Numero 6/7 - 2003

 

la politica dei parchi 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Strategie e forma di piano nel parco delle Cinque Terre


Daniele Virgilio


 

Il piano di parco, rispetto agli altri strumenti di pianificazione, sembra sottendere la necessità di costruire, per ogni area protetta, uno strumento che sappia unire conoscenza e ambiente in una visione integrata. E sembra muoversi proprio in tale direzione il piano di parco delle Cinque Terre, di cui Daniele Virgilio* presenta il metodo di lavoro adottato e le strategie di intervento previste, al fine di cogliere le specificità del territorio e rappresentare le interazioni tra le componenti naturale ed antropica

 

 

 

 

*coordinatore del piano di parco delle Cinque Terre

 

 

 

Piano di parco e questione ambientale

 

La pianificazione delle aree protette è un tema cruciale rispetto ad alcuni punti critici della questione ambientale e consente di sviluppare alcune riflessioni sugli aspetti cognitivi, su quelli della definizione delle strategie e sull’efficacia della forma di piano. I caratteri dominanti dell’attuale panorama della pianificazione del territorio, dell’ambiente e del paesaggio sembrano essere la separatezza1 e il sovraccarico normativo2: una stratigrafia di strumenti e di competenze afferenti a diversi ambiti disciplinari e a diversi ruoli gestionali e amministrativi scarsamente integrati rende difficile un approccio alla pianificazione che non risenta della mancanza di una visione ad un tempo unitaria e complessa. La criticità di questa condizione, diffusa nella disciplina dei cosiddetti territori extraurbani, si rende particolarmente evidente nella gestione delle aree soggette a rischio, in cui emergono con chiarezza la mancanza di un linguaggio comune tra urbanistica e discipline ambientali, la settorializzazione, nell’ambito di queste, dei saperi specialistici, e l’assenza di copianificazione tra i diversi livelli amministrativi3. La questione, per quanto si manifesti oggi nella sua palese problematicità con proporzioni inedite, non può essere considerata nuova, in termini metodologici, nell’ambito del planning se già nel 1904 Patrick Geddes poneva in luce - criticando il riduzionismo degli approcci di matrice positivista - la conflittualità tra parcellizzazione della conoscenza e interezza dell’ambiente, sottendendo la necessità di una visione integrata4. L’esperienza della pianificazione dei parchi ha permesso di sviluppare questo tema, soprattutto alla luce delle innovazioni introdotte dalla legge 394/1991, che ha reso necessaria una rivisitazione critica dello sguardo della pianificazione alle problematiche ambientali5. In particolare, il carattere di sostitutività che la legge ha impresso al piano di parco rispetto a tutti gli strumenti di pianificazione - urbanistica, territoriale, paesistico-ambientale - sembra sottendere la necessità di costruire per ogni area protetta uno strumento comprensivo, in grado, per quanto possibile, di sistematizzare da un lato una sintesi interdisciplinare di conoscenze e, dall’altro, di rendere coerentemente operativa la molteplicità di indirizzi e di norme afferenti alle diverse componenti disciplinari e ambientali. I problemi che sono stati affrontati a partire da questa innovazione investono la concezione dell’ambiente, in particolare con il passaggio da un approccio selettivamente antropocentrico ad una visione biocentrica, fondata sul paradigma dell’ecosistema6; coinvolgono gli aspetti scientifico-disciplinari, ponendo in particolare evidenza l’inattualità di una interpretazione areale dei fenomeni ambientali e la conseguente inefficacia dello zoning e dell’apparato tradizionale del planning di matrice funzionalista tipico del piano urbanistico come strumento prioritario di controllo; richiamano, infine, sotto il profilo strategico e operativo, la necessità di un superamento dell’approccio tradizionalmente vincolistico-passivo centrato sull’esercizio di autorità da parte di un unico ente sovraordinato, verso forme gestionali basate sulla cooperazione tra gli enti, il coinvolgimento e la partecipazione degli abitanti. Alla luce di questo scenario, attraverso l’esperienza di pianificazione delle Cinque Terre7 si è tentato di tracciare un possibile percorso evolutivo, con riferimento in primo luogo alla necessità di integrazione tra le diverse discipline ambientali nell’ambito della pianificazione, attraverso lo sviluppo e l’applicazione di appropriati modelli di conoscenza, di interpretazione e di rappresentazione dei fenomeni. In secondo luogo è stata affrontata la necessità di costruire una forma di piano in grado di interpretare e sviluppare i più importanti contenuti maturati nel contesto della riforma urbanistica, con particolare riferimento alla articolazione in livelli, nell’ambito del piano, delle componenti di natura strategica, di salvaguardia e di programmazione e gestione delle azioni sul territorio8. Si è, quindi, cercato di sviluppare un approccio strategico complesso, basato sulla concertazione interistituzionale9 e sul necessario coinvolgimento degli attori sociali nel perseguimento di un processo di sviluppo sostenibile a partire dal rapporto tra comunità e territorio, interpretando l’abitare come facoltà umana10 in grado di ricostituire, innovativamente, una possibile relazione di continuità tra uomini e luoghi. 

Figura 1 - Carta delle unità ambientali del parco delle Cinque Terre, con la suddivisione del territorio in tre fasce: alta del crinale e dei boschi; del versante terrazzato, costiera della spiaggia; delle falesie e dei centri urbani (ciascuna fascia è articolata in sottoambiti definiti sulla base dei processi in atto evolutivi e di degrado)

 

Il ruolo dei modelli di conoscenza e di rappresentazione nella costruzione del piano

 

Nelle esperienze di pianificazione dei parchi è stata più volte messa in luce la necessità di codificare nuovi paradigmi di interpretazione e di disciplina dell’ambiente11. L’inadeguatezza del tradizionale apparato metodologico-strumentale del piano urbanistico, in particolare, si manifesta chiaramente nella difficoltà di controllare la complessità dei fenomeni ambientali attraverso il paradigma dello zoning funzionalista che è chiamato, con difficoltà, ad “individuare, seguendo i mosaici e le reti del sistema ambientale, i confini delle azioni necessarie alla conservazione o alla ricostruzione dei paesaggi e di quelle atte a garantire la molteplicità e ricchezza delle popolazioni animali e vegetali presenti”12. L’interpretazione complessa dei fenomeni ambientali ha progressivamente determinato, nelle diverse esperienze di piano, la necessità di sviluppare modelli sempre più mirati, da un lato, a rendere evidenti le inferenze tra le diverse componenti costitutive dell’ambiente codificate attraverso i diversi contributi disciplinari, nel quadro di una concezione ecosistemica, dall’altro a cogliere, sviluppando un’attitudine idiografica, le specificità del territorio, altrimenti nascoste dalla tendenza omologante della suddivisione in zone omogenee. L’importanza dell’individuazione di operatori spaziali adeguati a rappresentare e disciplinare fenomeni ad elevata complessità si è resa particolarmente evidente nell’ambito dell’elaborazione del piano di parco delle Cinque Terre. La pervasività della componente antropica nella costruzione del paesaggio e la rapidità dei processi di trasformazione per degrado13 hanno condizionato la forma del piano richiedendo l’elaborazione di conoscenze di sintesi che fossero in grado di produrre una rappresentazione e di sostenere la formulazione di una disciplina dei caratteri ambientali dominanti, dei processi in atto, delle relazioni di interdipendenza tra società locali e territorio, costitutive della struttura del paesaggio, e della loro modificazione. La costruzione di un quadro di conoscenze implicante questo tipo di sintesi è stata resa possibile attraverso un sistema informativo geografico che ha consentito di rappresentare, a partire da una base interdisciplinare di analisi, le interazioni sistemiche tra componente naturale e componente antropica del paesaggio e di evidenziarne le processualità14.

 

Figura 2 - Schema strutturale dell’ecosistema rurale: interazioni spaziali tra le diverse componenti costitutive della stanzialità, della mobilità e della produttività, alla base degli ambiti unitari di paesaggio individuati dal piano

 

 

In particolare, è stata sviluppata, nell’ambito della definizione della struttura relazionale tra le due componenti, una sintesi formalizzata in due modelli spaziali di rappresentazione: quello delle unità ambientali e quello degli ecosistemi rurali. Le prime rappresentano un’articolazione del territorio per fasce scandite altimetricamente e caratterizzate da alcune dominanti ambientali determinate dall’interazione tra caratteri del paesaggio naturale - altimetria, acclività, geomorfologia, litologia, vegetazione naturale - e del paesaggio umano - terrazzamenti, colture, sistema insediativo e rete della viabilità - che consentono di definire una suddivisione dell’ecosistema parco in ambiti omogenei secondo una differenziazione, che accomuna, in prima istanza, all’interno di una definizione generale, ambiti con diverse caratterizzazioni tipologiche e diverse processualità. I secondi interpretano la struttura sintattico-relazionale del paesaggio umano rappresentando il complesso fisico dei legami di lunga durata tra collettività organizzate e territorio, secondo un progetto la cui permanenza è leggibile in controluce anche nel paesaggio rurale contemporaneo15, mettendone in evidenza le differenti declinazioni nei diversi contesti all’interno del territorio del parco. Le unità ambientali individuano una suddivisione in tre fasce del territorio delle Cinque Terre: quella alta del crinale e dei boschi, quella del versante terrazzato, quella costiera della spiaggia, delle falesie e dei centri urbani. Le differenze interne a ciascuna unità ambientale sono determinate dalle specifiche processualità, sia di tipo evolutivo che degenerativo, che ne investono i caratteri modificandoli: i diversi gradi di evoluzione della vegetazione boschiva, i diversi livelli di abbandono, degrado e dissesto che caratterizzano pervasivamente il territorio terrazzato, le trasformazioni generate dai processi erosivi e dalla antropizzazione del litorale. Attraverso le unità ambientali vengono individuati i caratteri dominanti che, unitamente ai processi in atto, costituiscono il fondamento di un criterio di suddivisione zonale per fasce di protezione articolate in sottoambiti sulla base dell’evoluzione dell’ambiente. Il paradigma dell’ecosistema rurale concorre, parallelamente, alla individuazione delle differenze interne al sistema parco, identificando specifiche unità locali di paesaggio umano dotate di caratteri morfologici propri, rintracciate ricostruendo il rapporto storico di pertinenzialità tra insediamento e territorio agrario circostante che, secondo una relazione deittica centro-confine, struttura i diversi ambiti territoriali di appartenenza delle comunità insediate. Le diverse unità che identificano gli ecosistemi vengono riconosciute individuando le centralità e decifrando i confini che segnano le partizioni del territorio secondo le cadenze stabilite dalle comunità nella storia della costruzione del proprio spazio vitale. L’ecosistema rurale viene definito, in questo senso, come “il minimo modulo territoriale, matrice di tutti i successivi sviluppi ed aggregazioni alle più ampie scale territoriali” che “corrisponde alla più piccola porzione di territorio in cui è rilevabile un’organizzazione” e “quindi anche al minimo livello di rappresentazione del paesaggio”16. In altri termini, esso può essere codificato come “la minima entità rappresentativa del paesaggio agrario e storico culturale.

 

Figura 3 - Suddivisione del territorio delle Cinque Terre in ecosistemi rurali: il piano individua nelle unità progettuali, gli ambiti entro cui governare, attraverso programmi, processi di riqualificazione territoriale, ambientale e paesistica a partire dalle relazioni di pertinenzialità tra strutture edificate e paesaggio agrario

 

 

All’interno di questa, i segni risultano collegati da relazioni di mutuo condizionamento: i rapporti fra insediamento, percorsi di appoderamento, regime fondiario, produzione e assetto dei suoli sono strettamente legati da relazioni dirette (…) come elementi costitutivi dell’area organica rurale”17. Il paradigma si fonda sulla individuazione delle relazioni morfologico-spaziali che sono alla base delle forme della stanzialità come decifrabili dagli elementi del paesaggio: “i diversi interventi e manufatti, che hanno consentito l’organizzazione ed il funzionamento del sistema civile, sono riconducibili a funzioni primarie, definibili a livelli di massima generalità come stanzialità, mobilità e produttività18. La struttura dell’ecosistema rurale è, quindi, costituita dalle relazioni tra le differenti categorie ambientali entro cui si manifesta il rapporto tra uomini e luoghi. L’insediamento come centralità, la rete dei percorsi come struttura connettiva, l’assetto terrazzato e l’uso produttivo del suolo a scopi agricoli sono le componenti elementari di una suddivisione organica del territorio in individualità di significato locale che configurano un insieme di elementi discreti, distribuiti in maniera discontinua nello spazio territoriale. Se, da un lato, le unità ambientali concorrono a definire la zonizzazione del piano e a determinare una disciplina di salvaguardia e una norma diffusa di gestione del territorio, gli ecosistemi rurali rappresentano dall’altro le unità progettuali, gli ambiti entro cui governare, attraverso programmi, un processo di riqualificazione territoriale, ambientale e paesistica a partire dalle relazioni di pertinenzialità tra strutture edificate e paesaggio agrario19.

 

 

La forma di piano e le strategie di intervento

 

La trasformazione contemporanea che investe il paesaggio culturale delle Cinque Terre - come gran parte delle aree in cui domina ancora la dimensione rurale - consiste nello scardinamento delle relazioni di necessità che da sempre univano comunità e territorio, il cui esito è uno scenario dominato dalla marginalizzazione delle attività agricole tradizionali, dall’invecchiamento della popolazione, dall’abbandono delle terre e dal conseguente incombere di una condizione di rischio idrogeologico, a cui si associa una forte pressione antropica determinata da funzioni turistiche concentrate sulla fascia costiera. La visione sistemica di questi elementi interdipendenti sviluppata dal piano orienta un progetto di sviluppo sostenibile in cui si prefigura un processo di recupero territoriale di lungo periodo, basato sull’interazione tra interventi di tipo complesso, mediante progetti da sviluppare attraverso intese tra gli enti e gli attori sociali, e di tipo diffusivo, che fanno riferimento all’azione dei singoli, disciplinata, in via ordinaria, sulla base delle regole strutturali, storicamente costitutive del territorio e sulla necessità di ricostruire, in base ad esse, il legame di cura tra l’abitante e l’ambiente locale.

 

Figura 4 - Zonizzazione del piano del parco nazionale delle Cinque Terre: suddivisione delle quattro fasce di protezione previste dalla legge 394/1991 in sottoambiti differenziati secondo i criteri di individuazione delle unità ambientali, attraverso le valutazioni con cui sono stati identificati i diversi livelli di equilibrio o di degrado; per ogni fascia di protezione, la norma stabilisce regole a carattere diffusivo e margini operativi di flessibilità dei programmi di riqualificazione ambientale

 

 

Gli obiettivi strategici del piano sono la ridefinizione di equilibri ambientali e socio-economici all’interno del territorio attraverso la ridistribuzione dei flussi turistici da aree ad elevata pressione antropica (costiere) ad aree marginalizzate (di versante), la valorizzazione di un’economia multifunzionale di agricoltura e turismo, la conservazione del paesaggio costruito, attraverso il recupero e la manutenzione del sistema terrazzato, la tutela delle dinamiche naturali e la difesa dal dissesto idrogeologico. Uno dei principali obiettivi strategici del piano e quello che ha maggiore inferenza con i modelli di rappresentazione sviluppati nel quadro delle conoscenze, è dunque quello del recupero di un paesaggio culturale minacciato. Valutata in quest’ottica, la legge 394/1991 sottende una concezione di piano che, per quanto resa dinamica da una definizione del ruolo di pianificazione, programmazione e gestione attiva dell’ente parco, e dalla necessità di una struttura interdisciplinare e multisettoriale20, sembra essere ancora limitata dal meccanismo zonale prescrittivo di una gradazione vincolistica da aree a massima naturalità ad aree più antropizzate tipico dei parchi nazionali storici. Tale individuazione, se importata in modo lineare dalla definizione legislativa, non sembra di per sé efficace nel perseguire un progetto di piano fondato su un’organizzazione del territorio per ecosistemi. Una partizione del territorio in areali omogenei, cui attribuire normative più o meno vincolistiche, può costituire un valido strumento di salvaguardia, ma si rivela insufficiente di fronte alla necessità di governare le complesse relazioni che sono alla base dei fenomeni ambientali. Dovendo affrontare in termini sostenibili i problemi di un’area in cui le dinamiche di trasformazione stanno assumendo sempre più rapidamente proporzioni catastrofiche, ed essendo necessario traguardare un recupero di lungo periodo basato sul coinvolgimento e sulla cooperazione, il piano non poteva assumere un ruolo rigido e prescrittivo, né tantomeno esaurire il proprio compito nella definizione di uno scenario di salvaguardia.

 

Figura 5 - Veduta di Drignana

 

È stato necessario costruire uno strumento dotato di un quadro strategico stabile e in grado di svilupparsi in modo aperto e adattivo. Sono stati, in quest’ottica, individuati, nel contesto della struttura del piano, tre livelli di efficacia: un livello strategico, in cui sono definiti le finalità generali e gli obiettivi di lunga durata; un livello di salvaguardia in cui lo strumento necessariamente suddivide le fasce di protezione della legge quadro in una articolata zonizzazione costruita sulla base della suddivisione in unità ambientali e sulla valutazione dei processi ad essi inerenti; un livello della gestione e dei progetti, che definisce normative settoriali, stabilisce i criteri di natura qualitativa per i diversi tipi di intervento e individua i modi della programmazione, traguardando, soprattutto, un’attuazione per progetti complessi di riqualificazione paesistico ambientale e sviluppo sostenibile del territorio articolati sulla base degli ecosistemi rurali locali. A questi tre livelli di efficacia corrispondono diversi livelli di flessibilità e di operatività: il livello strategico è il livello più durevole, che fissa linee di azione di lungo periodo, non modificabili se non attraverso una complessiva revisione del piano; il livello delle salvaguardie, per ciascuna delle zone di piano individuate dalle unità ambientali e dalle loro dinamiche, fissa una normativa di carattere diffuso, attuabile in modo episodico sul territorio e stabilisce alcune soglie di sostenibilità nell’attuazione di progetti complessi, che possono sviluppare ed estendere localmente le previsioni di intervento della disciplina zonale, attraverso una verifica di coerenza con gli indirizzi strategici; il livello della gestione e della progettualità individua specifici progetti coerenti con gli obiettivi del livello strategico ed entro i limiti di flessibilità del livello delle salvaguardie, per promuovere in modo concertato azioni di recupero paesistico-ambientale, in particolare favorendo la formazione di convenzioni tra l’ente parco e i soggetti che intendono insediare attività sostenibili e di lunga durata. La zonizzazione è basata su una suddivisione delle quattro fasce di protezione previste dalla legge21 in sottoambiti differenziati secondo i criteri di individuazione delle unità ambientali e attraverso le valutazioni che consentono di individuare diversi livelli di equilibrio o di degrado. Per ogni fascia di protezione individuata, la norma stabilisce regole a carattere diffusivo e stabilisce i margini di flessibilità che possono rendere più aperta e regolamentata la negoziazione tra ente parco e privati per la realizzazione di interventi convenzionati. Alla suddivisione zonale, delineata dalla legge quadro, il piano assegna dunque il ruolo di individuare modalità operative articolate per assetti ambientali (assetto vegetazionale, del suolo, insediativo, dell’accessibilità e delle percorrenze) e di determinare soglie di sostenibilità per gli interventi, stabilendo i limiti di flessibilità entro cui operare attraverso progetti complessi. Un punto molto importante nella attivazione della strategia del recupero territoriale è quello che tende, nella relazione di interdipendenza tra insediamento e territorio, alla progressiva ricostruzione di un equilibrio ecosistemico. La relazione si basa sul rapporto tra edificazione e pertinenza agraria, tra casa e terra, la cui reciprocità ha storicamente costituito un fondamento della continuità del territorio e della sua vitalità, che si sono manifestate attraverso una distribuzione diffusiva dello spazio dell’abitare in grado di assicurare la conservazione del paesaggio, la sua cura e una modalità di protezione dal rischio endogena e articolata in modo capillare. Il piano assume progettualmente e codifica diverse caratterizzazioni di questa relazione, che acquisisce significati più complessi in ragione delle differenti morfologie territoriali del costruito, della scalarità e dei diversi livelli di complessità organica delle strutture insediative e, infine, del livello di degrado e di rischio. Al livello elementare, che corrisponde all’edificio rurale isolato in un ambito di edificazione sparsa, il piano stabilisce una regola ordinaria che associa agli interventi di recupero edilizio la necessità di corrispondenti azioni di compensazione ambientale, sotto forma di manutenzione o di rimessa a coltura di territorio abbandonato. Al livello della minima dimensione, dunque, la norma del piano innesca una sorta di riproduzione di un comportamento abitativo in grado di sviluppare molecolari azioni di rivitalizzazione del territorio terrazzato.

 

Figura 6 - Veduta di Riomaggiore

 

L’evoluzione del livello di organicità insediativa, in corrispondenza di forme più compatte e organizzate - come gli aggregati e i nuclei edilizi - che costituiscono le centralità degli ecosistemi rurali cui sono connesse pertinenze territoriali agrarie caratterizzate da una trama lottizzativa ampia e da una rete di accessibilità poderale strutturata, presuppone l’adozione di un livello progettuale più complesso. Il piano introduce a questo scopo progetti di riqualificazione paesistica e di sviluppo sostenibile del territorio da sviluppare negli ambiti individuati dagli ecosistemi rurali, implicando il coinvolgimento degli abitanti, la formazione di intese e convenzioni con l’ente parco, la concertazione con gli enti locali, in funzione dell’attuazione di interventi più complessi ed estesi, sia in termini di recupero edilizio che di riqualificazione di territorio terrazzato. I progetti articolati per ecosistema locale possono prevedere, infatti, attraverso la flessibilità, il superamento dei limiti di intervento edilizio stabiliti dalla norma ordinaria nell’ambito delle soglie di sostenibilità, consentendo all’ente parco di programmare interventi di recupero territoriale di ampia portata anche sulla base delle compensazioni ambientali conseguibili attraverso le intese con i soggetti attuatori. Il piano definisce così, in modo trasparente, il campo della negoziabilità e le regole della sua gestione22, per incentivare e sviluppare un processo di recupero basato prioritariamente sul coinvolgimento delle comunità locali. Il rapporto compensativo tra interventi sulle centralità insediative e ambito agrario può essere articolato per categorie di prestazione ambientale, prefigurando di volta in volta azioni sull’assetto terrazzato, sulla regimazione idrica dei suoli, sul sistema delle accessibilità ai lotti coltivabili e sulla sistemazione dei versanti. I progetti costituiscono la componente dinamica del piano, la cui definizione coinvolge costantemente l’applicazione del paradigma dell’ecosistema rurale come riferimento per la definizione di interventi capaci di riattivare le relazioni che sono alla base della struttura del territorio, della vitalità dell’ambiente e della continuità dei valori del paesaggio.

 

Figura 7 - Veduta di Riomaggiore

 

 

 

1 Avarello P. (2003), Conflittualità e cooperazione nel territorio dei parchi, in Urbanistica Dossier n. 55.

2 Piroddi E. (1999), Le forme del piano urbanistico, FrancoAngeli.

3 Cfr. Besio M., Dalla carta del rischio al piano integrato della sostenibilità territoriale, e Segnalini O. (2001), Rischio e pianificazione urbanistica, in Urbanistica n. 117.

4 “I requisiti della scienza del ventesimo secolo hanno dovuto essere apertamente riconsiderati, e ciò da quella posizione più comprensiva e unitaria, sintetica ed evolutiva, che distingue in modo speciale il periodo che sta iniziando da quello recente, che è stato, nel suo complesso, così soddisfatto della sua molteplicità di specialismi privi di connessioni”. Geddes Patrick (1904), City development, a study of parks, gardens and culture institutes - a report to the Carnegie Dunfermline Trust, The Saint George Press, Birmingham.

5 Sargolini M. (2003), introduzione a Riforma urbanistica e pianificazione delle aree protette, Atti del convegno nazionale (Abbadia di Fiastra 10.11.2001), Urbanistica Dossier n. 55.

6 Migliorini F. (1999), Il quadro normativo italiano, in Migliorini F., Moriani G., Vallerini L., “Parchi Naturali”, Muzzio, Padova.

7 Il piano del parco nazionale delle Cinque Terre è stato adottato con delibera della Giunta regionale della Liguria n. 488 del 24 maggio 2002. Il coordinamento scientifico e la formulazione degli indirizzi metodologici sono di Mariolina Besio.

8 Oliva F. (2003), Il piano per il parco è un piano strutturale, in Urbanistica Dossier n. 55.

9 Peano A. (2003), Piano per il parco e Prgc: la ricerca di un dialogo, in Urbanistica Dossier n. 55.

10 La Cecla F. (2000), Perdersi - l’uomo senza ambiente, Laterza, Bari.

11 Migliorini F., Moriani G., Vallerini L. (1999), Parchi naturali, Muzzio, Padova.

12 Ferrara G. (1994), Problemi e prospettive della pianificazione dei parchi in “La pianificazione dei parchi regionali”, Inu, Alinea, Firenze.

13 Il territorio delle Cinque Terre si estende per circa 4300 ettari, di cui circa 1400 originariamente occupati da terrazzamenti. Del patrimonio terrazzato sono rimasti attualmente in stato di coltivazione circa 100 ettari.

14 Il sistema Gis del piano di parco delle Cinque Terre è stato predisposto con il coordinamento dell’architetto Nadia Quadrelli del dipartimento Polis della Facoltà di Architettura dell’Università di Genova.

15 Besio M. (a cura di) (2002), Il vino del mare - il piano del paesaggio tra i tempi della tradizione e i tempi della conoscenza, Marsilio, Venezia.

16 Besio M. (1995), Progetto di conoscenza e progetto di piano, un programma di ricerca in Besio M., Capetta A., Virgilio D., “Progetto di conoscenza e progetto di piano - territorio, ambiente e paesaggio della bassa Val di Magra”, De Ferrari, Genova.

17 Besio M. (et alii) (1999), La conoscenza per il piano: le molteplici rappresentazioni della realtà ambientale, in Besio M., Monti C. (a cura), “Dal cannocchiale alle stelle, strumenti per il nuovo piano”, FrancoAngeli, Milano.

18 Besio M. (1995), op. cit.

19 Il rapporto tra zonizzazione per fasce di protezione e articolazione per unità di paesaggio come strumento di disciplina è un tema che è stato affrontato nelle esperienze di pianificazione di aree protette maturate nel corso dell’ultimo decennio con diversi approcci metodologico-disciplinari. Per una rassegna critica dei casi si rimanda al saggio di Vallerini L., La zonizzazione e la perimetrazione in Migliorini F., Moriani G., Vallerini L., op. cit.

20 Sargolini M., op. cit.

21 Come è noto l’art. 12 della legge 394/1991 prevede una suddivisione del territorio del parco in quattro fasce di protezione: riserve integrali, riserve generali orientate, aree di protezione, aree di promozione e di sviluppo economico-sociale.

22 Sargolini M., op. cit.

 

 

Bibliografia

 

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Le immagini riportate nelle figure 5, 6 e 7 sono di Daniele Virgilio

 

 

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