Numero 5 - 2002

 

le nuove leggi urbanistiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La nuova disciplina degli interventi di sviluppo economico in Puglia


Franco Selicato

Francesco Rotondo


 

La Regione Puglia, cogliendo le opportunità offerte dalla recente riforma costituzionale, ha legiferato in materia di sviluppo economico, affidandolo all'azione dei comuni, attraverso la realizzazione di aree attrezzate, servizi alle imprese e attività di marketing territoriale. Franco Selicato e Francesco Rotondo presentano la nuova disciplina, che modifica la legge urbanistica regionale del 2001, rappresentandone le potenzialità offerte ai comuni più dinamici, senza tralasciare i dubbi derivanti da un'impostazione essenzialmente tecnico e procedurale e da carenza di respiro strategico riscontrato nell'articolato normativo.

 

Nell’analisi economica da diversi decenni, lo spazio non è più considerato soltanto una sorgente di costo per le imprese, ma assume sempre più il ruolo di ambiente favorevole (o sfavorevole), creatore di economie esterne (o di diseconomie esterne): lo spazio diviene il punto di incontro tra gli attori dello sviluppo, in cui si organizzano le forme di cooperazione tra le imprese, in cui si decide la divisione sociale del lavoro; esso è, in definitiva, il punto di incontro tra le forze di mercato e le forme di regolazione sociale (Garofoli, 1991).

L’analisi dell’organizzazione della produzione del distretto industriale e dei fattori, che ne sono alla base, consente di fare luce su nuove variabili che acquisiscono un’importanza rilevante nelle decisioni di localizzazione e d’investimento degli operatori economici e che, quindi, condizionano i processi di trasformazione dell’economia locale. Il processo di sviluppo acquisisce definitivamente il suo carattere di processo sociale rifiutando di apparire unicamente un processo tecnico; il territorio diventa, dunque, un fattore attivo del processo di sviluppo in quanto include tutti quei fattori storico-culturali-sociali che sono alla base di specifici modelli di organizzazione della produzione, della continua interazione tra gli attori economici e sociali e, quindi, dei processi di trasformazione economica e sociale effettivamente perseguiti. Il concetto di sistema produttivo locale è stato inizialmente introdotto, secondo Garofoli, per evidenziare sia la stretta interrelazione tra dinamiche produttive e industriali, sia le dinamiche tra sistema produttivo e socio-istituzionale, per i casi di agglomerazione produttiva basati su piccole imprese. In questo modo si sottolinea l’emergere di un’identità socio-economica locale, l’esistenza di interessi e di problemi comuni a imprese e collettività locale, che hanno portato a specifiche forme di regolazione sociale a livello locale.

Il legislatore, attraverso la definizione giuridica di distretto industriale, con la legge del 5 ottobre 1991, n. 317, ha voluto creare un orientamento territoriale nell’applicazione delle politiche industriali, abbandonando i generici interventi nazionali proiettati in ambito settoriale o verso specifici fattori produttivi. A questo si aggiunge il ruolo centrale - attribuito alle regioni - per l’individuazione delle aree distrettuali e per il sostegno finanziario al loro sviluppo, in linea con le recenti politiche promosse dall’Unione europea che riconoscono il ruolo centrale di questo organo istituzionale nella promozione e gestione delle politiche locali.

In questo contesto culturale, la Regione Puglia cogliendo le opportunità offerte agli enti regionali dalla recente riforma dell’art. 117 della Costituzione, ha recepito le norme nazionali in materia, emanando una propria legislazione, la Lr del 31 gennaio 2003, n. 2.

Questo contributo intende illustrare in forma sintetica ed esclusivamente introduttiva, rispetto alla complessità dell’argomento, le modalità con le quali la regione pugliese ha disciplinato gli interventi di sviluppo economico, le attività produttive, le aree industriali e quelle ecologicamente attrezzate nel contesto più ampio della pianificazione urbanistica e territoriale della regione, cercando di evidenziare, per quanto possibile in questa fase, le criticità e le opportunità rilevate nella norma.

 

 

La normativa

 

In un quadro di distribuzione delle competenze e delle funzioni istituzionali tra i diversi livelli degli enti locali, sempre più assoggettato al principio di sussidiarietà, la nuova normativa regionale attribuisce un ruolo - mai avuto fin ora - ai comuni, che insieme alla Giunta regionale, rappresentano i due principali livelli decisionali previsti per il settore.

L’esercizio delle funzioni amministrative e dei compiti inerenti la definizione, l’attrezzamento e la gestione delle aree industriali previste dal piano urbanistico generale e la promozione delle condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo delle attività produttive sono attribuiti ai comuni1 che li svolgono nel quadro della programmazione economica regionale e degli indirizzi strategici di settore e territoriali.

In sede di approvazione di piani e programmi regionali a valenza pluriennale, è prevista a carico della Giunta regionale, l’attribuzione di risorse per lo svolgimento da parte dei comuni delle funzioni amministrative a essi conferite, nel rispetto dei limiti del patto di stabilità2.

Ai comuni sono affidati due ruoli principali:

1. quello di catalizzatore di investimenti pubblici e privati (ormai sempre meno distinti) e di promotore di azioni e iniziative di marketing territoriale con l’intento di incoraggiare la localizzazione di nuove attività produttive;

2. quello di agenzia di sviluppo territoriale, riproponendo, con le dovute proporzioni, un modello di origine nord-europea (come ad esempio nel modello olandese, dove le municipalità acquistano ed attrezzano i suoli prima di renderli disponibili all’edificazione, incentivando gli attori economici ad una partecipazione attiva).

All’interno della prima tipologia di mansione, possono essere comprese le seguenti funzioni:

- la fornitura di servizi informativi agli operatori italiani ed esteri interessati ad avviare, ampliare o ristrutturare attività produttive nella regione;

- l’individuazione a livello territoriale e settoriale di programmi di sviluppo che consentano opportunità di investimenti economici e di creazione di imprese;

- l’individuazione e la selezione di imprenditori disponibili per investimenti sul territorio, anche capaci di favorire accordi tra investitori e imprenditori locali;

- l’elaborazione di studi, progetti e iniziative per promuovere lo sviluppo produttivo nelle zone di intervento;

- lo sviluppo di ricerca tecnologica, progettazione, sperimentazione, acquisizione di conoscenze e prestazione di assistenza tecnica, organizzativa e di mercato connessa al progresso e al rinnovamento tecnologico, nonché alla promozione di attività di consulenza e di assistenza.

All’interno della seconda tipologia di mansione, possono invece essere comprese le seguenti funzioni:

- l’acquisizione e la progettazione di aree attrezzate per insediamenti produttivi;

- la progettazione e la realizzazione delle opere di urbanizzazione e dei servizi, nonché dell’attrezzatura degli spazi pubblici destinati ad attività collettive;

- la vendita, l’assegnazione e la concessione alle imprese di lotti di aree attrezzate;

- la costruzione in aree attrezzate di fabbricati, impianti, laboratori per attività industriali e artigianali, commerciali all’ingrosso e al minuto, depositi e magazzini;

- la vendita, locazione a favore delle imprese di fabbricati e impianti in aree attrezzate;

- la realizzazione e gestione di aree produttive, artigianali, commerciali all’ingrosso e al minuto o destinati a centri e servizi commerciali (tali aree possono essere individuate anche dagli strumenti urbanistici comunali);

- il recupero degli immobili industriali preesistenti per la loro destinazione a fini produttivi e all’attuazione di programmi di re-industrializzazione;

- la realizzazione e gestione di laboratori attrezzati per il controllo della qualità dei prodotti e per l’analisi di acque, aria, rifiuti e rumori;

- la determinazione e riscossione dei corrispettivi dovuti dalle imprese per i servizi di manutenzione delle opere e per la gestione degli impianti;

- la riscossione delle tariffe e i contributi per l’utilizzo da parte di terzi di opere e servizi realizzati o gestiti.

È interessante notare che a distanza di soli diciotto mesi dall’approvazione della legge regionale che disciplina la pianificazione urbanistica e territoriale3, in questa normativa si introduce la prima variante alle procedure di redazione e approvazione4 previste per il piano urbanistico esecutivo5.

Nel diagramma di flusso riportato nel seguito si illustrano le fasi procedurali previste dalla Lr 2/2003 per la redazione e approvazione del piano urbanistico esecutivo o sue varianti.

Come si può notare, lo schema procedurale è rimasto quello classico della legislazione italiana originato dalla legge 1150/1942; non sono previste fasi di valutazione dei piani né in fase di formazione, né in fase di attuazione. Non sono previsti meccanismi perequativi. Inoltre, non appare sufficientemente chiara la relazione tra i piani di cui all’art. 3 della Lr 2/2003 e gli altri strumenti di pianificazione comunale. Infatti, nonostante l’assimilazione enunciata tra i piani urbanistici esecutivi (Pue) previsti all’art. 15 della Lr 20/2001 e quelli previsti all’art. 3 della Lr 2/2003, è evidente la differente rilevanza che le due tipologie di piani possiedono, da cui discendono le differenti procedure cui sono sottoposti per l’approvazione.

I Pue sono piani di iniziativa pubblica, privata o mista, definiti in diretta esecuzione dei piani urbanistici generali (Pug), di cui non possono variare le previsioni6, pertanto la loro redazione ed approvazione è demandata esclusivamente al Consiglio comunale e non sono sottoposti alle verifiche di compatibilità regionale e provinciale. Il potere regolativo dei Pue è circoscritto all’interno delle previsioni strutturali e programmatiche del piano urbanistico generale.

I piani di cui all’art. 3 della Lr 2/2003, non hanno un legame così rigido con la pianificazione comunale di livello strutturale e, ad una prima lettura della nuova normativa, sembrano poter essere redatti anche in contrasto con gli strumenti della pianificazione comunale, in quanto oggetto di approvazione da parte della regione, organo di livello istituzionale superiore. Ciò potrebbe giustificarsi con la necessità di integrare i piani per le aree Asi e quelli per le zone industriali in genere di cui all’art. 3 della Lr 2/2003, all’interno delle strategie di politica industriale stabilite in sede regionale, anche se ciò appare in contrasto con la delega ai comuni delle funzioni di carattere operativo legate a questo settore, definita all’interno della stessa legge7.

Il ruolo della regione, e in particolare della Giunta regionale, nella definizione delle politiche del settore industriale, appare individuato all’interno di un’attività normativa di armonizzazione e semplificazione delle disposizioni regionali di settore e dei relativi procedimenti e in un’attività di promozione e sviluppo industriale e di sostegno alle imprese.

Obiettivo principale di questa attività normativa sembra essere quello di individuare i criteri di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte di soggetti pubblici e privati e i criteri e le modalità per l’esercizio del controllo strategico settoriale8.

L’attività di promozione dello sviluppo industriale e di sostegno alle imprese, espletate nel concreto dalla società Finpuglia spa, braccio operativo della regione, si esplica9 attraverso azioni dirette a:

a) promuovere piani e progetti di sviluppo generale con particolare attenzione alla riqualificazione ambientale e al riutilizzo delle aree produttive eventualmente dimesse;

b) promuovere l’attività di consulenza e assistenza per la nascita di nuove iniziative industriali e per il loro consolidamento;

c) indicare il tipo, la qualità e la quantità dei servizi generali necessari per sostenere l’apparato produttivo delle imprese minori;

d) realizzare iniziative per l’orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, ivi comprese quelle finalizzate all’introduzione nelle aziende di nuove tecnologie e metodi per il miglioramento della qualità;

e) acquisire, esaminare e promuovere, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con quelle delle Camere di commercio, studi e ricerche sui mercati esteri per la individuazione di nuovi investitori o di nuovi sbocchi per le produzioni regionali;

f) definire, aggiornare e attivare un programma di marketing mirato.

 

 

Criticità e opportunità

 

Se appare importante, per una regione come la Puglia, aver disciplinato l’esercizio delle funzioni e le modalità organizzative relative agli interventi di sviluppo economico, alle attività produttive, alle aree industriali, recependo in forma compiuta la decennale normativa in materia di interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese artigiane e industriali (legge 5 ottobre 1991, n. 317)10, la norma regionale non sembra esente da alcuni elementi critici.

Il dispositivo normativo ha un carattere strettamente tecnico, non produce un’idea di sviluppo economico del territorio e demanda tutte le operazioni di definizione e di regolamentazione dei sistemi produttivi locali, ivi compresi quelli che per la loro specializzazione corrispondono alla definizione di distretto industriale, a successive disposizioni. Non individua i principi cui questa successiva definizione deve attenersi. Non inquadra in modo organico con il governo del territorio la promozione e la gestione delle attività produttive, dando scarsa rilevanza all’idea, insita nella legislazione nazionale, di sistemi territoriali locali visti come reti di soggetti che interagiscono tra loro e con le reti sovralocali per trasformare in valore certe risorse potenziali del milieu locale (DeMatteis, 1995), dando luogo alla riproduzione e all’arricchimento del milieu-patrimonio locale. In questa prospettiva, perseguita anche dalle politiche comunitarie finanziate attraverso i fondi strutturali, il milieu territoriale del sistema locale potrebbe essere considerato risorsa non rinnovabile, elemento cardine di una strategia di sviluppo regionale basata sulla sostenibilità territoriale proposta da Magnaghi (2000a), con particolare attenzione a ciò che lo stesso autore definisce valore aggiunto territoriale, che può essere visto anche come una misura della sostenibilità di progetti e azioni (Magnaghi, 2000b).

La mancata correlazione tra le politiche per il governo del territorio e quelle per la promozione e la gestione delle attività produttive, si evidenzia in modo specifico nella necessità di individuare differenti procedure per uno strumento pianificatorio di livello comunale, di recente regolato all’interno della legge urbanistica regionale. Appare inoltre rilevante la mancanza di procedure valutative dei piani di cui all’art. 3 della Lr 2/2003, sia in fase di formazione, sia soprattutto in fase di attuazione e gestione del piano.

 

 

Figura 1 

 

Notevoli opportunità offre, invece, la presente normativa ai comuni maggiormente intraprendenti e dotati di un migliore tessuto imprenditoriale, di gestire autonomamente e nel modo più vicino alle esigenze degli operatori del settore, le attività produttive in genere, affidando ai comuni un ruolo di agente di sviluppo locale fin qui mai formalizzato in modo così ampio.

Per una verifica effettiva delle reali opportunità offerte dall’applicazione della normativa regionale di cui si è fin qui discusso, bisognerà attendere l’emanazione degli ulteriori provvedimenti regolativi regionali previsti e gli esiti delle prime concrete applicazioni.

 

 

1 Lr 2/2003, art. 2, comma 1.

2 Lr 2/2003, art. 2, comma 2.

3 Lr 20/2001.

4 Lr 2/2003, art. 2, comma 5.

5 La Lr 20/2001, introduce anche in Puglia il doppio livello di pianificazione, piano strutturale e piano operativo, quest’ultimo affidato alla redazione di Pue, individuato nella proposta di riforma della legge urbanistica nazionale del 1995, promossa dal gruppo di studio dell’Istituto nazionale di urbanistica coordinato da Federico Oliva e Giuseppe Campos Venuti.

6 All’art. 18 della Lr 20/2001, regolante i rapporti fra Pug e Pue, è detto espressamente che:

1. il Pue può apportare variazioni al Pug qualora non incida nelle previsioni strutturali del Pug, ferma l’applicazione del procedimento di cui all’articolo 16;

2. ai fini della formazione del Pue, non costituiscono in ogni caso variazione del Pug:

a. la modificazione delle perimetrazioni contenute nel Pug conseguente alla trasposizione del Pue sul terreno;

b. la modificazione delle localizzazioni degli insediamenti e dei relativi servizi che non comporti aumento delle quantità e del carico urbanistico superiore al 5 per cento.

7 All’art. 2 della Lr 2/2003 è detto espressamente che:

1. l’esercizio delle funzioni amministrative e dei compiti inerenti la definizione, l’attrezzamento e la gestione delle aree industriali previste dal piano urbanistico generale e la promozione delle condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo delle attività produttive sono attribuiti ai comuni, che li svolgono, anche attraverso le forme associative previste dal titolo V del DLgs 18 agosto 2000, n. 267, nel quadro della programmazione economica regionale e degli indirizzi strategici di settore e territoriali.

8 Art. 5 della Lr 2/2003.

9 Artt. 2 e 6 della Lr 2/2003.

10 Il recepimento della normativa nazionale su citata, è avvenuto con la Lr 15 gennaio 1999, n. 3 Norme di attuazione della legge 5 ottobre 1991, n. 317, abrogata poi con l’art. 11 della Lr 31gennaio 2003, n. 2.

 

 

Bibliografia

 

Garofoli G., 1991, Modelli locali di sviluppo, FrancoAngeli, Milano.

Dematteis G., 1995, Progetto implicito. Il contributo della geografia umana alle scienze del territorio, FrancoAngeli, Milano.

Magnaghi A., 2000a, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino.

Magnaghi A., 2000b, “Identità del territorio e statuto dei luoghi”, in Cinà G. (a cura di), Descrizione fondativa e statuto dei luoghi, Alinea, Firenze.

 

 

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