Numero 1/2 - 2000

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sviluppo locale, scenari di crescita e domanda di spazi per le attività produttive


Antonio Ranieri


Il PTC della Provincia di Salerno intende favorire la formazione di processi di sviluppo locale, sulla base del complesso della domanda e dell’offerta di opportunità rilevabili sul territorio. Antonio Ranieri precisa i termini della questione a partire dall’analisi delle dinamiche socio-economiche e delle conseguenti necessità di spazi per le attività produttive, per finire con la rappresentazione degli scenari di crescita programmatica formulati nell’ambito del nuovo strumento di pianificazione territoriale 

 

 

 

 

 

La predisposizione del nuovo PTC di Salerno, ovvero del principale strumento disponibile per il governo del territorio ad area vasta, rappresenta un’occasione importante non solo dal punto di vista della pianificazione urbanistica e territoriale, ma anche dell’identificazione delle prospettive e delle strategie di sviluppo economico della provincia. In una visione integrata dello sviluppo territoriale, la pianificazione urbanistica, proprio perché tende a coinvolgere interessi tra loro in conflitto e a confrontarsi con problemi di competizione d’uso tra le risorse, costituisce un inevitabile terreno di confronto sui possibili scenari e strategie di sviluppo locale. Le indicazioni programmatiche emerse dalle analisi economiche, che trovano un momento di sintesi nell’elaborazione degli scenari per il dimensionamento del piano e negli indirizzi per la pianificazione urbanistica comunale, riflettono interamente tale necessità di integrazione. Per queste ragioni il tema della domanda di spazi per le attività produttive, su cui si concentra in particolare il presente contributo, sarà affrontato ricostruendo sinteticamente tutti gli elementi necessari per una piena comprensione delle scelte operate, in particolare attraverso:

– una prima sezione dedicata alle scelte di metodo adottate dal PTC ai fini della valutazione della domanda di spazi per le attività produttive, offrendo al tempo stesso un quadro di sintesi degli indirizzi a tale scopo formulati per il dimensionamento dei PRG comunali;

– una seconda sezione finalizzata ad una breve ricostruzione della dinamica socioeconomica che ha interessato la Provincia di Salerno nell’ultimo decennio, nonché delle prospettive di sviluppo futuro;

– una terza sezione, infine, interamente dedicata alla rappresentazione degli scenari di crescita programmatica formulati nell’ambito del PTC, anche ai fini delle scelte per il dimensionamento del piano.

 

Il dimensionamento del piano per le attività produttive: aspetti metodologici

 

La ricostruzione di scenari relativi alla domanda e al fabbisogno di spazi per le attività produttive rappresenta un esercizio complesso, in quanto richiede precise valutazioni circa i cambiamenti prevedibili sia nella struttura produttiva e tecnologica del sistema, che nei bisogni e nelle aspirazioni economiche e sociali della comunità locale. Non solo, dunque, è necessario considerare i numerosi elementi che a livello locale possono influenzare lo sviluppo dei diversi settori economici (se non delle singole aziende), ma al tempo stesso il riferimento territoriale dev’essere ampliato per tenere conto delle tendenze generali e settoriali che si manifestano sul piano nazionale e internazionale. Gli scenari formulati nell’ambito del PTC di Salerno e successivamente illustrati, tengono conto di tali difficoltà, cercando di coniugare esigenze metodologiche e necessità operative, compiendo uno sforzo di sistematizzazione che si auspica possa contribuire al più ampio dibattito sulla valutazione dei piani.

Diversi sono i motivi che spingono le imprese a muoversi nello spazio, e al tempo stesso ad esprimere una domanda di superficie. La mobilità spaziale delle imprese, legata ai processi di natalità, mortalità o trasferimento delle imprese esistenti, avviene generalmente mediante movimenti relativi e movimenti assoluti: mentre i primi sorgono quando si verificano le condizioni per differenti tassi di crescita tra aree geografiche diverse; i secondi riflettono invece i cambiamenti nell’organizzazione spaziale delle imprese esistenti in una determinata area e non richiedono, in prima istanza, una conoscenza approfondita dei fenomeni che interessano altre parti del territorio. Dal punto di vista fisico-funzionale, i processi di mobilità "assoluta" delle imprese avvengono generalmente mediante le seguenti modalità:

– chiusura di imprese esistenti e/o insediamento di nuove unità senza variazioni di funzioni aziendali nelle unità esistenti;

– insediamento di nuove unità per effetto di trasferimento parziale o totale di funzioni aziendali tra unità preesistenti;

– adeguamenti delle localizzazioni esistenti per trasferimenti parziali di funzioni aziendali o processi di accorpamento tra unità preesistenti.

– ampliamenti e riduzioni di superfici occupate nel sito originario di imprese esistenti.

Diverse possono essere le motivazioni alla base di questi fenomeni e la quantificazione della relativa domanda di spazi non può anche in questo caso avvenire attraverso criteri omogenei o parametri standard. In via generale è possibile distinguere tre tipi di motivazioni principali:

– la domanda derivante da esigenze di adeguamento e razionalizzazione da parte delle imprese esistenti, ovvero dalla necessità di adeguare la disponibilità di spazi esistente a rapporti di superficie per addetto o per unità di prodotto in grado di accrescerne i livelli di produttività;

– la domanda derivante dai processi di crescita e sviluppo del tessuto produttivo: la prima originata dalla richiesta delle imprese esistenti di adeguare la disponibilità di spazi ai maggiori livelli produttivi previsti; la seconda legata alla localizzazione di nuove imprese sul territorio che lo sviluppo di taluni settori o dell’insieme dell’economia locale tende a favorire;

– la domanda per esigenze di rilocalizzazione delle imprese esistenti, determinata dall’esistenza di incompatibilità ambientali e/o dall’insorgere di diseconomie insediative nelle localizzazioni esistenti.

In termini generali è evidente come, mentre le prime due tipologie forniscono generalmente un apporto netto al fabbisogno complessivo di spazi, nel caso del fabbisogno da rilocalizzazione si tratta viceversa di considerare le possibilità di riutilizzo degli spazi dismessi dai processi di trasferimento, spesso in grado di ospitare attività più compatibili o comunque idonee ai diversi contesti urbanistici e ambientali. In ogni caso alle diverse motivazioni, oltre che metodologie e tecniche di valutazione appropriate, corrisponde anche una differente suddivisione dei compiti di indirizzo e programmazione tra i diversi momenti della pianificazione urbanistica e territoriale.

Nel caso della domanda derivante da fenomeni di mobilità relativa o legata a processi di vero e proprio sviluppo del sistema produttivo locale, l’attenzione sarà prevalentemente concentrata sui possibili fattori di attrazione offerti dalle diverse localizzazioni, tra i quali la maggiore o minore disponibilità di spazi – e quindi i suoi costi relativi – giocherà un ruolo rilevante ma non prevalente. Accanto alla disponibilità di aree, sarà infatti l’insieme delle convenienze localizzative - legate alle infrastrutture, alla mobilità, ai mercati di approvvigionamento e di sbocco – a orientare le scelte delle imprese. È evidente in questo caso il ruolo strategico assunto della pianificazione ad area vasta nell’assicurare un quadro complessivo di compatibilità tra gli obiettivi di sviluppo economico e le esigenze di tutela e sostenibilità ambientale del territorio. Dal punto di vista della domanda di spazi, si tratta di un compito che interessa sia gli aspetti quantitativi – in termini assoluti - del dimensionamento; sia gli aspetti distributivi legati agli ambiti territoriali da privilegiare; sia, infine, agli aspetti per così dire qualitativi connessi alla definizione dei criteri per la scelta delle localizzazioni puntuali.

All’estremo opposto si pone viceversa il caso dei processi di mobilità che nascono da mutamenti del contesto ambientale in cui l’impresa opera, che tendono a generare una domanda di spazi per rilocalizzazione in senso stretto (che non prevede, cioè, un significativo consumo aggiuntivo di spazio) dettata da fattori di spinta essenzialmente esogeni all’impresa. Il prevalere di fattori di spinta rispetto a quelli di attrazione implica chiaramente la ricerca di una destinazione quanto più possibile vicina all’origine dello spostamento. In questo caso la pianificazione comunale, cui spettano compiti di disegno minuto del territorio, è la sola in grado di individuare quelle soluzioni capaci di compenetrare il rispetto dei vincoli e delle esigenze di tutela e valorizzazione del territorio, con la preferibilità sociale delle diverse soluzioni alternative possibili, anche considerati gli elevati costi economici che tali processi generalmente comportano dal punto di vista degli stakeholders presenti sulla scena locale.

Nei casi in cui, infine, i processi di mobilità risultano determinati da esigenze prevalentemente di natura endogena al tessuto di imprese esistenti, legate alle prospettive di crescita o di razionalizzazione produttiva, entrambe i livelli della pianificazione risultano direttamente coinvolti. Il PTC, in particolare, vede in quest’ambito decisionale esaltato il proprio ruolo di coordinamento, rappresentando un punto di riferimento indispensabile per garantire razionalità e coerenza alle scelte operate dai singoli comuni. Soprattutto con riferimento al comparto industriale ed ai servizi alle imprese, infatti, qualunque sistema produttivo locale tende inevitabilmente a travalicare i confini amministrativi comunali per assumere una dimensione tipicamente ad area vasta. In tali condizioni l’offerta di spazi è in buona parte fungibile e può anzi essa stessa modificare le tendenze localizzative delle imprese. Pur non entrando nel merito di valutazioni che possono essere espresse solo a partire da una più approfondita conoscenza delle singole realtà locali, e che resteranno pertanto affidate alle responsabilità ed al potere decisionale del livello comunale di pianificazione, si comprende la necessità che a livello di PTC venga definito un sistema di metodologie, tecniche e parametri di valutazione in grado di garantire coerenza alle singole previsioni di piano. Gli stessi scenari di crescita socioeconomica elaborati dal PTC a livello di ambiti territoriali (ovvero aggregazioni di comuni a forte integrazione spaziale), intendono inoltre rappresentare un preciso punto di riferimento per le scelte dei PRG comunali, le cui previsioni, pur con la necessaria flessibilità, dovranno risultare compatibili con le corrispondenti previsioni effettuate dagli altri comuni come a livello provinciale aggregato.

Su questa base metodologica, a partire da una valutazione delle prospettive di sviluppo provinciale, ottenuta anche attraverso la costruzione di un sistema di scenari di crescita demografica ed economico-sociale, è stato quindi definito il quadro delle valutazioni e delle scelte programmatiche del PTC di Salerno.

 

I cambiamenti dello scenario esogeno: processi di sviluppo e domanda di spazio nella "nuova economia"

 

L’analisi della domanda di spazi ha richiesto in primo luogo una ricostruzione delle trasformazioni che caratterizzano l’attuale fase dello sviluppo economico sia a livello locale che a livello globale. In una realtà ancora scarsamente industrializzata come quella salernitana, in particolare, il tema del dimensionamento del Piano per le attività produttive ha richiesto una profonda riflessione sul ruolo che questo comparto sarà effettivamente in grado di svolgere nello sviluppo futuro dell’area. La perdita di peso relativo che le attività manifatturiere continuano a registrare in termini occupazionali in tutte le economie più avanzate, costituisce solo la manifestazione più evidente di un fenomeno più complesso, la cui interpretazione appare indispensabile ai fini di una corretta interpretazione del modello di sviluppo economico-territoriale che caratterizza la nostra provincia e delle prospettive di sviluppo futuro.

Com’è noto, la crescente interdipendenza e integrazione economica che si manifesta sui mercati internazionali, non solo con l’aumento del volume e della varietà nelle transazioni (di capitali, beni e servizi), ma anche una più rapida ed ampia diffusione della tecnologia, tende ad accentuare il confronto competitivo fra le imprese, intensificandone la concorrenzialità e premiandone la capacità di anticipazione nell’introduzione di innovazioni. La perdita di importanti strumenti di politica economica a livello centrale, in primo luogo relative al controllo dei cambi e monetarie (oltre che di fatto fiscali e di bilancio), non consente inoltre alle imprese di compensare i differenziali di costo attraverso l’aumento dei prezzi e la manovra dei tassi di cambio.

Nel nostro Paese, soprattutto nei settori industriali tipici del Made in Italy, l’accelerazione dei processi competitivi e di produttività del lavoro ha privilegiato la ricerca delle economie di integrazione e agglomerazione piuttosto che un rilancio delle produzioni basate sulle grandi dimensioni e sulle economie di scala, fornendo un ulteriore spinta ai processi già avviati dalle imprese a partire dalla metà degli anni ’80. Ci si riferisce in particolare: alla riduzione del numero medio di addetti per impresa (downsizing); alla tendenziale eliminazione delle scorte e dei magazzini (just in time); all’esternalizzazione di quelle parti del processo produttivo – soprattutto di tipo terziario – che realizzate all’interno non garantiscono più adeguati livelli di efficienza e profitto (outsourcing).

Si tratta di un insieme di fenomeni potenzialmente in grado di favorire, dunque, un’inversione di tendenza strutturale alla crescita della domanda di spazi per unità di prodotto da parte delle imprese. Il rapido sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione rendono inoltre meno costosi tali processi, contribuendo a rivoluzionare le coordinate spazio-temporali dei sistemi produttivi, sia a livello nazionale che a livello regionale e locale. Una tendenza, dunque, alla riduzione del peso delle produzioni "materiali" su quelle "immateriali" che non deve però condurre a conclusioni affrettate circa il ruolo esercitato dalle attività manifatturiere nei processi di sviluppo locale soprattutto nel caso di aree, come quella in esame, scarsamente industrializzate:

– in primo luogo perché la rilevanza crescente delle produzioni "immateriali" non si accompagna ad una riduzione delle produzioni "materiali" in termini assoluti, come testimonia la costante crescita del valore aggiunto direttamente generato dalle attività manifatturiere;

– in secondo luogo perché il calo dell’occupazione industriale nelle aree più avanzate è in parte conseguenza di un fenomeno di "illusione" statistica, derivante dai processi di trasformazione in atto nell’organizzazione produttiva: i prodotti "immateriali" sono infatti in buona parte input intermedi che vedono come domanda finale la stessa produzione "materiale" (in un certo senso, dunque, aumenta il contenuto immateriale dei prodotti materiali);

– in terzo luogo perché il grado di "saturazione" raggiunto nelle aree a maggiore sviluppo industriale del Centro-Nord d’Italia o europeo, costituisce un’interessante opportunità di crescita per quelle aree, come quella salernitana, caratterizzate da alti livelli di disoccupazione ed elevata qualità delle risorse umane disponibili (ci si riferisce a quei processi di mobilità relativa delle imprese precedentemente ricordati).

 

Il contesto endogeno: struttura ed evoluzione dell’economia salernitana

 

Le analisi preparatorie condotte per il nuovo PTC hanno permesso di ricostruire un quadro organico riguardante, sia le caratteristiche strutturali del sistema socio-economico provinciale, sia la fase congiunturale più recente attraversata dall’economia salernitana. L’immagine che ci restituiscono le diverse analisi effettuate, è innanzi tutto quella di un sistema economico che mostra evidenti segni di vitalità, pur all’interno di un quadro strutturale contraddistinto dalla prevalenza di elementi di forte debolezza. Nonostante i segnali positivi degli ultimi anni, grave resta in particolare l’incapacità da parte del sistema economico provinciale di assicurare adeguate opportunità occupazionali alla forza lavoro locale, anche se la grande rilevanza che assume il fenomeno del sommerso anche nella nostra realtà deve in parte ridimensionare le conseguenze sociali del fenomeno. Il forte peso tuttora assunto dai tradizionali comparti di specializzazione, come l’agricoltura e le costruzioni, costituisce un ulteriore punto di debolezza del sistema produttivo locale, considerate le deboli prospettive che li caratterizzano almeno in termini occupazionali.

 

L’evoluzione strutturale delle attività extra-agricole attraverso i dati censuari

Nell’ultimo intervallo intercensuario 1991-96 il settore manifatturiero ha manifestato sul piano occupazionale una tendenziale riduzione confermando il trend negativo già evidenziato nel corso del decennio precedente. Se questo fenomeno risulta comune a tutte le aree territoriali del Paese, è pur vero come esso non abbia assunto ovunque la stessa intensità. Mentre, infatti, fra il ’91 ed il ’96, gli addetti al manifatturiero nella sola provincia di Salerno si riducono complessivamente del 4,7%, nel Mezzogiorno ed a livello nazionale tale riduzione assume un’intensità decisamente maggiore (-9,6% per il Mezzogiorno e -6,8% per l’Italia). Ciò significa che - in quest’ultimo arco temporale - l’industria manifatturiera salernitana ha dimostrato, sul piano occupazionale, una maggiore capacità di tenuta rispetto a quanto evidenziato mediamente dagli altri contesti locali (Grafico 1).

 

La prima metà degli anni ’90 ha rappresentato al contempo un momento di importante trasformazione nelle caratteristiche produttive dell’apparato manifatturiero provinciale. I principali settori di specializzazione dell’economia salernitana hanno subito in questi ultimi anni un processo di parziale ridimensionamento in termini occupazionali: alimentare (-6,1%); tessile ed abbigliamento (-9,9%); fabbricazione di macchine elettriche, di apparecchiature elettriche ed ottiche (-9,4%); fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-13,4%); industria del legno e dei prodotti in legno (-18%). All’opposto l’occupazione è cresciuta in altri comparti che non rappresentano settori "vocazionali" dell’apparato produttivo provinciale, come ad esempio: la fabbricazione di articoli in gomma e plastica (+49,3%); l’industria conciaria, delle pelli e del cuoio (+34,9%); l’industria della fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici (+16,8%) (Grafico 2).

 

I dati relativi all’ultimo Censimento indicano inoltre come si sia verificata una progressiva modifica dell’articolazione territoriale dello sviluppo industriale salernitano. I tradizionali poli di industrializzazione - in particolare la zona attorno al capoluogo e quella di Nocera Inferiore - hanno subito un ulteriore ridimensionamento (rispettivamente -1.700 addetti nell’area di Salerno e -682 in quella di Nocera Inferiore) - mentre sembra confermarsi l’emergere di nuovi poli manifatturieri come Battipaglia e Agropoli, che confermano il trend positivo già evidenziato nel corso del decennio precedente. Artefici di questa performance, nel caso di Battipaglia sono stati soprattutto: il tessile-abbigliamento (+237 addetti); la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (+219 addetti); la fabbricazione di macchine ed apparecchi elettrici, di apparecchi radiotelevisivi e di apparecchiature per le telecomunicazioni (+215 addetti). Per ciò che riguarda l’area di Agropoli la crescita occupazionale si spiega viceversa soprattutto in virtù dell’ottima performance fatta registrare dalla fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (+198 addetti) e dalla produzione di metallo e dalla fabbricazione di prodotti in metallo (+187 addetti).

Anche i sistemi locali interessati da un processo di riduzione della base occupazionale hanno tuttavia registrato un sostanziale consolidamento dell’occupazione nei settori di prevalente specializzazione:

– nell’area di Nocera Inferiore, dove si assiste ad una crescita nel settore alimentare (+67 addetti), pur a fronte di un forte ridimensionamento dell’occupazione manifatturiera complessiva (-682 addetti);

– nell’area di Eboli dove tende a consolidarsi il ruolo del settore delle confezioni (+260 addetti) in un quadro generale che vede il settore manifatturiero subire un lieve arretramento (-57 addetti);

– nell’area di Sala Consilina dove si conferma la lenta, ma costante, espansione del settore delle calzature (+69 addetti);

– infine nell’area di Positano che mantiene sostanzialmente invariati i livelli occupazionali nel settore delle confezioni di articoli di vestiario.

Spostando il focus delle analisi dal settore manifatturiero a quello dei servizi, si possono cogliere alcune ulteriori fenomenologie che meritano di essere analizzate. Nonostante i limiti dei dati censuari1, si può osservare:

– una forte crescita dell’occupazione nel settore dei servizi alle imprese (+27% fra il ’91 ed il ’96, pari a circa 4.200 nuovi addetti), in linea con quella rilevabile su scala regionale, ma assai più pronunciata di quella mediamente verificatasi sia nel Mezzogiorno (+20%) che nel resto del Paese (+22%);

– altrettanto positivo risulta essere l’andamento dell’occupazione nei servizi legati all’infrastruttura distributiva2, anche se la crescita, in questo caso, assume un’intensità assai più contenuta (+8% nella nostra provincia, a fronte di una variazione che, per l’intero territorio nazionale, si attesta in media al 3%);

– estremamente negativo nella nostra provincia risulta viceversa l’andamento dell’occupazione nei servizi per il consumo finale privato (il calo degli addetti risulta pari al -21%, a fronte del -10% che si rileva a livello nazionale), in gran parte dovuto alla crisi che ha investito il settore della piccola distribuzione commerciale (Grafico 3).

 

Le tendenze recenti del mercato del lavoro provinciale

L’evoluzione registrata dall’economia provinciale nel corso del triennio 1996-99 continua ad evidenziare, accanto alle tradizionali fragilità del tessuto produttivo, anche l’emergere di alcuni segnali positivi, registrando in particolare una crescita occupazionale di 2 punti e mezzo percentuali. Tuttavia analizzando tale andamento con riferimento ai principali macrosettori si può osservare come:

– continua il calo dell’occupazione agricola, che si riduce di quasi 5 punti percentuali, sia pure con dinamiche meno negative di quelle registrate a livello regionale e nazionale (-17% e –11%);

– dopo la performance relativamente positiva dei primi anni ’90, il settore manifatturiero presenta una dinamica crescente, passando dalle 40 mila alle 42 mila unità, con un aumento anche in questo caso superiore a quanto avvenuto in media nazionale e regionale (+3,8% contro il +1,2% e il +3,7%);

– il settore delle costruzioni mostra una buona resistenza, con una contrazione del –0,7% a fronte di una contrazione di oltre 4 punti percentuali registrata ad esempio a livello regionale;

– in crescita anche le attività terziarie, anche se con una dinamiche inferiori a quelle medie regionali e nazionali, il comparto presenta comunque nella provincia con un incremento del 4% (dalle 214 mila unità del 1996 alle 222 mila unità del 1999), a fronte di una crescita media nazionale superiore ai 5 punti percentuali.

Il peso dell’occupazione nell’industria in senso stretto sembra dunque essersi accresciuto negli ultimi anni, pur restando fortemente sottodimensionato rispetto al dato medio nazionale. L’evoluzione positiva del settore manifatturiero viene peraltro confermata anche dall’andamento delle esportazioni, cresciute fra il 1996 e il 1999 di oltre il 22%, a fronte di una dinamica inferiore agli 8 punti percentuali in media nazionale. Le imprese locali hanno così mostrato una capacità di competere sui mercati internazionali ben superiore della media nazionale, nonostante il non favorevole andamento dei cambi rispetto all’area dell’Euro. L’analisi delle esportazioni per settore evidenzia come siano stati soprattutto i settori di specializzazione della struttura produttiva locale ad aver mostrato la performance relativamente più positiva. In particolare si può osservare come:

– il settore dei prodotti alimentari, delle bevande e dei tabacchi, che da solo assorbe oltre il 50% delle esportazioni provinciali, ha mostrato una crescita superiore al 25% rispetto all’8,6% medio nazionale;

– il settore degli articoli in gomma e materie plastiche ha registrato una crescita del 27%, contro un aumento il 13% medio nazionale;

– il settore dei prodotti in metallo ha presentato una dinamica superiore al 12%, rispetto alla stazionarietà del dato medio nazionale.

La buona performance del manifatturiero non è stato comunque in grado di modificare sostanzialmente il quadro negativo del mercato del lavoro locale. La riduzione del tasso di disoccupazione, che pure si è realizzato, è stato infatti influenzato soprattutto dalla riduzione della partecipazione al lavoro. Gli attivi si sono ridotti di quasi il 4%, passando dalle 409 mila unità del 1996 alle 394 mila unità del 1999, accrescendo così il divario nei tassi di attività della popolazione provinciale rispetto al dato medio nazionale (53% contro il 60% nazionale). La riduzione del tasso di disoccupazione è ha quindi avuto origine essenzialmente in un incremento dei fenomeni di "scoraggiamento" e nella ripresa dei flussi migratori in uscita della forza lavoro.

 

Risorsa lavoro e risorsa spazio in un contesto dinamico: gli scenari di crescita per la Provincia di Salerno

 

L’evoluzione della popolazione, pur fondandosi su basi biologiche e sociali, presenta implicazioni economiche di grande portata. Fecondità, mortalità, flussi migratori e le conseguenti modificazioni nella struttura per età della popolazione, influenzano l’offerta di lavoro, non solo dal punto di vista dimensionale, ma anche determinando la sequenza dei ruoli esercitati dalle diverse componenti strutturali della popolazione. A loro volta i processi economici rappresentano variabili determinanti dei processi demografici, influenzando i tassi di natalità, di mortalità e soprattutto la variazione dei flussi migratori. Al fine di prefigurare dei possibili sentieri di crescita per il futuro della Provincia, è stato quindi impostato un modello di sviluppo in grado di integrare gli aspetti demografici agli aspetti di natura più strettamente economica. In particolare, la ricostruzione di un sistema di scenari, sia tendenziali che programmatici, è stata basata su tre moduli base in grado di considerare congiuntamente le determinanti demografiche e socioeconomiche dello sviluppo locale: a) le proiezioni demografiche e dell’offerta di lavoro; b) gli scenari settoriali di crescita produttiva e della domanda di lavoro; c) la ricostruzione degli scenari aggregati tendenziali e programmatici.

Mentre per quanto riguarda l’offerta di lavoro si è assunto come riferimento per il PTC uno scenario di tipo tendenziale (assumendo per il prossimo futuro il mantenimento dei flussi migratori sui livelli registrati nel recente passato e la tendenziale riduzione dei tassi di fecondità), per la stima della dinamica della domanda di lavoro stati costruiti due differenti scenari:

– il primo – lo scenario tendenziale – è stato ricostruito assumendo una crescita della produttività del lavoro e del valore aggiunto in linea con quanto avvenuto nell’economia provinciale nel corso dell’ultimo ciclo economico;

– il secondo scenario - lo scenario programmatico - è stato costruito assumendo, viceversa, una ipotesi-obiettivo di attenuazione degli squilibri sul mercato del lavoro3.

I risultati delle proiezioni demografiche hanno mostrato come, in assenza dei flussi migratori, la popolazione provinciale tenderebbe ad aumentare - pur se a tassi via via decrescenti - fino al 2006, per poi declinare leggermente negli ultimi cinque anni considerati. Nello scenario comprendente le dinamiche migratorie, più rilevante ai fini del PTC, la popolazione presenta una dinamica demografica meno favorevole, in quanto la contrazione dei saldi naturali viene ulteriormente aggravata dai saldi negativi della componente migratoria. Nel complesso del periodo la popolazione mostrerebbe comunque una contrazione di poco superiore all’1%, passando dalle 1.092.034 unità del 1998 alle 1.077.751 unità del 2011. A livello territoriale emergono comunque notevoli differenziazioni, più evidenti nello scenario comprensivo dei flussi migratori:

– la Piana del Sele risulta l’area con la dinamica più accentuata (+7,1), aggiungendo al saldo naturale positivo un consistente afflusso migratorio;

– l’Agro-Nocerino-Sarnese registra una crescita contenuta (+1,5%), passando dalle 282.630 unità del 1998 alle 286.865 unità del 2011;

– l’Area di Salerno presenta una contrazione del -2,8% della popolazione residente, mentre nel Cilento Costiero si registra una contrazione poco inferiore del –2,2%;

– contrazioni comprese fra il -5,4% e il -7,7% si registrano nella Costiera Amalfitana, nel Vallo di Diano e nell’Area del Cratere;

– il Cilento Interno e il Saprese presentano la riduzione della popolazione più elevata (circa il -12%).

Tali risultati rappresentano il primo passo per analizzare l’evoluzione che presumibilmente sarà seguita nel prossimo futuro dalle componenti del mercato del lavoro legate all’offerta4. Queste sono, infatti, influenzate, oltre che dalle dinamiche demografiche, anche dai tassi di attività delle diverse componenti della popolazione, che tendono a modificarsi nel tempo, sia in connessione ai mutamenti che investono il quadro socio-economico, che sulla base delle modificazioni che riguardano i modelli socioculturali della popolazione, oltre che dello stesso andamento della domanda di lavoro. In particolare, sulla base di opportune ipotesi circa la possibile evoluzione della domanda di lavoro, lo scenario di tipo tendenziale porta a prevedere per la provincia di Salerno una crescita del numero degli occupati di circa l’8% fra il 1999 e il 2011 (dalle 334 mila alle 362 mila unità, con una crescita essenzialmente sostenuta dalle attività terziarie. L’effetto "trascinamento" che la prevista crescita della domanda tenderà ad esercitare sulle forze di lavoro5, l’offerta di lavoro nel complesso della Provincia dovrebbe registrare in definitiva un aumento di oltre 20.000 unità, portando il tasso di attività dal 53% a circa il 55,4%. Gli scenari formulati precedentemente sull’offerta e la domanda di lavoro, portano così a prefigurare una riduzione degli squilibri esistenti sul mercato del lavoro provinciale, anche se la contestuale crescita delle forze di lavoro tende inevitabilmente ad attenuare l’impatto positivo esercitato dall’incremento dell’occupazione sui tassi di disoccupazione (Tabella 1).

TABELLA 1

Rinviando per il momento ulteriori considerazioni sui risultati ottenuti, è evidente come le dinamiche prefigurate dagli scenari elaborati presentino importanti implicazioni per il mercato del lavoro locale, oltre che dal punto di vista del mercato abitativo e dei servizi alla popolazione.

Concentrando in questa sede l’attenzione sulla domanda di spazi delle attività industriali e dei servizi vendibili legata alle motivazioni per crescita e sviluppo, che, per quanto ampiamente illustrato, sono le uniche ritenute rilevanti ai fini della pianificazione ad area vasta, emerge come6:

– l’occupazione prevista al 2011 si assesta nello scenario tendenziale sulle 226 mila unità – industria in senso stretto e servizi vendibili - con un incremento di circa 40.000 addetti rispetto alla consistenza del 1999, comportando un fabbisogno aggiuntivo di superficie coperta di circa 4,4 milioni di metri quadri7;

– il conseguimento dello scenario programmatico richiederebbe, naturalmente, una maggiore previsione di domanda di spazi per le superfici coperte, che raggiungerebbe infatti gli oltre 5,8 milioni di metri quadri fra il 1999 e il 2011 (Tabella 2).

TABELLA 2

Come si vede, la crescita occupazionale necessaria per raggiungere gli obiettivi assunti nello scenario programmatico interessa in questo caso anche il settore della trasformazione industriale, che richiederebbe un fabbisogno aggiuntivo di oltre 1,5 milioni di metri quadri, con un incremento rispetto alla situazione attuale di circa il 40%. Rimarrebbe, d’altra parte, sempre sostenuta la domanda di superfici coperte del settore dei servizi vendibili, in questo scenario quantificabile in circa 4,3 milioni di metri quadri.

 

Considerazioni conclusive

 

I risultati delle analisi di scenario condotte per la provincia di Salerno, ripropongono inesorabilmente la difficile condizione socioeconomica strutturale che caratterizza la nostra provincia. Nonostante siano state assunte ipotesi relativamente ottimistiche rispetto alla indicazioni più fornite dai modelli di previsione demografica elaborati dall’Istituto Nazionale di Statistica, emerge infatti chiaramente come nello scenario tendenziale:

– con riferimento all’orizzonte di piano (2011), l’offerta di lavoro tenderà a crescere in misura consistente (+6%), con un incremento determinato sia dalla positiva dinamica della popolazione residente, che soprattutto da una maggiore partecipazione al lavoro della componente femminile;

– più accentuata appare la dinamica della domanda di lavoro prevedibile sulla base delle recenti tendenze positive: dopo la perdita di posti di lavoro registrata fra il 1991 e il 1996 e la ripresa registrata nel triennio successivo, nel prossimo decennio l’occupazione tenderebbe a crescere dell’8,4%, sostenuta però esclusivamente dalla forte crescita dei servizi vendibili;

– le diverse dinamiche della domanda e dell’offerta di lavoro si riflettono naturalmente in un relativo miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro che appaiono però del tutto insufficienti: il tasso di disoccupazione nel complesso della provincia resterebbe infatti al 2011 al 13,3%.

In tale condizioni il conseguimento dei pur elevati livelli di disoccupazione attualmente registrati in media nazionale (11% circa)8 richiederebbe comunque una crescita dei posti di lavoro di quasi 43 mila unità rispetto agli attuali livelli della domanda di lavoro (+15 mila rispetto al tendenziale). Una crescita che solo il comparto manifatturiero potrebbe realisticamente assicurare.

È evidente come in questo quadro, mettere in alternativa la crescita dell’industria con quella dei settori terziari più innovativi, non sembra rappresentare una strada percorribile, almeno nel breve e medio periodo. Di fronte agli squilibri esistenti sul mercato provinciale del lavoro ed alla prospettiva – precedentemente indicata - di un ulteriore incremento dell’offerta di lavoro (delle persone, cioè, in cerca di occupazione), dovuta sia alle dinamiche demografiche che al prevedibile – e auspicabile - aumento dei tassi di attività della popolazione, una maggiore crescita del settore industriale sembra rappresentare ancora una condizione necessaria - anche se non sufficiente – per creare le risorse necessarie per uno sviluppo duraturo e meno dipendente dai trasferimenti esterni9. Settori tradizionali come il commercio, l’edilizia, il settore pubblico, o anche un settori terziari con significative potenzialità come il turismo10 o la cosiddetta "nuova economia" in generale, non sembrano infatti in grado di produrre quelle ricadute sull’economia locale che la dimensione degli squilibri occupazionali richiedono.

Proprio per quanto riguarda il turismo, in particolare, non bisogna dimenticare come la presenza di un settore manifatturiero vitale costituisca una condizione necessaria per accrescere l’impatto sull’economia locale prodotta dalla stesse attività turistiche, così importanti nel caso di Salerno. Come è noto, la spesa turistica non alimenta soltanto lo sviluppo delle attività più direttamente connesse (alberghi, ristoranti, attività commerciali, trasporti, ecc.), ma impatta anche su tutta una serie di altri comparti: se si guarda non ai consumi, ma ai settori di origine, si scopre come una quota piuttosto consistente della spesa turistica, pari a circa 1/3 del totale, vada ad alimentare proprio il comparto della trasformazione industriale11. Pur se in misura diversa, un discorso analogo potrebbe essere fatto per quei settori legati alle nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione che pure possono rappresentare un’opportunità decisiva per la crescita della nostra Provincia. È quindi in quest’ottica integrata dello sviluppo che gli scenari sulla domanda potenziale di spazio formulati nell’ambito del PTC andranno attentamente valutati.

 

 

 

1 I dati del Censimento intermedio del ‘96 resi noti dall’ISTAT non sono perfettamente sovrapponibili a quelli relativi al Censimento del 1991. La diversa natura delle due rilevazioni - quella del Censimento del 1991 a carattere esaustivo, riguardante cioè l’universo delle imprese operanti sul territorio nazionale e quella del Censimento intermedio del 1996 di natura campionaria - richiede una notevole attenzione nell’interpretazione dei dati.

2 In questa categoria funzionale sono ricomprese le reti di distribuzione dei prodotti finali e di trasporto di merci e persone, cioè: commercio all’ingrosso ed intermediazione mobiliare; trasporti e servizi ausiliari; comunicazioni.

3 Tale scenario non è stato quindi formulato tanto a scopi "previsivi", quanto programmatici, ovvero al fine di quantificare la crescita necessaria per portare, alla fine del periodo considerato, i tassi di disoccupazione provinciale sui livelli obiettivo identificati.

4 Si rammenta che nell’analisi economica l’offerta sul mercato del lavoro è rappresentata dalla popolazione attiva (la forza lavoro), ovvero da quella parte della popolazione in età lavorativa che si rende attivamente disponibile ad accettare un occupazione.

5 La stima della popolazione attiva al 2011 è stata ricalibrata per tener conto della relazione esistente tra l’andamento dell’occupazione e l’evoluzione della popolazione in età lavorativa e dell’offerta di lavoro.

6 Si tenga presente che l’analisi delle superfici occupate per addetto, seppure condotta con riferimento ai dati offerti ormai dall’ultimo Censimento disponibile, ha comunque consentito di osservare come consumo di spazio risultasse, sia nelle attività manifatturiere che nei servizi, decisamente inferiore al dato medio nazionale.

7 Si tenga presente che si è assunto che il processo di adeguamento della dimensione delle superfici per addetto proceda linearmente per tutto il periodo 1991-2011. Le stime al 1999 incorporano quindi già una parte dell’incremento dei fabbisogni di spazio che, qualora non intervenuti, richiederebbero una previsione di domanda di spazio per il periodo 1998-2011 sensibilmente superiore.

8 Al momento delle elaborazioni è stato utilizzato il dato medio nazionale 1999 pari all’11,4%.

9 Quanto accaduto ad esempio nella vicina Basilicata può essere considerata una dimostrazione delle rilevanti possibilità di crescita che i sistemi di PMI presentano anche nel Mezzogiorno.

10 Cfr. in proposito quanto argomentato dal CLES nel volume su "L’economia turistica nella provincia di Salerno".

11 Cfr. in proposito le stime riportate nel "Settimo Rapporto sul Turismo Italiano".

 

 

 

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