Numero 6/7 - 2003

 

la seconda conferenza nazionale del territorio  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'impatto territoriale delle politiche infrastrutturali


Marco Cremaschi


 

La seconda conferenza nazionale del territorio, svoltasi a Caserta dal 12 al 14 giugno 2003 per iniziativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha affrontato, tra gli altri, il tema delle “infrastrutture” nell'assetto e sviluppo del territorio. Marco Cremaschi, che ha curato per conto dell'Inu l'organizzazione della sessione di approfondimento, ne sintetizza i principali contenuti e ne commenta gli esiti

 

 

 

 

Uno dei quattro temi posti ad oggetto dei lavori della scorsa Conferenza nazionale del territorio1 riguardava il nesso tra territorio e infrastrutture e, in particolare, la possibilità di programmare e realizzare progetti di infrastrutture adeguati al nuovo contesto globale nel quale l’Italia si trova ad operare (gli altri tre erano: nuove regole, coesione e competitività, territorio e produzione).

L’attuale governo ha in programma l’accelerazione dei tempi e la riformulazione delle regole del gioco relativi alla produzione di grandi infrastrutture, che hanno in parte trovato discussa traduzione nella legge Obiettivo; in una ancora incompleta elaborazione sulla regolazione degli appalti (e, in particolare, sulla figura del general contractor); e in alcune iniziative parlamentari di riforma generale del governo del territorio.

Viceversa, fa parte della storia recente della Dicoter - coadiuvata da una parte della cultura urbanistica italiana, significativamente rappresentata alla Conferenza - l’elaborazione della nozione di progetti di territorio, un policy concept già parzialmente strutturato dalle esperienze innovative sperimentate sia al centro che nelle regioni (Programmi di riqualificazione, Prusst, Urban).

Non sfuggirà a nessuno la distanza, nel respiro ideologico e programmatico, di questi due orientamenti: in particolare, per quanto attiene al giudizio - politicamente diverso - sulla variabile accelerazione dei tempi, il governo sembra porla al centro, mentre è esplicitamente una variabile dipendente nel secondo. Ed è altrettanto evidente che la Conferenza non poteva avere il ruolo di spostare o di conciliare delle scelte di diverso - non necessariamente opposto, né contraddittorio - orientamento politico e tecnico.

Casomai, un confronto come quello ottenuto dalla Conferenza permette - a chi voglia cogliere l’occasione - di approfondire le ricadute pratiche e operative dei rispettivi quadri interpretativi e, in qualche misura, di metterne alla prova la bontà. In particolare, è significativo - come sempre - contrastare le posizioni dei decisori locali (tradizionalmente interessati ai tempi) e quelle offerte dagli esperti (più inclini a considerare la qualità complessiva).

 

 

Una Conferenza in equilibrio

 

Per esempio, la relazione su questo tema di Pier Carlo Palermo ha evidenziato che le priorità infrastrutturali, certamente diverse, non possono costituire una linea di demarcazione insormontabile in un paese caratterizzato da deficit pregressi marcati. Invece, sono presenti dei problemi comuni che - a seconda di come vengono declinati - possono ricevere risposte più o meno soddisfacenti, con differenze non banali. Secondo questa impostazione, il problema della maggior efficacia va affrontato senza la pretesa di operare un’eccessiva semplificazione: occorre cioè tenere insieme la finalità di semplificare le procedure senza tralasciare gli obiettivi di elevare la qualità del progetto, di aumentare la capacità di programmazione, di approfondire nel modo congruo i modelli di governance locale, di coordinamento e di sussidiarietà.

In questa ispirazione la preoccupazione principale è l’inserimento delle infrastrutture nel contesto territoriale; quindi, l’enfasi viene posta sul progetto di territorio, ovvero sullo strumento o la sede dove si opera l’esplorazione delle interdipendenze tra dimensioni fisiche, giudizi qualitativi, configurazione politico-istituzionale e investimento pubblico. E non a caso la Conferenza aspirava, fin dal titolo, a portare in Europa l’esperienza italiana e a riformulare gli strumenti italiani alla luce delle esperienze europee (l’intervento finale di Giuliano Amato, vicepresidente della Convenzione europea, ha ripreso questi temi).

Anzi, la relazione d’apertura di Alberto Clementi identificava nella capacità di attivare i contesti locali l’elemento di innovazione che distingue i progetti di territorio dalla tradizionale valutazione di fattibilità e di funzionalità settoriale. Inoltre, indicava nei corridoi infrastrutturali europei un possibile oggetto di sperimentazione di scala sovranazionale (il collegamento Lione-Trieste riassume bene le criticità tecniche e geopolitiche dei progetti di territorio).

La centralità del progetto di territorio, così come qui inteso, è esaltata dalla congiuntura politica (un tema che è stato parzialmente ripreso da altre sessioni della Conferenza). L’organizzazione territoriale è stata assunta dalle politiche europee come un’unica grande variabile tecnologica. Il territorio europeo - nonostante tutte le investiture di significato e di speranza, ivi incluse quelle coltivate nella dizione di progetti di territorio - non ha un contenuto semantico denso2: la dimensione territoriale è stata investita strumentalmente dalla politica comunitaria, quando poteva risultare utile a contemperare le differenze politiche e geografiche del continente.

Ciò nonostante, alcuni contenuti sono trapelati nella formazione della agenda politica: per esempio, la Commissione aveva evidenziato la convinzione che la rete urbana fosse la dinamo dei processi di sviluppo già nel momento in cui aveva preso in esame la problematica urbana (1997). Investire sul territorio, sulla città e sulle reti, comportava necessariamente delle forti ricadute sul modello economico complessivo e sulle corrispondenti scelte politiche. Tale riflessione si è tradotta in conseguenze operative più consistenti quando ha trattato le reti di trasporto, da un lato; e il tema della sussidiarietà e della governance locale, dall’altro.

Forse non si sottolinea a sufficienza che - come concordano gli osservatori - le città continueranno a concentrare la crescita e gli investimenti, sia qui che al di là dell’Atlantico. Da come lo faranno, dipenderà non solo la qualità della vita urbana, non solo l’efficienza della rete infrastrutturale complessiva, l’uso del suolo e la qualità delle regioni circostanti, ma anche l’efficienza e la competitività delle economie.

Le scelte in materia tecnologica e di sviluppo delle città dei due continenti più avanzati sono in grande misura la trama della loro costituzione materiale. Sono parte della vision del futuro sia dell’Europa che degli Usa. Se si consente la semplificazione, costruire oggi più autostrade (e condizionatori d’aria) vuol dire la possibilità in futuro di maggiori conflitti con i paesi petroliferi: altre scelte di sviluppo implicano, invece, diverse collocazioni anche nello scacchiere geo-politico. Da questo punto di vista, la Conferenza ha preso atto di un problema, più che raggiungere un punto di arrivo. Il problema è il seguente: sostenere la competitività del paese passa per uno snellimento procedurale che però è strumentale e non un fine in sé, e viceversa non contiene indicazioni di merito; ma richiede apparentemente anche dei progetti di territorio, modalità di azione ancora vaghe e per definizione complesse e prive peraltro di ancoraggio procedurale e metodologico. Insomma, una riflessione in equilibrio che ha probabilmente fatto avanzare la comprensione reciproca ma che per il momento non ha risolto le divergenze di prospettiva.

 

 

La riflessione comunitaria

 

Tradurre questi elementi in programma per l’Europa richiederebbe una forte volontà politica, che al momento sembra mancare, e numerosi passaggi ulteriori. Va detto, però, che un corollario del progetto di territorio, che ha qualche attinenza con la riflessione europea, riguarda la nozione di impatto territoriale, attualmente allo studio della Commissione. Forse la definizione concettuale degli impatti territoriali è un terreno sul quale la ricerca e l’innovazione fin qui esperite possono offrire un contributo propositivo nel contesto europeo. Una posizione culturale incisiva e anticipatrice potrebbe, quindi, creare quei circoli positivi tra Roma e Bruxelles che già in altre occasioni hanno contribuito a superare l’impasse.

Nelle più recenti indagini della Commissione (Espon 2002), si cerca di esplicitare e formalizzare l’elemento di valutazione territoriale delle politiche e dei programmi. Uno dei motivi è proprio il rafforzamento del carattere integrato dei progetti di sviluppo locale. Questa operazione è stata svolta con una certa evidenza e comunicabilità a livello di macro regioni e alla scala del continente. Nel processo di allargamento dell’Unione europea, per esempio, o nella valutazione delle politiche di integrazione del mercato comune, una specifica dimensione territoriale appare evidente nei termini della differenziazione regionale (la varianza locale della disoccupazione, per esempio) e della identità organizzativa a base territoriale (cluster, distretti, sistemi locali, ecc.).

Con qualche difficoltà in più il processo di valutazione territoriale viene esteso ad ambiti insediativi meno vasti, come analisi degli effetti delle strategie di sviluppo di un territorio o di un ambito locale. Viene meno, in questo secondo caso, l’elemento della differenziazione territoriale e, quindi, l’aspetto comparativo, e risulta più a fuoco l’aspetto di indagine sul cambiamento strutturale (e sulla endo-generazione delle alternative di sviluppo).

Le valutazioni territoriali riguardano gli effetti delle iniziative di sviluppo sull’assetto territoriale (oggetto dello sviluppo spaziale nel gergo europeo) o sulla struttura regionale degli insediamenti. Questa valutazione è parte integrante della più vasta funzione della pianificazione territoriale. Anzi, apparentemente, non ci sarebbero distinzioni di sostanza e di funzione tra valutazione degli impatti territoriali e pianificazione territoriale o, come qui sostenuto, tra impatti e progetti di territorio. Il fine ultimo della valutazione degli impatti territoriali è, infatti, la coerenza tra le diverse iniziative - di tutela e sviluppo - che prendono luogo o esprimono i loro effetti su un medesimo territorio. Per esempio, nel quadro federale tedesco è prevista una procedura seguita dalle autorità regionali e locali per la valutazione dei grandi progetti; strumenti analoghi esistono nelle legislazioni portoghesi, finlandesi (Esprin 2000). Tali procedure assicurano appunto la messa a sistema, l’analisi delle interferenze tra grandi progetti e il contesto territoriale che li accoglie. È implicita in questa definizione la convinzione che il contesto territoriale comprende altri progetti e altri livelli di decisione, altri vincoli e preoccupazioni legittime, altre temporalità e valori di riferimento.

La funzione dell’analisi di impatto territoriale è dunque di integrare aspetti diversi delle valutazioni di impatto, nella misura in cui è possibile renderli coerenti e funzionali ad una analisi cumulativa di performance.

 

 

L’analogia tra territorio e politica

 

La nozione di impatto svolge un efficace ruolo nella valutazione ambientale3, mentre non può che essere uno degli elementi - insieme alla fattibilità economica e alla configurazione del sistema di relazioni (Mascarucci 2000) - della valutazione territoriale; in particolare, il riferimento al territorio fa prevalere l’attenzione sugli effetti secondari e indiretti, aspetti al contrario costitutivi da porre al centro di quella densa rete di relazioni che costituisce la materia del territorio.

Rispetto ad alte forme di valutazione - economiche ed ambientali - si presenta, dunque, una possibile e utile distinzione di metodo e riferimenti.

Le differenze con le valutazioni economiche sono evidenti: al di là delle caratteristiche di redditività del singolo progetto, quello del territorio sposta l’attenzione sugli effetti combinati di azioni e iniziative diverse operate da soggetti diversi, per definizione mutualmente interagenti con esiti complessivi variabili.

La finalità è differente anche rispetto alla valutazione ambientale, quella dei progetti come quella di ordine strategico, anche se le sovrapposizioni sono più evidenti almeno in questo ultimo caso. Queste ultime, infatti, insistono sulle relazioni tra iniziative e sistema ambientale, più facilmente misurabili quanto meno estesa è la definizione di ambiente adottata. Questa semplificazione può rivelarsi utile e possibile nel caso della valutazione di singoli progetti (come è stato il caso della valutazione di impatto ambientale finora). Si rivela meno utile o indeterminata (giudizio quest’ultimo suscettibile di ampia discussione) nel caso della valutazioni di programmi e politiche.

In definitiva, valutazioni territoriali sono sempre presenti nell’agire delle politiche e nella formazione dei programmi, talvolta in modo implicito. Pur essendo una dimensione costitutiva, però, non sono l’elemento decisivo nella scelta tra alternative (perché logicamente e concettualmente dipendenti da altre dimensioni di valore); e comunque sono meno facilmente formalizzabile all’interno del processo di scelta (perché è parte dello stesso processo di integrazione).

In ultima istanza, la nozione di impatto rimanda a quella dei valori guida dei piani e, quindi, alla responsabilità politica di scelta tra obiettivi in conflitto: è la dimensione - inevitabilmente progettuale - che la Conferenza di Caserta ha distillato dalle esperienze innovative degli ultimi dieci anni.

 

 

Quattro i per concludere

 

In sintesi, la riflessione in corso in Europa tende a far emergere, con la nozione di impatto, un aspetto diverso da quello delle valutazioni tradizionali. Il carattere inevitabilmente politico di queste decisioni (poco sistemico e poco naturalistico) le avvicina molto alle riflessioni sul progetto di territorio. È chiaro, infatti, che la valutazione di impatto territoriale non è un’area distinta e circoscritta dal processo di decisione collettiva sulle trasformazioni del territorio. È piuttosto il quadro valoriale di riferimento dei programmi che abbiano come requisito preliminare l’insistenza sul territorio e il carattere integrato delle iniziative. In altre parole, la valutazione delle interdipendenze tra un programma costituito da panieri di iniziative e della suscettibilità di valorizzare (o al contrario mitigare) gli effetti di azioni interdipendenti, rinvia comunque ad una prospettiva a carattere territoriale.

Incertezza, interdipendenza, integrazione (sfondo strategico) e identità sono le componenti della dimensione territoriale che interferiscono con il quadro valutativo tradizionale e che sono, invece, messe a fuoco dal progetto di territorio.

Questo può essere giustificato per una serie di motivi, che richiamiamo brevemente in conclusione:

- l’incidenza specificatamente territoriale dell’incertezza sulla fattibilità: in altre parole, il carattere cruciale dei fattori ambientali locali incide sull’efficacia e la realizzabilità delle iniziative; influenza incisivamente i costi; condiziona il consenso (i due elementi sono tra loro legati); quasi tutti i casi di trasformazioni ambientalmente significative - fin dalla sindrome nimby – evidenziano l’aspetto territoriale della questione ambientale (Zeppetella 1996);

- l’interdipendenza delle iniziative: il carattere del contesto territoriale è un elemento condizionante, in particolare nel caso di prossimità, coincidenza, concomitanza delle iniziative; è il caso di tutti i programmi complessi, nei quali è difficile distinguere tra gli effetti delle misure e le interazioni (a volte controintuitive) tra i diversi fattori; come evidenziano studi su ambiti più vasti (vedi il caso della riunificazione tedesca), gli impatti territoriali possono risultare positivi o negativi a seconda della combinazione di fattori, spesso per giunta dipendenti dalla intenzionalità politica (e dalla formulazione delle strategie e, quindi, dal gioco aperto delle dinamiche collettive);

- incertezza e interdipendenza possono essere trattate da un quadro strategico di sfondo che integri le scelte spaziali e renda coerenti le iniziative del programma di sviluppo, non solo con i fattori interni all’orizzonte del programma (risorse, attori, effetti) ma anche con altri programmi (variegati: vincoli sovraordinati ambientali e urbanistici, programmi di altre amministrazioni, iniziative di altri soggetti pubblici e privati); questo aspetto è ben messo in evidenza dalla regionalizzazione in corso della programmazione territoriale in Gran Bretagna, dove la pratica dell’integrazione è correttamente intesa come il risultato di un processo piuttosto che come una caratteristica data;

- più in generale, infine, la configurazione di fattori ambientali, popolazione di iniziative, corsi di azioni assumono la forma di precise identità territoriali, che tra l’altro sono alla base dell’identificazione di scenari evolutivi e di strategie territorialmente orientate (come nell’esempio dello schema spaziale europeo e della sua pur parziale ripresa in alcune delle macroregioni europee).

Il dibattito che ha avuto luogo a Caserta è certamente significativo ed è potenzialmente incisivo sulla qualità della riflessione in corso in Europa. Sembra anche possibile concludere che la posizione e l’esperienza italiana possano contribuire a sostenere orientamenti fertili presenti nel dibattito comunitario.

 

 

1 La seconda Conferenza - “Lo sviluppo sostenibile del territorio nella prospettiva europea” - si è svolta a Caserta dal 12 al 14 giugno 2003. La prima Conferenza, tenutasi a Genova nel 2001, aveva affrontato un vasto confronto con operatori e soggetti della domanda di trasformazione del territorio (cfr. M. Cremaschi et al., 2002). Il clima era influenzato dalla recente predisposizione del Piano trasporti. Tra le due Conferenze si è registrata - come è noto - una forte discontinuità politica. Apparentemente, tra gli indirizzi dei governi di oggi e di allora si registra una forte differenza proprio in materia di ambiente, territorio, opere pubbliche. In termini di realizzazioni, le differenze appaiono meno marcate, per lo meno finora.

2 L’Unione europea ha sviluppato una specifica attenzione per lo spatial development: il neologismo individua, nelle politiche di sviluppo territoriale, un fattore critico di successo. Da tempo, quindi, è in atto una riflessione sulla territorializzazione dello sviluppo e, in particolare, sugli effetti spaziali dei fondi regionali. Questa preoccupazione trova ulteriore motivo di interesse con la prospettiva dell’estensione dell’Unione e, quindi, di una ristrutturazione radicale dei fondi strutturali. L’enfasi sulla città nel linguaggio europeo è uno dei modi per sostenere la dimensione territoriale contro quella puramente economica. Sull’avvicinamento di queste diverse esperienze rinvio a Cremaschi (2003).

3 Per una serie di motivi, è difficile enunciare con rigore che all’azione a corrisponda l’effetto territoriale z. Come evidenzia la letteratura, alcuni effetti sono incerti, numerosi sono verificabili solo come accumulo di molte azioni, in generale retroazioni alterano i rapporti tra azioni e effetti. Al contrario, è proprio il carattere costruttivo del progetto che individua il tessuto stabile del sistema di retroazioni nel quale si individua, in definitiva, la prospettiva del territorio.

 

 

Bibliografia

 

Bundesamt für Bauwesen und Raumordnung (2002), Integrated tools for European Spatial Development, 1st Interim Report Espon project 3.1.

Commissione delle Comunità Europee (European Commission) (1997), Towards an Urban Agenda in the European Union, Bruxelles.

Commissione delle Comunità Europee (European Commission), DGXI (1998), A handbook on Environmental Assessment of Regional Development Plans and EU Structural Funds Programmes, August, Luxembourg (versione italiana).

Cremaschi M. (2002), Un ritratto di famiglia, in Urbanistica, n. 119.

Cremaschi M. (2003), Progetti di sviluppo territoriale, azioni integrate in Italia e in Europa, Il Sole24ore, Milano.

Cremaschi M., Curti F., Bobbio R. (2002), Lettura critica. Riflessioni sulla Conferenza Nazionale del Territorio, Ministero dei lavori pubblici, in Urbanistica Dossier, n. 50, supplemento di Urbanistica Informazione, n 184.

Espon (2002), The Espon 2006 Programme, Bruxelles.

Esprin (2000), Evaluation de l‘impact territorial: une étude préliminaire, a cura di Williams R. H., Connolly P., Healy A., Newcastle.

Eurostat (1999), Towards environmental pressure indicators for the EU, Panorama of the European Union, Theme & Environment and Energy, Luxembourg.

Mascarucci R. (2000), Nuova programmazione e progetti di territorio, il ruolo degli studi di fattibilità, Sala, Pescara.

Schindegger F. (2001), Prospects for further work on Tia, Ectp Conference, Louvain La Neuve.

Zeppetella A. (1996), Retorica per l’ambiente, FrancoAngeli, Milano.

 

 

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