Numero 6/7 - 2003

 

approfondimenti  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La centralità nei sistemi di città


Gabriella Musarra


 

Innovazione tecnologica e contrapposizione dialettica fra globale e locale hanno ridefinito il concetto di centralità nell'organizzazione dei sistemi di città. Gabriella Musarra interpreta le dinamiche che hanno determinato la costruzione di fattori di centralità nello sviluppo territoriale e individua nella formazione di reti di centri urbani la nuova dimensione dell'abitare e del produrre

 

 

 

 

Mutamenti socio-economici e struttura del territorio urbano contemporaneo

 

Gli anni ’90 sono caratterizzati da una fase di radicali innovazioni nell’approccio e nelle metodologie di intervento sulle città e sui sistemi territoriali; in particolare, nel campo delle politiche pubbliche, questi anni sono un laboratorio di sperimentazione dal quale escono nuovi strumenti di programmazione regionale e inedite modalità distributive delle risorse al livello locale.

L’Unione europea ha un ruolo determinante nell’accompagnare queste mutazioni istituzionali e nel fornire una fetta considerevole delle risorse finanziarie a disposizione delle politiche di sviluppo locale per quelle aree ritenute marginali. Mentre, lo Stato tende ad assumere un ruolo di livellatore delle disuguaglianze territoriali, sia attraverso procedure di decentramento amministrativo sia attraverso il trasferimento di competenze al locale1. D’altro canto, molte città hanno puntato sulla messa in valore delle specificità locali, orientando le attività economiche sulla base di un’identità urbana recuperata attraverso gli elementi del patrimonio storico e ambientale, o anche inventata attraverso l’ausilio di massicci interventi di riqualificazione delle aree centrali.

Tra le dinamiche2 che maggiormente hanno inciso sull’evoluzione dei sistemi di pianificazione a livello europeo emergono, tra le più significative:

- la transizione economica dal modello di industrializzazione fordista verso il settore dei servizi, il che comporta, con le strategie di rigenerazione economica delle città degli anni ’90, un rinnovato interesse per la dimensione metropolitana e per le pratiche di pianificazione strategica3;

- la dialettica globale-locale;

- l’emergere della questione ambientale nei processi decisionali legati allo sviluppo del territorio;

- l’integrazione europea, che considera il ruolo della dimensione europea nella revisione degli ordinamenti urbanistici ai livelli nazionali, e che introduce nei sistemi di pianificazione una maggiore attenzione alla fase attuativa e un più esplicito collegamento tra previsioni territoriali e disponibilità finanziarie;

- l’organizzazione reticolare delle politiche territoriali, che costituirà la principale tendenza verso cui si muoveranno, nei prossimi anni, i sistemi di pianificazione dei vari paesi europei.

Un primo aspetto determinante per l’identificazione degli elementi di mutamento del contesto socio-economico e per l’interpretazione del concetto di centralità nelle strutture territoriali contemporanee riguarda le nuove dimensioni spazio-temporali introdotte dalla modernità e il loro effetto sulla struttura dei luoghi e degli insediamenti. Un secondo aspetto affronta il tema della virtualizzazione come fattore di innesco di mutamenti riguardanti le strutture socio-economiche. In effetti, l’introduzione e la diffusione del paradigma virtuale rappresentano un interessante fattore di alterazione dei rapporti tra le persone e tra queste con gli oggetti. In questo senso esso produce nuovi valori di riferimento. Il terzo aspetto tenta di cogliere elementi legati alla produzione e percezione individuale di spazio e tempo, sempre più condizionata dalla mediazione di strumenti tecnologici.

Altro fenomeno emergente che si manifesta come uno dei caratteri salienti della società postmoderna è la tendenza all’individualismo. Questo fenomeno disarticola la città perché, come afferma Indovina, “incide su uno dei principi che con fatica si era affermato lungo tutta la storia dell’urbanizzazione: il diritto alla città”4; ma, nello stesso tempo, introduce nuove forze e spirito d’iniziativa nella città, perché si viene sempre più spesso chiamati a far fronte individualmente alle necessità.

Anche la diversa organizzazione del lavoro sta producendo effetti sulla struttura della centralità determinando la crescita dei due fenomeni della centralizzazione e della concentrazione. Alla centralizzazione, intesa come capacità di esercitare un forte potere di controllo espressa dalle imprese globali, corrisponde una concentrazione (anche fisica) delle attività di servizio legate alle economie di urbanizzazione; mentre i processi di diffusione si manifestano nel fenomeno della multilocalizzazione e della diffusione delle attività terziarie nei tessuti consolidati attraverso processi di riuso e frammentazione di aree dismesse.

Questo determina un ambiente urbano in cui pochi poli emergono con forte potere strutturante, ed è caratterizzato da una frammentazione territoriale e da uno spontaneismo diffuso che hanno generato fenomeni di congestione e squilibri territoriali.

 

 

L’effetto del miglioramento dei trasporti sulla competitività relativa dei centri urbani e delle aree centrali

 

La dinamica di un sistema di centri urbani è influenzata da variabili esterne, come il trend dell’economia nazionale che determina la variazione globale del sistema dei centri, e da variabili interne che determinano le diversità di sviluppo tra i centri. Tra queste ultime le più importanti sono i movimenti di popolazione e di capitali: la popolazione si sposta per trovare un reddito maggiore e gli investimenti per trovare un maggiore profitto. Questo doppio movimento porta alla formazione di una gerarchia di centri urbani dislocati sul territorio.

Anche i trasporti e le telecomunicazioni cambiano la geografia del territorio.

Le distanze fisiche contano sempre meno ed assumono sempre più importanza quelle orarie e quelle psicologiche. Esse si riducono soprattutto tra le città maggiori che sono il nodo nelle reti dei trasporti nazionali, ed in misura minore tra le città di medie dimensioni che in modo crescente sviluppano collegamenti a scala internazionale e interregionale. Aumenta, quindi, la differenza di accessibilità misurabile, ad esempio, attraverso il valore della popolazione accessibile entro un dato intervallo di tempo (ad esempio 2-4 ore).

Le economie delle città maggiori diventano sempre più interdipendenti e si specializzano in funzioni diverse sfruttando le economie di scala. I centri urbani minori nelle aree più periferiche sono relativamente isolati ed autonomi gli uni dagli altri. Questo determina una diminuzione della loro competitività a scala internazionale.

Un cambiamento significativo è avvenuto nel trasporto aereo. Il sistema degli aeroporti è più articolato e i collegamenti sono trasversali, per cui posso andare direttamente da Bologna a Monaco senza passare per Francoforte. Mentre, un altro cambiamento in corso è quello nel trasporto marittimo. Negli ultimi tre anni le cose sono cambiate in modo radicale per effetto del trasporto intermodale o con i container. Una volta i grandi porti erano Anversa, Amburgo oppure i porti vicini al punto di aggancio delle tre penisole al continente europeo (Barcellona, Genova, Trieste, Tessalonica). Ora le grandi navi container entrano nel Mediterraneo dal canale di Suez e determinano enormi potenzialità per il sud dell’Europa, che da periferia che doveva essere collegata con dei raggi al centro del continente europeo diventa, per il trasporto merci, il nuovo centro o un gateway nei trasporti intercontinentali.

 

 

Lo sviluppo delle reti di centri urbani

 

La distribuzione spaziale delle attività economiche e delle residenze indica una varietà impressionante di forme di organizzazione territoriale. Accanto a forme estreme, come i centri urbani di grandi dimensioni e gli insediamenti diffusi nelle aree rurali, emergono forme intermedie di organizzazione territoriale come i sistemi locali del lavoro, le reti di centri urbani di medie dimensioni a scala regionale e i sistemi metropolitani policentrici.

L’organizzazione fisica del territorio in molte regioni italiane è rappresentata da un fitto reticolo di insediamenti industriali o sistemi produttivi locali e di centri urbani di medie e piccole dimensioni e dalle complesse relazioni di questi ultimi con le grandi aree metropolitane.

L’efficienza di diverse forme di organizzazione territoriale dipende dalle specifiche caratteristiche delle transazioni tra i diversi attori locali.

Il processo di integrazione europea rende sempre più intensi i rapporti tra i diversi centri urbani, sia di grandi che di medie e piccole dimensioni, e contribuisce allo sviluppo di reti o network basati su rapporti di competizione e cooperazione a scala interregionale e persino a scala transnazionale. I diversi centri urbani sono sempre più interdipendenti e rappresentano i nodi tra i quali circolano flussi sempre più intensi di merci, servizi, persone, informazioni ed investimenti. Le relazioni tra gli attori locali non si svolgono solo all’interno dei confini di ciascun centro urbano ma si estendono sempre più ad altri centri urbani relativamente distanti.

Gli elementi caratterizzanti una rete di centri urbani o di imprese risultano:

a) i nodi: le imprese o i centri urbani;

b) le risorse caratteristiche e complementari dei singoli nodi;

c) le diverse funzioni assegnate ai nodi;

d) il ruolo gerarchico dei diversi nodi;

e) la mobilità o il cambiamento di ruolo nella rete dei singoli nodi;

f) l’efficienza o i costi delle singole funzioni svolte nei singoli nodi;

g) i flussi di beni, fattori, informazioni tra i diversi nodi;

h) la distanza tra i diversi nodi ed i costi di transazione;

i) le infrastrutture ed i servizi di supporto nella circolazione dei diversi flussi;

j) gli scopi comuni, le risorse condivisibili e le politiche di governo della rete;

k) i confini esterni e le relazioni con i nodi esterni alla rete considerata.

I centri urbani possono essere considerati come il polo di concentrazione di vari fattori di localizzazione di infrastrutture materiali ed immateriali, che determinano la competitività di un sistema produttivo locale e regionale.

Il sistema urbano non sembra tanto essere rappresentato da una piramide caratterizzata da poche grandi città e da città via via sempre più piccole, ma da una rete i cui nodi hanno ciascuno un ruolo e una funzione complementare a quella degli altri. In un siffatto sistema urbano possiamo distinguere le città per dimensione demografica, ma è più interessante andare a vedere le diverse tipologie di città.

Risulta interessante lo studio di un pianificatore-economista tedesco, Kunzman, che individua diverse tipologie di città legate all’esistenza di fattori soft di localizzazione e alla ricerca di una propria vocazione basata sull’innovazione del prodotto/servizio che caratterizza ciascuna città. In particolare, i centri urbani svolgono cinque funzioni diverse in un’economia regionale.

Le città sono il centro delle economie esterne di agglomerazione e disagglomerazione e, quindi, il centro delle attività di servizio, sia private come i servizi commerciali, che pubbliche come i servizi sanitari, da garantire alla popolazione, compresa quella del rispettivo hinterland. In secondo luogo, i centri urbani svolgono un ruolo cruciale nel promuovere un processo graduale di riconversione produttiva dell’economia locale e regionale rispettiva verso settori più qualificati. Essi sono la localizzazione più adeguata delle imprese tecnologicamente più avanzate, dei centri di ricerca e dei servizi avanzati alla produzione. In terzo luogo, i centri urbani sono il centro della identità culturale della regione complessiva. Essi creano un effetto di polarizzazione culturale sul loro hinterland e contribuiscono a creare una immagine che facilità la visibilità della regione nel contesto internazionale. Esse esercitano un potere di attrazione nei confronti degli investitori esterni alla regione e svolgono un ruolo cruciale nella definizione di una strategia di sviluppo regionale che aggreghi il consenso degli attori locali. In quarto luogo, i centri urbani sono il nodo delle reti dei trasporti e delle comunicazioni a scala interregionale. I centri urbani sono, quindi, il porto d’entrata (gateway) della regione di appartenenza, nei confronti del resto del mondo e sono in competizione tra loro per una migliore interconnessione con le grandi reti nazionali ed europee dei trasporti. Infine, i centri urbani svolgono un ruolo istituzionale.

Queste cinque dimensioni della natura e del ruolo di una città nell’economia regionale e nazionale indicano che le politiche urbane rappresentano un campo di intervento importante anche per le autorità nazionali e comunitarie, e che tale ambito non coincide necessariamente con quello tradizionale delle politiche urbanistiche o di pianificazione.

 

 

Modelli alternativi di organizzazione del territorio nazionale

 

Alcuni criteri possono essere formulati come grandi coordinate per strategie urbane consapevoli del presente ed orientate al futuro. Fra questi emergono come decisivi:

- lo sviluppo di una capacità di investimento orientata al lungo periodo;

- la capacità di reinterpretare innovativamente la propria cultura tradizionale;

- la possibilità di inserirsi in circuiti comunicativi più ampi che permettono di usufruire dei benefici della centralità anche da posizioni periferiche.

In un siffatto sistema urbano complesso il successo della competizione dipenderà, in buona parte, dalla capacità di raggiungere la miglior posizione possibile nella propria categoria, piuttosto che dallo sforzo per assurgere ai vertici della gerarchia.

Probabilmente le reti di città di medie dimensioni potranno essere la via d’uscita alle contraddizioni e alle complessità presenti nelle attuali metropoli. Anche se il limite che queste città incontrano, e che spesso le fa soccombere nei confronti della grande città, dipende dal fatto che da una parte molte funzioni a carattere elevato esigono una dimensione elevata di mercato, sia per quanto concerne la domanda dei servizi prodotti, sia soprattutto per quanto concerne l’offerta del capitale umano impiegato; d’altra parte queste stesse funzioni esigono una centralità forte e una facile accessibilità alle reti di comunicazione mondiale.

Si prospettano orizzonti di possibili modalità diverse nelle comunicazioni e nei rapporti, non solo per gli individui ma anche per le città. Una cittadina, fino a ieri considerata provinciale, può divenire culturalmente centrale e attirare attenzione non solo nazionale. Secondo alcuni studiosi, la città contemporanea non rappresenta più un’unità territorialmente significativa; essa si riduce ad essere una raccolta di nodi appartenenti a reti differenti, giustapposti nello spazio ma non effettivamente integrati. Di conseguenza, la duplice natura della città come luogo di compresenza di nodi appartenenti a reti globali e come sistema economico locale rappresenta oggi un elemento di interesse.

Le forme tradizionali della città non si dissolvono nel nuovo assetto metropolitano, ma cambiano funzione, ruolo, figura sociale, status simbolico nell’immaginario collettivo. Tutto cambia fisicamente, ma ancora di più per quanto attiene i circuiti del senso. Circuiti che diventano la cosa più importante da studiare e indirizzare.

È giusto il tentativo, all’inizio del nuovo millennio, di una aggiornata identificazione del concetto di centralità, cominciando dalla redazione di un catalogo delle specie di centralità, delle loro forme e dei sensi. Forse è il momento di lasciare la figura del centro al suo destino telemaico e pensare in modo post-copernicano al luogo come un aperto crocevia di mappe sociali, mentali, di culture. Una cartografia acentrata, più che multicentrica, di nuovi incroci.

Il modello tradizionale di tipo piramidale o gerarchico non riesce più a spiegare la struttura del territorio. Il modello non è più quello incentrato sul rapporto centro-periferia, ma è di tipo policentrico.

Il territorio europeo può essere interpretato come una serie di macro-regioni transnazionali5, che comprendono reti di centri urbani di diverse dimensioni, che svolgono un ruolo complementare all’interno della stessa macro-regione e un ruolo competitivo tra le diverse macro-regioni. Ciascuna di queste macro-regioni ha dei riferimenti geografici, storici e istituzionali comuni. Ognuno di questi bacini può essere concepito come una rete di città, e le città si costituiscono in reti, alleanze per fare concorrenza ad altri bacini interregionali.

Nello studio Europa 2000+ della Commissione dell’Unione europea sono evidenziate diverse aree regionali transnazionali: l’arco alpino, le regioni metropolitane nord-occidentali, l’arco atlantico, il mediterraneo centro-orientale e il mediterraneo centro-occidentale.

In una Europa che si allarga la singola regione e la singola città non possono competere. Nel sistema delle regioni e delle città europee emergono, quindi, nuove macro-regioni6.

 

 

Reti di città di media e piccola dimensione: una risorsa sulla quale investire

 

Da qualche tempo l’immagine della rete è fra le metafore di maggiore successo in vari campi di ricerca, nello studio dei sistemi urbani e territoriali e nella pianificazione territoriale, nella ricerca sociale ed in quella ambientale, nell’elaborazione teorica e nella pratica, nel linguaggio della politica e nel sapere comune. Le ragioni di un simile successo sono molteplici.

La rete, per il suo carattere aperto, indeterminato, dinamico, flessibile delle immagini che evoca, ben si presta a raffigurare processi in atto nella società contemporanea, in particolare, la crescente interdipendenza dei sistemi sociali ed economici, lo sviluppo delle tecnologie telematiche, l’affermarsi di concezioni decentrate del potere. Tutto questo senza ridurre la ricchezza dei caratteri di identità, specificità, contestualità delle maglie che la compongono.

La disposizione geografica dell’Italia, che si colloca verticalmente dal centro verso il sud dell’Europa, costituendosi come una sorta di ponte sul bacino del Mediterraneo, è tale da far ritenere ugualmente degne di attenzione le diverse tipologie di città di livello regionale delineate nel documento comunitario7, perché tutte in qualche modo presenti.

La classificazione comunitaria delle città di taglia regionale, i recenti rilevamenti e le generali caratteristiche dell’infrastruttura urbana di cui l’Italia dispone, portano ad individuare almeno quattro sistemi di reti transregionali di città:

1. reti di città medie e medio-piccole interne alle grandi aree metropolitane. In questi casi, conviene intervenire migliorando le connessioni radiali, puntando soprattutto sul potenziamento del sistema di trasporto su ferro;

2. reti di città medio-piccole che costituiscono bacini di urbanizzazione diffusa. Tali contesti risultano caratterizzati da una discreta dotazione di infrastrutture per la mobilità locale che stentano a connettersi in modo efficiente con i grandi assi di comunicazione;

3. reti di città medie e medio-piccole nel centro-sud e nelle isole, dove la presenza di un discreto numero di città metropolitane (Roma, Napoli, Palermo, Bari, Messina, Catania, Cagliari) non si accompagna alla diffusione di sistemi insediativi sufficientemente robusti ed articolati;

4. reti di città medie e medio-piccole da costruire, specialmente nelle aree interne e meno popolate del centro-sud e delle isole, dove all’assenza di gravitazione intorno a bacini metropolitani e una scarsa propensione a forme di sviluppo endogeno, si accompagnano alla mancanza di sistemi efficienti di mobilità locale e di connessioni strategiche con i grandi assi.

Lo sviluppo urbano e territoriale del nostro paese testimonia la coesistenza di modelli insediativi plurimi, in cui le differenze non sono dovute soltanto alla soglia dimensionale ma anche al determinante condizionamento di fattori economico-geografici (dualismo nord-sud) e all’affermarsi di strutture regionali policentriche. Le aree metropolitane italiane presentano quasi sempre una specializzazione terziario-produttiva relativamente avanzata ed esercitano una vasta gamma di funzioni internazionali; esse costituiscono l’interfaccia tra il sistema territoriale del paese e le reti globali di carattere internazionale, veicolando beni e servizi rari, informazione ed innovazioni tecnologiche. Le città medie e piccole del paese, soprattutto se integrate in sistemi regionali a rete, sono spesso i luoghi dell’innovazione incrementale, delle specializzazioni, della competitività raggiunta attraverso sinergie locali; esse sono l’interfaccia tra milieux locali e la dimensione del mercato nazionale e, spesso, internazionale.

A vocazioni e funzioni differenti corrispondono anche problemi e difficoltà di natura diversa. Le aree metropolitane manifestano processi di deterioramento delle condizioni della vita, del potenziale economico, della dotazione infrastrutturale e dell’ambiente; i sistemi di città piccole e medie richiedono, invece, di essere meglio strutturati nella loro articolazione multiregionale, rafforzando le relazioni di complementarità e sinergia tra i singoli centri e le connessioni con le reti globali.

Recenti ricerche, finalizzate a definire i punti di forza e di debolezza del sistema urbano italiano nello spazio unificato europeo, hanno messo in evidenza la necessità di valorizzare il sistema delle città di media e piccola dimensione per le grandi opportunità che possiede. I dati raccolti dal Dipartimento aree urbane8 consentono di sottolineare le migliori performance conseguite dal sistema delle città medie italiane, rispetto alle città grandi e piccole; esse fanno registrare i più forti incrementi, relativi, negli indicatori del benessere economico, della sicurezza urbana e della qualità della vita.

 

 

Rete urbana nel Mezzogiorno e nella Sicilia

 

Nel Mezzogiorno e nella Sicilia non mancano i grandi agglomerati urbani: sei città superano i 200.000 abitanti. La maggiore regione urbana, con 4 milioni di abitanti, si estende compatta tra Napoli e Caserta, con una ramificazione interna verso Avellino e una costiera verso Salerno e Battipaglia. Un’altra regione urbana si va configurando attorno a Bari, lungo la costa adriatica tra Barletta e Monopoli. Rilevante è pure l’allineamento che dalla conurbazione dello Stretto (Reggio Calabria-Messina) si estende lungo la costa orientale della Sicilia, ispessendosi attorno a Catania e Siracusa. Ma se c’è stata crescita di singole aree, è mancata una integrazione tra esse, analoga a quella che si è avuta nel nord e nel centro.

Le città meridionali non formano un sistema e la loro stessa distribuzione geografica lo indica chiaramente. Delle quasi 20 città con più di 80.000 abitanti, solo due, Foggia e Cosenza, non sono costiere; mentre, nel largo spazio compreso tra Salerno, Bari, Taranto e Reggio Calabria non esistono vere città.

In vaste aree interne peninsulari e insulari, anche dove la densità della popolazione si mantiene relativamente elevata, lo sviluppo urbano non ha avuto modo di manifestarsi neanche di recente. I processi di impoverimento e di degradazione delle campagne hanno coinvolto anche i comuni urbani: le città contadine tradizionali hanno perso i loro caratteri senza acquistare funzioni moderne. Un forte squilibrio oppone, dal punto di vista della geografia urbana, le coste alle aree interne, le zone di addensamento urbano al loro intorno territoriale sottosviluppato.

I casi di forte crescita demografica corrispondono a quei centri aventi prevalenti funzioni amministrative come Cosenza, Potenza, Isernia; coincidono con quei centri minori caratterizzati dalla presenza di insediamenti industriali come Gela, Augusta, Termoli; oppure con i centri posti nella fascia esterna di espansione della regione urbana di Napoli (Casoria, Caserta, Avellino, Salerno, Battipaglia).

L’area barese, caratterizzata da una elevata densità abitativa, ha saputo approfittare della vicinanza di distretti agricoli più produttivi e divenire il punto di riferimento. Decima città italiana per popolazione, Bari ha ormai una solida struttura di piccole e medie imprese e una buona dotazione di servizi, tali da poter consentire alla città di potere svolgere il ruolo di centro metropolitano di una regione urbana ancora in formazione. Inoltre, il recente sviluppo industriale e terziario, ha selezionato le antiche città contadine pugliesi e privilegiato i centri toccati dall’autostrada adriatica o posti lungo la linea di costa.

La Sicilia, oggi la quarta regione italiana per popolazione, possiede due grandi città, entrambe con ambizioni di metropoli regionale (Palermo e Catania); due città medio-grandi (Messina e Siracusa) e altre sette città con oltre 50.000 abitanti. Ma dalla metà degli anni ’90 il quadro economico della Sicilia è ancora quello di una regione semisviluppata, con grandi potenzialità agricole, turistiche e industriali solo in parte valorizzate. Lo spazio siciliano è caratterizzato da un netto dualismo tra aree costiere e zone interne, di conseguenza lo spazio economico siciliano si presenta come un mosaico, con forti differenziazioni interne, e non si è ancora pienamente innescato un processo integrato e autopropulsivo di crescita economica.

L’obiettivo da porsi dovrebbe comportare “la costituzione di reti di cooperazione fra città, con possibilità di finanziamento di procedure di tutoraggio fra città, nell’organizzazione di servizi tecnici avanzati”9.

 

 

1 Nell’ambito delle recenti politiche di programmazione nazionale, un’esperienza che ingloba proprio questa concezione dello Stato nei confronti delle dinamiche locali sono i patti territoriali.

2 Vinci I. (2002), Politica urbana e dinamica dei sistemi territoriali, FrancoAngeli, Milano.

3 L’introduzione nei processi di pianificazione di temi quali il recupero della città esistente, la sostenibilità ambientale dello sviluppo urbano, la partecipazione alle scelte di piano sia in termini di mobilitazione sociale che di coalizione delle forze locali, ha parzialmente cambiato la natura della pianificazione strategica. Cambia, inoltre, come ha evidenziato una recente ricerca comparativa sulle politiche di pianificazione strategica condotte in diversi contesti europei (Healey, 1997), il principale riferimento esterno cui aprire le strategie, che non è più il mercato internazionale, ma che diventa lo spazio comunitario che si manifesta nelle sue dinamiche urbane e regionali.

4 Indovina F. (1999), La città prossima futura: un nuovo protagonismo istituzionale, in Dematteis G., Indovina F., Magnaghi A., Piroddi E., Scandurra E., Secchi B., “I futuri della città”, FrancoAngeli editore, Milano.

5 Cappellin R. (1989), Networks nelle città e networks tra città, in Curti F. e Diappi L. (a cura di), “Gerarchie e reti di città: tendenze e politiche”, FrancoAngeli, Milano.

6 Testi e letture di riferimento:

Cappellin R. (2000), Il ruolo del territorio nella politica regionale europea, Europa e Mezzogiorno, Rivista del Formez n. 40, pp. 15-34.

Camagni R. (1995), Il principio di gerarchia, in “Economia urbana”, cap. 4, La Nuova Italia Scientifica, Roma.

Cappellin R. (1986), Cambiamenti tecnologici e politiche per la riconversione delle aree urbane, Economia Pubblica n. 3.

Cappellin R. (1989), Networks nelle città e networks tra città, in Curti F. e Diappi L. (a cura di), “Gerarchie e reti di città: tendenze e politiche”, FrancoAngeli, Milano.

Cappellin R. (1989), The diffusion of producer services in the urban system, Revue d’Economie Regionale et Urbaine, n. 4. Tradotto in italiano in: Cappellin R. (1991), La diffusione dei servizi alle imprese in un sistema metropolitano, in Bertuglia C. e La Bella A. (a cura di), “I sistemi urbani”, FrancoAngeli, Milano.

7 La prima formulazione dello schema di sviluppo dello spazio europeo, approvata nel giugno del 1999 a Noordwijk nella riunione dei ministri europei dell’assetto del territorio, sottolinea che le prestazioni economiche delle città di livello regionale dipenderanno molto dalla loro posizione geografica:

- le città regionali nel cuore dell’Europa presenteranno un potenziale di crescita favorevole, soprattutto nel settore dei servizi;

- le città regionali situate al di fuori del cuore dell’Europa saranno dipendenti dalla loro posizione geografica, dal loro inserimento in un corridoio di sviluppo o in una zona d’influenza particolarmente attraente da cui trarre vantaggi;

- le città medie delle regioni prevalentemente rurali per le quali molto dipenderà dalla posizione geografica e dai vantaggi derivanti da un ambiente rurale di elevata qualità.

8 Fonti: Centro Studi Confindustria, Censis-Rur, Istat, Annuario immobiliare, Lega Ambiente, Il Sole24Ore.

9 Dematteis G. e Bonavero P. (1997) (a cura di), Il sistema urbano italiano nello spazio unificato europeo, il Mulino editore, Bologna.

 

 

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