Numero 8/9 - 2004

 

i piani territoriali 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il preliminare di Ptc della Provincia di Avellino. Visione, criteri informatori e strategie1


Carmela Gargiulo


 

Il 22 aprile 2004 il Consiglio provinciale ha approvato il preliminare di piano territoriale di coordinamento della Provincia di Avellino, elaborato da Rocco Papa, in qualità di responsabile. Carmela Gargiulo, che lo ha coordinato, descrive l’impostazione di metodo utilizzata per la redazione e delinea le linee strategiche per lo sviluppo del territorio avellinese

 

 

 

La visione

 

Il lavoro del Dipartimento di Pianificazione e scienza del territorio di Napoli (DiPiST) è stato orientato, in primo luogo, a ripensare sia in termini disciplinari che tecnici al ruolo che la pianificazione intermedia, in quanto strumento di governo delle trasformazioni alla scala vasta, può assumere nei processi di armonizzazione delle politiche di sviluppo locale. A fronte, quindi, della auspicata quanto necessaria sussidiarietà tra poteri locali, si è inteso ripensare in termini nuovi a ruoli, strategie e strumenti degli enti intermedi che rischiano di essere schiacciati tra il potere forte, per quanto limitato ad ambiti definiti, del Governo centrale e/o regionale e l’autonomia delle realtà locali che, a giusta ragione, rivendicano forme di partecipazione/decisione in chiave autonoma e in qualche caso autoreferenziata.

Nell’attuale contesto le province sono chiamate a scegliere fra un ruolo di semplice soggetto notarile che, prendendo atto delle decisioni locali, ne propone, a posteriori, improbabili forme di integrazione e un ruolo di indirizzo strategico che, a valle della programmazione regionale, definisce idee forza, strategie e vincoli che siano in grado di guidare le trasformazioni delle singole realtà locali in un contesto di decisioni strategiche condivise e, quindi, di consenso partecipato e diffuso.

A questa seconda visione dei compiti e dei ruoli della pianificazione provinciale si ispira il preliminare di Ptc della Provincia di Avellino.

Lo sviluppo della pianificazione urbanistica regionale ha tentato di dare soluzioni ai problemi della pianificazione in chiave di sussidiarietà tra i soggetti coinvolti, separando spesso le scelte (piano strutturale) dalle regole (piano operativo).

Un contributo significativo in questa direzione sembra essere stato apportato dalla pianificazione territoriale strategica, in termini di approccio, più che di strumenti e tecniche, maggiormente coerente con la natura complessa dei problemi di sviluppo/trasformazione territoriale.

L’efficacia delle procedure con l’approccio della pianificazione strategica risulta ancora più significativa alla scala territoriale (area metropolitana/provincia), ovvero ad una scala che consente di orientare e coordinare le scelte di lungo periodo dei piani locali per armonizzarle in termini di evoluzione dei sistemi antropici e naturali in chiave di sviluppo sostenibile.

Emerge, infatti, con forza la necessità di un quadro di riferimento territoriale (più che un disegno di piano) ed una regia strategica sopralocale (intesa come governo delle trasformazioni), per garantire coerenza e compatibilità alle scelte insediative di microscala.

E ciò è tanto più vero per costruire il consenso attraverso forme adeguate di mitigazione e/o compensazione per le realtà locali indisponibili all’insediamento di attività giudicate penalizzanti o per garantire che, su questioni non negoziabili per la loro rilevanza collettiva, le scelte locali siano compatibili con l’interesse generale.

Un elemento di debolezza che condiziona tutt’oggi l’esperienza italiana, a differenza di altri paesi che già dagli anni ’70 hanno provveduto a riorganizzare lo stato giuridico e tecnico della pianificazione di inquadramento di scala sovracomunale attraverso piani di struttura o documenti direttori, è individuabile nella scarsa considerazione del ruolo di coordinamento e di regia attiva che le province possono svolgere nel favorire e guidare lo sviluppo locale. L’Italia sconta, in questo senso, l’assenza di una consolidata tradizione di pianificazione di livello intermedio.

È anche per tale ragione che nella definizione del preliminare di Ptc della Provincia di Avellino si è inteso privilegiare, nei modi e nelle forme consentite dalla normativa vigente, un approccio di tipo strategico.

La pianificazione strategica, infatti, soprattutto nel settore della pianificazione di area vasta, può dar luogo ad un modello innovativo sia nella fase della conoscenza, che nella selezione delle priorità di intervento, che nella costruzione di nuovi strumenti per la individuazione e valorizzazione delle risorse e degli assetti; in sintesi una nuova filosofia del governo delle trasformazioni urbane e territoriali come precondizione necessaria per favorire lo sviluppo fisico, sociale ed economico del sistema territoriale.

In questo quadro possiamo affermare che l’approccio strategico può contribuire alla definizione di una nuova cultura della pianificazione di area vasta, intesa più come processo ciclico e biunivoco di governo delle trasformazioni territoriali che come semplice fase di formulazione di scelte irreversibili e in una logica di sovraordinazione dei poteri che fortunatamente, anche nel nostro paese, sembra avviata ad una rapida e definitiva estinzione.

Pur non tralasciando una elaborazione conoscitiva di tipo tradizionale, l’interpretazione dei risultati della conoscenza alla luce dell’approccio strategico ha consentito, già in fase di preliminare, la definizione di visioni, strategie e obiettivi cui indirizzare l’azione di governo e agevolerà, in fase di predisposizione del Ptcp, la definizione delle singole azioni e, con esse, delle priorità di intervento.

La scelta di applicare un approccio strategico, quindi tecniche, strumenti e procedure derivate dalla pianificazione strategica, scaturisce dalla intenzione di mettere in campo, già dal momento di definizione del preliminare di piano, gli strumenti maggiormente idonei a cogliere e affrontare i problemi dello sviluppo.

L’obiettivo di interpretare gli orientamenti dei singoli sottosistemi territoriali locali (comuni, comunità montane); cercare gli opportuni coordinamenti tra l’agire dei singoli enti che a vario titolo operano sul territorio provinciale; definire strategie socio-economiche e territoriali comuni e condivise ma risolutive delle problematiche particolari; gestire i potenziali conflitti locali; evitare la parcellizzazione dei problemi e affrontarli, invece, in chiave sistemica; organizzare la corretta competizione tra settori e aree, ha reso necessario il ricorso, nel rispetto delle procedure normative, alle tecniche maggiormente innovative già in questa fase di predisposizione del preliminare.

Il momento più qualificante di questo lavoro è stato infatti definire, per quanto possibile, l’impianto strategico del Ptcp, al fine di predisporre uno strumento che individuasse le linee guida su cui poter poi lavorare in modo più approfondito nella fase di redazione del piano di coordinamento.

 

Figura 1 - Procedura per la redazione del Preliminare del Ptcp di Avellino

 

 

Un’impostazione tra sostenibilità, solidarietà e sviluppo

 

Le visioni e le linee strategiche del preliminare di Ptcp della Provincia di Avellino sono improntate ad una duplice finalità: delineare le strategie per lo sviluppo del territorio sia in chiave competitiva, attraverso azioni mirate a sostenere e incentivare lo sviluppo delle risorse e dei settori strategici; formulare ipotesi di intervento in chiave di solidarietà territoriale, che partendo dai bisogni e dalle esigenze delle fasce più deboli della collettività, possa ridurre il divario tra le diverse velocità di sviluppo del territorio.

Le indagini condotte (Provincia di Avellino, 2004) hanno messo in luce numerose carenze ma anche alcuni punti di forza del sistema provinciale avellinese: la posizione strategica del territorio nei sistemi territoriali di contesto (Italia meridionale, area mediterranea), il suo potenziale ruolo di cerniera tra i due mari, le risorse e le vocazioni (il ricco patrimonio di risorse naturali, agricole e paesaggistiche, la qualità diffusa su tutto il territorio della provincia, gli elementi di pregio storico e artistico, le strutture di eccellenza in alcuni settori di punta della ricerca scientifica), la programmazione e la progettualità cui è improntata negli ultimi anni l’azione delle amministrazioni locali, insieme alla ricchezza di proposte definite nell’ambito della concertazione negoziata, i discreti livelli dei piani di sviluppo delle comunità montane della provincia, costituiscono degli indubbi punti di forza intorno ai quali costruire il futuro del territorio. Va, tuttavia, sottolineato che questi punti di forza si innestano su un tessuto connotato da fenomeni di parziale marginalità che favorisce condizioni di squilibrio tra territori all’interno della stessa provincia.

La scelta di sostenere e incentivare il decollo della provincia in quanto unicum territoriale è fondata sulla consapevolezza che il successo competitivo può essere conseguito anche attraverso azioni basate su principi di solidarietà territoriale, e che un reale e duraturo vantaggio competitivo può essere raggiunto attraverso la costruzione di condizioni diffuse di equilibrio territoriale basato sulla sostenibilità delle azioni di governo dello sviluppo socio-economico e con esso delle trasformazioni territoriali.

La definizione delle 3 visioni, delle 5 linee strategiche e dei 35 obiettivi è avvenuta utilizzando come input le indicazioni contenute nel documento di Indirizzi programmatici della Provincia di Avellino (2001), le Linee guida per la pianificazione territoriale regionale (2002), le scelte formulate all’interno dei piani di area vasta già redatti per il territorio provinciale, tra cui i piani di sviluppo socio-economico delle comunità montane, le iniziative individuate negli strumenti di programmazione negoziata e di concertazione, e come base di partenza i risultati della fase conoscitiva precedentemente sviluppata.

L’iter conoscitivo e interpretativo si è articolato, più in dettaglio, in lettura, integrazione, interpretazione di sei sistemi di indagine principali:

1. sistema delle risorse insediative con il duplice obiettivo di definire le criticità che connotano il sistema insediativo nei suoi diversi aspetti (socio-antropico, fisico e funzionale) e di individuare potenzialità, vocazioni e risorse;

2. sistema delle risorse naturali, paesistiche e agricole con il duplice obiettivo di individuare le unità paesistiche in cui risulta articolabile il territorio provinciale e elaborare gli indirizzi per la definizione degli usi compatibili, in ragione delle caratteristiche di ciascun sistema;

3. sistema delle risorse storico-architettonico-archeologiche e ricettive con l’obiettivo di individuare le risorse del territorio che posseggono le potenzialità per attrarre turismo, a partire da quelle del patrimonio storico architettonico e archeologico;

4. sistema delle risorse industriali e artigianali con l’obiettivo di delineare opportunità di sviluppo economico che tuttavia contemperassero lo sviluppo sostenibile del territorio;

5. sistema dei servizi con l’obiettivo di individuare le dotazioni esistenti per consentire di sviluppare, specializzare e innalzare i livelli di competitività e attrattività del territorio della Provincia di Avellino;

6. sistema delle comunicazioni con l’obiettivo di individuare le principali aree di origine e destinazione degli spostamenti sia all’interno che all’esterno della provincia, i principali corridoi del trasporto provinciale e di articolare il territorio in ragione del grado di accessibilità.

Dopo la conoscenza per singolo sistema, si è proceduto a elaborare la lettura integrata delle informazioni relative a ciascun sistema di indagine attraverso gli strumenti propri dell’approccio strategico. Attraverso l’analisi Swot si sono, quindi, riorganizzate le informazioni derivanti dalla lettura di tipo tradizionale, effettuata nella prima fase, in punti di forza e di debolezza del sistema territoriale e minacce e opportunità da cui questo risulta condizionato.

La individuazione delle vocazioni e delle risorse strategiche del territorio – nel suo complesso e nelle singole parti – e la individuazione dei diversi gradi di trasformabilità delle aree del territorio provinciale hanno rappresentato il supporto per la definizione delle visioni e delle linee strategiche di trasformazione e delle relative Carte.

Perché le visioni e le linee strategiche rispondessero alle reali esigenze del territorio ci si è avvalsi dei suggerimenti e delle indicazioni emerse nella proficua fase di confronto/partecipazione che la Provincia di Avellino ha promosso e organizzato attraverso una serie di incontri e riunioni con enti e attori che operano sul territorio provinciale ma anche dei molteplici spunti contenuti negli indirizzi programmatici dell’amministrazione provinciale (2001) e delle previsioni contenute nei piani di sviluppo socio-economico delle comunità montane.

 

 

I criteri e le strategie

 

I criteri che informano tutta l’attività di governo delle trasformazioni della Provincia di Avellino rappresentano la griglia di specificazione delle 5 linee strategiche e dei 35 obiettivi, che potranno essere oggetto specifico di un successivo contributo in questa rivista. Essi sono contemporaneamente a monte e alla base delle scelte elaborate per lo sviluppo compatibile del territorio e sono contestualmente riferibili alle azioni operative di trasformazione che gli enti locali, cui è demandato tale compito, nel prossimo futuro dovranno affrontare.

Il primo, Salvaguardia attiva e valorizzazione delle risorse, fa riferimento sia alla ridefinizione del concetto di paesaggio e alla conseguente revisione dei tradizionali strumenti interpretativi che all’evoluzione del modo di considerare le testimonianze storiche, architettoniche e artistiche.

Superando la contrapposizione uomo-natura, tra eventi naturali e azione antropica, il paesaggio viene oggi inteso come sistema di sistemi viventi, naturali e antropici, in cui l’evoluzione dei cicli naturali si integra con gli effetti dell’azione dell’uomo. Considerare la ricerca di una condizione di equilibrio dinamico tra attività antropiche e ambiente naturale, di cui il paesaggio costituisce la manifestazione sensibile, quale questione centrale nel governo del territorio non significa però scegliere, tout court, la via della conservazione: tale ricerca va intesa come esplicitazione dei diversi gradi di trasformabilità del territorio, sulla base di valutazioni espresse secondo principi di trasparenza e definiti con la partecipazione delle collettività locali.

A tal fine, è necessario che i parametri paesistico-ambientali non costituiscano esclusivamente elementi vincolistici, ma possano contribuire a definire occasioni per lo sviluppo di nuove potenzialità. Il piano diventa occasione per la proposizione di ventagli di possibili traiettorie di evoluzione del sistema territorio, all’interno di un quadro di mutua compatibilità tra attività antropiche e dinamiche naturali (Convenzione europea del paesaggio, 2000; DLgs 42/2004). Inoltre, superando un’ottica vincolistica, il piano è volto a perseguire una tutela finalizzata alla valorizzazione dell’intero territorio provinciale, incentivando il potenziale economico e produttivo del patrimonio di risorse esistenti e garantendone, contemporaneamente, la tutela. Infatti, tra i principali obiettivi individuati, vi è sia lo sviluppo ecocompatibile di ambiti rilevanti del territorio provinciale inclusi nella rete ecologica regionale, sia la valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio che si articola intorno ad una serie di micro-attrattori da valorizzare attraverso la creazione di una filiera turismo-ambiente-beni culturali. Il sistema paesaggio, inteso come risultante della trama di relazioni tra ambiente naturale e attività antropica (tra cui va considerata l’attività agricola) è frutto dei molteplici ed eterogenei paesaggi della Provincia di Avellino, per i quali sono definiti strategie e indirizzi per la loro manutenzione, riqualificazione, trasformazione. Tra i paesaggi che connotano il territorio provinciale sono compresi, quindi, anche quelli caratterizzati da elevati o discreti livelli di pregio storico-artistico del costruito e quelli privi di qualità, fortemente alterati da attività incompatibili o dall’eccessiva pressione antropica, che fortunatamente hanno una limitata estensione.

Il secondo criterio, Qualità diffusa e promozione turistica, ha spinto a considerare la vocazione turistica di un’area a partire dagli elementi che concorrono alla costruzione dell’immagine di un territorio e alla predisposizione dei luoghi a essere mete di turismo. In altri termini, si sono considerate le condizioni che possono rendere una località una meta turistica. Su questo argomento le opinioni sembrano convergere verso una comune considerazione: la capacità di un luogo a trasmettere un messaggio significativo ad una potenziale utenza è la condizione necessaria perché questo diventi meta turistica. Questa considerazione consente di affermare che mete turistiche possono essere non solo i luoghi con forti attrattori storico-artistici, bensì tutte le località in grado di trasmettere un forte valore evocativo nell’immaginario collettivo anche in ragione di un significato storico o collettivo radicato. La vocazione turistica di un territorio può essere rinvenuta, quindi, sulla base di un’idea portante attorno alla quale comporre gli scenari di sviluppo turistico del territorio stesso. In base a ciò le strategie adottate sono finalizzate al miglioramento del grado di attrazione del territorio senza dimenticare il rispetto dei principi della sostenibilità territoriale e, più in generale, ambientale. Il territorio irpino, se è caratterizzato dalla mancanza di grandi attrattori di flussi turistici di notevole dimensione, è dotato però di considerevoli pregi quali la bassa pressione antropica, la diffusa qualità dell’ambiente e dell’habitat, la molteplicità di itinerari (che vanno da quelli storico-architettonici a quelli enogastronomici, da quelli naturalistici a quelli archeologici, da quelli artigianali a quelli agricoli) che possono integrare una serie di medi e piccoli attrattori di tipologia diversificata. Naturalmente uno dei presupposti è garantire i livelli più elevati di qualità diffusa attraverso la cura e l’attenzione al territorio, interventi di tutela, di restauro architettonico e ambientale e politiche di promozione da programmare nel tempo.

Il terzo criterio, Sviluppo equilibrato del territorio, trova la sua espressione completa in tre principali obiettivi: il recupero e la riqualificazione dell’habitat antropizzato, in un’ottica di sostenibilità dello sviluppo e come necessaria premessa a tutte le politiche di rilancio (economico-produttivo, culturale, turistico) del territorio provinciale; la riorganizzazione secondo un modello a rete dei centri piccoli e medi omogenei in relazione a caratteristiche di tipo geografico-naturalistiche, storico-culturali, paesaggistiche, funzionali e economico-sociali; l’innalzamento dei livelli competitivi del territorio anche attraverso interventi rivolti a colmare le carenze infrastrutturali, a realizzare aree per servizi a valenza sovracomunale, ad aumentare la capacità produttiva nei settori industriale, artigianale, terziario e agricolo.

Più in dettaglio, il secondo obiettivo si sostanzia in strategie aggregative dei centri della provincia, come sistemi di città medio-piccole. Secondo tale ipotesi, le città medio-piccole si presentano insieme come sistemi locali di governo con possibilità maggiori di risolvere problemi che le grandi polarizzazioni non riescono a risolvere; esse si pongono in linea con gli indirizzi dell’Unione europea che incoraggia l’organizzazione a rete di città.

Il quarto criterio, Sviluppo compatibile delle attività produttive, trova il suo presupposto nel settore industriale e artigianale che, radicatosi con lentezza tra gli anni ’60-’70, si è via via rafforzato anche con gli insediamenti Fiat di Flumeri e Pratola Serra. Gli insediamenti produttivi, e soprattutto le grandi concentrazioni industriali, rappresentano indubbiamente una rilevante risorsa in termini di occupazione per la provincia ma pongono, nel contempo, rilevanti problemi di impatto ambientale, in aperto contrasto con l’obiettivo di promuovere uno sviluppo in chiave di sostenibilità, anche ambientale, del territorio provinciale. In sintesi, rispetto al settore delle attività industriali e artigianali, ci si propone di delineare le possibili strategie per lo sviluppo di tali settori nel rispetto dell’obiettivo primario della promozione di uno sviluppo sostenibile del territorio, necessaria premessa a tutte le politiche di rilancio del territorio provinciale.

Il quinto criterio, Accessibilità diffusa al territorio, se da un lato tiene conto della forte correlazione tra fattori di accessibilità e indicatori di benessere, dall’altro non sottovaluta la circostanza che un’eccessiva concentrazione di domanda e offerta di mobilità può divenire fonte di situazioni di degrado, in relazione sia all’ingente consumo di suolo che le infrastrutture di trasporto determinano, sia ai problemi di inquinamento e di congestione. Uno dei nodi centrali del problema è la continua crescita dell’uso del mezzo privato, nonostante le numerose incentivazioni degli ultimi anni orientate a invertire tale tendenza. Un altro problema, che si ripropone con crescente intensità, è quello della sicurezza stradale in costante decremento anche a causa della crescente innovazione dei mezzi di trasporto, che viaggiano a velocità sempre più elevate su reti che furono progettate per mezzi con caratteristiche e prestazioni diverse.

La mobilità è, quindi, legata ad una pluralità di tematiche strettamente interrelate tra loro. La presenza di infrastrutture di trasporto rappresenta uno dei più consistenti fattori di sviluppo territoriale ed una matrice di riferimento dello sviluppo insediativo. Nel contempo, viadotti, superstrade, svincoli, autostrade, rilevati ferroviari costituiscono eventi spaziali di grande portata che irrompono violentemente nel paesaggio portandosi dietro problemi quali l’inquinamento acustico e atmosferico, l’abbandono e il degrado delle aree circostanti. Pertanto, le misure volte a ridurre i problemi legati al sistema della mobilità si basano su un piano integrato.

Inoltre, nel considerare i problemi relativi al miglioramento della rete si è tenuto presente il sistema delle polarità funzionali e produttive e i diversi modi in cui lo sviluppo, la razionalizzazione e la riqualificazione del sistema infrastrutturale può essere utilmente coniugato con lo sviluppo e la riqualificazione del sistema insediativo e del sistema ambientale.

 

 

Note

 

1 Questo articolo ha l’obiettivo di descrivere sinteticamente l’impostazione di metodo utilizzata per la redazione del preliminare di piano territoriale di coordinamento (Ptcp) della Provincia di Avellino; lavoro di consulenza scientifica richiesto al Dipartimento di Pianificazione e scienza del territorio dell’Università di Napoli Federico II dalla Provincia di Avellino come supporto alla redazione del Ptcp; piano approvato il 22 aprile 2004 in Consiglio provinciale quasi all’unanimità (14 voti favorevoli e 3 astenuti).

 

 

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