Numero 6/7 - 2003

 

la questione paesistica  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alberto Calza Bini. Il piano territorliale paesistico dell'isola di Ischia


Paola Marotta


 

Il Ptp dell’isola di Ischia, redatto da Alberto Calza Bini per incarico dell’Ente autonomo per la valorizzazione, fu presentato nel 1941 e approvato due anni dopo. Il piano, pur essendo il primo a prescrivere la tutela delle bellezze naturali, fu totalmente ignorato dalla letteratura urbanistica e dall’accademia napoletana. Paola Marotta, attraverso la limitata documentazione conservata dalla Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali di Napoli e i dattiloscritti di Antonio Iannello, ricostruisce le vicende della formazione e successiva applicazione del Ptp

 

 

 

 

Tra la fine degli anni ’30 e gli inizi degli anni ’40 del secolo scorso l’amministrazione pubblica del Comune d’Ischia procedeva al conferimento di incarico ad Alberto Calza Bini per la redazione del piano territoriale paesistico (Ptp) e del piano regolatore generale (Prg) dell’intera isola.

Il Prg, nonostante l’adozione del comune e l’inoltro al Ministero per i lavori pubblici, andò smarrito, probabilmente in seguito alla distruzione del vagone postale colpito durante un bombardamento. Presso l’Ufficio catalogo della Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali di Napoli e provincia, tuttavia, sono conservati la relazione dattiloscritta di Alberto Calza Bini e alcune corrispondenze inerenti le osservazioni al piano1. In particolare, si conserva una lettera del Ministero dell’educazione nazionale indirizzata al Ministero per i lavori pubblici in cui si riportavano le osservazioni espresse da Gustavo Giovannoni su richiesta del Consiglio nazionale dell’educazione, scienze ed arti.

Il Ptp, redatto per incarico dell’Ente autonomo per la valorizzazione dell’isola d’Ischia, fu presentato nel 1941, pubblicato mediante affissione all’albo pretorio del Comune di Ischia dal 13 aprile al 13 luglio del 1942, fu successivamente approvato con decreto del Ministero dell’educazione nazionale il 18 febbraio 1943.

Tramite l’applicazione della legge del 29 giugno 1939, n. 1497, per la prima volta in Campania la tutela di un luogo carico di valenze paesaggistiche e ambientali veniva affidata ad un piano e si inseriva in un quadro culturale urbanistico che in Italia, fin dal primo dopoguerra, si poneva l’obiettivo di conferire coerenza e sistematicità alla trasformazione del territorio attraverso la pianificazione urbana e territoriale. Il piano di Calza Bini costituisce uno dei primi esempi di attenzione da parte dell’urbanistica italiana alla questione ambientale convogliando l’attenzione verso le qualità del territorio ma soprattutto segnando l’avvio di un’importante fase della pianificazione paesistica in Campania.

Tuttavia, pur essendo il primo Ptp redatto ed approvato ai sensi della legge sulla protezione delle bellezze naturali, tranne una breve nota di Armando Melis pubblicata sulla rivista dell’Istituto nazionale di urbanistica, il piano venne totalmente ignorato dalla letteratura urbanistica e dall’accademia napoletana. È stato possibile ricostruire le vicende della formazione del piano e della successiva applicazione solo attraverso la lettura della documentazione conservata nell’Ufficio catalogo della Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali di Napoli e provincia, e attraverso la lettura dei dattiloscritti di appunti di Antonio Iannello sulla vicenda urbanistica dell’isola d’Ischia.

Nel piano redatto da Calza Bini è possibile individuare l’applicazione di quegli elementi innovativi introdotti dalla legge 1497/1939, in particolare secondo quanto previsto dall’art. 1 e dall’art. 5. Infatti, il piano, secondo quanto previsto da tale legge, prescriveva la tutela e la protezione delle bellezze naturali intese non più solo come categorie di beni singoli e individuali ma come bellezze d’insieme, quali panorami, belvedere e punti di vista “dai quali si goda lo spettacolo”2.

Figura 1 - Piano territoriale paesistico elaborato da Calza Bini e approvato nel 1943

Il 31 marzo 1941, nella Relazione al Prg di massima dell’isola d’Ischia, Alberto Calza Bini riferendosi all’impostazione del Ptp scriveva: “la eccezionale importanza panoramica e paesistica dell’isola d’Ischia, purtroppo sin qui sconosciuta e negletta, ha consigliato anzitutto a determinare quei vincoli atti a difendere a tutelare le bellezze naturali che ai sensi della legge in vigore possono essere fissati e imposti. È per questo che, prima ancora di provvedere ai piani di zonizzazione, è stata cura del progettista sottoscritto di predisporre un piano paesistico che l’Ente per la valorizzazione dell’isola ha già sottoposto all’approvazione del Ministero dell’educazione nazionale. Con detto piano è stata delimitata la zona di rispetto e sono stati fissati i rapporti tra le aree coperte da costruzioni e quelle libere circostanti, varianti da 1/50 a 1/5 per assicurare la conservazione delle più importanti linee panoramiche e soprattutto per mantenere all’isola, nonostante ogni prevedibile aumento di costruzioni, quel carattere che le è proprio, tra selvaggio e campestre, e che le ha valso il nome di isola verde3.

La consapevolezza del carattere fortemente innovativo che i contenuti della nuova legge introduceva sono riscontrabili nei principi che Calza Bini applicò per la delimitazione delle aree di rispetto: “le zone di rispetto, oltre a comprendere tutto il massiccio centrale dell’isola (che del resto si difende da sé per la natura impervia e per la mancanza di accessi) costituiscono una fascia di protezione tanto delle bellezze panoramiche per chi la osservi da terra, quanto nel particolare carattere dell’isola per chi abbia la fortuna di ammirarla, bordeggiando, in un periplo completo. Questa fascia parte dal porto di Ischia, vera perla azzurra incastonata nel verde, comprende le dolci colline coltivate a vigneti e la punta di S. Alessandro e la caratteristica spiaggia già detta degli Inglesi, sino alle delicate zone di Casamicciola e Lacco Ameno, alla spiaggia di S. Montano, piccola tra due mari, e al massiccio Monte Vico, per circondare avanti a Forio la misteriosa chiesetta del Soccorso, prolungandosi verso la spiaggia di Cetara, e raggiungere le frane selvagge che sembra vogliono rendere inaccessibile la solitaria S. Angelo; vengono quindi le larghe zone rupestri fino alla Scarrupata di Barano, alle caratteristiche verdi pendici di Carata Romana di fronte al vecchio storico Castello Aragonese, sino a che per la superba pineta dell’Arsa, tocca quasi Ischia Porto. Nelle zone di rispetto si prevedono solo pochissime sistemazioni di interesse pubblico, eseguite a cura dello Stato o dell’Ente per la valorizzazione dell’isola, e intese ad intensificare e porre in valore le bellezze naturali, assicurando la conservazione e l’incremento della vegetazione ponendo anzi sotto vincolo di tutela le zone circostanti”4.

Il Ptp consisteva in una relazione e in una carta topografica dell’Igm dell’isola d’Ischia in scala 1:10000 in cui, attraverso una diversificazione dei colori, furono individuate le zone edificabili secondo vari rapporti di copertura da 1/5 a 1/50. “Come si legge nella stringatissima relazione a firma Calza Bini, l’isola è stata divisa in sei zone: una zona vincolata e non utilizzabile, nella quale si impedisce qualunque lottizzazione; una vastissima zona di rispetto; tre zone utilizzabili secondo rapporti di copertura di un cinquantesimo, un trentesimo ed un ventesimo con superficie minima del lotto rispettivamente di un ettaro, seimila e tremilacinquecento metri quadrati; e infine un’ultima zona comprendente quelle già densamente costruite e quelle da destinare ai nuovi quartieri popolari con rapporti di un decimo e un quinto. … Un piano come si vede impostato razionalmente con criteri di zonizzazione semplici ma chiari che tutela con rigore le zone paesisticamente più importanti dell’isola, quelle situate al di sopra delle quote 150-200, lungo linee ben definite fino alla vetta dell’Epomeo, e consente l’edificazione in quelle zone meno visibili perché situate in valli defilate, o a monte di strade, o comunque nei pressi degli abitati, per consentire a questi il normale ampliarsi verso la campagna”5.

Nel parere favorevole espresso dalla Soprintendenza ai monumenti della Campania alla Direzione generale arti del Ministero dell’educazione nazionale nel marzo del 1941 è possibile cogliere ulteriori aspetti dei contenuti del piano: “il piano consta di una carta 1:10000 nella quale sono indicati con colori diversi le zone edificabili secondo vari rapporti. Si tratta quindi di un piano di zonizzazione. … Allo stato attuale il piano prevede la zonizzazione di una vasta fascia litoranea intorno ai due massicci centrali dell’isola, i quali restano per ora sottratti a una vera e propria lottizzazione. … Nella fascia litoranea la edificabilità è graduata a seconda dell’interesse panoramico dei luoghi e anche del valore turistico e industriale; giacché in un luogo famoso come stazione termale le esigenze dello sviluppo futuro costituiscono una questione di primo piano. È infatti in prossimità dei centri termali più famosi, Casamicciola, Ischia Porto, che sono previste la maggiore densità di costruzione, pur rimanendo fra l’uno e l’altro larghe zone di rispetto. … Oltre a esse è prevista una piccola zona industriale per i fabbisogni del posto, e una vastissima estensione di terreni inedificabili, sulle quali la possibilità di costruzione è ammissibile, come è detto nella relazione unita al progetto, solo in base a particolari studi dell’insieme intesi ad ottenere soprattutto la valorizzazione della località. … La percentuale di 1/5 equivale in sostanza a una costruzione intensiva; perché tuttavia in sede di piano particolareggiato e successivamente di progettazione delle singole case, si eviti il frazionamento delle costruzioni minuscole e slegate, e si prescrive invece il loro collegamento in unità edilizie di maggiore entità, in modo da conservare ai quartieri popolari, ai quali la zona è riservata, il carattere di agglomerato urbano composto da costruzioni continue e quindi da strade e piazze chiaramente delimitate. La separazione fra le varie zone è stata fatta, per quanto è possibile, seguendo le strade già esistenti o progettate; in mancanza di esse lungo le curve di livello della carta”6.

Nel dicembre del 1952 la Soprintendenza ai monumenti della Campania comunicava al Ministero della pubblica istruzione (Direzione generale delle antichità e belle arti) che si è “proceduto alla redazione di tanti piani paesistici quanti sono i comuni dell’isola d’Ischia”. L’isola d’Ischia intesa come complesso di beni veniva suddivisa in sei zone per le quali venivano individuate norme rispetto alle quali qualsiasi intervento doveva attenersi. Per ogni territorio comunale, in una carta topografica dell’Igm in scala 1:10000, furono delimitate le aree vincolate con divieto assoluto di costruzione, le zone di rispetto, le zone industriali e le zone con i relativi indici. Il primo Ptp fu per il Comune d’Ischia e per il quale fu redatto anche il relativo regolamento. “Ai fini della tutela del paesaggio e delle bellezze naturali il comune di Ischia è diviso in zone classificate come segue: a) zone di rispetto, b) zone urbane, c) zone rurali, d) zone suburbane, a villini, e) zone con divieto di costruzione.

a) Fra la zone di rispetto quella della pineta comporta di regola il divieto assoluto di costruzione. Potrà esser fatta eccezione per le radure, esistenti che a questa data misurino almeno mq. 500, in esse il Soprintendente potrà concedere piccole costruzioni ad un solo piano, coprenti al massimo mq. 120 e non più di 1/25 dell’intera proprietà a condizione che il proprietario si impegni a piantare giovani piante di pino nella rimanente parte della radura. A garanzia dell’impegno egli dovrà versare all’economo della Soprintendenza la somma di £ 200.000 che sarà restituita solo a piantagione avvenuta e collaudata dal Corpo forestale dello Stato. Per le altre parti invece saranno ammessi gli edifici che a giudizio del Soprintendente ai Monumenti della Campania presentino particolare pregio architettonico e si inquadrino nel paesaggio in modo anche da modificarlo sostanzialmente ma con deciso vantaggio per l’estetica. Nei casi dubbi il Soprintendente respingerà il progetto che in sede di ricorso amministrativo proposto dall’interessato sarà giudicato dal Ministero delle Pubblica Istruzione.

b) Per le zone urbane i criteri estetico-architettonici saranno la sola guida all’approvazione o meno di progetti. Normalmente non saranno ammessi più di due piani completi con altezza complessiva non superiore a quella dei fabbricati adiacenti.

c) Per le zone rurali, sarà ammesso un rapporto di 1/25 tra area coperta e superficie totale, oppure saranno ammesse costruzioni di due piani, eventualmente con una parziale sopraelevazione di un altro piano, quando sia utile a movimentare la massa architettonica, purché l’edificio sia circondato da area non costruita in modo che per ogni suo punto il fabbricato disti dai confini e dalle pubbliche vie almeno quanto la sua dimensione massima orizzontale. Inoltre su uno dei lati del fabbricato dovrà esistere un orto o giardino di dimensioni non inferiori a dieci volte il rettangolo circoscritto alla base dell’edificio.

d) Le zone suburbane saranno destinate sopratutto a villini per villeggiatura, essi avranno un rapporto di copertura da 1/10, non potranno non avere più di due piani fuori terra e dovranno avere un giardino su uno dei lati, non minore del quadruplo dell’area dell’edificio. La fronte dell’edificio dovrà distare dalla strada di quattro metri almeno, oppure dovrà essere allineata con gli edifici vicini quando questi siano presso a poco allineati. Sarà consentita anche la costruzione a schiera o a piccoli gruppi quando i proprietari vicini convengano con atto pubblico su un piano di lottizzazione collettivamente i criteri esposti.

e) Nelle zone con divieto di costruzione nessun nuovo edificio potrà essere costruito e le eventuali aggiunte e modifiche agli edifici esistenti potranno essere consentite solamente qualora non rechino pregiudizio all’aspetto ed al libero godimento dell’ambiente. Le norme del piano paesistico saranno automaticamente sostituite dalle norme più precise di un piano regolatore particolareggiato quando questo sia approvato ed abbia forza di legge. Le proporzioni su esposte e le distanze prescritte si riferiranno allo stato di consistenza delle proprietà al momento dell’approvazione del progetto. Se in tempi successivi venisse a verificarsi un trapasso di parte della proprietà stessa (anche se per successione) quelle parti di terreno che venissero ad aggiungersi a fondi vicini, o che formassero nuove particelle, non potranno più essere prese in considerazione nel computo di aree o di distanze ai fini dell’approvazione di nuovi progetti”7.

Figura 2 - Studi per la revisione del piano paesistico di Forio d’Ischia ad opera della Soprintendenza nei primi anni ‘50

Il piano di Alberto Calza Bini fu fortemente contrastato in quanto, come osserva Antonio Iannello, “diventa assai scomodo agli inizi degli anni cinquanta quando, superata la fase della ricostruzione, con i primi segni di ripresa dell’economia, l’attività edilizia assumerà subito le caratteristiche della speculazione edilizia più sfrenata che non tollera ostacoli all’avanzata indiscriminata del cemento. Da questo momento hanno inizio una serie ininterrotta di pressioni di ogni tipo, di proteste minacciose delle amministrazioni comunali che in nome dei diritti delle popolazioni, in difesa dell’occupazione operaia, contro i danni dell’economia locale, si fanno paladini degli interessi della speculazione chiedendo con arroganza varianti al piano paesistico”8.

In particolare, negli anni ’60 il piano fu notevolmente attaccato e ostacolato dalle amministrazioni locali dei comuni dell’isola d’Ischia che, contemporaneamente, presentarono numerose osservazioni e proposte di modifiche. Si affermava che il piano non avesse previsto lo sviluppo turistico dell’isola e, inoltre, si enunciava la relatività dei valori paesistici in quanto si riteneva che la valutazione espressa da Calza Bini sui valori paesistici risultava, nel 1963, largamente superata. Antonio Iannello scriveva: “la Direzione generale delle antichità e belle arti alla fine del 1964 accoglie la tesi degli speculatori sostenendo che il piano non ha validità giuridica in quanto non redatto e approvato rispettando le procedure prevista dalla legge sulla protezione delle bellezze naturali. Si inventano vizi procedurali inesistenti, quali la mancata pubblicazione del piano sull’albo comunale o la mancata pubblicazione dell’elenco delle località sottoposte a vincolo paesistico. Tutti argomenti pretestuosi dal momento che la legge dà facoltà al ministro di pubblicare il piano insieme con l’elenco delle zone da vincolare, che nel caso d’Ischia coincideva con l’intero territorio dell’unico comune nel quale i sei comuni erano stati riuniti nel 1938. E d’altra parte nella relazione Calza Bini fa riferimento al decreto di vincolo dell’intera isola approvato prima della redazione del piano. Tutto ciò è veramente inaudito se si pensa che non vi era stata nessuna sentenza né della magistratura ordinaria né di quella amministrativa che avesse dichiarato illegittima la procedura di approvazione del piano. Da quel momento e fino al 1970 la speculazione operò indisturbata e non perse l’occasione offerta dall’anno di moratoria della legge Ponte. Secondo i dati dell’indagine svolta dal Provveditore delle opere pubbliche della Campania, nelle licenze dell’agosto 1968, il comune d’Ischia autorizzò circa 5000 vani sui 10000 esistenti nel 1966; quello di Lacco Ameno 1000 sui 2964, Casamicciola 1266 su 5236 e Forio 2315 su 7602; Barano 482 su 4449 e Serrara Fontana 551 su 1984; ossia oltre 10000 vani su tutta l’isola. Lo scandalo suscitato dalla valanga di cemento abbattutasi sul paese indusse il ministro dei lavori pubblici a condurre indagini in alcuni comuni per accertare abusi e illegalità. Fu la commissione d’indagine sull’attività edilizia dell’isola d’Ischia, nominata dal Ministro dei lavori pubblici, a porre in una riunione dell’agosto 1969 il problema del Piano paesistico e il direttore generale dell’urbanistica Michele Martuscelli a sostenere con precise argomentazioni giuridiche la validità del piano e ad invitare i rappresentanti della Direzione generale antichità e belle arti a farlo rispettare”9.

La lettura di questi documenti, molti dei quali inediti, ha fornito gli elementi per la conoscenza della prima fase di applicazione della legge 1497/1939, primo strumento legislativo per la gestione dei vincoli paesistici del territorio italiano. Attraverso lo studio degli scritti di Calza Bini è stato così possibile esaminare in che termini i vincoli e le categorie di beni individuate dalla nuova legge trovavano applicazione e attuazione in una realtà territoriale quale l’isola d’Ischia.

 

Figura 3 - Studi per la revisione del piano paesistico di Barano d’Ischia ad opera della Soprintendenza nei primi anni ‘50

 

1 “Di questo piano stranamente non si trova più traccia: l’unica traccia che abbiamo trovato è la lettera conservata nell’archivio della Sovrintendenza ai beni architettonici e ambientali di Napoli, indirizzata al Ministero per i lavori pubblici dal Ministero dell’educazione nazionale. Il ministro riferisce delle osservazioni fatte, per incarico del Consiglio nazionale dell’educazione, scienze ed arti dal prof. Gustavo Giovannoni, il quale, dopo aver eseguito anche un sopralluogo, espresse parere favorevole imponendo alcune limitazioni dell’altezza degli edifici. Dattiloscritto di Antonio Iannello sulla vicenda urbanistica dell’isola d’Ischia, 1979, Archivio Antonio Iannello, Comune di Napoli, Dipartimento Urbanistica, Casa della Città. 

2 Art. 1 legge1497/1939: sono protette a causa del loro notevole interesse pubblico “1) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; 2) le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d’interesse artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza; 3) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; 4) le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze”.

3 Alberto Calza Bini, Relazione al Piano regolatore di massima dell’isola d’Ischia, dattiloscritto, Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali di Napoli e provincia, Ufficio catalogo.

4 Ivi.

5 Dattiloscritto di Antonio Iannello sulla vicenda urbanistica dell’isola d’Ischia, 1979, Archivio Antonio Iannello, Comune di Napoli, Dipartimento Urbanistica, Casa della Città.

6 Lettera della Soprintendenza ai monumenti della Campania al Ministero della pubblica istruzione (Direzione generale delle antichità e belle arti). Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali di Napoli e provincia, Ufficio catalogo.

7 Regolamento per l’attuazione del piano paesistico del Comune di Ischia, dattiloscritto, Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali di Napoli e provincia, Ufficio catalogo.  

8 Dattiloscritto di Antonio Iannello sulla vicenda urbanistica dell’isola d’Ischia, 1979, Archivio Antonio Iannello, Comune di Napoli, Dipartimento Urbanistica, Casa della Città.

9 Dattiloscritto di Antonio Iannello sulla vicenda urbanistica dell’isola d’Ischia, 1979, Archivio Antonio Iannello, Comune di Napoli, Dipartimento Urbanistica, Casa della Città.

 

 

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