei piani urbanistici, le indicazioni di salvaguardia, sarà possibile pervenire alla progressiva riduzione dell’impatto dei campi elettromagnetici.

 

 

Bibliografia

 

Allegati al DLgs 1 agosto 2003, n. 259 (Gu n. 214 del 15.9.2003 - Supplemento ordinario n. 150).

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz” (Gu n. 199 del 28.8.2003).

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti” (Gu n. 200 del 29.8.2003).

DLgs 1 agosto 2003, n. 259, “Codice delle comunicazioni elettroniche” (Gu n. 214 del 15.9.2003 - Supplemento ordinario n. 150).

Legge 22 febbraio 2001, n. 36, “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” (Gu n. 55 del 7.3.2001).

Raccomandazione 1999/519/Ce 12 luglio 1999, “Raccomandazione del Consiglio relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300” (Guce n. 199 del 30.7.1999).

 

 

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