Numero 8/9 - 2004

 

i piani territoriali 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Metodologia di concertazione negoziata per la formazione di un piano provinciale


Alessandro Vignozzi


 

Negli ultimi anni, la maggior parte delle esperienze italiane ed europee ha privilegiato, nei metodi e nei processi per la formazione dei piani, la partecipazione collettiva e la costruzione di scelte consensuali. Alessandro Vignozzi descrive la sua esperienza in Territorio GR 2003, un laboratorio di copianificazione che l’autore ha organizzato e condotto per la Provincia di Grosseto in chiave propedeutica alla revisione del vigente Ptc. (Testo in versione integrale)

 

 

 

 

 

 

Negli ultimi anni la ricerca e la prassi disciplinare hanno posto un impegno non trascurabile nell’aggiornare metodi e processi per la formazione dei piani, con particolare riferimento alla finalità di attirare fin dal primo momento la partecipazione collettiva e costruire le scelte in modo consensuale, anche al fine di promuovere il mutuo apprendimento e predisporre tutti gli attori coinvolti ad una convinta ed efficiente implementazione delle politiche proposte.

Una rapida occhiata all’esperienza recente evidenzia in proposito da un lato una consistente estensione del panorama dei modelli operativi presi in considerazione, dall’altro una loro rapida maturazione in termini di efficacia applicativa (Faludi, 1999).

Semplificando al massimo, si può ritenere che i referenti più significativi in materia afferiscano a tre distinti filoni.

Quello dello strategic planning americano, che è riuscito a estendere al settore delle politiche pubbliche, arricchendola con le problematiche dell’incertezza e della conflittualità, la metodologia sviluppatasi nell’ambito del management aziendale in relazione alle esigenze della cosiddetta qualità totale (Curti e Gibelli, 1996).

Quello della public dispute resolution, che ancora in area statunitense ha specificamente messo a fuoco le tecniche più efficaci per il superamento dei veti incrociati e dello scontro fra interessi settoriali (Forester, 1989).

E quello della cosiddetta pianificazione dal basso, sperimentato soprattutto in Inghilterra, con una particolare attenzione alle tecniche di innesco degli apporti propositivi secondo il modello del planning game (Healey et al., 1997).

A tutti e tre questi filoni hanno in varia misura attinto le esperienze più interessanti portate avanti in Italia e in Europa negli ultimi anni; la maggior parte delle quali ha peraltro privilegiato la dimensione locale (dalla scala dell’intero comune a quella del quartiere) della pianificazione e

della programmazione (Magnaghi, 2000): circostanza, quest’ultima, che rende vieppiù ineludibile l’impegno di tracciare una nuova via anche per la concertazione nella pianificazione di area vasta.

Con specifico riferimento all’ambito operativo della pianificazione provinciale, vorrei allora render conto di un’esperienza tesa a definire un metodo di lavoro che, nell’ottimizzare la risposta a un quadro di esigenze territorialmente definite, consentisse nel contempo di proporre un approccio utilizzabile anche in termini più generali allo sviluppo della partecipazione nei piani di area vasta.

Vengo dunque a descrivere i caratteri dell’iniziativa Territorio GR 2003, ovvero dei laboratori di copianificazione che ho avuto modo di organizzare e condurre per la Provincia di Grosseto in chiave propedeutica alla revisione del vigente piano territoriale di coordinamento (Ptc).

 

 

Dagli obiettivi al programma

 

L’obiettivo primario dell’iniziativa – definito a partire dalle considerazioni sviluppate, in un’ottica più ampia, nel seminario nazionale organizzato dalla stessa provincia il 10 maggio 2002 – era quello di superare l’idea di una semplice partecipazione, già messa in pratica dalle sempre più diffuse procedure di Agenda 21 locale, per immettere gli interessati nel vivo del processo di costruzione degli impegni programmatici, garantendo a chiunque lo spazio necessario a presentare e discutere seriamente le proprie proposte, fino a vederle diventare parte integrante del nuovo piano.

Tabella 1

 

La costruzione della strategia operativa da impiegare a tal fine ha preso le mosse da una riflessione generale sui diversi livelli di coinvolgimento che si offrivano a chi volesse impostare un processo di piano in termini di partecipazione e concertazione collettiva.

Un primo livello era quello delle procedure di informazione, verifica e costruzione del consenso in corso d’opera: chi faceva il piano dichiarava per tempo dove stava andando a parare e gli altri dicevano la loro, nelle sedi ufficiali e secondo le procedure previste dalle leggi nazionali e regionali. Si era però visto che questo modo di fare non offriva lo spazio per un confronto davvero costruttivo (Crosta, 1998).

Un secondo livello era quello di cercare ulteriori e più profondi momenti di confronto e condivisione. In particolare si cercava di impostare tutto il processo a partire da una raccolta delle interpretazioni e dei bisogni degli interlocutori. Poi si faceva il piano e man mano lo si discuteva anche in sedi meno formali e con un più schietto scambio di opinioni. Era la tecnica usata per fare il Ptc vigente, che però aveva anch’essa i suoi limiti: il confronto era più fertile, ma le scelte maturavano comunque in un ambito ristretto dalle gerarchie istituzionali (Vignozzi, 2000).

Un terzo livello, ancora inesplorato in sede locale, era quello della cosiddetta copianificazione: non solo confronto, ma vera e propria costruzione collettiva del piano. Al limite non vi è distinzione fra livelli di governo o gerarchie di autorità: chiunque può veder andare avanti le sue proposte, purché si dimostrino di comune utilità (Vignozzi, 2003). Quest’ultimo è l’approccio che ci si è ripromessi di seguire per l’aggiornamento che stava per iniziare.

Una volta chiariti e concordati obiettivi e assunti metodologici, si è provveduto a sviluppare un programma operativo articolato in tre fasi:

1. presentazione e pubblicizzazione del processo di formazione;

2. costruzione collettiva delle scelte e degli impegni programmatici;

3. restituzione normativa.

In aderenza all’impostazione del piano vigente (Vignozzi, 2001), si è poi scelto di sviluppare la fase nodale della costruzione delle scelte secondo due procedimenti paralleli e distinti:

- uno relativo alla normativa e alle regole di gestione, e quindi corrispondente alla componente definita codice nel piano vigente;

- l’altro relativo alle strategie e agli impegni operativi e, quindi, corrispondente alla componente là definita programma.

Entrambi i procedimenti avrebbero comunque seguito un modello comune, seppur diversamente connotato nei due casi, che era quello ormai familiare del cosiddetto tavolo di concertazione, da articolare secondo il principio – anch’esso ampiamente collaudato – del focus group (Vignozzi, 1997).

 

Tabella 2

 

 

La fase preliminare di consultazione

 

Una volta definito con chiarezza lo scenario operativo, la provincia ha proceduto speditamente lungo il percorso tracciato. Nel mese di febbraio del 2003 si è dato concretamente il via alle operazioni.

Il programma dei lavori ha preso le mosse da una serie di colloqui preliminari con i rappresentanti dei 28 comuni e degli altri soggetti coinvolti nel governo del territorio (province confinanti, enti parco, comunità montane, associazioni di categoria o a difesa dell’ambiente ecc., per un totale di altri 40 soggetti consultati).

Contemporaneamente si è aperto un sito web, aperto ai contributi di tutti e sempre aggiornato all’evoluzione dei lavori, dove chiunque ha potuto rendere pubbliche le proprie proposte e trovare in tempo reale tutte le informazioni sull’avanzamento delle operazioni.

La fase di consultazione si è fondata sul principio dell’outreaching, cioè di andare a trovare direttamente a casa loro, ove possibile, i diversi soggetti interessati, in modo da riaffermarne simbolicamente la parità di rango e l’autonomia decisionale e di predisporre concretamente le condizioni più favorevoli a un proficuo scambio di opinioni (AA.VV., 1997). La raccolta dei desiderata e delle opinioni maturate presso i soggetti locali ha avuto un carattere marcatamente informale, in modo da garantire la massima efficacia dei colloqui e la massima rispondenza agli effettivi interessi dei singoli (Mastop e Faludi, 1997).

Tutti gli incontri hanno in effetti prodotto contenuti tecnici di grande utilità, già fortemente indicativi della domanda di piano al momento espressa dal territorio.

In materia di regole di gestione del territorio le segnalazioni più frequenti riguardavano:

- le modalità di tutela delle risorse rinnovabili, con particolare riferimento al problema dell’approvvigionamento idrico;

- la normativa sul territorio rurale, dove la distinzione fra aree a destinazione agricola prevalente e esclusiva, ereditata dalla legislazione regionale, non sembrava aver dato i frutti sperati;

- alcuni criteri di localizzazione e distribuzione della crescita insediativa, con particolare riferimento alle esigenze locali del settore produttivo;

- le modalità del coordinamento fra comuni finitimi, nonché con le altre province e fra i diversi enti e settori di governo del territorio.

In materia di strategie da sviluppare con la concertazione collettiva si segnalavano invece questi temi:

- il recupero ambientale di aree degradate, fossero esse zone di pregio naturalistico, aree estrattive o industriali dismesse o anche zone residenziali o produttive di basso pregio;

- la creazione di nuove infrastrutture per lo sviluppo (segnatamente: porti, strade e greenways);

- lo sviluppo sostenibile del turismo, con specifica attenzione a quello rurale nelle sue più svariate accezioni e articolazioni;

- l’organizzazione dell’offerta integrata di servizi e altre attrezzature, nonché la promozione di altre strategie specifiche, entro ciascuna delle 7 città (sistemi insediativi policentrici) individuate dal Ptc vigente.

 

Figura 1 - L'elenco dei temi di Territorio GR 2003

  

 

I laboratori di copianificazione

 

L’elenco degli argomenti e il programma dei lavori desunti dai colloqui sono stati verificati e concordati collegialmente in un forum di apertura tenutosi il 7 maggio 2003.

Una volta concordati i temi, alla fine dello stesso mese hanno avuto inizio le attività dei laboratori di copianificazione, che hanno visto tutti i soggetti interessati regolarmente riuniti intorno a un tavolo insieme alla provincia per concertare le modifiche più opportune al Ptc.

Come previsto, il programma dei lavori, denominato Territorio GR 2003, si è incentrato sull’attività di due laboratori tematici, che hanno affrontato separatamente la revisione delle regole di governo del territorio e la messa a punto di strategie di valorizzazione.

Onde evitare contrapposizioni preconcette, alle sedute dei laboratori la provincia si è sempre presentata non in veste autoritaria, ma come primus inter pares, pur mantenendo ovviamente la responsabilità e l’onere organizzativo delle diverse operazioni.

Coerentemente con gli esiti delle consultazioni, il programma dei lavori di ciascuno dei due laboratori si è articolato in relazione a quattro temi:

- risorse naturali, territorio rurale, sviluppo insediativo, estensione del coordinamento per le regole;

- recupero ambientale, infrastrutture per lo sviluppo, turismo sostenibile e strategie organiche per le 7 città per le azioni.

Le riunioni dei laboratori tematici, aperte al pubblico, si sono tenute con cadenza bisettimanale presso la sede della provincia, dapprima nella sala consiliare, poi in un nuovo locale appositamente allestito.

Il primo laboratorio (Territorio GR 2003 – Le regole) puntava a mettere a fuoco la revisione dei contenuti normativi del Ptc mediante un’attività di workshop organizzata d’intesa – sia in termini di predisposizione dell’agenda, che di indirizzo del dibattito, che di restituzione degli esiti del confronto – dallo staff del professionista incaricato con il concorso di tutti gli attori locali.

I criteri operativi utilizzati per il coordinamento del workshop sono stati essenzialmente due, entrambi tratti dalla succitata esperienza della public dispute resolution:

- quello della cosiddetta soluzione ragionata dei conflitti mediante argomentazione: nella fattispecie il metodo consiste nel sottoporre a discussione collettiva un enunciato che abbia suscitato insoddisfazione, ripromettendosi di pervenire ad una diversa formulazione ex novo, dopo aver scartato le alternative sgradite alla maggioranza dei convenuti;

- quello della cosiddetta negoziazione creativa, che comporta una modificazione innovativa dei contenuti, grazie all’apporto propositivo del gruppo di lavoro, fino a esiti di comune gradimento: il problema viene analizzato articolandolo nelle sue componenti e per ciascun punto si esaminano soluzioni che, per così dire, salvino capra e cavoli (Curti e Gibelli, 1996).

Il secondo laboratorio (Territorio GR 2003 – Le azioni) puntava a concordare con tutti gli interessati i passi essenziali all’attuazione di progetti strategici di rilevanza provinciale (a integrazione del programma vigente). Anche in questo caso si è articolato il tavolo in più focus groups che affrontassero una serie di strategie affini per settore o per ambito territoriale coinvolto.

Nel caso delle azioni la fase di confronto doveva però avere caratteristiche ben distinte rispetto alle regole, dato che occorreva non solo risolvere i conflitti più o meno apparenti, ma soprattutto mettere in rete risorse e informazioni, promuovere iniziative e attivare soggetti. Il modello di riferimento diveniva pertanto quello del tavolo di visioning strategico, teso a innescare azioni strategiche a partire da uno scenario condiviso di successo del territorio. La partecipazione è stata mirata a far maturare intese fra tutti gli attori che potevano contribuire con proprio vantaggio al successo delle iniziative, ivi inclusi soggetti privati, consorzi fra più soggetti pubblici e partenariati di tipo misto. Il principio prevalente è stato quello dei raggruppamenti a geometria variabile, con soggetti in entrata e uscita a seconda dei temi trattati e del grado di avanzamento delle operazioni. Caratteristica qualificante del metodo di lavoro è che tutto ciò che si riusciva a concordare veniva immediatamente trascritto al computer in una scheda visualizzata su schermo luminoso, con l’apporto diretto (e il diritto di veto) di tutti i partecipanti.

Il procedimento di visioning si è articolato in più fasi:

- individuazione degli scenari futuri a partire da specifiche suggestioni propositive del gruppo di progettazione;

- brainstorming o sollecitazione di proposte e iniziative da parte degli attori coinvolti;

- animazione, ovvero istituzione di contatti fertili tra soggetti e innesco di procedure mirate;

- analisi delle alternative, ovvero progettazione di diverse linee di azione e loro selezione mediante confronto consensuale.

Il risultato finale è stato una sorta di carta degli impegni che ha definito accordi e protocolli operativi in grado di garantire concreta efficacia alle azioni programmate (Moccia, 2002).

 

 

L’andamento dei lavori

 

In entrambi i laboratori si è lavorato dapprima per raccogliere e ordinare tutte le richieste avanzate e per costituire un patrimonio comune di informazioni, basi concettuali e riferimenti tecnici, anche discutendo altre esperienze di pianificazione provinciale e di programmazione negoziata. Poi si è passati man mano a sviluppare concretamente le singole proposte, fino a farle divenire dei veri e propri semilavorati da far confluire nel nuovo piano.

Per ciascuno dei quattro temi di entrambi i laboratori si sono organizzate 6 diverse fasi di lavoro, secondo una sequenza operativa articolata in due cicli distinti.

Nei mesi di maggio, giugno e luglio si è completato un primo ciclo di tre riunioni, che hanno avuto lo scopo di concordare il metodo di lavoro, costruire un sistema di riferimenti condivisi, definire l’ambito del confronto, esprimere in modo circostanziato aspettative, volontà e disponibilità dei singoli attori.

Questo primo ciclo di riunioni ha di per sé prodotto una serie di risultati concreti, grazie alla fattiva partecipazione degli interessati, che fin da un primo momento hanno dato prova di impegno concreto e capacità propositiva. In particolare la prima e la seconda riunione hanno consentito di affinare, per ciascun tema, il quadro della domanda locale e lo scenario delle modifiche auspicabili al piano vigente.

Per meglio indirizzare il confronto, i tecnici incaricati hanno proposto contributi informativi di varia natura. Per quanto riguarda le regole sono state illustrate e discusse soluzioni alternative e formulazioni specifiche desunte dagli esempi più proficui di Ptc in tutta Italia. Per quanto riguarda le azioni, sono state analizzate best practices dalla recente esperienza internazionale nei diversi campi di intervento contemplati dal programma dei lavori.

In entrambi i casi, al fine di rendere più pertinente il dibattito, sono stati distribuiti ai partecipanti estratti monografici dei contenuti normativi e programmatici del Ptc vigente, mentre i funzionari provinciali hanno fornito aggiornamenti sull’esperienza di gestione dell’apparato normativo, nonché sullo stato di attuazione delle principali azioni strategiche promosse.

A conclusione di queste due prime serie di incontri, si è definito l’ambito della discussione in merito alla revisione delle norme e lo scenario delle opportunità di intervento in merito alla definizione degli accordi strategici.

Con la terza riunione si è entrati definitivamente in una fase operativa. Passando in rassegna le diverse proposte pervenute – sia nel corso dei colloqui preliminari che delle riunioni del laboratorio, che, infine, attraverso il sito web o per iscritto – si sono individuate quelle su cui concentrare maggiormente l’attenzione nelle sedute successive, definendo per ciascuna il soggetto promotore (per le azioni) o il discussane responsabile (per le regole). Per ciascun argomento da approfondire, promotori e discussants hanno assunto l’impegno di sviluppare ipotesi di lavoro e di convocare i soggetti utili alla concertazione negoziata delle soluzioni proposte.

A questo compito operativo è stato dedicato il ciclo delle tre riunioni conclusive, avviato a settembre dopo la pausa di agosto e concluso alla fine di novembre. Questa seconda fase, che ha beneficiato di un’autonoma sede di incontro e discussione all’interno dello stesso palazzo della provincia, ha consentito di sviluppare contributi originali secondo modalità di concertazione negoziata.

La distinzione tra il laboratorio delle regole e quello delle azioni si è ulteriormente accentuata. L’opportunità di costruire insieme le intese per portare avanti specifiche iniziative ha infatti indotto a moltiplicare i tavoli delle azioni, facendo sì che per ciascun tema si passasse da una riunione generale a una decina o più di incontri distinti per argomento. Anche le date del calendario si sono infittite, passando da una a tre riunioni di lavoro a settimana per le sole azioni; mentre le regole hanno mantenuto l’iniziale cadenza settimanale, pur variando molto le modalità operative, che hanno visto il confronto divenire sempre più tecnico e circostanziato, talora a costo di un’inevitabile riduzione del campo dei partecipanti meno addetti ai lavori.

In questa seconda fase si sono tirate le fila del lavoro svolto con chiare finalità operative.

Sul fronte delle regole la prima riunione è stata dedicata all’illustrazione e alla discussione delle ipotesi di lavoro sviluppate da ciascun discussant.

La seconda ha sviluppato il dibattito dando luogo a formulazioni alternative o complementari.

La terza ha messo a fuoco soluzioni condivise mediante il confronto critico, comunque indirizzato in chiave propositiva, delle diverse posizioni rappresentate intorno al tavolo.

Il prodotto finale consiste in una serie di documenti scritti, successivamente affinati e ulteriormente concordati attraverso un processo di feed-back e revisioni incrociate, la cui versione finale è stata comunque comprovata anche dai singoli discussants.

Sul fronte delle azioni la prima riunione ha individuato, per ciascuna proposta:

- l’obiettivo primario;

- lo scenario operativo, articolato in opportunità da cogliere e ostacoli da superare;

- i finanziamenti ipotizzabili;

- la documentazione esistente;

- ogni altra informazione utile alla corretta impostazione della strategia in questione (fase di impostazione).

Con la seconda riunione si sono analizzate le proposte di lavoro, concordati i punti fermi su cui procedere, attribuiti a ciascuno degli stakeholders i compiti per la conclusione dell’intesa, completando nel contempo il quadro informativo e lo scenario operativo di riferimento (fase di negoziazione).

Con la terza riunione si sono concordati i risultati in termini di accordi operativi, in base ai quali procedere all’attuazione delle politiche e degli interventi proposti, registrando gli impegni assunti a tal fine da ciascuno dei partecipanti (fase di ratifica).

 

Tabella 3

 

 

La fase di restituzione normativa

 

Nel loro complesso, i due laboratori così concepiti tendevano a garantire risultati affidabili – sia in termini di condivisione e consenso politico che di efficienza attuativa – all’intero processo di costruzione collettiva del piano. A tal fine, come si è visto, si è messo in atto un mix inedito di metodi e accorgimenti, ciascuno dei quali era però riconducibile a esperienze consolidate in vari contesti. A conclusione dell’opera occorreva soltanto garantire che gli esiti del processo di concertazione risultassero trasparenti, non meno che proficui, anche in termini di output.

Un tale requisito, di assai agevole controllo in termini concettuali, diviene invece solitamente assai più sfuggente quando si confronta con la realtà concreta degli interessi politici. È infatti fin troppo agevole intuire quanto sarebbe stato più semplice e rassicurante per la provincia mantenere uno spazio di manovra autonomo cui poter eventualmente ricorrere in sede di restituzione finale dei contenuti normativi del piano. In particolare la fase di restituzione degli esiti dei laboratori avrebbe anche potuto configurarsi secondo modalità definite discrezionalmente all’ultimo momento in relazione all’andamento dei laboratori stessi. Ad esempio si sarebbe potuto scegliere di procedere unilateralmente a un’elaborazione autonoma in cui la provincia, pur movendo dagli esiti della concertazione, sviluppasse per proprio conto i punti rimasti più controversi, in quanto autorità preposta alla tutela degli interessi della collettività (Healey et al., 1997).

In realtà, puntando sull’ipotesi di una sostanziale convergenza degli interessi collettivi verso gli orientamenti già maturati all’interno dell’amministrazione, la provincia ha avuto il merito non comune di dichiarare fin dal primo momento che tutti i risultati dei laboratori sarebbero stati raccolti senza ulteriori modifiche in un documento collettivo di sintesi, che avrebbe costituito la base per la redazione dell’articolato definitivo del piano.

Pertanto, nella fase di chiusura dei laboratori, tutto il materiale prodotto è stato dapprima sottoposto a verifica e aggiustamento dallo staff del tecnico incaricato, che ha redatto una bozza di Relazione di sintesi. Questo lavoro è servito soprattutto a rendere omogenei i diversi contributi, a garantire la coerenza fra le parti, a tradurre eventuali residui di formulazioni unilaterali in chiave di condivisione collettiva. Per quanto riguarda in particolare le azioni, le modifiche sono state esclusivamente di tipo ortografico, dal momento che tutta la documentazione prodotta era stata redatta collegialmente e non poteva quindi essere variata nei contenuti.

La relazione è stata poi messa a disposizione di tutti sulla Bacheca del sito web, acciocché tutti gli interessati – discussants e promotori in primis – potessero inviare le proprie proposte di modifica. Queste proposte sono state infine concordate fino a dar forma alla versione definitiva, che è stata presentata il 27.4.2004 nella I Conferenza di programmazione, l’atto che secondo la procedura della Lr Toscana avvia l’iter di formazione o di aggiornamento del Ptc.

In tal modo il momento di conclusione dei laboratori è coinciso con l’inizio della redazione finale del piano, garantendo continuità e immediatezza all’intero processo, che si sta avviando a compimento con immutate caratteristiche di collegialità e trasparenza, sia pur con il consueto spazio per l’autonomia propositiva dei tecnici.

 

 

Bibliografia

 

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Crosta P. L. (1998), Politiche, FrancoAngeli, Milano.

Curti F., Gibelli M. C. (1996), Pianificazione strategica e gestione dello sviluppo urbano, Alinea, Firenze.

Faludi A. (1999), Dalla prima alla terza generazione di teorie della pianificazione, in “Urbanistica”, n. 113.

Forester J. (1989), Envisioning the Politics of Public Sector Dispute Resolution, Cornell University, Cornell.

Healey P., Khakee A., Motte A. e Needham B. (eds.) (1997), Making Strategic Spatial Plans: Innovation in Europe, University College London Press, London.

Magnaghi A. (2000), Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino.

Mastop J. M. e Faludi A. (1997), Evaluation of Strategic Plans: the Performance Principle, in “Environment and Planning B: Planning and Design”, n. 24.

Moccia F. D. (2002), I Pit in Campania: pianificazione interattiva per lo sviluppo del territorio, in “Urbanistica Informazioni”, n. 182.

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Vignozzi A. (2000), Approccio strategico e contenuti regolativi del piano, in “XXIII Congresso Inu. Il progetto della città contemporanea”, Inu, Roma.

Vignozzi A. (a cura) (2001), Provincia di Grosseto. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, Urbanistica Quaderni, n. 31.

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