Numero 6/7 - 2003

 

la questione paesistica 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il paesaggio nel piano regolatore generale di Belluno


Marichela Sepe


 

L’importanza attribuita al paesaggio e, in particolare, allo spazio rurale, caratterizza la variante al Prg del Comune di Belluno, coordinata e progettata da Bruno Dolcetta.  Marichela Sepe descrive il sistema di obiettivi e di strumenti relativi a variabili di tipo economico, sociale ed ambientale individuate dal piano e sottolinea il ruolo determinante svolto dallo spazio rurale nel prevenire il degrado ambientale e nel favorire lo sviluppo socio-economico

 

 

Il Comune di Belluno comprende tipologie ambientali di grande interesse naturalistico e di notevole valore paesaggistico-ambientale. L’assetto del territorio, nel suo complesso, è ben conservato; l’espansione urbana ha interessato per lo più il capoluogo e i paesi limitrofi, consentendo la conservazione nel fondovalle di vasti spazi, soprattutto a uso agricolo.

Bruno Dolcetta, coordinatore e progettista della variante al piano regolatore generale (Prg) del Comune di Belluno approvata con delibera di Giunta regionale dell’1.6.1999, n. 1866, ha svolto un’operazione di attenta lettura delle profonde strutture che conformano il territorio bellunese e dei segni del paesaggio1, ponendo al centro dell’attenzione della comunità lo spazio rurale quale testimone delle forti contraddizioni dell’attuale fase di sviluppo urbano e territoriale in corso nell’area.

Le unità tematiche di progettazione che sono state individuate riguardano: lo spazio rurale e il paesaggio, i centri minori, il centro storico di Belluno, lo spazio pubblico, edifici e spazio privato, i borghi Prà e Piave e il progetto Ardo, la città contemporanea, le aree e gli edifici dismessi, le aree produttive. Sono stati, inoltre, curati anche gli aspetti relativi alla mobilità di livello territoriale (strade e ferrovia), il dimensionamento e il raccordo con le politiche degli altri enti territoriali e la valutazione degli equilibri di distribuzione territoriale dei servizi.

 

Le risorse naturali

 

Il vasto patrimonio di risorse naturali del territorio bellunese, quali la struttura del paesaggio agrario, la presenza di una natura integra, le testimonianze delle civiltà antiche, gli aggregati rurali di valore storico e architettonico e le ville e i parchi di epoca veneziana, sono state indagate attraverso contributi specialistici allo scopo di compiere un’operazione di individuazione, classificazione e valutazione e comprendere il processo evolutivo e la necessità di restauro o recupero funzionale (Figura 1).

In relazione al paesaggio agrario e silvo pastorale, l’orografia del territorio comunale presenta una notevole articolazione che determina numerosi e diversi ambienti, i quali hanno dato vita ad altrettanti sottoinsiemi di paesaggio. La categoria delle superfici boscate costituisce la categoria alla quale è stata data maggiore attenzione, sia per motivi di natura paesaggistica, sia ai fini della protezione ambientale e sia, non ultimo, per il suo valore economico.

Gli elaborati del piano mostrano la distinzione in 4 tipologie di boschi con estensioni significative: il bosco ad alto fusto di conifere non coerenti con il territorio della Val Belluna; il busto ad alto fusto di latifoglie, specifico del climax verso il quale dovrebbe tendere ogni azione di crescita e maturazione delle superfici boscate di quest’area; il bosco ceduo, importante per la sopravvivenza della popolazione anche in epoche recenti; il bosco misto, che sta evolvendo verso il bosco di latifoglie.

Riguardo al territorio agricolo di alta quota, costituito per lo più dal sistema delle malghe e dal corredo di pascoli, prati-pascoli, manufatti edilizi è, abbandonato dagli utenti abituali, utilizzato da altri e rappresenta, quindi, una delle tipologie di paesaggio rurale più soggetta a rottura irreversibile degli equilibri.

Per quello che concerne il territorio agricolo, nelle aree di fondovalle sono utilizzate due tipologie di paesaggio associate ad aziende, denominate: a campi aperti, quando è stata operata una modifica dell’assetto fondiario attraverso la semplificazione degli elementi costitutivi del paesaggio e l’impostazione di colture intensive; a campi chiusi, quando sono riconoscibili i caratteri dell’assetto e degli ordinamenti colturali più tradizionali.

Nel comprensorio sciabile del Nevegàl, per le zone rurali non è stato innovato niente in sede di variante, che ha invece provveduto al riconoscimento delle risorse naturalistiche ed ambientali, da tutelare e valorizzare come per tutto il resto del territorio comunale.

Nello studio del patrimonio archeologico, sono state sistematizzate le informazioni relative ai ritrovamenti archeologici con la duplice finalità di offrire il quadro dei ritrovamenti, quale testimonianza del valore e della continuità degli antichi insediamenti, e di consentire l’assunzione di atteggiamenti prudenti nelle decisioni pianificatorie e nell’esercizio delle attività quotidiane2.

Riguardo, infine, al patrimonio edilizio, il piano ha mirato alla conoscenza di quello esistente in zona rurale, rilevando gli edifici di maggiore volume e rilevanza storico-artistica e quelli minori, valutandoli ed inserendoli in una scheda organizzata per raccogliere dati relativi alla destinazione d’uso, consistenza volumetrica, stato di manutenzione e rilevanza sotto il profilo dei beni culturali. La valutazione della consistenza sul territorio rurale è stata volta, invece, ad individuare il patrimonio edilizio utilizzato dalle aziende agricole, quello destinato ad altri usi compatibili, ma estranei al mondo rurale, e quello abbandonato; a valutare le aree di maggiore degrado da perdita di funzione originaria; ad individuare le nuove costruzioni in atto sul territorio rurale, anche nel caso di indifferenza alla tradizione rurale e in grado di compromettere la qualità del paesaggio.

 

Figura 1 - Ricostruzione del paesaggio rurale dalle informazioni del catasto napoleonico (Tisoi-Giazzoi, 1823)

 

 

Le tipologie ambientali

 

La variante al Prg di Belluno individua, sotto il profilo naturalistico, sei tipologie ambientali omogenee che per le loro caratteristiche possono essere analizzate separatamente: l’ambiente urbano, l’ambiente agrario e l’ambiente fluviale, concentrate nel fondovalle; l’ambiente forestale, localizzato in particolare sui versanti montuosi e nelle zone più accidentate dal punto di vista morfologico; l’ambiente dei prati montani, che interessa le zone cacuminali dei monti Talvena, Terne, Schiara e la dorsale monte Faverghera, monte Visentin; l’ambiente produttivo di alta quota, concentrato attorno al gruppo dello Schiara (Figura 2).

Alcune zone di rilevato interesse naturalistico sono state, inoltre, classificate come biotopi anche se non ancora formalmente tutelati3.

Nell’ambiente urbano, le aree, a causa della forte urbanizzazione, hanno perduto le caratteristiche di naturalità. Si osservano, quindi, la città, la periferia e i paesi circostanti, dove la presenza maggiore, dal punto di vista naturalistico, si manifesta nella fauna in relazione ai vasti spazi verdi che esistono e ai vari episodi di naturalità che si infiltrano nella città.

Per l’ambiente agrario, la presenza di una grande varietà di colture assicura una notevole ricchezza paesaggistico-ambientale. Le tecniche agricole utilizzate sono di tipo tradizionale e le zone che conservano le originarie caratteristiche di tale ambiente riguardano soprattutto: le ex torbiere di Bios; Mier-Giamosa; Tisoi-Bosco delle Castagne; Castionese; Cirvoi-Faverga.

L’ambiente fluviale rappresenta una delle zone di maggior interesse naturalistico all’interno del territorio comunale: è un ambiente omogeneo, esteso, che comprende il biotopo delle fontane di Nogarè. Il fiume Piave, per la continua minaccia di piene, è rimasto estraneo ai fenomeni di antropizzazione: al suo interno, si osservano ricche ed eterogenee comunità vegetali e animali, le quali contribuiscono ad incrementare la variabilità e complessità ambientale di questo ecosistema.

Dal punto di vista floristico-vegetazionale sono individuabili in particolare: ambienti umidi delle risorgive; ambienti limicoli-rami secondari del Piave; alluvioni sabbioso-ghiaiose; boschi ripariali.

L’ambiente forestale è caratterizzato dalle tipologie più differenziate di boschi che coprono gran parte del territorio comunale. La variante opera una suddivisione in grandi tipologie: boschi ripariali, boschi cedui, boschi artificiali di conifere, formazioni naturali montane, formazioni pioniere su terreni agricoli abbandonati. I boschi sono stati utilizzati da sempre in maniera intensa, il che ha comportato una alterazione delle biocenosi, che in questo modo non possono esprimere la loro bellezza e complessità biotica.

L’ambiente dei prati montani è costituito da aree sulla sommità dei monti Talvena, Terme e Serva e lungo la dorsale dei monti Faverghera-Visentin. Si tratta di aree strettamente legate all’ambiente agrario, dove i prati, prima sfalciati e pascolati regolarmente, sono stati abbandonati a libera crescita o pascolati da ovini.

Riguardo, infine, all’ambiente improduttivo di alta quota, dove sono compresi i versanti meridionali del gruppo dello Schiara, esso è costituito da zone rocciose che si uniscono a boschi sottostanti attraverso ghiaioni, prati e arbusteti. Dal punto di vista floristico-vegetazionale, tale ambiente non presenta aree di grande interesse tranne eccezioni quali l’arbusteto pioniero a pino mugo e il bosco rado d’alta quota. Dal punto di vista faunistico, la presenza di una numerosa popolazione di camosci desta un interesse maggiore.

 

Figura 2 - Variante generale al Prg: carta delle emergenze naturalistiche e ambientali (1996)

 

 

La variante per le zone E

 

Nella scelta degli obiettivi la variante ha cercato di integrare le azioni rivolte alla difesa del paesaggio e quelle orientate a garantire alle genti che vivono di attività agricola un reddito sufficiente e adeguato alle proprie aspettative.

Il piano ha individuato un sistema di tre obiettivi e un insieme di strumenti che ha investito allo stesso tempo variabili economiche, sociali ed ambientali.

Il primo obiettivo è stato costruito sulla convinzione che sia interesse di tutti conservare in efficienza il sistema territoriale ereditato dalle generazioni precedenti per motivi legati alla conservazione della memoria della sua popolazione che riconosce, nelle forme assunte dal paesaggio della Val Belluna, il risultato del confronto tra natura e cultura.

Il secondo obiettivo ha riguardato la necessità di mantenere la presenza dell’uomo nello spazio rurale per prevenire il degrado ambientale e favorire lo sviluppo socio-economico.

Il terzo obiettivo è stato centrato sulla ricerca di mantenere un quadro ambientale di riconoscibile qualità dal punto di vista degli accessi e dei servizi connessi, per offrire una risposta ai bisogni espressi dalla popolazione urbana, che chiede spazi natura attraverso un modello insediativo e di vita legato ai ritmi della cultura rurale.

I riferimenti legislativi utilizzati per le aree rurali sono costituiti dalla Lr 24/1985 riguardante la tutela e l’edificabilità degli spazi rurali in rapporto alle caratteristiche delle aziende agricole e alle loro esigenze, e la normativa sulla tutela dei beni culturali, naturalistici ed ambientali e del paesaggio4. Quest’ultimo tema sviluppa le direttive del piano territoriale regionale di coordinamento (Ptrc), di cui ha approfondito e articolato le indicazioni attribuendo valenza paesistica alla variante stessa e fa riferimento alla legge 431/1985.

La variante ha elaborato le carte di sintesi e quelle di progetto per la suddivisione delle zone E del territorio comunale, seguendo le indicazioni della guida tecnica per la classificazione del territorio rurale emanata dalla Regione Veneto con l’obiettivo di uniformare le analisi da compiere sul territorio e sulle attività delle aziende, la formazione della cartografia di analisi e di progetto, i criteri di valutazione socio-economica5.

La suddivisione in sottozone, come prevista dalla Lr 24/1985 e dalla relazione normativa, si è basata sulla valutazione delle caratteristiche dei terreni, delle loro attitudini alla produzione agricola, sui risultati indicativi ottenuti dall’indagine socio-economica effettuata nelle aziende agricole e sulle caratteristiche paesaggistiche del territorio. Nella sottozona E1 vi sono tutte le formazioni boschive e le zone con valenze ambientali; il terreno della classe agronomica migliore e le aree con diffusa presenza di aziende soggette a tutela sono inserite nella sottozona E2; le aree da classificare nella E3 rappresentano le superfici a elevata frammentazione localizzate in prossimità delle zone abitate; la sottozona E4 è individuata nelle borgate rurali.

Le norme tecniche di attuazione sono state articolate per categoria di beni. Per quel che concerne specificamente il paesaggio, data la sua condizione di costante evoluzione, la variante intende essere artefice consapevole di nuovi paesaggi. In merito all’edificabilità dei suoli, le decisioni sono state condotte seguendo le procedure previste dalla legge regionale, con particolare attenzione alla struttura delle aziende agricole.

Riguardo, infine, alle aree di pre-parco, la variante ha invece considerato questa fascia come un’estensione del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi istituito con Dm del 20.4.1990, integrando quelle aree che hanno caratteristiche ambientali e naturalistiche di interesse. L’area di pre-parco, offrendo un’ampia serie di servizi connessi, svolge l’importante funzione di regolare l’accesso al parco delle diverse categorie di utenti. Il pre-parco rappresenta, quindi, un’ulteriore occasione di integrazione e arricchimento dell’offerta costituita dal Parco nazionale e testimonianza fondamentale del ricco patrimonio storico e culturale nel quadro socio-culturale-paesistico bellunese (Figura 3).

 

 

Conclusioni

 

La variante al Prg del Comune di Belluno, coordinata e progettata da Bruno Dolcetta, ha individuato un sistema di obiettivi e di strumenti relativi a variabili di tipo economico sociale ed ambientale. Per le zone rurali, la Lr 24/1985 e la normativa sulla tutela dei beni culturali, naturalistici ed ambientali e del paesaggio hanno costituito i riferimenti legislativi. Il tema del paesaggio ha sviluppato le direttive del Ptrc e ha fatto riferimento alla legge 431/1985.

Dato di partenza e caratterizzante delle scelte operate è stata la convinzione che sia interesse di tutti conservare in efficienza il sistema territoriale ereditato dalle generazioni precedenti, dalla necessità di mantenere la presenza dell’uomo nello spazio rurale per prevenire il degrado ambientale e favorire lo sviluppo socio-economico e dal cercare di mantenere un quadro ambientale di riconoscibile qualità, anche dal punto di vista degli accessi e dei servizi connessi. Per la scelta di questo tipo di obiettivi la variante ha integrato azioni quali la difesa del paesaggio con quelle orientate a garantire un reddito sufficiente e adeguato alle aspettative delle genti che vivono di attività agricola.

 

Figura 3 - Variante generale al Prg: carta dei parchi e delle aree verdi specialistiche (1996)

 

 

1 L’ampio significato che attualmente viene dato al termine paesaggio, utilizzato per descrivere un ambito di interesse legato strettamente alla natura trasformata dall’uomo in contrapposizione alla natura lasciata al suo stato, si è evoluto estendendosi a svariati campi di interesse e alle più diverse scale, con la conseguente difficoltà a fornirne una definizione che lo esprima con chiarezza, ne delimiti il campo di azione e ne permetta la rappresentazione nella sua complessità. Volendo però superare ogni riferimento alle scale antropiche, la definizione di paesaggio, alla quale sembra riferirsi anche la variante di Bruno Dolcetta, come “sistema di ecosistemi, o metaecosistema” appare la più completa. Il paesaggio è, infatti, caratterizzato da numerosi “domini gerarchici di scale spazio-temporali” e rappresenta “un livello specifico della organizzazione della vita, superiore all’ecosistema” (Ingegnoli V., 1993).

2 “Sono stati scoperti reperti archeologici che attestano una presenza in luogo già nell’età della pietra, ma reperti più importanti riguardano gli insediamenti dei paleoveneti (popolazioni indoeuropee venute dall’Asia Minore) diffusi sia nella pianura veneta, ma anche lungo il corso del Piave dalla necropoli di Mel, attraverso i ritrovamenti di Cavarzano e Fisterre fino alla importante stazione archeologica di Lagole (Calalzo). Quest’ultima venne alla luce nel 1881 con il ritrovamento di ben ottanta tombe, i cui corredi di bronzo, fra l’altro, andarono completamente distrutti durante la prima guerra mondiale” (http://www.webdolomiti.net).

3 Per quanto riguarda i biotopi (“ambiti circoscritti di grande e documentato interesse naturalistico”) sono stati individuati i seguenti 19 biotopi: dorsale monte Faverghera-monte Cor, che associa ad un notevole interesse paesaggistico un grande valore naturalistico; Valle di San Mamante, di interesse per l’abbondanza di ambienti di forra ricchi di specie vegetali tra cui il tasso; torbiera di Casera pescalia, il cui interesse è legato alle sue caratteristiche floristico-vegetazionali, tra cui la presenza del trifoglio fibrino, della rhynchospora alba, le formazioni a carex fusca e gli arbusti di salix cinerea; zona umida di Cet, che non è stato ancora oggetto di studi analitici ma è segnalato quale esempio residuo delle numerose zone umide che caratterizzavano il Castionese; boschi di Socchieva, dove si rinvengono, grazie alla particolare termofilia della stazione, specie non riscontrate altrove quali Buglossoides purpureocaerulea e Carpesium cernuum o non frequenti quali Crataegus oxyacantha e Malus silvestris; Torbiera di Socchieva, scoperta da poco, è di eccezionale interesse naturalistico per valore ecologico e stato di conservazione, che stanno emergendo dalle indagini in corso volte a caratterizzare le principali emergenze floristiche-vegetazionali; Bosco della China, ottimo esempio di carpineto, cenosi che costituisce l’espressione climatica della vegetazione dei “dossi marnoso-arenacei terziari avanzati”; ex torbiere di Bios, il quale ha perduto gran parte del suo originario interesse a causa delle operazioni di bonifica e alla messa a coltura dei terreni che hanno comportato la scomparsa delle specie proprie; torbiera di Antole, che è studiata fin dall’800, ed è stata oggetto di recenti ricerche che hanno messo in rilievo il suo interesse floristico; la gola dell’Ardo, caratterizzato soprattutto da un assetto ambientale complessivo molto ben conservato; prato umido di Tovena, il cui interesse è legato alle sue caratteristiche floristico-vegetazionali e la cui specie guida è la Schoenus nigricans; prato umido di Pra Mat, il cui interesse del biotopo anche qui è legato alle sue caratteristiche floristico-vegetazionali e la cui specie guida è la Schoenus nigricans; l’olt, interessante soprattutto per le caratteristiche geomorfologiche e paesaggistiche; la forra dell’Ardo, dove vi sono molte forre scavate dal torrente tra cui la Pont de la mortis; Bus del buson, che rappresenta una delle emergenze geomorfologiche più interessanti della Provincia di Belluno, caratterizzate dalle pareti a strapiombo della forra, il microclima fresco e gli strati di roccia sedimentaria sovrapposti; prati sommitali del monte Terne, di notevole interesse floristico-vegetazionale all’interno del quale l’acidificazione del substrato ha permesso l’insediarsi di specie non frequenti quali Rodiola rosea e Cotoneaster integerrimus; Col cavalin-bocca del rospo, dove si concentrano specie floristiche di eccezionale interesse, legate alla funzione svolta dal monte Serva nel corso delle glaciazioni quando rappresentò un’importante stazione di rifugio per la flora terziaria; Fontane di Nogarè, dove a livello vegetazionale si riscontra una serie di ambienti molto diversificati che ospitano una flora ricca e varia; prati aridi di Pra de Santi, che rappresenta uno dei pochi ambienti aridi e relitti non ancora invasi dal bosco o compromessi da interventi antropici.

La variante segnala anche 3 ambiti che ricadono nel Parco nazionale Dolomiti Bellunesi che assumono un notevole interesse naturalistico anche se difficilmente circoscrivibili in maniera precisa: Monte Schiara, Creste del monte Serva e Crode dei For.

4 L’art. 1 - (Finalità) della Lr 24/1985, Tutela ed edificabilità delle zone agricole, recita: “La presente legge si propone di disciplinare l’uso del territorio agricolo, perseguendo le finalità di:

- salvaguardare la destinazione agricola del suolo, valorizzando le caratteristiche ambientali e le specifiche vocazioni produttive;

- promuovere la permanenza nelle zone agricole in condizioni adeguate e civili degli addetti all’agricoltura;

- favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente soprattutto in funzione delle attività agricole”.

All’art. 4 - (Zone di protezione e di sviluppo controllato. Zone di pre-parco) è scritto: “Ove se ne ravvisi la necessità, nei territori esterni ma contigui ai parchi e alle riserve, possono venire individuate zone di protezione e di sviluppo controllato (zone di pre-parco), nelle quali sono consentite, con la osservanza delle prescrizioni contenute nella legge istitutiva e nel piano ambientale, soltanto quelle costruzioni o trasformazioni edilizie, nonchè quelle opere e attività di qualsiasi altra natura che non siano contrastanti con i fini istituzionali del parco o della riserva. In tali zone può essere vietata qualsiasi attività di caccia e pesca, mentre possono venir insediate iniziative idonee a promuovere la valorizzazione delle risorse naturali locali, nonchè attrezzature per attività ricreative, turistiche e sportive”.

5 Interessante in proposito un’osservazione di Antonio Passaro (Passaro A. (a cura di) (2003), Politiche agrarie e tutela del paesaggio rurale, in “Esperienze innovative per la configurazione del paesaggio rurale”, Luciano Editore, Napoli): “Il paesaggio, inteso come espressione percettiva del complesso mutuarsi di tutti gli elementi costituenti il sistema ambientale, ha subito un fenomeno di terziarizzazione e di industrializzazione che nel tempo ha lentamente coinvolto ogni ecosistema. A questo punto è lecito domandarsi se ha ancora senso l’astrazione di paesaggio rurale come luogo legato essenzialmente alle attività della produzione del settore agricolo quando …” più che un vero e proprio ecosistema omogeneo, si tratta di un insieme di ecosistemi variamente collegati. Se si accetta che l’agricoltura abbia ancora un ruolo fondamentale nella odierna società, come da più parti viene riconosciuto (ad esempio nella Dichiarazione di Cork) sarà necessario ricostruire un assetto del paesaggio rurale in cui la presenza dell’agrario riacquisti un valore specifico.

 

 

Bibliografia

 

Albrecht B., Benevolo L. (1994), I confini del paesaggio umano, Editore Laterza, Bari.

Canevari A., Palazzi D. (2001), Paesaggio e territorio, FrancoAngeli, Milano.

Comune di Belluno (1999), Variante generale al Piano regolatore, in Urbanistica Quaderni n. 20, Inu Edizioni.

Ingegnoli V. (1993), Fondamenti di ecologia del paesaggio, Cittàstudi, Torino.

Mc Harg I. L. (1989), Progettare con la natura, Muzzio, Padova.

Passaro A. (a cura di) (2003), Esperienze innovative per la configurazione del paesaggio rurale, Luciano Editore, Napoli.

Regione Veneto, www.regione.veneto.it.

Romani V. (1986), Il paesaggio. Teoria e pianificazione, FrancoAngeli, Milano.

Sepe M. (2002), Itinerari turistici integrati: natura e cultura nel Parco Nazionale del Pollino, in F. Jannuzzi (a cura di), Atti del Convegno Storia, architettura ed urbanistica nei luoghi di Isabella Morra, SeRSA - Cnr, Napoli.

 

 

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