Intervista a Riccardo Conti, assessore all’urbanistica della Regione Toscana

 

Gentile assessore, la Regione Toscana ancora una volta taglia per prima il traguardo per adeguare la normativa regionale al mutato quadro costituzionale, immagino che è particolarmente soddisfatto.

Senza alcun dubbio. La regione, tradizionalmente, è sempre stata attenta alle regole istituzionali, così modificandosi il contesto della legge cornice nazionale, con la modifica costituzionale del 2001 e l’introduzione del concetto di "governo del territorio" nelle materie concorrenti. Non potevamo adeguarci. Oltretutto il concetto era già presente nella normativa regionale della Toscana, perché la precedente legge in materia, la tanto apprezzata Lr 5/1995, era intitolata proprio "Norme sul governo del territorio".

La Lr 1/2005, che riprende il titolo della precedente legge del 1995, è un rafforzamento e miglioramento di quel dispositivo normativo e di quello spirito di innovazione tecnica e procedurale insieme. Si è trattato di recepire la direttiva sulla valutazione degli effetti dei piani e programmi sull’ambiente – che abbiamo inteso come una valutazione integrata – e del nuovo Titolo V della Costituzione. Così facendo la Toscana si conferma anche come laboratorio, non solo nelle pratiche, ma anche nella legislazione.

Ci sono voluti circa quattro anni di lavoro e un impegno forte di tutta la macchina regionale, con un percorso che ha visto la costituzione di un ampio tavolo di concertazione iniziato con delle sedute di brain storming con soggetti trasversali al mondo politico, amministrativo, tecnico, professionale, sindacale, accademico e di categoria, e che è poi proseguito – bozza di legge alla mano – con un ampio tavolo di concertazione e con il contributo fattivo delle forze economiche e sociali.

Il risultato è stato un ulteriore avanzamento normativo tecnico e compositivo in direzione di piano pubblico e progetti privati.

 

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È semplice: al pubblico spetta il compito di garantire le regole per conservare il patrimonio collettivo; ai privati la capacità di esprimere la qualità. Il territorio, non dobbiamo mai dimenticarlo, è una risorsa e un bene comune, dunque un bene pubblico, che merita la massima attenzione e considerazione, ma anche è il principale motore dello sviluppo, per questo deve essere valorizzato. L’obiettivo di questa legge è quello di ottenere la convergenza fra il meglio del pubblico e il meglio del privato. In questo modo, dopo l’esplicitazione di regole comuni, la modalità applicativa può nascere dall’intreccio del rapporto tra pubblico e privato o essere espressione proprio di quest’ultimo.

Il piano pubblico non è un contenitore, ma un vero e proprio suscitatore di progetti. Indica cioè percorsi e strade per far nascere i progetti. Questa è una delle novità più rilevanti. Ciò è stato possibile per il definitivo distacco operato in questa legge – non a caso iscritta al n. 1 nel registro delle leggi del 2005 – tra il tradizionale modo di intendere l’urbanistica e il governo del territorio che, nonostante sia ancora una categoria strana e non definitivamente circoscritta, è da noi inteso come l’insieme delle attività relative all’uso del territorio, con riferimento sia agli aspetti conoscitivi che a quelli normativi e gestionali, riguardanti la tutela, la valorizzazione e le trasformazioni delle risorse territoriali e ambientali.

Da questo punto di vista si tratta di una definitiva svolta: l’urbanistica non è più considerata la disciplina, diciamo, proprietaria, ma diventa un importante ingrediente del governo del territorio, essendo conferita pari dignità alla difesa del suolo, alla scienza economica, allo studio della società.

In questo contesto cambia anche il ruolo della regione che, da gestore e controllore a valle del processo di pianificazione, diventa attore tra gli attori istituzionali, ponendosi in una nuova circolarità nel governo della trasformazione e con un chiaro obiettivo: quello di rendere coerente il rapporto tra le politiche, le azioni e la programmazione dello sviluppo del territorio.

 

Ciò, tuttavia, presuppone una qualità molto elevata della pubblica amministrazione e una altrettanto forte capacità di guida e di previsione.

È questa la sfida. Non a caso la legge introduce sia innovazioni nel modo di concepire i piani, sia innovazioni nelle procedure della formalizzazione dei piani e dei programmi di settore. I primi sono stati divisi in due parti: una che contiene il cosiddetto statuto del territorio, che non è altro che il sistema delle regole non negoziabili proiettate al futuro, quindi una forte visione etica di lungo periodo; l’altra che contiene le strategie da perseguire. È l’intreccio di queste due parti che suscita un nuovo modo di fare territorio. L’innovazione procedurale, invece, è legata alla scelta di attivare un procedimento unico obbligatorio, con una valutazione integrata in itinere, dei piani e dei programmi settoriali. Programmi e piani devono conformarsi allo statuto del territorio che, in quanto visione di lungo periodo delle regole non negoziabili, non può essere modificato da un atto settoriale o di parte. Già la Lr 5/1995 aveva attivato una nuova "intelligenza procedurale" attraverso la cooperazione degli apparati tecnici degli enti locali nelle fasi di avvio dei piani; ora la Lr 1/2005 va oltre attivando nuove forme di intergovernabilità reale e di cooperazione rafforzata in nome della sostenibilità e della condivisibilità delle decisioni collettive, in nome della pari dignità tra gli enti istituzionali.

 

Una legge quindi proiettata al futuro?

Proprio così. Ad un futuro di sviluppo per un governo della qualità delle trasformazioni. Non vincoli e tutele passive, ma una sana conservazione adattiva che non perda di vista il territorio di partenza, ma che prospetti un territorio che crei valore immateriale maggiore. Un governo della trasformazione che faccia riconoscere, quando per esempio si incrocia un’area produttiva o commerciale, di essere in Toscana e nella Toscana della qualità.

Le stesse invarianti strutturali – innovazione della precedente legge – con questo nuovo assioma sono state rafforzate e inserite all’interno dello Statuto del territorio, ma non corrispondono a semplici oggetti, ma a livelli prestazionali che gli oggetti esprimono. In altre parole di regole che tengono conto del livello di prestazione possibile perché una risorsa venga sfruttata senza che si depauperi. Questo passaggio è bene sintetizzabile ricorrendo alle parole di Italo Calvino: "La memoria conta solo se tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di diventare senza smettere di essere e di essere senza smettere di diventare".

Comunque per approfondimenti del mio pensiero rimando al mio libro-conversazione fatto con Massimo Morisi e Renzo Cassigoli, L’identità Toscana. Riformismo e governo del territorio, edito nel 2005 da Passigli Editori.

 

A cura di Giuseppe De Luca